1.25 ~ Il Ballo del Ceppo (2/2)
«Andiamo, Ron, solo uno.»
«No.»
«Dai! Questo e basta!»
«No.»
«Oh, per favore! Un ballo soltanto, ti prego!»
Ron scosse di nuovo la testa.
«Scusa, Rose, ma non me la sento.»
Erano probabilmente l'unica coppia a non trovarsi in pista; i Weird Sisters si dirigevano verso le note finali del loro primo brano, e ogni studente e insegnante - forse tranne Piton, che, profondamente nauseato, osservava la scena con le labbra arricciate - ballava con un partner.
Ron era seduto presso un tavolo, gli occhi fissi su Hermione e Krum che danzavano lì accanto, le braccia incrociate e la bocca storta in un broncio. Rose era in piedi davanti a lui, le mani sui fianchi e un'aria supplichevole e adirata al contempo. Sapeva bene che Ron sarebbe stato molto più partecipativo se Hermione non si fosse presentata così raggiante al fianco di Viktor Krum, o, magari, se fosse andata al ballo con lui; ma, se Ron non l'aveva invitata in tempo, non c'era nessun altro da biasimare oltre lui stesso, il cui cervello invece si stava arrovellando attorno a tutte le accuse che avrebbe potuto rivolgere a Hermione per far risultare lei dalla parte del torto.
«Dal momento che mi hai chiesto di venire con te, ti sei preso un impegno e devi rispettarlo» ribatté Rose, piccata e sfinita. «Non puoi rovinare la serata anche a me solo perché sei geloso.»
Stesse parlando con un'altra persona, forse avrebbe utilizzato più tatto, ma con Ron sembrava impossibile, talmente era cocciuto.
«Geloso io?» ripeté lui. «Non penso che tu abbia capito la situazione.»
Rose, le sopracciglia inarcate con eloquenza, si spostò di lato, coprendo Hermione e Krum, e Ron finalmente posò gli occhi su di lei.
«Sta... sta... fraternizzando con il nemico!» farfugliò, soddisfacendosi poi della spiegazione razionale che aveva trovato al proprio comportamento. «Krum è nemico di Harry!»
«Oh, Ron!» lo rimbeccò lei, esasperata. «Smettila di cercare scuse e accetta di aver sbagliato! Se volevi invitare Mione al ballo dovevi svegliarti prima!»
Ron avrebbe ribattuto molto volentieri alle parole di Rose, che erano del tutto veritiere nonostante lui non fosse affatto pronto ad ammetterlo, ma qualcuno stroncò la sua replica sul nascere.
«Signorina, vuole farmi l'onore di concedermi questo ballo?»
George Weasley, un sorriso smagliante impresso sul volto furbo, aveva appena preso la mano di Rose tra le proprie. Dopo aver scoccato a Ron un'occhiata che sembrava esclamare «guarda e impara», lei accettò l'invito, lasciandosi trascinare dal suo temporaneo cavaliere nella mischia, che ballava sulla melodia rapida della canzone che i Weird Sisters avevano appena attaccato.
«Salvata appena in tempo, eh?» fece George, gridando per farsi sentire.
«Grazie!» strillò lei in risposta.
La durata di quel ballo fu più breve del previsto, probabilmente perché Rose si stava lasciando andare e quella sera lei non sembrava essere destinata al divertimento. Quando il brano terminò, George le fece fare una veloce giravolta e si esibì in uno scherzoso ma cavalleresco baciamano, prima di filare via verso Alicia Spinnet, la sua vera dama. Rose non avrebbe mai potuto ringraziarlo abbastanza per aver abbandonato la sua accompagnatrice, come le aveva anticipato quel pomeriggio, e averle dato la possibilità di avere un partner partecipativo per almeno un ballo. Vide Fred Weasley e Angelina Johnson ballare con entusiasmo mentre i Weird Sisters chiudevano la canzone seguiti dalle urla squarciagola degli studenti, e sorrise.
Colpita dal calore che l'assalì nella folla, Rose dimenticò per un attimo la neve e il gelo che rivestivano l'esterno di Hogwarts. Si sventolò il volto con le mani, un rivolo di sudore le scivolò tra le clavicole e giù per la spigolosa scollatura del corpetto a forma di cuore, mentre si scostava dagli occhi le sottili ciocche di capelli che le incorniciavano il volto. I Weird Sisters scelsero di proseguire con un brano lento, piuttosto sdolcinato, e lei, del tutto fuori posto da sola in quel caos, sollevò appena la gonna, stringendone la stoffa tra le dita, e sgusciò tra le coppie che ballavano, tentando di non scontrarsi con nessuno.
«Ehi.»
Non seppe spiegarsi come capì che quel richiamo fosse destinato a lei. Forse perché era dietro di lei, forse perché era l'unica cosa che era riuscita a sentire oltre le urla che provenivano dal palcoscenico, o forse perché aveva riconosciuto la voce, quando in realtà proprio il suono di quella voce avrebbe dovuto assicurarle che non si stesse riferendo a lei.
Si fermò. Indietreggiando appena per non finire contro la spalla di uno studente che danzava di fronte a lei, rimase per un attimo immobile sui tacchi bassi, la gonna ancora tra le dita, come per essere certa che avesse chiamato lei. Poi, si voltò piano, liberando l'abito dalla propria stretta, le braccia ricaddero leggere lungo i fianchi, i palmi aperti.
