1.35 ~ Alohomora
Il pavimento in pietra era gelido contro la sua guancia. Sbatté le palpebre più volte, mentre si chiedeva dove fosse. Spingendosi nell'oscurità, il suo sguardo distinse le sagome di scope e secchi. L'odore di muffa le bruciava le narici, e la polvere le pungeva gli occhi. Scostandosi i capelli dal volto ed emettendo un mugolio, rotolò su se stessa per stendersi sulla schiena. E allora, mentre i pensieri vorticavano disordinati nella sua testa, ricordò.
Moody. L'impostore era lui.
Rose si sedette in fretta, e la vista le si sfuocò a causa di un capogiro, mentre sprazzi di ciò che aveva udito prima di essere Schiantata ronzavano ancora nelle sue orecchie.
«Moody? No, Potter, no. Finalmente posso rivelare che sono tutto il contrario di un Auror. Chi avrebbe mai sospettato che dietro allo svitato 'Malocchio' ci fossi io, il servo più fedele del Signore Oscuro? Io, Barty Crouch Junior!»
Rose scacciò la nausea che le serrava lo stomaco minacciando di raggiungerle la gola, e strizzò le palpebre, tentando di vedere qualcosa nel buio dello sgabuzzino.
«La Pozione Polisucco mi tirò fuori da Azkaban, questo era l'unico desiderio della mia povera madre, e mi è stata utile durante questo intero anno. Nessuno sospetta di me, nessuno sa cosa ho fatto.»
Tastò attentamente il pavimento, in cerca della propria bacchetta. Era certa che Crouch gliel'avesse sottratta prima di rinchiuderla nello stanzino delle scope, ma doveva comunque assicurarsene.
«Temi così tanto per tuo fratello? Lascia che ti dica, Rose, che ormai temere non serve più: ho trasformato la Coppa Tremaghi in una Passaporta... stanotte, grazie a tutto quello che ho fatto, il mio padrone risorgerà, e Harry Potter troverà la morte!»
Capì che stava piangendo quando percepì il volto bagnarsi. Con qualche difficoltà, si tirò in piedi e si appoggiò alla parete. Harry sarebbe morto, forse proprio in quel momento stava affrontando Voldemort, risorto più potente di prima, o magari se n'era già andato, aveva già raggiunto Lily e James, e lei non avrebbe potuto fare nulla. Lei sapeva, eppure questo non l'avrebbe aiutata minimamente a salvare Harry.
«Sì, hai ragione: sono stato io a Schiantare te e Krum, prendere il libro e uccidere finalmente mio padre, il 'povero' e 'malato' signor Crouch. Ho finto per tutto questo tempo, ma stanotte finalmente potrò riunirmi al mio padrone, l'unico che merita la mia lealtà, colui che mi adorerà più di un figlio!»
Raggiunse a tentoni la porta, e, facendo scorrere le dita sulla sua superficie legnosa, il viso fradicio di lacrime, trovò la serratura. Ma la toppa era priva della chiave, e lei non possedeva la bacchetta per poter lanciare un incantesimo che le permettesse di uscire.
«Un libro molto interessante, davvero. Spiega molto bene la funzione del Marchio Nero, e anche come smascherare un Mangiamorte sotto copertura. Con questo, forse saresti riuscita a capire. Ma adesso non credo ti serva più, giusto? Volevo riportarlo in biblioteca, ma a quanto pare non farò in tempo... devo sbrigarmi a sbarazzarmi di te per andare alla prova, no? Devo assolutamente essere lì di pattuglia per aiutare tuo fratello a trovare la Coppa, quindi... Stupeficium!»
Il lampo scarlatto sembrò accecare di nuovo Rose, che strinse le palpebre per trattenere invano altre lacrime, la fronte premuta contro la porta. Nascose il volto tra le mani, singhiozzando sommessamente.
Il buio non era mai stato un suo grande alleato, la sua compagnia le metteva i brividi; la riportava indietro di tredici anni, a quella notte in cui un sinistro getto di luce verde le aveva strappato Lily e James, mamma e papà, e l'oscurità li aveva avvolti. La consapevolezza di non riuscire a ricordarli, di non possedere la minima memoria di loro, la tormentava. E sapere che Harry stava andando incontro allo stesso destino - o forse era già accaduto - la soggiogava con una maledizione molto più dolorosa dell'Anatema che Uccide. Cosa poteva fare, lei?
Si asciugò il viso, passandovi la manica del maglione, e si costrinse a smettere di piangere. Spinse la porta, prima piano, poi con tutto il proprio peso, ma si rivelò inutile. La colpì con dei calci ben assestati, ma sia questo sia i successivi tentativi furono completamente vani. Tornò verso il fondo dello stanzino, afferrò quella che i suoi occhi riconobbero essere una scopa, e si gettò sulla porta, il manico teso pronto all'impatto contro il legno.
