1.10 ~ Un campione di troppo
L'atmosfera nella Sala Grande era tesa, ricca di un'emozione palpabile. Daphne avrebbe potuto afferrare un coltello e tagliare in due l'aria che l'avvolgeva. Percepiva l'agitazione di ogni singolo studente e insegnante. Rose sedeva alla sua sinistra, ma non sembrava intenzionata a smettere di lanciare lunghe occhiate al biondo di Durmstrang. Era del tutto assente, in quel momento.
Alla destra della Greengrass, c'era invece - fatto straordinario - sua sorella Astoria. Frequentava il secondo anno, e l'ultima volta - anche la prima - in cui si era seduta accanto a Daphne in Sala Grande era stato il giorno dello Smistamento. Poi aveva trovato ragazzine Serpeverde superficiali come lei, e aveva abbandonato la sorella maggiore per loro. Non che Daphne si sentisse abbandonata, anzi; in quell'età in cui le ragazzine come lei si credono chissà chi, era piuttosto lieta di non avere Astoria tra i piedi.
Ma Daphne in quel momento si sentiva sola lo stesso, perché anche Astoria aveva corpo e anima diretti verso qualcun altro.
Astoria Greengrass, un concentrato di frivolezza e zucchero a profusione in un corpicino di dodici anni e una testa che ne dimostrava quattordici, era innamorata di Draco Malfoy dalla prima volta in cui egli aveva varcato i cancelli di Villa Greengrass. Lei aveva otto anni, lui dieci. Quella era stata soltanto una cena d'affari tra i signori Malfoy e i signori Greengrass, niente di più, ma per la piccola Astoria fu il giorno in cui incontrò colui che avrebbe amato per sempre, indipendentemente dal modo in cui il destino avrebbe deciso di agire.
Era al mondo da solo otto anni, eppure sapeva benissimo come funzionava l'amore, sapeva che si chiamava così quella... cosa che le aveva preso la voce, chiudendole la gola, stretto lo stomaco, bendato gli occhi e otturato le orecchie. Sapeva che era quello il motore del mondo, quel sentimento che quella sera l'aveva trasportata in un luogo distante, in cui tutto ciò che riusciva a vedere era lui, e tutto ciò che riusciva a sentire era la sua voce.
La bambola di pezza a cui lei era tanto legata le era scivolata dalle mani, e Draco si era chinato a raccoglierla. Gliel'aveva restituita senza un sorriso, senza una parola, solo con un rapido sguardo che aveva permesso ad Astoria di notare la particolare sfumatura dei suoi occhi. E di scoprire anche quanto lui la ritenesse indegna di attenzione: la vedeva come una bambina. Quella fu l'ultima sera in cui Astoria dormì abbracciata alla sua bambola. La vecchia Isabella di pezza, con gli occhi fatti di bottoni e il sorriso ricavato dal filo per cucire e i capelli color rubino che sapevano di lana, finì in un armadio vecchio quanto lei, in un cassetto additato come "l'oblio". Da quel giorno, Astoria diventò grande.
Daphne notò sua sorella avvampare, e, sospettosa, seguì all'istante la traiettoria del suo sguardo per notare, con l'orrore che si dipingeva come una maschera sul suo volto, che gli occhi di Astoria erano fissi su Malfoy, il quale l'aveva appena salutata con un cenno distratto.
«Tory!» esclamò Daphne, facendo trasalire Astoria, che, resasi conto dell'espressione della sorella, divenne ancor più paonazza.
«Che cosa vuoi, Daffy?» replicò la più piccola, incrociando le braccia.
«Non dirmi che sei rossa per Mal-»
Astoria le premette una mano sulla bocca.
«Zitta! Sei impazzita?»
Daphne le afferrò il polso e se lo scostò dal viso con stizza.
«Io sarei impazzita!?» sibilò. «Che diavolo ti è preso?»
«Che mi è preso, dici!? Non so, dimmelo tu, che non ti sei mai accorta della mia cotta in questi...» fece un rapido calcolo «quattro anni!»
