1.16 ~ Sirius
Il 22 di novembre, il compromettente articolo di Rita Skeeter era ancora in bella mostra sul giornale. Molti avevano gettato via il quotidiano come sempre dopo averlo letto, altri lo avevano dimenticato sul fondo del baule, altri ancora si domandavano se davvero la Skeeter avesse scritto una grande bugia o se si fosse basata sulla verità.
Ma nessuno, a distanza di giorni dall'uscita di quel numero de La Gazzetta del Profeta, leggeva e rileggeva l'articolo per scoprire quale fosse la realtà dei fatti come Astoria Greengrass faceva disperatamente.
Daphne trovò sua sorella in lacrime quella sera, entrando nel dormitorio deserto delle ragazzine del secondo anno.
«Tory, mi ridai...?»
Presa alla sprovvista, Astoria, seduta sul proprio letto, si affrettò a voltare le spalle alla sorella maggiore per nascondere le lacrime e sistemare il giornale sotto il cuscino, cosicché lei non potesse vederlo. Daphne rimase immobile sulla soglia, esitante.
«Tory?»
«Che cosa vuoi?» fece l'altra bruscamente, tirando su col naso.
«Va tutto...?»
«Sì.»
Astoria si passò la manica del mantello sugli occhi.
«Che vuoi?» ripeté ancora, non riuscendo però a far sembrare la sua voce meno afflitta di quello che era.
Daphne fece per ribattere a tono, ma poi ci ripensò.
«Solo riprendere il mio profumo.»
«È in bagno.»
Astoria si voltò per osservare la sorella tornare in possesso della sua bottiglietta contenente il profumo alla rosa; glielo aveva chiesto in prestito per spruzzarlo su tutti i suoi vestiti, sapendo bene che Daphne lo aveva incantato per far sì che restasse il più a lungo possibile sugli abiti. La minore delle Greengrass sperava così che Draco l'avrebbe notata, ma era stato uno sforzo vano dal momento che si diceva avesse una relazione con quella Mezzosangue. Trattenne un singulto.
«Tory, sei sicura di stare bene?»
Daphne ora la osservava con la boccetta di profumo tra la mani e un cipiglio tra il preoccupato e il confuso. Il suo sguardo, chiaro come quello della sorella, cadde sul cuscino, e gli occhi di Astoria fecero lo stesso subito dopo. Un angolo spiegazzato del giornale era ben visibile, e quest'ultima lo nascose all'istante. Guardò di nuovo la sorella.
«Ti ho detto di sì, lasciami stare!»
«Tory...»
«E smettila di chiamarmi Tory!» gridò Astoria, balzando dal letto. «Sono grande, basta chiamarmi così!»
L'espressione di Daphne virò dallo sconcerto alla collera in meno di mezzo secondo.
«Bene» disse, acida. «Me ne vado. Spero che tu ne sia felice, adesso.»
«Sì, sì lo sono! Grazie a Salazar!»
«Perfetto. D'ora in poi scordati di chiedermi qualsiasi cosa.»
«E allora vattene! Che stai aspettando ancora!?»
Daphne la fissò ancora con astio, ma si costrinse a ingoiare l'orgoglio che le pungeva la gola.
«Astoria, ascoltami. Tu non capisci che Malf-»
«Vattene!» strillò l'altra. «Non sopporto più che ficchi il naso dappertutto, non ti sopporto più!»
Fissò la sorella maggiore senza fiato, soddisfatta di averla lasciata interdetta.
«Okay» disse solo Daphne, il rancore che già la investiva. «Almeno adesso lo so.»
Lasciò la stanza sbattendo la porta, e un attimo dopo Astoria affondò il viso nel cuscino, piangendo lacrime di rabbia e dolore, soffocando i singhiozzi, le unghie conficcate nella morbida piuma. Il giornale scivolò sul pavimento, e lei, in uno scatto d'ira, lo raccolse e lo strappò. Aveva ricchezza, bellezza, nobiltà, e chiedeva di ricevere soltanto una cosa in più, un dono che a confronto di tutto ciò che già possedeva non poteva fare a meno di apparire misero e inutile. Ma non per lei.
Daphne la ascoltò piangere per qualche secondo, il capo appoggiato contro la superficie legnosa della porta. Sapeva come Astoria si sentiva.