Rose non era coraggiosa, ma amava Harry, e questo le sarebbe bastato.
~
Daphne e Draco sembravano essere giunti al termine della loro ricerca. Erano nella desolata Sala Grande, lì dove avevano iniziato il loro compito, lei seduta al tavolo dei Tassorosso, con la testa tra le mani, il corpo scosso da un tremito appena visibile, lui con la schiena al muro, un'espressione indecifrabile.
Nonostante avessero apparentemente setacciato Hogwarts da cima a fondo, Daphne continuava a ripetersi che Rose non poteva essere scomparsa nel nulla. Le ritornavano ripetutamente in testa le parole della Granger, la quale affermava da sempre di aver letto in Storia di Hogwarts dell'impossibilità di Materializzarsi e Smaterializzarsi all'interno dei confini della scuola. Per cui Rose doveva essere nel castello. O, magari, era nella Foresta Proibita... forse era stata attaccata... in fondo, erano giunte insieme alla conclusione che ci fosse un impostore tra di loro... Crouch, poi, era ancora disperso... e se Rose avesse fatto la stessa fine?
«La biblioteca!» esclamò d'un tratto, e Malfoy la fissò. «Non abbiamo controllato in biblioteca!»
«Tu credi davvero che possa essere lì?» fece Draco, scettico, mentre Daphne si alzava.
«Dobbiamo provare. O, se no, dobbiamo parlare con un professore.»
Daphne stava già per lasciare la Sala Grande, quando Draco la bloccò, stringendole il gomito.
«Aspetta» disse, prima di ritirare la mano da lei. «Tu torna allo stadio e controlla bene, con tutta la gente che c'è potresti non averla vista, e, se non c'è proprio, avverti qualcuno. Io vado in biblioteca.»
Daphne lo guardò incerta per pochi secondi, prima di rispondere.
«Va bene.»
Fece per voltargli le spalle, poi si ricordò.
«Controlla bene anche il corridoio, prima di entrare in biblioteca. Non si sa mai.»
Draco annuì, e lei si allontanò correndo. Poi, estratta la bacchetta di biancospino, anche lui lasciò la Sala Grande, superando in fretta la Sala d'Ingresso. Se solo avessero atteso qualche secondo in più, avrebbero incontrato la professoressa McGranitt, che proveniva proprio dall'ufficio di Moody ed era diretta alla capanna di Hagrid, all'esterno della quale avrebbe trovato un cane nero ad aspettarla, pronto ad essere condotto nello studio di Silente.
~
La spalla non le aveva mai fatto così male, eppure Rose non demordeva: continuava imperterrita a lanciarsi contro la porta. Probabilmente era inutile, ma gli scricchiolii che sentiva non facevano altro che alimentare la sua speranza. Forse Harry era già morto, forse non c'era più nulla da fare; arrendersi, però, avrebbe reso più dolorosa la sua perdita.
Serrò i denti per trattenere un gemito, quando si scontrò con la solida superficie di legno per l'ennesima volta. Quella non cedette, e Rose, esasperata, vi batté un pugno, ringhiando furente, con l'unico risultato di farsi male alla mano. Sfiorando la serratura, si maledisse per non avere neanche un forcina tra i capelli da poter utilizzare, e si appuntò mentalmente di iniziare a indossarle - sempre se fosse riuscita a uscire da lì. E se Harry fosse morto? Che senso avrebbe avuto la sua vita?
Sforzandosi di credere che ogni cosa avrebbe seguito la giusta direzione, e pensando a suo fratello con tutta se stessa, si gettò ancora contro la porta; sbatté, la testa le scoppiava, la spalla era ormai indolenzita, ma raggiunse di nuovo il fondo dello stanzino e prese la rincorsa.
«Alohomora!»
La porta si aprì, e Rose precipitò all'esterno, barcollando violentemente, stordita. Si aspettava di urtare contro il pavimento, ma l'impatto non arrivò. Due braccia si affrettarono invece ad afferrarla, interrompendo la sua caduta e tentando di mantenerla in piedi. L'odore di menta invase le sue narici, e lei si aggrappò a lui come se fosse la sua unica salvezza.
«Ehi, va tutto bene...»
Quelle parole bastarono a provocarle un'ondata di lacrime. Si strinse a Draco, serrando la sua camicia tra le dita, il volto nascosto nell'incavo del suo collo, e singhiozzò sonoramente.
«N-no... Harry... Harry... morto... devo t-trovarlo... Moody...»
Lo strinse forte, piangendo, e lui la circondò piano con le braccia, la bacchetta ancora in mano.
