Capitolo 8: All In
Capitolo otto: All in
O luce che come sole liberi la vista
Da ogni offuscamento, riempi di tanta gioia
Quando sciogli miei dubbi,
che dubitare non mi è meno gradito del sapere.
- Dante Alighieri
Il cielo era una distesa di piombo, le nuvole sfumate di ombre che si schiarivano appena nel bagliore della luna, come sbuffi di fumo e cenere. Faceva freddo e il vento gelido mi intorpidiva le dita, mentre radici di brividi mi s'inerpicavano lungo la schiena, sino a scuotermi le spalle. Il gelo regalava una forma ai miei respiri, ne sfumava i contorni e li lasciava sospesi tra gli intrecci della notte. E le labbra di Layla erano lì, a pochi passi di distanza, ma il suo sguardo non poteva essere più lontano, perché cascava sempre ovunque tranne che nel mio.
Era sera tarda e i salici del City Park proiettavano grappoli di ombre sull'erba, ingioiellati dalla luce dei lampioni che ricamava tra le foglie una filigrana dorata. Il corso d'acqua che attraversava il parco cantava assieme al vento, mentre il bagliore lunare ne rischiarava la superficie a intermittenza, come una lampadina bruciata.
Ci trovavamo sul ponte che collegava le sponde opposte del fiume e l'aria era abitata dall'odore infestante di acqua stagnante che si mischiava alla fragranza pungente dello spinello che stavo fumando. Dominic persisteva a parlare senza tregua, ma io mi ero perso a guardare il modo in cui i capelli di Layla nuotavano nel vento, la maniera in cui premeva le labbra quando si accorgeva del mio sguardo su di lei.
<< Potresti almeno fingere di ascoltarmi >> disse Dominic, picchiettandomi la spalla.
Mi voltai a guardarlo e gli regalai ogni briciola di attenzione che avevo. Le ombre inghiottivano il verde dei suoi occhi e le ciocche dei suoi capelli avevano assunto lo stesso lugubre colore di quella palude, dei salici che bisbigliavano scossi dalla brezza.
<< Mi impegno già abbastanza per fingermi interessato. Non essere di troppe pretese, Dom >> risposi.
Il suo petto fu scosso da una risata e presto le labbra gli si tesero, assieme agli angoli del suo sguardo. Mi appoggiò una mano sulla spalla e scosse il capo, mosso dal divertimento.
<< Giuro che a volte fatico seriamente a capire se tu stia scherzando oppure no >> commentò Lucas.
Aveva le braccia conserte sul petto e persino nella penombra, mi risultava impossibile non riuscire a notare la ferita che ancora gli sfregiava la fronte, proprio sopra l'occhio destro. Era rimasto il segno che si era deliberatamente inciso sull'incarnato bruno e quel marchio sorgeva sulla pelle di qualche tonalità più chiara.
Lucas aveva la bocca incurvata dall'ilarità e rivolse un'occhiata furtiva a Dominic, lo osservò tacito mentre rideva di gusto per la mia battuta.
Fu allora che Layla mosse qualche passo nella mia direzione, si avvicinò in silenzio e mi cinse in polso destro, mentre portavo alle labbra lo spinello. Non proferì parola, ma mi sottrasse lo spinello dalle dita, strinsi i denti per il dolore. Il suo palmo mi aveva stretto proprio dove ancora sorgeva, infiammata e dolente, l'orma lasciata dalla sigaretta che mi ero spento nella carne.
Dominic mi aveva raggiunto la sera in cui avevo lasciato che Layla si allontanasse da me e aveva notato subito quel marchio bruciato sul mio polso, ma non aveva detto nulla. Aveva lasciato la mia stanza per qualche minuto ed era tornato da me con l'occorrente per medicarmi.
Dom era restato in silenzio a lungo, non mi aveva rimproverato e se il suo cuore fosse colmo di disappunto, non lo aveva lasciato a vedere. Eppure, non era riuscito a celare la sua malinconia, mi aveva guardato con occhi luccicanti di dispiacere, di quell'amarezza che gli adombrava sempre lo sguardo quando capiva quanto la mia infanzia mi avesse rovinato cuore e anima.
Dopo quella notte, Dominic mi aveva fatto visita tutte le mattine per cambiarmi la benda che mi avvolgeva il braccio, mi aveva ricoperto di cure che non ero mai stato abituato a ricevere e presto, aveva scelto di regalare una voce ai suoi pensieri. Trascorrevo la vita a proteggere le mie ferite, a impedire a chiunque di intossicarsi con la mia esistenza che sembrava essere nata in un luogo senza luce.
Eppure, Dominic era l'unica anima che volevo accanto, l'unica persona che avessi mai lasciato avvicinare ai miei dolori più profondi.
