1.30 ~ Chi la fa, l'aspetti
Se il giorno seguente Rose non riuscì a incontrare Sirius, la colpa era da attribuire a quel dannato Draco Malfoy, che rimase alle sue calcagna per l'intera durata della visita a Hogsmeade, chiaramente intenzionato a scoprire il suo segreto.
«Non devi andare da nessuna parte?» le aveva chiesto piano, provocatorio, alle due in punto.
Sedevano l'uno accanto all'altra a un tavolo occupato da un gruppetto di Serpeverde del quarto anno, ai Tre Manici di Scopa, il pub più popolare del villaggio.
«No» aveva risposto lei con un'alzata di spalle, guardando dritto davanti a sé per non tradirsi, portandosi alle labbra il proprio boccale di Burrobirra con fare disinvolto.
Lui l'aveva osservata con un sopracciglio sollevato per un attimo, prima di mostrare un ghigno soddisfatto ed essere risucchiato da una conversazione con Theodore Nott e Pansy Parkinson. Nonostante le distrazioni, però, Draco non perse Rose di vista neanche per un secondo, e lei fu costretta a restare seduta tra lui e Daphne fino al termine della gita a Hogsmeade, mordendosi nervosa le labbra ogni volta che controllava l'orologio, tentando di rassegnarsi al fatto che non si sarebbe mai liberata in tempo di Malfoy per vedere Sirius, ma convincendosi comunque di star facendo la cosa giusta: la salvezza di Felpato era molto più importante dell'irreprimibile necessità che lei aveva di abbracciarlo di nuovo.
Al ritorno a Hogwarts, il risultato fu che detestava Draco ancora più del solito. Ogni volta che gli scoccava un'occhiata truce, lui replicava sempre con lo stesso insopportabile ghigno soddisfatto, e lei, esasperata, stringeva i denti per non insultarlo o lamentarsi sulla spalla di Daphne, la quale non avrebbe di certo apprezzato che il suo mantello si impregnasse del poco mascara che Rose portava. Non le bastarono il resoconto dettagliato, espostole da Harry, Ron e Hermione, di tutto ciò che Sirius aveva detto, né le loro rassicurazioni; aveva bisogno di lui, di rivederlo, e l'opportunità di farlo le era appena stata strappata dalle mani senza alcuna delicatezza.
Ad ogni modo, proprio quella sera Draco colse l'occasione di farsi perdonare, pur non essendone affatto intenzionato.
Stava percorrendo il cortile della Torre dell'Orologio, Tiger e Goyle alle sue spalle, quando notò un gruppo di studenti di Durmstrang che scherzava senza curarsi di mantenere un tono di voce consono. Le parole che risuonavano nell'aria erano quelle di un giovane dai ricci biondi e i profondi occhi blu. Sedeva scomposto sull'ampio bordo della fontana di pietra, entrambe le braccia sulle spalle di due dei suoi compagni che sedevano accanto a lui.
Compreso che non era uno qualsiasi ma proprio quel giovane, Draco, facendo un cenno a Tiger e Goyle, rallentò il passo, deciso ad ascoltare una conversazione scomoda che il proprietario non sembrava volersi prendere la briga di mantenere privata.
«... ma voglio dire: te ne rendi conto?»
Ai suoi compagni scappò una risata, e Ludwig riprese a parlare, compiaciuto dalla loro reazione.
«Insomma, se ti ho detto di no è no, non trovate? Capisco che lei volesse venire al ballo con me, ma una volta che non l'ho invitata la storia avrebbe dovuto chiudersi lì. Non dà una bella immagine di sé... cosa credeva, che essere la sorella del famoso Ragazzo-Che-È-Sopravvissuto la rendesse una celebrità?»
Le risate che seguirono irritarono Draco più di quanto avrebbero dovuto. Stavano parlando di lei.
«Mi capite, no? Per quanto io possa essere affascinante, mi sembra stancante e un tantino esagerato seguirmi per il castello nella speranza che io le dia qualche possibilità...»
Draco fermò del tutto la propria avanzata, e Tiger e Goyle si lanciarono un'occhiata, gesto che non eseguivano tanto spesso e che indicava uno stato molto poco positivo: allarme.