Daphne era alle prese con la sua cotta da così tanto e in un modo talmente avvilente, da non riuscire a non sentirsi stanca di essere innamorata. Erano delusioni quelle che riceveva quando voltava gli occhi verso di lui ed egli non la guardava mai, quando cercava di apparire al meglio e lui non accennava ad averla notata neanche un poco, quando lo salutava e lui le rispondeva distrattamente, come se non fosse diversa da tutti gli altri.
E, effettivamente, per Blaise Zabini, Daphne Greengrass era come tutti gli altri.
Nonostante sapesse ciò che Astoria provava, la mente di Daphne non accolse il pensiero di tornare da lei e consolarla nemmeno per un millesimo di secondo: non le avrebbe perdonato facilmente il modo in cui l'aveva trattata, quando lei aveva solo cercato di aiutarla. Sì, Daphne era terribilmente rancorosa, e non avrebbe smesso di esserlo solo per sua sorella.
Entrò nel dormitorio del quarto anno per rimettere il profumo sul suo comodino, e si accorse che Milly già dormiva beatamente nel proprio letto, le tende del baldacchino aperte, mentre Tiffany - a giudicare dalla voce doveva essere lei - canticchiava piano, chiusa in bagno, accompagnata dall'acqua che scorreva. Daphne avrebbe proprio voluto spalmarsi la crema nutriente sul volto, indossare la maschera da notte e gettarsi sotto le coperte, visto il freddo che faceva soprattutto lì nei sotterranei, sotto il Lago Nero.
Aspettando che Tiffany liberasse il bagno e volendo evitare di incrociarla, Daphne andò in sala comune, e trovò Rose sprofondata in una poltrona vicino al fuoco e immersa nella lettura di quello che le parve un manuale scolastico. Doveva essere per forza di Incantesimi - al massimo di Difesa contro le Arti Oscure - perché Rose non era così malata di compiti e lezioni da leggersi i libri di testo in ogni momento libero.
C'erano poi delle ragazzine del secondo anno - le compagne di Astoria - che ridacchiavano in un angolo, un prefetto del sesto anno che aveva appena terminato di studiare e stava raccogliendo le proprie cose per andare a dormire, e una ragazza del terzo anno che leggeva una rivista di bellezza. Daphne, incuriosita, fece per dare un'occhiatina, magari avrebbe scoperto qualcosa di interessante sui rituali di bellezza, ma la Serpeverde chiuse la rivista con uno sbadiglio e la portò con sé al dormitorio.
«Non vieni a dormire?» chiese allora Daphne, avvicinandosi a Rose.
Lei scosse solo la testa, del tutto rapita dalla lettura.
«Ma è già mezzanotte...»
Rose scosse di nuovo la testa.
«Okay. Potresti anche guardarmi, quando ti parlo, eh.»
La giovane Potter sollevò lo sguardo su di lei.
«Hai ragione, Daph, scusami. Che hai? Sei strana.»
«Ho litigato con Astoria» rispose Daphne, abbassando la voce per non farsi sentire dalle Serpeverde del secondo anno. «Ma non ti preoccupare, solo una stupidaggine. Si è presa una cotta per un... idiota e non vuole ascoltarmi.»
«E immagino che tu te la sia presa.»
«Certo che me la sono presa, mi ha urlato in faccia!»
Rose ridacchiò piano.
«Quanto mi piace il tuo rancore, Daph.»
L'altra sorrise.
«Lo so.»
Fece per tornare in dormitorio, poi si fermò e si voltò di nuovo verso l'amica.
«Non dirmi che resti sveglia per leggere un libro di scuola.»
«Non è proprio un libro di scuola.»
Rose lo sollevò per mostrare la copertina viola a Daphne, che lesse il titolo.
«È il Libro degli Incantesimi di Miranda Gadula» spiegò la giovane Potter. «Il primo vero e proprio manuale di Incantesimi mai esistito. Adesso non ci fanno studiare su questo, ma su altri manuali della Gadula. Però qui ci sono tutti tutti gli Incantesimi, e... be', è interessante.»
Daphne sollevò un sopracciglio sottile.
«Se lo dici tu» fece, prima di voltarsi di nuovo e allontanarsi. «Buonanotte!»