Layla tornò a rifugiarsi là da dove era arrivata, distante, fredda e muta come non l'avevo mai vista. Dominic mi rivolse un'occhiata preoccupata e in un attimo mi fu accanto, tese la mano verso il mio braccio, ma io mi ritrassi prima che riuscisse a toccarmi.
<< Sto bene, Dom. Non ti preoccupare >> tentai di rassicurarlo, mentre la pelle mi pulsava per via del dolore, la ferita che pulsava come un cuore tra le costole.
Layla mi guardò. Per la prima volta, mi regalò le sue attenzioni e io mi sentii sprofondare nei suoi occhi. Solo in quell'istane mi accorsi di quanto avevo sentito la mancanza delle sue iridi su di me, di quella maniera quasi sofferta che aveva di scavarmi i lineamenti, alla disperata ricerca di qualcosa che non sapevo come donarle.
<< Va bene, ma dopo ti cambio la benda >> la voce di Dominic fu solo un sussurro, un qualcosa che avrei potuto udire solo io.
Aveva capito che non volevo far sapere a nessuno quanto amassi farmi del male, che non potevo accettare che una sola anima, conoscesse i flagelli che m'infliggevo.
<< Mi dai una sigaretta? Io le ho finite >> domandò Dom.
Sorrisi per un istante e recuperai due sigarette dal pacchetto quasi pieno e le adagiai tra le labbra. Recuperai l'accendino e accostai la fiamma alla punta di entrambe, aspirai qualche boccata e in fine porsi una delle sue sigarette a Dominic.
Il fumo mi spirò dalle labbra e tra i germogli di nicotina, notai lo sguardo di Layla incastonato sul mio viso, la bocca schiusa da uno stupore ingiustificato. Se ne stava lì, a guardarmi nella distanza che ci separava, con gli occhi lievemente sgranati e il respiro mozzato, quasi glielo avessi rubato tra gli attimi senza fare nulla.
<< Anche Brandon lo faceva sempre, te lo ricordi? >> parlò con la voce graffiata da un'amarezza indescrivibile, mentre dedicava a Lucas tutte le sue attenzioni.
Ormai aveva reciso di netto il filo che connetteva il mio sguardo al suo e dopo quelle parole, si voltò, si allontanò ancora e si rifugiò ai piedi del ponte con le dita che tremavano mentre aspirava lunghe boccate dallo spinello che mi aveva sottratto. Il vento le scivolava tra i capelli, ma il suo viso era troppo distante perché riuscissi a vederlo nitidamente e ciò che ne riuscivo a scorgere erano solo ciocche fiammanti quanto un tramonto estivo.
Le sue parole mi tuonarono nel cranio, echeggiarono tra le ossa come tuoni, grida che ripetevano quel nome senza tregua.
Il fumo mi offuscava la mente, ma tra la memoria riemerse la voce di Layla la notte in cui aveva dormito a casa mia, il suono agghiacciante delle sue grida che mi aveva svegliato di soprassalto. E quel nome che aveva pronunciato tra lacrime e disperazione, scossa da un terrore che le aggrovigliava le gambe nelle lenzuola, mentre il sudore le incollava i capelli alla fronte.
<< Brandon...>> parlai e ruppi il silenzio che si era creato, quella patina di disagio e preoccupazione che modellava il viso di Dominic, il mio e persino quello di Lucas.
Lucas mi guardò e mi sembrò trascorrere un'eternità prima che parlasse.
<< È l'ex di Layla >> non disse altro.
Lucas rivolse un'occhiata furtiva e preoccupata verso Layla, restò sospeso per qualche attimo con le labbra schiuse, titubante, il volto livellato dall'indecisione e in fine, scosse il capo. Tornò a guardarmi, gli occhi scuri rischiarati a malapena dalle luci del parco, il riverbero dorato dei lampioni a baciare la croce che gli macchiava lo zigomo destro.
Io invece mi persi tra uragani di pensieri e orbitai senza tregua tra le lettere di quel nome che sembrava volermi dire tutto e niente, mentre mi echeggiava nel cranio. Percepii il fumo amplificare ogni senso e tesse con dita di cenere una mappa che non mi portava mai da nessuna parte, mi lasciava sospeso a metà strada tra le domande che mi sbocciavano tra i pensieri e le risposte che non trovavo.
Ricordavo la maniera straziante e sofferta in cui Layla aveva pronunciato il nome di Brandon, il modo in cui le lacrime le avevano inzaccherato il viso, trascinandosi appresso rimasugli di stanchezza e mascara. Così mi ritrovai incasellato nei miei silenzi, a ripercorrere a vuoto tutte le confessioni che Layla mi aveva regalato nei giorni trascorsi insieme, prima che io decidessi di recidere a forza quel filo che tempo e cuore avevano imbastito tra noi, a connetterci persino nella distanza.
