1.1 ~ Palloncini d'acqua
Gli aveva sorriso. Non riusciva a pensare ad altro. Il fatto che lei, Rose Petunia Potter, avesse sorriso a lui, Draco Lucius Malfoy, sembrava essere fuori dalla sfera degli avvenimenti possibili e immaginabili. Eppure era successo.
Erano appena scesi dalle carrozze, le gocce di pioggia calpestavano senza pietà le innumerevoli figure degli studenti, che correvano sui gradini d'ingresso della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts alla ricerca di un tetto sopra la testa – letteralmente la cosa migliore che il castello potesse offrire in quel momento di disperazione generale.
C'erano ragazzine che strillavano perché gli si stava sciogliendo il trucco e i loro capelli erano quanto mai prossimi ad arricciarsi; sciocchi giovanotti che saltavano nelle pozzanghere, schizzandosi a vicenda e infradiciandosi i calzini; il fantasma Pix, detto il Poltergeist, che lanciava dall'alto del suo trono palloncini colmi d'acqua ghiacciata – perché ovviamente quella specie di diluvio universale non bastava – e la professoressa McGranitt che gli sbraitava contro, inarrestabile nei suoi ammonimenti che non temevano di certo di essere spazzati via dalla polmonite cronica che sarebbe seguita all'acqua congelata e al freddo boia che faceva.
Poi c'era lui, Draco Malfoy, che tirava avanti con quell'aria irritata che gli si era spalmata sulla faccia da quando la pulitissima suola delle sue scarpe nuove di zecca si era posata sul marciapiede ricoperto di fango della stazione di Hogsmeade, dove l'Hogwarts Express aveva frenato la propria corsa, arrivando a destinazione.
E c'era lei, Rose Potter. Non sorrideva, ma i suoi occhi verde smeraldo, identici a quelli del fratello e della defunta madre, esprimevano tutta la taciuta gioia che provava per essere tornata a Hogwarts per il quarto anno, dopo un'estate infernale a casa dei Dursley, gli zii Babbani (non-maghi). Non importava che il leggero mascara che aveva sulle ciglia le fosse colato lungo le guance, o che i suoi capelli si fossero bagnati quasi completamente: era a casa – la sua vera casa – e questo bastava.
Aveva perso di vista la sua migliore amica, e la pioggia la stava attaccando ferocemente, senza concederle tregua. Si era guardata intorno, alla vana ricerca di volti familiari, quindi aveva perseverato sotto il diluvio, verso i gradini d'ingresso del castello. C'erano, in un sottofondo appena distinguibile, le urla della McGranitt, che ringhiava contro Pix, e rossi palloncini colmi d'acqua simili a sfere di fuoco precipitavano dall'alto.
Aveva corso sulla fradicia e infangata scalinata di pietra, affrettandosi a raggiungere il tetto che l'avrebbe coperta, ma aveva indugiato proprio sull'ultimo gradino, voltandosi per osservare la massa di indistinguibili studenti dalle uniformi nere che si scapicollavano per il cortile d'ingresso, assicurandosi che non ci fosse alcun conoscente in cerca d'aiuto. Quell'esitazione le sarebbe stata fatale, se lui non l'avesse salvata.
Draco aveva visto la scena come a rallentatore, mentre percorreva la scalinata. Aveva alzato lo sguardo, strizzando gli occhi a causa della pioggia, con un braccio sollevato a coprirsi il capo, e aveva visto l'attenzione di Pix fermarsi in un punto preciso, la sua mano che stringeva un palloncino appena riempito. Il ragazzo aveva abbassato la testa, seguendo la traiettoria dello sguardo del Poltergeist, e l'aveva notata. Gli era bastata un'altra rapida occhiata al braccio pronto all'azione del fantasma, per accertarsi che fosse davvero lei la sua destinazione, quella ragazza dall'aria quasi spaesata, in quel momento.
Non sapeva cosa lo avesse spinto ad agire, eppure lo aveva fatto. Draco aveva superato gli ultimi due gradini che lo separavano da lei con un'unica e ampia falcata, e Rose se l'era visto arrivare contro all'improvviso, con le braccia protese verso di lei, senza un apparente motivo. L'impulso era stato quello di spostarsi di lato, o almeno indietreggiare di un passo, ma non aveva avuto il tempo materiale per farlo, perché lui le era piombato addosso.
Draco aveva chiuso le mani sulle sue spalle, spingendola indietro con forza e avanzando lui stesso, e Rose aveva barcollato, perdendo l'equilibrio. Sarebbe caduta al suolo, se lui non avesse mantenuto la presa su di lei, così come si sarebbe fatta un bel bagno d'acqua congelata se non l'avesse costretta a spostarsi.
