1.14 ~ Studi movimentati
Harry,
non posso dire tutto quello che vorrei per lettera, è troppo rischioso nel caso che il gufo venga intercettato: dobbiamo parlare, faccia a faccia. Puoi fare in modo di trovarti da solo con Rose vicino al fuoco nella Torre di Grifondoro il 22 novembre all'una di notte?
So meglio di chiunque altro che sei in grado di badare a te stesso, e finché Silente e Moody sono nelle vicinanze non credo che nessuno possa farti del male. Comunque, pare che qualcuno ci stia provando sul serio. Farti partecipare al Torneo è stata una mossa molto azzardata, soprattutto sotto il naso di Silente.
Stai in guardia, Harry. Salutami Rose, e avvertirmi subito se succede qualcosa di strano. Per il 22 novembre, fammi sapere al più presto.
Sirius
La lettera stretta tra le dita, Harry entrò in biblioteca. Madame Pince, la bibliotecaria, lo osservò stringendo sospettosa le palpebre, e lui si rifiutò categoricamente di salutarla. Passò in rassegna i vari scaffali, e adocchiò sua sorella. Sommersa dai libri, stava ricopiando su un foglio di pergamena un paragrafo da un volume di Storia della Magia; se il compito fosse stato di Incantesimi, non avrebbe avuto bisogno di fare quella noiosa ricerca, per quanto eccelleva nella materia.
«Rose?»
Lei sollevò la testa, fermando la mano che si affrettava lungo il foglio.
«Ciao, Harry.»
«Hai tempo per me?»
«No. Sto studiando.»
Gli indicò con eloquenza i libri che colmavano la scrivania; la ragazza quasi scompariva tra di essi.
«È per Sirius.»
Rose abbandonò immediatamente la penna, e Harry sorrise.
«Sapevo che avrebbe funzionato» commentò, lasciando che sua sorella leggesse con avidità la lettera di Sirius.
«Lo vedremo, allora?» fece lei, non appena ebbe terminato la lettura.
«Io spero di no, Rose» ammise Harry, riprendendo possesso della lettera. «Sarebbe stupido e rischioso venire qui.»
«Non penso che verrà qui» disse Rose. «Si inventerà qualcosa. Non è affatto stupido.»
«Non è stupido, ma sappiamo bene che il rischio gli piace parecchio.»
Rose non rispose. Era egoista a pensare che non le importava del pericolo che Sirius correva, fin tanto che riusciva a rivederlo?
«È vero» disse solo, con l'unico intento di dare ragione a suo fratello per far sì che la lasciasse studiare.
Riprese la penna in mano, e ricominciò a trascrivere sul foglio di pergamena le informazioni che aveva trovato in uno dei volumi di Storia della Magia. Guardò un attimo la pila di libri alla propria destra, e sospirò: le mancavano ancora molti tomi da passare in rassegna per soddisfare tutti i requisiti che il professor Rüf aveva imposto alla ricerca.
«Quindi» fece Harry, dopo qualche momento, «devo scrivere a Sirius che per il 22 va bene?»
«Sì» rispose Rose, senza voltarsi verso di lui, «scrivi a Sirius che per il 22 va bene.»
Pensò di esserlo tolto di mezzo, invece Harry rimase lì al suo fianco, in piedi, sovrastandola in un modo che la metteva in soggezione.
«Che cosa c'è, Harry?»
«Niente, volevo sapere se potevi prestarmi un attimo la penna... per scrivere la risposta a Sirius» si affrettò ad aggiungere quando vide l'occhiataccia che la sorella gli aveva rivolto.
«No. Sto studiando. Se vuoi la penna te la vai a prendere.»
«Ma è per Sirius!»
«No.»
«Ma solo per un a-»
«No» replicò Rose, irremovibile, sfoggiando subito dopo il più falso dei sorrisi. «Buona giornata, Harry.»
Harry la fissò interdetto, con gli occhi sgranati dietro le lenti rotonde e la bocca ancora aperta. Sua sorella non aveva mai - mai - dato così importanza ai compiti, dunque doveva trattarsi di una situazione davvero critica, oppure la ricerca era una messa in scena e gli stava nascondendo qualcosa. Decise in ogni caso di evitare di disturbarla ancora - lei non sembrava dell'umore di sopportarlo oltre - anche se avrebbe tanto voluto ribattere per toglierle la soddisfazione di aver avuto l'ultima parola.
«Bene» concluse soltanto, prima di voltarle le spalle e lasciare la biblioteca.