«Chi ti ha fatto questo?»
«M-Moody...»
«Moody?»
Rose annuì sulla sua spalla, un braccio dietro il collo di lui e l'altra mano ad avvolgergli il tessuto della camicia.
«Harry è in pericolo... devo trovare Harry...»
Si asciugò le lacrime, e allentò la presa su di lui, mentre Draco l'aiutava ad avanzare.
«Non stai bene, devo portarti in Infermeria.»
«No!» esclamò Rose, il pensiero di Harry a donarle la forza di cui aveva bisogno, districandosi dalla stretta di Malfoy e fissandolo negli occhi. «Mio fratello potrebbe morire! Devo parlare con un professore... devo fare qualcosa...»
Gli voltò le spalle, decisa, ma non andò lontano.
«Potter! Malfoy!»
Rose si girò di nuovo, e, quando i suoi occhi verdi riconobbero quelli scuri come la notte di Severus Piton - per la prima volta, da quando lo conosceva, adornati da un'ombra di seria preoccupazione - provò un immenso sollievo.
«Professore! Harry è in pericolo... la Coppa è una Passaporta, Moody è il figlio di Crouch, Voldemort sta...»
«Lo so» la interruppe secco Piton. «Abbiamo fermato Crouch, Madama Chips è con il vero Moody, adesso, e tuo fratello è vivo. Che ci fate qui?»
«Lei cosa ci fa qui?»
«Sto andando dal Ministro, ci sono dei problemi» disse sbrigativo Piton, irritato dalla replica di Rose. «Adesso rispondi alla mia doma-»
«Quali problemi?» lo fermò Rose, e Piton tacque per un attimo. «Che cosa è successo?»
«Va' in Infermeria e aspetta Madama Chips, non sembri stare bene...»
«Sto benissimo!»
«... Malfoy, accompagnala...»
«No, non ci vado!»
«Smettila di fare la bambina» sibilò Piton. «Non ho tempo da perdere, la situazione è più grave del previsto.»
«Io devo andare da mio fratello» ribatté Rose duramente. «Quindi mi dica dov'è adesso. Se no lo cercherò da sola.»
Piton la osservò per qualche istante, i denti serrati e lo sguardo nero come la pece di nuovo impenetrabile.
«È nell'ufficio del preside.»
«Bene.»
Rose fece per allontanarsi.
«Non conosci la parola d'ordine.»
«E allora venga con me!»
Piton, seppure riluttante, l'affiancò subito, rivolgendole un'occhiata severa e uno sbuffo d'impazienza. Rose, ogni pensiero rivolto a Harry, non replicò, lo stomaco ribaltato all'ipotesi di ciò che poteva essere accaduto. Mentre girava l'angolo al termine del corridoio, con Piton a precederla, si voltò verso Malfoy.
Draco si stava allontanando nella direzione opposta, con l'intenzione di tornare al campo di Quidditch per avvertire Daphne, la bacchetta ancora in mano, i capelli un poco spettinati, la camicia bianca sgualcita dalla stretta di Rose, e un parassita segreto a rodergli il fegato.
«Malfoy!»
Lui si girò lentamente, tentando di non mostrare la delusione che lo macchiava da capo a piedi. Vederla così debole e distrutta lo aveva colpito, non sapeva bene come, ma lo aveva fatto. La preoccupazione riguardo la sua salute aveva sostituito quella della sua scomparsa non appena l'aveva presa tra le braccia. Ma era stato solo un istante, perché a lei non era importato minimamente che lui fosse lì, si era data subito pensiero per Potter, dimenticandosi presto di Draco. Se le cose stavano così, si disse, nemmeno a lui sarebbe dovuto importare di lei. Peccato che, ormai, fosse troppo tardi per tornare indietro e scegliere un'altra strada.
«Sì?»
Le labbra di Rose si piegarono in un sorriso colmo di gratitudine, lo stesso che gli aveva rivolto a inizio anno, e Draco ricambiò con sincerità; sul suo volto sottile e affilato non c'era il solito ghigno, ma un'espressione genuina che scaldò il cuore di Rose.
Poi lei si affrettò a seguire Piton fino all'ufficio di Silente, nel quale Harry e il preside erano appena entrati, e lui a tornare allo stadio per avvisare Daphne che Rose era al sicuro.
Severus sussurrò la parola d'ordine al gargoyle, e, senza desiderare di precipitare un'altra volta negli occhi di Lily Evans, non perse tempo. Rimasta sola, dopo che il gargoyle si fu spostato, Rose si lasciò trasportare dalla scala a chiocciola sino alla porta di quercia. Vi batté le nocche, ed essa si aprì.
Nello studio circolare del preside, c'erano Albus Silente, Harry Potter e Sirius Black.
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