Le ragazzine del secondo anno lasciarono la sala comune una mezz'oretta dopo di lei, e Rose chiuse il libro non appena le vide scomparire. Daphne poteva essere perspicace, quando voleva, ma quella sera non ci aveva neanche provato; se avesse fatto un po' più di attenzione, si sarebbe infatti accorta che Rose il Libro degli Incantesimi lo aveva finito di leggere settimane prima, e che dunque quella era solo una messa in scena.
Rose purtroppo non aveva un orologio, si dimenticava sempre di averne bisogno, ma, da ciò che le Serpeverde del secondo anno avevano detto, doveva essere mezzanotte e mezza. Quindi si alzò dalla poltrona e, in punta di piedi, lasciò la sala comune. Rimase all'esterno di essa per almeno un quarto d'ora, sussultando a qualsiasi minimo rumore, pronta a rientrare nella sala comune se avesse intravisto Gazza o percepito i suoi passi.
Harry arrivò trafelato, scusandosi per il ritardo e promettendo alla sorella di spiegarle tutto una volta nella Torre dei Grifondoro. Era coperto dal Mantello dell'Invisibilità, un artefatto magico appartenuto a James e donatogli da Silente per il suo primo Natale a Hogwarts. Coprì anche Rose con esso, quindi si avviarono verso la sala comune dei Grifondoro.
Era vuota, e, dopo aver lanciato un'occhiata prudente alle due scale a chiocciola che portavano ai dormitori, si sfilarono il Mantello.
«Allora?» bisbigliò Rose all'istante, sedendosi sul tappeto di fronte al camino con le gambe incrociate.
«Ero da Hagrid» rispose Harry, piegando il Mantello dell'Invisibilità e sedendosi accanto a lei.
«A quest'ora?»
Suo fratello annuì.
«L'ho incontrato ai Tre Manici di Scopa e mi ha detto di andare da lui con il Mantello.»
«Perché?»
«Sa qualcosa della prima prova.»
Rose sollevò entrambe le sopracciglia.
«Davvero? E te l'ha detto?»
Harry scosse la testa.
«Me lo ha fatto vedere.»
Dato che suo fratello non sembrava intenzionato ad andare oltre, Rose lo incalzò.
«E?»
Harry fissò per un lungo attimo le fiamme scoppiettanti nel camino, la loro luce che si rifletteva sulle lenti tonde dei suoi occhiali, e, quando parlò, il suo sguardo non si spostò dal fuoco.
«Draghi.»
A Rose sfuggì un verso di sorpresa.
«Draghi?» ripeté, in un sussurro.
Il silenzio di suo fratello servì da conferma.
«Per Merlino, Harry... che diavolo dovete fare? Combatterli?»
«Credo superarli, o una cosa del genere. C'era Charlie, il fratello di Ron, e ho sentito mentre parlava con Hagrid.»
«Ma non hai la minima idea di cosa fare, e la prova è tra due giorni!»
«Lo so, è per questo che domani devo rivedere tutti gli incantesimi e capire cosa può servirmi.»
Calò il silenzio, la mente di Harry lavorava velocemente.
«Be', vedi il lato positivo» fece Rose, «tu almeno lo sai.»
«Non sono l'unico, Rose. C'era Madame Maxime, quindi sono sicurissimo che ora lo sappia anche Fleur, e tornando ho visto Karkaroff, quindi presto lo saprà anche Krum.»
«Che cosa stava facendo Karkaroff?»
«Non lo so, penso che abbia seguito Hagrid e Madame Maxime. Ma era strano, tutto teso... ho la sensazione che nasconda qualcosa.»
«Perché nasconde qualcosa» rivelò Rose. «È un ex-Mangiamorte.»
Harry trasalì e si voltò a guardarla.
«Era un Mangiamorte? Come fai a saperlo?»
«Uno di Durmstrang» fece rapida Rose, alzando le spalle come se non importasse.
«Conosci quelli di Durmstrang?»
«Be'...»
«Non importa, comunque» la interruppe fortunatamente Harry. «Ma questa cosa di Karkaroff cambia tutto... potrebbe...»
Ma fu costretto a tacere, gli occhi fissi sul fuoco. Rose seguì la traiettoria del suo sguardo, e sgranò gli occhi, incredula.
Tra le fiamme era apparso un volto familiare che gli sorrideva con un calore perfettamente percepibile, come se fosse seduto accanto a loro.
«Sirius!»
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