«Insomma, perdere la propria dignità così! Mi aspettavo molto di più da una quattordicenne, per di più una Serpeverde! Non ne avete sentito parlare anche voi? A quanto pare quelli che ne fanno parte sono piuttosto orgogliosi... non mi sorprendo che lei si creda chissà chi già così giovane...»
Ludwig sospirò. Sapeva di star raccontando una menzogna che non sarebbe potuta essere più bugiarda, però si stava divertendo così tanto...
«Ma perdere la dignità con il primo che passa... non mi sorprenderei se non fossi l'unico a ricevere questo tipo di attenzioni inappropriate. Davvero un comportamento disgustoso.»
«Sai cos'è ancora più disgustoso?»
Il gruppo di Durmstrang si sciolse, rivelando Draco Malfoy, lo sguardo serio come non lo aveva mai avuto, le labbra una linea sottile a malapena visibile, i pugni stretti. Ludwig lo osservò con entrambe le sopracciglia inarcate, un mezzo sorriso impresso sul volto liscio e perfetto.
«Credo di sapere chi sei» ammise piano, sollevandosi appena per assumere una posa più composta, «ma non cosa vuoi. Quindi... avanti, illuminami... cosa c'è di più disgustoso?»
«La tua faccia, pezzo di idiota.»
E le nocche di Draco si scontrarono dolorosamente con il naso ancora dritto di Ludwig, che cadde sulla schiena, piombando all'indietro nella fontana, sfortunatamente - per Malfoy - troppo poco profonda per potervi annegare qualcuno.
Ludwig si rialzò con le narici sanguinanti, i pugni, però, pronti a colpire, e Draco, di fronte a un diciassettenne più alto, robusto e capace - oltre che spalleggiato da poco meno di una dozzina di studenti come lui -, non avrebbe desiderato far altro che fuggire.
La situazione sarebbe scappata presto di mano a entrambi i diretti interessati, se la professoressa Sinistra, l'insegnante di Astronomia, che passava per il cortile senza alcun particolare motivo, non fosse corsa a separarli. Anche se, ormai, il danno era stato in parte fatto: Ludwig esibiva, oltre che il naso chiaramente rotto, un labbro spaccato, e Malfoy riportava un occhio nero e contusioni violacee sulla mandibola sinistra. Tiger e Goyle erano intatti; il loro aspetto aggressivo li aveva salvati, perché la verità era che, alla fine, il più grande interesse dei giovani di Durmstrang era mantenere perfetta la loro apparenza.
La professoressa Sinistra li condusse entrambi in Infermeria, e furono fortunati, perché, se al suo posto ci fosse stata la McGranitt, lei sarebbe stata tranquillamente capace di trascinarli fin lì per le orecchie, oltre che togliere all'istante una cinquantina di punti a Serpeverde senza ascoltare ragioni, come invece l'insegnante di Astronomia stava cercando di fare. Ma Draco e Ludwig si limitarono a fissarsi in cagnesco, e lei non poté far altro che lasciarli nelle mani di Madama Chips, che non perse tempo nell'eseguire il proprio lavoro.
Quando Piton entrò in Infermeria, furente, Madama Chips stava spalmando una pasta dall'odore nauseante sull'occhio di Malfoy, che si lamentava come un ragazzino.
«Malfoy, con me» sillabò Piton, scoccando un'occhiata di puro odio a Ludwig, che ricambiò sprezzante.
«Professore!» esclamò indignata Madama Chips, mentre Draco già scendeva dal letto. «Il ragazzo ha bisogno di cure!»
«Il ragazzo sta benissimo» replicò freddo Piton, afferrando poi Malfoy per la collottola e trascinandolo fuori di peso.
«Professore!» lo richiamò di nuovo Madama Chips, sempre più indignata, ma Severus non si voltò. «Da non credere» aggiunse l'infermiera, borbottando.
Draco si liberò dalla stretta del professore non appena ebbero lasciato l'Infermeria.
«Che diavolo ti salta in mente, Malfoy?» sbottò Piton.
