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1.33 ~ Il Pensatoio

Harry aveva vissuto un'esperienza incredibile. Eppure, grazie a Godric, Rose gli credeva. Chi avrebbe mai potuto immaginare che Albus Silente, nell'armadio del suo ufficio, nascondesse un bacile in grado di contenere e far rivedere qualsiasi ricordo?

Spinto da una curiosità divorante, Harry era precipitato all'interno del Pensatoio - questo era il nome del magico artefatto - mentre attendeva che il preside, una volta terminata la passeggiata a Hogwarts con il Ministro della Magia e il professor Moody, tornasse nel proprio studio per ascoltare la descrizione del sogno che il giovane Potter aveva appena fatto. Un sogno che sembrava spaventosamente vero, e che aveva toccato ancora, esattamente come l'estate precedente, la sua cicatrice.

Harry si era ritrovato in un ricordo di Silente, seduto nell'aula di un tribunale dove Igor Karkaroff doveva essere giudicato. Se questi avesse fornito al Ministero sufficienti nuovi nomi di Mangiamorte che erano riusciti a sfuggire e che ancora restavano fedeli a Voldemort, sarebbe stato liberato da Azkaban. E il nome che aveva pronunciato al termine del suo scarno elenco, colui che aveva indicato a Crouch - il quale rappresentava e guidava i giurati - per salvarsi da una vita di prigionia, aveva riscosso in Harry un profondo dubbio che si era mostrato a lui durante il primo anno.

«Piton?» bisbigliò Rose, incredula.

Erano entrambi in biblioteca, l'unico luogo in cui nessuno avrebbe potuto disturbarli, e fingevano di studiare, voltando ogni tanto le pagine dei manuali sparsi sul tavolo, mentre parlavano a voce molto bassa.

«Piton era un Mangiamorte?»

Harry annuì.

«Crouch ha detto che Piton era stato assolto... Silente ha testimoniato in suo favore. Non è più un Mangiamorte, e Silente si fida di lui. Gliel'ho chiesto.»

Rose tacque per qualche istante.

«Non ci avrei mai pensato» ammise poi, e suo fratello la fissò stupito. «Non mi dà l'impressione di una persona cattiva. Chissà perché si era unito a Voldemort... cosa gli avrà mai fatto cambiare idea?»

Harry, al contrario, non si fidava affatto di Piton, ma non commentò.

«Hai visto qualcos'altro prima che Silente ti tirasse fuori?» gli chiese sua sorella.

«Sì. Bagman è stato accusato di aver trasmesso informazioni ad alcuni Mangiamorte, ma niente di serio. E l'ultimo processo che ho visto te l'ho già detto, c'era il figlio di Crouch. Ti ho detto di che lo hanno accusato?»

Rose annuì, ma Harry volle comunque proseguire.

«Sì, giusto. Ricordi quando ti ho detto che Sirius ci ha raccontato che è stato proprio Crouch a mandare suo figlio ad Azkaban? È stato proprio così.»

Harry rabbrividì impercettibilmente. Il signor Crouch non aveva mostrato un minimo di umanità neanche di fronte al suo stesso figlio. È vero, il ragazzo era stato accusato di un crimine disumano, ovvero di aver contribuito a sottoporre l'Auror Frank Paciock e la moglie Alice - nientemeno che i genitori del povero Neville - alla Maledizione Cruciatus, toturandoli fino alla perdita della ragione per estorcere loro informazioni riguardo Voldemort. Era esattamente come aveva detto Sirius: per la giustizia malsana che il signor Crouch era certo di inseguire, era stato capace di scavalcare e distruggere la propria famiglia. Suo figlio era morto ad Azkaban, e sua moglie lo aveva raggiunto poco dopo, uccisa dal dolore.

«Se lo meritava» decretò Rose, disgustata; sapeva cosa il giovane Crouch aveva fatto, ma Silente aveva chiesto a Harry di non dire a nessuno chi fossero le vittime della Maledizione Cruciatus, dunque lei non poteva sapere che i genitori di Neville non riconoscevano il proprio figlio... se lo avesse saputo, l'odio viscerale che già provava per i colpevoli sarebbe aumentato a dismisura.

Harry non dava affatto ragione al figlio di Crouch e agli altri tre Mangiamorte che erano con lui; se avevano davvero commesso l'orrore di cui erano stati accusati, meritavano assolutamente il destino che gli era stato assegnato. Ma se Rose avesse visto come Crouch si era comportato, come aveva affermato davanti a tutti che quello non era suo figlio, mentre il ragazzo gridava dalla paura e dalla disperazione, forse sarebbe stata d'accordo con lui.