Ripensai alla paura che le aveva riempito occhi e polmoni quando si era risvegliata dal suo incubo, ma non trovai il modo di ricollegarla a quel nome, di comprendere cosa la tormentava la notte, tanto da farla risvegliare senza fiato, con i polmoni riempiti di grida e le lacrime che si mischiavano al sudore, scivolandole lungo il viso in un bagno di terrori taciuti.
<< Sei preoccupato per lei >> l'osservazione di Lucas mi sconnesse dai miei pensieri con tanta sorpresa che mi ritrovai a guardarlo frastornato e confuso.
<< Cosa? >> domandai, mentre Dominic mi rivolgeva un sorriso beffardo.
Lucas sospirò rumorosamente ed estrasse una sigaretta dal pacchetto che gli riposava sul petto, incastrato nella piccola tasca della sua giacca di jeans. Prese qualche lunga boccata e poi tornò a parlare, lo sguardo fisso nel mio.
<< Sei preoccupato. Lo vedo come la guardi. Per quanto tu ti sia sforzato di allontanarla da te, lei riesce comunque a tenerti stretto, non è vero? >> proseguì Lucas.
Dominic mi dedicò un'occhiata furtiva, madida di preoccupazione e schiuse le labbra per parlare, ma la voce lo deluse, perché le parole non lo trovarono.
<< Non sono un bugiardo, non lo sono mai stato. Perciò se ti aspetti che io ti smentisca, non posso accontentarti. Però ti assicuro che le ho fatto un favore, prima o poi se ne accorgerà anche lei >> risposi, mentre la brace della mia sigaretta mi ardeva poco distante dalle labbra, ormai quasi del tutto consumata.
Lucas rise lievemente e scosse il capo in segno di disapprovazione, mentre cercava lo sguardo di Dominic che, tuttavia, era incastonato sul mio viso. Dominic aveva il volto modellato da un allarmismo che conoscevo bene, perché lui viveva con l'ansia costante che io mi sfaldassi una volta per tutte, che mi sgretolassi pezzo dopo pezzo, sino a che di me non ne sarebbe rimasto nient'altro che cenere.
Dom mi voleva bene e negli anni non aveva mai mancato di farmi notare quanto mi ammirasse, quanto apprezzasse la mia tenacia, ma non si era mai vergognato di ammettere che a parer suo, un giorno, i grandi dolori della mia vita mi avrebbero divorato.
La notte in cui avevo allontanato Layla mi aveva detto che non avevo bisogno di nascondere il cuore agli occhi del mondo, che nessuno me lo avrebbe rubato, che non aveva senso celarlo dietro rabbia e indifferenza.
Però i miei battiti erano sempre stati deboli e ciò che restava del mio cuore erano solo rovine, macerie calpestate, briciole di una città dimenticata da Dio, di una qualcosa che non era mai stato destinato a essere.
<< Hai voluto farle credere che non t'interessi stare con lei, che non t'importi di averla accanto, però l'hai guardata tutta la sera come se sperassi che ti dedicasse le sue attenzioni e quando hai visto che non lo faceva, ne se rimasto deluso. Conosco Layla da una vita e ti assicuro che sa badare a se stessa, Dio solo sa cosa hanno visto i suoi occhi, ma ti giuro che sarebbe disposta a prendere a calci in culo persino il diavolo in persona, se fosse necessario. Perciò a me sembra che l'unica persona che vuoi proteggere, sia te stesso. Ti nascondi dietro a un gesto nobile, ma in realtà la tua è solo codardia >> Lucas mi regalò i suoi pensieri su un piatto di fiamme condito con briciole di rabbia, ma non perse la sua compostezza n'è quell'aria sagace che lo caratterizzava.
Percepii le sue parole scavarmi dentro, dissotterrarono ogni nervo e pensiero, sino a ricavarsi un posto fisso nel cranio, senza nemmeno chiedermi il permesso di farlo. Riuscivo ad avvertire la delusione di cui mi aveva parlato Lucas, mentre il mio sguardo ancora cercava il fiso di Layla, troppo distante per poterne cogliere l'espressione che lo modellava tra le ombre.
Dominic si lasciò sfuggire un sospiro sorpreso e i miei occhi tornarono su di lui, quando iniziò a parlare.
<< Basta così >> la sua voce fu un monito, un divieto che non ammetteva repliche, mentre il suo palmo restò sospeso a mezz'aria, quasi volesse rimarcare le sue parole.
Lasciò che la sua mano restasse frapposta tra lui e Lucas, lì a sottolineare la fermezza della sua voce. Eppure, i suoi gesti non riuscirono a sortire l'effetto desiderato.