Rose alzò gli occhi per guardare suo fratello andare via, e tirò un sospiro di sollievo quando fu scomparso dalla sua vista. Ritornò quindi a studiare, ritrovando il paragrafo del libro che stava riscrivendo. Ma la sua pace durò giusto dieci rapidi minuti.
Il passo pesante e la figura che ne seguì erano di nuovo quelli di suo fratello.
«Che vuoi ancora?» sbraitò quindi, scortese.
Ma, quando alzò la testa, rimase stupita.
«Oh... ciao, Ron.»
Folti capelli rosso fiamma che necessitavano assolutamente una spuntatina, occhi castano chiaro come quelli della madre, una generosa spruzzata di lentiggini sul viso, Ronald Weasley si lasciò cadere sulla sedia vuota accanto a lei.
«Ehi, Rose.»
Talmente inaspettato era quell'evento - Ron Weasley che andava a cercare da solo Rose Potter - che la penna le cadde dalle mani, e una macchia d'inchiostro si allargò sulla pergamena.
«Miseriaccia, Rose, il foglio...»
«Oh.»
Rimosse in fretta la penna e la infilò nel calamaio. Trascorsero attimi silenziosi, nessun segno di voler parlare da parte di Ron. Rose lo osservava di sottecchi, tentando di capire per quale motivo fosse venuto da lei, e lui spostava lo sguardo tra gli scaffali, evitando gli occhi della ragazza, che, così simili a quelli dell'amico, lo mettevano in agitazione.
«Ron» si decise infine a esordire lei, spingendo indietro la sedia per girarsi completamente verso di lui, «va tutto bene?»
«Sono un idiota, vero?» proruppe lui.
Rose ebbe appena il tempo di sollevare le sopracciglia e schiudere le labbra con aria interrogativa.
«Cosa...?»
«Sì, lo sono, lo sono» sospirò Ron. «Non volevo fare niente di male, pensavo solo che... insomma, chi non lo pensa?... e quindi è andata così, ma sono stato uno stupido idiota, miseriaccia... proprio un idiota...»
«Ron» lo interruppe lei, «aspetta un secondo: di cosa stai parlando?»
«Ah» fece lui, smettendo di blaterare altre parole senza senso. «Pensavo che Harry te lo avesse detto.»
«Cosa?»
«Che abbiamo litigato. Cioè, io ho litigato con lui. Dalla... miseriaccia, dalla sera di Halloween! È un bel po', ora che ci penso... dovrei...?»
Ron notò l'espressione ancora più confusa di Rose, e capì che forse avrebbe dovuto spiegare in modo più chiaro. E non era semplice, visto che stava parlando con la sorella del ragazzo che aveva accusato ingiustamente. Ma, in fondo, con chi altro avrebbe dovuto parlare? Chi l'avrebbe ascoltato come solo lei sapeva fare?
«Ehm, ecco, Rose... non ti arrabbiare per favore... ma... ehm... io penso che Harry in qualche modo abbia messo il suo nome in quel coso... cioè, l'ho pensato... insomma...»
«Non hai creduto a Harry?» lo fermò piano Rose.
«Non è che non gli credo» si giustificò subito Ron, «ma finisce sempre in queste cose e non è mai colpa sua... e stavolta può anche essere che è stato lui... vuole sempre stare al centro dell'attenzione... miseriaccia, Rose, di' qualcosa, non fissarmi così... sono un idiota, vero?»
Che Harry volesse mettersi in mostra non era un segreto, era esattamente ciò che il Cappello Parlante aveva affermato tre anni prima, indeciso se smistarlo in Grifondoro o in Serpeverde, questo Rose lo sapeva bene dato che suo fratello glielo aveva raccontato, timoroso che il suo vero posto fosse in realtà proprio Serpeverde, viste le somiglianze che lo accomunavano a Lord Voldemort e ai caratteri generali di quella Casa. Ma qui la situazione era leggermente diversa.
«Sì» affermò Rose, annuendo vigorosamente, «sì, Ron, sei un idiota.»
Sconsolato, Ron nascose con un lamento la faccia contro la superficie liscia della scrivania.
«Come ho fatto a essere tanto stupido...»
Rose si schiarì piano la gola, ma lui rimase a gemere parole poco comprensibili contro il legno. L'aria di rimprovero che aveva ricoperto il viso di lei si dissolse completamente di fronte a quella scena.
«Ron...»