Il palloncino era appena precipitato sul gradino in pietra dove lei si era trovata fino a un attimo prima, l'aveva visto chiaramente e aveva fatto quindi in tempo a trattenersi dall'urlare contro Malfoy.
Si era limitata perciò a scostarsi una fradicia ciocca castana di capelli dal volto, sollevando appena il viso verso di lui per sorridergli con riconoscenza. Draco le aveva lasciato le spalle, rivolgendole un'espressione indecifrabile, gli occhi grigi impossibili da leggere come sempre, le gocce di pioggia che scivolavano divertite sui suoi ciuffi biondo platino.
Non vedeva Rose Potter da un'estate intera, e di certo non si sarebbe aspettato un sorriso al loro primo incontro, non dopo che l'ultimo giorno del terzo anno scolastico lei lo aveva insultato in tutti i modi conosciuti sulla faccia della Terra. «Re di 'sto cavolo» erano state le ultime parole che lei gli aveva rivolto, prima di sbattergli la porta dello scompartimento del treno in faccia, trattenendosi dal prenderlo a parolacce davanti a tutti.
Con il suo sorriso marchiato a fuoco nella mente, ben consapevole che fosse il primo che gli rivolgeva e che sarebbe stato - senza ombra di dubbio - anche l'ultimo, Draco Malfoy prese posto al tavolo dei Serpeverde, nella Sala Grande del castello di Hogwarts. Blaise Zabini si lasciò scivolare sulla panca di fianco lui, mentre di fronte a loro sedeva Daphne Greengrass, lo sguardo attento e il collo allungato, alla ricerca della sua migliore amica.
Quando la vide entrare nella Sala Grande guardandosi attorno, i suoi occhi si sgranarono. Era bagnata fradicia dalla testa ai piedi, l'orlo del mantello dell'uniforme completamente infangato, il cappuccio abbandonato sulle spalle colmo di pioggia.
«Merlino...» sussurrò piano Daphne, un attimo prima di sbracciarsi per farsi notare.
Rose Potter la vide, e i suoi occhi si illuminarono. Si mosse verso il tavolo dei Serpeverde, quindi, grondante d'acqua, si lasciò cadere sulla panca accanto a lei con un sospiro.
«Diamine, qui dentro potrebbero nuotarci i pesci!» esclamò, sfilandosi uno stivale e svuotandolo dell'acqua che aveva raccolto.
Quella precipitò allegramente sul vecchio pavimento in pietra, riunendosi in una pozzanghera.
«Tesoro, non hai neanche provato a coprirti?» le chiese Daphne, sfiorandole una ciocca bagnata con le dita.
«E con cosa? Non penso che il cappuccio sarebbe bastato.»
E, francamente, era davvero così. Daphne si spostò dalle spalle i lunghissimi capelli biondo dorato, perfettamente asciutti; Rose stava per chiederle come avesse fatto a restare impeccabile come sempre, quando Draco Malfoy parlò prima che lei potesse aprire bocca.
«Evita di allagare, Potter.»
Rose si voltò a guardarlo, un sopracciglio sollevato; dall'altro lato del tavolo, Draco stava fissando la pozzanghera sul pavimento, più ampia adesso che lei aveva svuotato anche il secondo stivale.
«Evita di aprire bocca, Malfoy» lo zittì lei, subito aggressiva.
«Salazar, Potter» fece lui, una volta che lo stivale fu del tutto vuoto, «che diavolo avevi nelle scarpe?»
«Un lago per affogarti!»
Con uno scatto repentino, Rose gli lanciò lo stivale, augurandosi con tutto il cuore che lo colpisse in pieno. Ma Draco lo afferrò al volo, rispedendolo alla diretta proprietaria senza esitazione, ma forse troppo in alto; lei si sporse all'indietro sulla panca per prenderlo, lo mancò e perse l'equilibrio, cadendo sulla schiena, le gambe all'aria.
«Dannazione!» esclamò. «La schiena...»
Daphne le tese una mano dalle unghie fresche di manicure, e lei la strinse, lasciandosi tirare su con un gemito. Si risistemò sulla panca.
«La vecchiaia, eh?» fece Tiffany Cohen, una compagna Serpeverde, sedendosi alla sua sinistra, la lunga chioma rossiccia più gonfia del solito.
«Uh, guarda, hai un capello bianco!» esclamò Milly Williams, prendendo posto alla destra di Daphne e sporgendosi verso Rose.
«Molto divertente» commentò quest'ultima, rivolgendo a entrambe un'occhiata irritata. «Io non sto scherzando, mi sono fatta male sul serio, grazie a quel deficiente!»