«Quindi Silente crede che Voldemort stia diventando più forte» esordì Rose. «Pensa che potrebbe tornare?»

Harry sollevò le spalle.

«Se lo pensa non me lo ha detto. Ma sembra abbastanza sicuro che questi sogni... questo e quello che ho fatto quest'estate... siano reali. Che io veda quello che accade davvero perché io e Voldemort siamo collegati in qualche modo.»

Sua sorella corrugò la fronte.

«Come faceva a sapere del sogno di quest'estate?»

«Sirius» rispose Harry. «È in contatto con lui. È stato Silente a suggerirgli di nascondersi in quella caverna dove lo siamo andati a trovare... cioè, dove io, Ron e Hermione siamo...»

«Sì, lo so» lo interruppe acida Rose.

Il fatto di non aver visto Sirius quel famoso sabato durante la visita a Hogsmeade ancora la tormentava.

A infliggerle però la tortura peggiore era il terribile pensiero di Ascesa del Signore Oscuro, disperso da qualche parte - o, più probabilmente, nelle mani di qualcuno. Madame Pince non sembrava essersi accorta della scomparsa del libro dal Reparto Proibito, ma Rose continuava a ripetersi - e anche Daphne non si dimenticava di ricordarglielo - che era solo questione di tempo prima che lo scoprisse.

«Nessuna fortuna con quel libro, vero?» sussurrò Harry, che aveva capito esattamente cosa stava occupando i pensieri di sua sorella proprio in quel momento.

Lei scosse la testa.

«Non so dove cercare» sospirò. «E non posso chiedere a nessuno.»

Chiuse il manuale di Storia della Magia con uno sbuffo.

«Credo di aver studiato abbastanza per oggi» affermò. «Andiamo.»

La sessione di esami di quell'anno, che ormai si avvicinava, si sarebbe conclusa il 24 giugno, lo stesso giorno in cui avrebbe avuto luogo la terza prova del Torneo Tremaghi. I campioni erano esonerati da qualsiasi tipo di esame, ma Harry doveva impegnarsi come tutti gli altri: stava imparando incantesimi e fatture che avrebbero potuto essergli d'aiuto tra le siepi che stavano crescendo nel campo di Quidditch; la prova consisteva infatti nell'attraversare un labirinto e raggiungere la Coppa Tremaghi: chi l'avesse sollevata per primo, avrebbe vinto il Torneo.

I due Potter raggiunsero Ron e Hermione, i quali li aspettavano nell'aula di Trasfigurazione, che la McGranitt aveva gentilmente lasciato a Harry per prepararsi alla prova; quel giorno avrebbero dovuto allenarsi con la Fattura Impediente.

«Però vai molto bene, davvero» si complimentò Hermione un pomeriggio, incoraggiante, dopo aver testato lo scarso Incantesimo Scudo di Harry, e cancellò dalla lista gli incantesimi che lui aveva già imparato a padroneggiare. «Alcuni di questi si riveleranno utili.»

«Venite un po' a vedere» esclamò Ron, che osservava il parco dalla finestra della classe. «Che sta facendo Malfoy?»

Rose, Harry e Hermione si avvicinarono. All'ombra di un albero, Malfoy, accompagnato come di consueto da Tiger e Goyle, intenti a fare la guardia, parlava rivolgendosi al palmo della propria mano, che teneva vicino alla bocca.

«Che roba ha in mano?» chiese Rose, sollevandosi sulle punte dei piedi per cercare di vedere cosa Draco stesse stringendo tra le dita.

«Sembra che stia usando un walkie-talkie» commentò Harry.

«È vero!» concordò sua sorella. «Pensate che stia parlando con qualcuno con cui non potrebbe?»

«Non è possibile» affermò Hermione con sicurezza. «Ve l'ho detto, quelle cose lì non funzionano a Hogwarts. Andiamo, Harry, riproviamo l'Incantesimo Scudo.»

Si esercitarono fino a quando l'Incantesimo Solleticante di Rose non rimbalzò contro l'invisibile muro temporaneo che Harry aveva eretto davanti a sé, colpendo colei che lo aveva lanciato e lasciandola piegata in due dal solletico e dalle risate, prima che Hermione utilizzasse il controincantesimo su di lei.