Con un sospiro, la giovane Potter si avvicinò a lui, che, avendo sentito le gambe della sedia di lei stridere contro il pavimento, alzò appena la testa, osservando dal basso il suo volto dall'espressione addolcita. E ne fu immensamente sollevato: era andato da Rose perché sapeva che lei sarebbe stata capace di aiutarlo davvero, non solo rimproverarlo o compatirlo.
«Non penso che focalizzarti su quanto sei stato stupido possa aiutarti. Hai sbagliato, okay, ma ora lascia perdere. Smettila di colpevolizzarti. Vai avanti e pensa, piuttosto, a come farti perdonare. Anche se con Harry non serve chissà che. Basta che ti scusi.»
Ron la osservò per qualche istante di troppo, prima di replicare.
«E cosa dovrei dirgli? Che non volevo? Perché non sarebbe vero neanche per finta. Ero sicuro che fosse colpa sua.»
«Devi solo essere sincero. Dimostrargli che davvero ti dispiace.»
Si fissarono per qualche istante, poi lei si risistemò sulla sedia e riprese a scrivere la ricerca. Ron la guardava, e la sua presenza le trasmetteva un poco di inquietudine, ma era silenzioso e non la stava disturbando. Lei terminò di ricopiare il paragrafo di quel volume, quindi lo accatastò nella pila di sinistra, tra i libri da rimettere a posto, e aprì un altro manuale tra quelli che occupavano la scrivania alla sua destra.
«Rose?» chiamò Ron a un tratto.
«Mmm?»
«Non hai mai... pensato che Harry avesse messo il suo nome in quella coppa... o che avesse chiesto a qualcuno? Se avesse avuto l'età, avrebbe voluto partecipare...»
Rose si morse il labbro inferiore, gli occhi fissi sulla pagina quattrocentoundici del manuale e la penna stretta tra le dita.
«Ci ho pensato» ammise lentamente, spostando gli occhi per cercare quelli di lui, che la guardava con il mento posato sulla scrivania. «Ma mi è bastato che lui mi dicesse che non era stato lui. Credo in lui.»
«Gli credi perché sei sua sorella?» fece ancora Ron.
«Gli credo perché ha detto la verità» ribatté Rose, un po' duramente. «Ron» si avvicinò di nuovo a lui, marcando l'importanza di ciò che gli stava dicendo, «non devi credere a questo solo perché sei suo amico o vuoi farti perdonare; devi crederci se ne sei sicuro, se pensi che sia la verità. Cosa sei per lui non cambia la realtà delle cose.»
Ron annuì, poi, trascorso qualche minuto di silenzio, decise di alzarsi.
«Ti lascio studiare. E miseriaccia se mi hai dato una mano!»
«Quando vuoi» replicò lei, con un sorriso.
Tornò in fretta alla sua ricerca, chiudendo anche quel manuale e afferrandone controvoglia un altro.
«Rose!»
Stavolta i passi erano leggeri e veloci, la voce alta e inconfondibile, e Madame Pince le sussurrò furiosa di tacere. Non era passato neanche un singolo minuto da quando Ron se n'era andato, ed ecco che Rose doveva di nuovo accantonare i compiti.
«Che altro c'è?» sbottò, quando Daphne la raggiunse, stringendo un giornale tra le mani.
«Intanto... stai... calma» la rimbeccò subito la giovane Greengrass, respirando profondamente per riacquistare il fiato che aveva perso correndo per Hogwarts. «Non... parlarmi... così...»
Si piegò in due, stringendosi la milza, e Rose le indicò la sedia accanto a sé, appena lasciata libera dal Weasley. Daphne si lasciò cadere ansante su di essa. Poi sbatté La Gazzetta del Profeta sulla scrivania. Il quotidiano le era arrivato per posta durante la colazione, e lei, dopo aver dato una velocissima occhiata all'articolo, non aveva esitato a correre in cerca di Rose, sacrificando il suo corpo decisamente non abituato allo sforzo fisico.
«Skeeter» ansimò solo.
Rose sapeva bene che quel giorno sarebbe giunto prima o poi, ma non si aspettava così presto. Afferrò immediatamente il giornale, sfogliando con inaspettata rapidità le pagine. Sotto l'articolo sui campioni del Torneo Tremaghi, incentrato in realtà completamente su Harry e ricco di informazioni inesatte, un piccolo ma ben visibile paragrafo circondato da un cuore rosa riportava il titolo "La coppia che scoppia".
«Oh, merda.»
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