«E sarei io?» domandò Malfoy, sollevando un sopracciglio chiaro.
«E chi, se no?» fece Rose, di rimando.
«Che onore» replicò lui, sarcastico, con un breve verso sprezzante. «Un bel ringraziamento per averle ceduto lo stivale senza fare storie, visto, Blaise?»
Si voltò verso Zabini, e Rose lo fulminò con lo sguardo.
«Ma vaf-»
«Rose!» la rimproverò Daphne, stroncando le sue parole. «Potresti evitare questo linguaggio?»
«Andiamo, Daphne! Lo sanno tutti che Malfoy deve essere mandato a fan-»
«Rose!»
«Okay, va bene, scusa. Sto zitta.»
Daphne assunse un'espressione soddisfatta, quindi le tolse lo stivale di mano e, la bacchetta stretta tra le dita, mormorò un incantesimo. Aria calda scaturì dalla punta della bacchetta, asciugando l'oggetto. Ripeté la stessa procedura con l'altro stivale, poi glieli restituì.
«Ecco qua.»
«Potresti...?» Rose si indicò abiti e capelli.
«Sì, certo.»
Un istante dopo, Rose era completamente asciutta.
«Contenta, adesso?» fece Malfoy.
«Taci, pezzo di...» qui Rose si trattenne per il bene di Daphne «idiota.»
Draco avrebbe sicuramente voluto rispondere, e si stava infatti preparando a replicare, ma fu interrotto da una voce stridula.
«Dracky!»
Pansy Parkinson, faccia da carlino e trucco pesante, si sedette accanto a lui, stringendogli il braccio tra le mani, muovendosi in modo esageratamente sinuoso.
«Ti stavo cercando» disse piano, allungandosi verso di lui per dargli un bacio sulla guancia.
Draco si scostò prima che le labbra di lei potessero sfiorargli la pelle.
«Levati di mezzo, Parkinson.»
Un coro sorpreso di «oooooooooooh» giunse da Milly, Rose e Tiffany, mentre Pansy restava interdetta. Draco la fissò serio, attendendo che facesse come le aveva ordinato, quindi lei si alzò indignata dalla panca, sbattendo i palmi sul tavolo, e se ne andò sculettando, tornando nel gruppo delle altre oche di Serpeverde.
Rose spostò lo sguardo lungo la Sala Grande, verso il tavolo dei Grifondoro, e riuscì a incontrare quello di suo fratello Harry. Sollevò una mano in segno di saluto, e lui e i suoi migliori amici, Ron Weasley e Hermione Granger, ricambiarono il gesto sorridendo.
Harry Potter era un nome famoso, nel mondo dei maghi. Suo fratello, infatti, era l'unico ad aver affrontato il mago oscuro più potente di tutti i tempi, Lord Voldemort, ed esser sopravvissuto. E tutto ciò a un anno di età.
I terribili eventi che stanno per essere narrati accaddero il 31 ottobre del 1981, quella terribile notte di tredici anni prima che aveva segnato irreparabilmente la vita dei due fratelli, di Harry specialmente. Voldemort, per motivi a loro ancora ignoti, desiderava uccidere il piccolo Harry. Per questo penetrò in casa di Lily e James Potter, costringendo entrambi i giovani genitori a sacrificare le proprie vite per proteggere quelle dei figli.
James era caduto per primo, gridando all'amata moglie di scappare e portare i bambini in salvo. Aveva fronteggiato il mago oscuro disarmato, morendo con la debole speranza che la sua famiglia potesse non soccombere alla sua stessa fine.
Lily, invece, era morta con la quasi totale consapevolezza che per i due bambini non ci fosse scampo. Aveva esalato il suo ultimo respiro dopo aver fatto da scudo ai figli con il proprio corpo, in un tentativo che agli occhi di Voldemort era risultato miserabile e ridicolo. Eppure, era stato ciò a sconfiggerlo.
Il mago aveva sollevato la bacchetta sul piccolo Harry, recitando la formula della maledizione mortale, l'Anatema Che Uccide. Il fiotto di luce verde era volato verso Harry, lo aveva colpito, in fronte; ma, invece di ucciderlo, era rimbalzato su di lui, sulla protezione che Lily aveva lasciato, senza saperlo, sui figli, sacrificandosi al loro posto.
L'incantesimo mortale aveva colpito Voldemort, non uccidendolo ma rendendolo un essere che non poteva dirsi né vivo né morto, e aveva lasciato una cicatrice a forma di saetta sulla fronte di Harry.
Da allora egli era diventato il famoso Harry Potter, Colui-Che-È-Sopravvissuto. E Rose aveva imparato a vivere dietro la sua ombra.
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