«Quattro anni! Quattro anni!? Per Salazar, Astoria! Quando pensavi di dirmelo?»
«Mai!» ribatté l'altra, sempre più rossa a causa dell'irritazione e della vergogna di esser stata scoperta. «Contenta, ora?»
«No» rispose Daphne, e la discussione si chiuse lì.
Non avrebbe voluto che sua sorella le tenesse nascoste delle cose del genere, non avrebbe voluto che sua sorella le tenesse nascoste delle cose e basta. Desiderava essere una persona di cui Astoria potesse fidarsi ciecamente. Sapeva, però, che il carattere di sua sorella non le avrebbe mai permesso di aprirsi davvero con lei e confidarle i segreti nascosti nelle più remote zone del suo animo.
Dietro il Calice di Fuoco, Albus Silente si alzò, ponendo fine al chiacchiericcio generale di alunni e docenti senza dover dire neanche una parola: tutti attendevano il momento della rivelazione dei campioni.
«Bene, il Calice è quasi pronto a prendere le sue decisioni. Ritengo che abbia bisogno di un altro minuto. Ora, prego i campioni che verranno chiamati di venire da questa parte della sala, passare davanti al tavolo degli insegnanti ed entrare nella stanza accanto, dove riceveranno le prime istruzioni.»
Il preside estrasse la sua bacchetta, più vecchia di lui, e abbassò l'intensità luminosa di tutte le candele presenti nella Sala Grande. Poi, le fiamme che si rincorrevano sulla superficie del Calice di Fuoco, da blu e biancastre che erano, si dipinsero di rosso. Un bigliettino schizzò fuori da essere, i bordi bruciacchiati, e Silente, la mano libera già pronta ad afferrare tutto ciò che fosse fuoriuscito dal Calice, lo prese e lo lesse ad alta voce.
«Il campione di Durmstrang è Viktor Krum.»
Mentre tutti i presenti battevano le mani entusiasti e Krum si allontanava dal tavolo dei Serpeverde per raggiungere la stanza indicata da Silente, Rose rivolse un sorriso sollevato a Ludwig, che però, impegnato com'era tra i suoi amici, non si voltò a guardarla.
Il secondo biglietto a raggiungere la mano del preside fu quello della scuola di Madame Maxime.
«Il campione di Beauxbatons è Fleur Delacour!»
Una bellissima ragazza dai lunghi capelli argentei, morbidi come seta, lasciò il tavolo dei Corvonero e ripercorse i passi di Krum.
Le fiamme del Calice di Fuoco si tramutarono in rosse di nuovo, e il biglietto che riportava il nome del campione di Hogwarts svolazzò per un istante in più nella Sala, sostenuto dall'atmosfera tesa, prima che Silente se ne impossessasse.
«Il campione di Hogwarts è Cedric Diggory!»
La Sala Grande fu invasa da applausi, chi entusiasta per la scelta di quel campione umile e impavido, chi meno per un fatto d'invidia. I Tassorosso, dal cui tavolo si alzò Cedric, lo acclamarono più di tutti gli altri, mentre lui scompariva per raggiungere Krum e Fleur Delacour.
«Ottimo!» esclamò allegro Silente, dopo essersi schiarito la gola. «Bene, ora abbiamo i nostri tre campioni. Sono certo di poter contare su tutti voi, compresi gli studenti di Beauxbatons e Durmstrang, perché diate ai vostri campioni tutto il sostegno che potete. Acclamando il vostro campione, contribuirete in modo molto...»
La Sala Grande, risucchiata all'improvviso dal colore delle fiamme del Calice, rosse un'altra volta, sembrò congelarsi. Non un sospiro attraversava i tavoli, le parole raggrumate in gola, le membra impossibilitate a muoversi. Il bigliettino che emerse fu afferrato immediatamente da Silente, e il sorriso scomparve dalle sue labbra quando i suoi occhi trovarono ciò che era scritto sulla pergamena.
«Harry Potter» pronunciò solo.
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