Draco Malfoy, impeccabile nell'abito di velluto nero con il colletto alto, la osservava con le mani nelle tasche dei pantaloni, un sopracciglio inarcato sotto i ciuffi biondo platino che gli accarezzavano la fronte chiara. Senza esitare, estrasse una mano, e, in una richiesta eloquente, la tese verso di lei, che lo guardò sbattendo le palpebre, sbigottita.
Schiuse le labbra, facendo scendere gli occhi sulla mano di lui e riportandoli poi sul suo viso, con l'intenzione di dire qualcosa che però non lasciò mai la sua gola. Congelata, rimase a fissarlo con le iridi verdi che rispecchiavano perfettamente il senso di confusione che provava nel profondo, e sarebbe rimasta così ancora a lungo se lui non l'avesse scossa con le sue parole.
«Avanti, Potter, non farti pregare.»
Appena esitante, Rose sollevò una mano, e, muovendo un unico passo, la posò sul palmo aperto di lui. Draco l'attirò a sé con un'inaspettata bruschezza che le spezzò il fiato, e dovette aggrapparsi alle sue spalle fasciate di velluto per restare in piedi, traballanti com'erano le sue gambe - e ora non più soltanto a causa dei tacchi. Entrambe le mani di Malfoy trovarono la sua vita, avvolta dal corpetto di raso verde scuro, e la strinsero, e Rose serrò le ginocchia per tentare di arrestarne il tremito.
Lei e Draco non erano mai stati tanto vicini, ed era la prima volta che lui la toccava - la stringeva, anzi - di propria volontà. Erano così premuti l'uno contro l'altra, che Rose percepì il rossore imporporarle le gote ancora prima che accadesse. Malfoy iniziò a muoversi piano, conducendola con sé, lo sguardo affilato fisso sul volto di lei in un modo che non poté non accentuare il calore che le aveva investito le guance.
«Che c'è, hai perso la lingua?» sogghignò piano Draco, stringendola però di più.
«No» ribatté Rose, guardandolo finalmente negli occhi. «Mi chiedevo solo perché sei qui con me invece che con la Parkinson. Non è lei la tua dama? Mi ricordo che l'hai invitata.»
Lui alzò lievemente le spalle.
«Sicuramente lo è, ma non ne sono molto entusiasta.»
«E allora perché lo hai fatto?»
«Forse perché la persona che volevo invitare era già occupata?»
«Davvero?» fece Rose, tra il sorpreso e il sospettoso.
Malfoy chinò la testa verso di lei, piegandosi sul suo orecchio.
«Davvero» scandì in un sussurro.
Spostò la mano destra dalla sua vita, facendola salire lentamente tra le scapole, dove il tessuto dell'abito non poteva coprirla. Le sue dita le carezzarono la pelle nuda, e presero poi a giocherellare quasi distrattamente con l'ortensia alla base del collo, sfiorandole la nuca. La gola le si seccò all'improvviso, mentre lui scrutava i suoi occhi.
«Lo sai» esordì piano Rose, senza sapere neanche perché sentisse il bisogno di raccontarlo a lui, «questo fiore mi è arrivato per Natale.»
«Ah sì?» fece lui, senza cambiare affatto espressione. «Chi te lo ha regalato? Weasley?»
«No» rispose lei, non sapendo per quale motivo Malfoy avesse nominato Ron, «era anonimo.»
«Hai un ammiratore, Potter?» sogghignò Draco, sarcastico.
«Pare di sì» ribatté lei duramente, avvampando. «E forse so chi è.»
Non era affatto vero. Lo aveva detto solo per metterlo a tacere e mostrargli in qualche modo che ciò che aveva raccontato era vero e che lei prendeva la cosa sul serio. Sapeva che Malfoy probabilmente non la reputava abbastanza per avere addirittura uno spasimante, eppure in quel momento, chissà per quale motivo, sentiva l'impellente necessità di dimostrargli che invece era così, che qualcuno era interessato a lei in campo amoroso.
Draco si mostrò stupito, quando in realtà il suo cuore batteva furiosamente come non mai, e le sue viscere si erano incastrate tra di loro. Cosa lo aveva tradito? Come lei poteva sapere chi fosse il mittente dell'ortensia? Era certo di aver fatto un lavoro impeccabile, nessuno avrebbe potuto sospettare di lui. L'unica che non avrebbe mai dovuto capire, invece, sembrava averlo fatto.
«Davvero?» fece, un tono casuale e incolore.
La sua mano si fermò sulla parte alta della schiena di lei, il palmo aperto e le dita premute sulla pelle scoperta, solo il pollice si muoveva a sfiorare prima lei e poi di nuovo l'ortensia in movimenti che tradivano la sua agitazione. Erano ancora più vicini, il braccio che le circondava la vita la spingeva contro il petto di lui.
«Davvero» pronunciò Rose, senza fiato, il respiro di Draco che si infrangeva contro il suo viso.
Si aspettava che lui le chiedesse di più, invece non lo fece. Anzi, non disse più nulla. La lasciò senza preavviso, rimuovendo le braccia da lei, e Rose scoprì con sorpresa che tornare a respirare normalmente in realtà non le era mancato affatto. Il brano dei Weird Sisters terminò appena un istante dopo, ma Draco si era già allontanato tra la folla. E, mentre Rose restava sola nella mischia che applaudiva, Astoria Greengrass, volteggiando lì accanto, gioì silenziosamente per quanto appena accaduto.
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