«A me niente» ribatté il Serpeverde, indispettito. «Gli ho solo dato una lezione.»
«Una lezione per cosa?»
Nonostante le circostanze, Piton sembrava piuttosto compiaciuto. Certo, Karkaroff non ne sarebbe stato affatto contento, ma il suo Serpeverde prediletto aveva appena dimostrato di sapersi battere per la propria dignità o per quella di chiunque fosse. Anche Draco parve notare che Piton non era poi così arrabbiato. Quindi ignorò la sua domanda.
«Dove stiamo andando?» gli chiese invece, notando che si stavano dirigendo verso i sotterranei.
«Ti accompagno alla tua sala comune.»
«Nessuna punizione, professore?»
«Non me lo ricordare, posso sempre ripensarci, Malfoy. E levati dalla faccia quel ghigno, non sei comunque nelle condizioni di scherzare con me.»
L'entrata di Draco Malfoy nella sala comune dei Serpeverde fu teatrale, esattamente come lui aveva sperato. Il silenzio si propagò lungo l'intera stanza, quando i suoi compagni lo videro presentarsi con la mandibola adornata da un lungo livido scuro, e l'occhio circondato dalla pasta curativa di Madama Chips. Pansy Parkinson lanciò un'esclamazione sorpresa e al contempo agitata, Astoria Greengrass non poté evitare di portarsi una mano alla bocca, preoccupata, e Theodore Nott scattò involontariamente in piedi, spingendo indietro la poltrona sul quale era accomodato, un lampo vendicativo negli occhi.
Draco gli fece un cenno, tranquillizzandolo sul fatto di aver già sistemato il colpevole, e trovò la forza di sogghignare, le braccia appena allargate, riservandosi quell'accoglienza da eroe. Solo qualche istante dopo, sedeva comodo sul divanetto davanti al fuoco, un gruppo di Serpeverde attorno a lui, ognuno di loro attento ad ascoltare la narrazione dello scontro tra Malfoy e il giovane di Durmstrang. Astoria si guardava intorno per assicurarsi che Daphne non spuntasse da un momento all'altro e le facesse la predica, visto che era tra i più interessati a conoscere a fondo l'accaduto, mentre, al contrario, Draco sperava che arrivasse quanto prima portando Rose con sé, perché quest'ultima potesse apprendere della sua audacia. Anche se, alla fine, non avrebbe mai potuto rivelarle che aveva fatto quel che aveva fatto per difendere la sua dignità da un idiota che la stava dipingendo come una subdola e sprovveduta poco di buono. Non avrebbe potuto dirlo a lei esattamente come a chiunque altro.
Per sua fortuna, Tiger e Goyle avevano troppo poco cervello per riuscire a capire il vero motivo per il quale Draco aveva agito, figurarsi andarlo a confessare in giro. No, nessuno lo avrebbe mai saputo. Presto, Malfoy si dimenticò dell'assenza di Rose. L'attenzione di coloro che lo circondavano, e la fama e la gloria di cui lo stavano ricoprendo, come fosse un campione da acclamare, lo inibirono a tal punto da eliminare dalla sua mente ogni minima traccia del desiderio ardente di correre da lei e raccontarle tutta la verità. E, almeno per quella sera, fu meglio così.
Perché Rose e Daphne, chiuse nella loro desolata stanza di dormitorio, avevano una missione assolutamente segreta da portare a termine. La prima, seduta con le gambe incrociate ai piedi del letto di Daphne, scorreva lentamente le pagine del libro sulle Arti Oscure che Hermione le aveva regalato per Natale, mentre l'altra, sdraiata bocconi sul proprio materasso, spulciava la sua copia intatta di Le Forze Oscure: guida all'autodifesa con una cura che non aveva mai applicato nella lettura di un manuale scolastico, sfregandosi spesso il naso a causa della sua allergia al pelo dei gatti, che, grazie a Betty - la quale continuava a balzare su ogni letto -, ora si trovava anche tra le sue lenzuola.
Entrambe, comunque, si erano poste lo stesso obiettivo: trovare quante più informazioni possibili sul Marchio Nero, il simbolo di Lord Voldemort. E arrendersi non era tra le opzioni.
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