I giorni trascorsero tra le quotidiane lettere di Sirius e gli esami scolastici sempre più intensi. Gli studenti osservavano malinconici il parco di Hogwarts - il prato dall'erba verdeggiante accarezzata dal sole, le acque del Lago Nero increspate dalle calde brezze che annunciavano l'arrivo della stagione estiva, il cielo ogni mattina più limpido e azzurro - e rimpiangevano di dover restare chini sui libri fino al termine degli esami.

Rose, dal canto suo, aveva studiato davvero poco, e non se ne era mai preoccupata meno. La pratica di fatture e incantesimi nuovi era utile non solo per Harry, ma anche per lei, Ron e Hermione, che così si allenavano nel campo della Difesa contro le Arti Oscure nel modo in cui un insegnante non avrebbe mai permesso loro di fare; Rose, che da sempre nutriva interesse per le Arti Oscure ed era certa della loro utilità nel mondo che li attendeva fuori da Hogwarts, non avrebbe potuto essere più soddisfatta dei risultati che stava ottenendo.

La mattina della terza prova, poco prima dell'inizio dell'esame di Storia della Magia, giunse la posta, e Daphne spinse il nuovo numero de La Gazzetta del Profeta accanto al piatto quasi vuoto di Rose. A lei bastò un'occhiata al titolo dell'articolo che occupava la prima pagina - "Harry Potter è 'disturbato e pericoloso'" - e al nome dell'autrice - chi se non Rita Skeeter? - per capire che era soltanto altra spazzatura. Restituì il quotidiano a Daphne con un'alzata di spalle, mentre i Serpeverde si muovevano sui loro posti per osservare la reazione di Harry al tavolo dei Grifondoro.

«Ehi, Potter! Potter! Come va la testa? Ti senti bene? Sei sicuro che non ci farai a pezzi?»

Rose si chinò in avanti verso Malfoy e rovesciò di proposito il suo succo di zucca, che scivolò lungo il tavolo per precipitare sull'uniforme ben lavata e stirata di Draco. Lui si voltò immediatamente, spostando in fretta lo sguardo dal tavolo di Grifondoro alla propria veste macchiata, ma Rose si era già risistemata al proprio posto e stava terminando la colazione. Quando si fissarono, lei strizzò l'occhio nella sua direzione, soddisfatta, e lui non poté far altro che sbuffare e ricambiare con uno sguardo truce.

Hermione, una nuova teoria riguardo come Rita Skeeter riuscisse a girovagare per Hogwarts senza essere vista - Silente le aveva proibito di varcare di nuovo i confini della scuola -, aveva appena lasciato la Sala Grande per correre in biblioteca, quando Rose occupò il suo posto al tavolo dei Grifondoro.

«Ehi!» stava gridando Ron, fissando Hermione scomparire. «Abbiamo l'esame di Storia della Magia tra dieci minuti! Accidenti» continuò, rivolgendosi a Harry, «deve proprio odiarla, quella Skeeter, per rischiare di perdersi l'inizio di un esame. Che cosa farai tu alla lezione di Rüf? Continuerai a leggere?»

«Immagino di sì» rispose Harry, mentre sua sorella studiava il biglietto di auguri per la terza prova che Sirius aveva spedito al suo figlioccio: era un semplice foglio di pergamena piegato in due, con l'impronta fangosa di una zampa stampata al suo interno, ma fu comunque apprezzato.

In quel momento si avvicinò la professoressa McGranitt.

«Potter, i campioni si riuniscono nella saletta qui accanto dopo colazione» disse.

«Ma la prova comincia stasera!» esclamò Harry, rovesciandosi addosso le uova strapazzate per il timore di aver sbagliato orario.

«Lo so, Potter. I familiari dei campioni sono invitati ad assistere alla prova finale, lo sai. Questa è solo un'occasione per salutarli.»

«Quali familiari?» fece Rose, stupita, ma la McGranitt si era già allontanata, e lei si voltò verso suo fratello.

«Non si aspetterà che arrivino i Dursley, vero?» chiese lui, incredulo.

«Certo che no» ammise Rose, sicura, e Harry guardò Ron.

«Non so» rispose lui. «Harry, meglio che mi muova, o sarò in ritardo da Rüf. A più tardi. Tu vieni, Rose?»

Lei annuì e si alzò, la borsa in spalla. Lasciò la Sala Grande con Ron, mentre Harry, confuso, terminava la sua colazione, chiedendosi chi mai la McGranitt si aspettasse che potesse venire a vederlo, e non sapendo che, in realtà, ad aspettarlo c'era davvero qualcuno che teneva a lui come un figlio.

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