<< No, Dom. Non è necessario che tu lo difenda sempre >> replicò Lucas, il viso adombrato dalla notte e lo sguardo che no lasciava il mio.
Il suo tono di voce era pacato, ma c'era una fermezza nelle pause che separavano le sue parole che era tanto densa e fitta da raggiungere persino me.
<< Lo sto difendendo perché tu non sai niente. Ci sono cose di cui tu e Layla non siete a conoscenza e non me ne starò qui, zitto e impassibile, a guardarti mentre parli dall'alto della tua ignoranza. Hai detto ciò che volevi, adesso basta >> Dominic si frappose tra me e Lucas, quasi volesse permettere al suo corpo di ergere uno scudo protettivo che mi avrebbe impedito di udire ancora ciò che Lucas pensava di me.
Non avrei mai permesso a Dominic di litigare con una persona a cui teneva solo per difendere me, non potevo accettare di essere la causa della sua ira, n'è che lui si facesse carico di una rabbia che non era destinata a lui.
<< Dom, lascia perdere. Lucas ha ragione >> dissi, mentre la mia mano si poggiava sulla spalla del mio migliore amico.
Lui si voltò a guardarmi, le labbra schiuse dallo stupore e gli occhi che mi solcavano il viso in cerca di una smentita, di una briciola di sarcasmo o di ripensamento, senza trovarne nessuna. Anche Lucas fu colpito da ciò che dissi, mi scrutò con attenzione, gli occhi sgranati e le sopracciglia corrucciate in un cipiglio confuso.
<< Tu non sei un codardo. Non lo sei mai stato >> proseguì Dominic, mentre il vento gli scompigliava i capelli e la luna tingeva debolmente le ciocche.
Dominic conosceva ogni ombra della mia esistenza e sapeva quanto mi stesse costando quella confessione, mi guardava con quello stupore intenso, lì a sgranare i suoi occhi brillanti, mentre la negazione gli faceva scuotere lentamente il capo. Era sempre stato ostinato, sin da bambino e le ingiustizie, non era mai riuscito a digerirle. Però non gli avrei mai permesso che si prendesse una rabbia destinata a me, che litigasse con qualcuno per merito mio.
<< Beh, sembra che ci sia una prima volta per tutto >> replicai, per poi scompigliare le ciocche arruffate dei suoi capelli.
Dominic mi scrutò ancora, in cerca di un segno di sarcasmo, ma quando non lo trovò, abbassò lo sguardo e sospirò rumorosamente.
<< Grazie per la tua sincerità, Lucas. Io ora vado, ho bisogno di riordinare le idee >> rivolsi un cenno verso Lucas e in lontananza, notai lo sguardo di Layla.
Da qualche parte durante le nostre chiacchiere, qualcosa aveva attirato la sua attenzione, probabilmente i toni animati di Dominic e ora mi guardava, finalmente mi regalava una lacrima delle attenzione che avevo agognato per tutta la sera. I miei occhi sfiorarono i suoi nella distanza, solo per un istante, prima che io le voltassi le spalle e mi facessi strada nel parco.
I fili d'erba scintillavano quanto diamanti, vestiti di brina, con i raggi della luna che ne rischiaravano il profilo e tra le ombre degli alberi, sembrava quasi di camminare tra polvere di stelle e sogni taciuti. Era uno spettacolo incantevole, ma il cuore proprio non riusciva a cascare nella meraviglia che mi imbeveva lo sguardo, perché i battiti si erano incastrati tra le parole di Lucas.
Non avevo mai pensato a me stesso come un codardo, ma non ero così ipocrita da negare l'evidenza. Era vero. Allontanare Layla mi era sembrava la scelta più giusta, quella più semplice. Era necessario avere un tipo di coraggio che io non avevo mai potuto vantare per mettere il proprio cuore tra le dita di qualcuno che sei tu, per permettere a un'altra persona di essere artefice o disfatta della tua felicità.
Non ero mai stato un codardo, ma non avevo mai posseduto la smania n'è il fegato necessario per far dipendere i miei sorrisi da qualcuno. Mi avevano cresciuto senza umanità, con una crudeltà che nessun bambino dovrebbe conoscere, con la consapevolezza che una sola anima può mandare in frantumi l'esistenza di un cuore.
Ero cresciuto con la paura di mandare in pezzi ogni cosa che toccavo, senza eccezioni.
Layla invece era diversa, lei non aveva esitato a mostrarmi la grandezza del suo cuore, proprio a me che potevo esserne la rovina e lo ero stato in ogni caso, del suo e del mio. Mi ero negato i battiti che mi regalava la sua presenza accanto a me e avevo soffocato i sussulti che io riuscivo a donare a lei, perché ero stato un codardo. E ancora non riuscivo a capire se fossi disposto a perdere il cuore pur di vederla sorridere.
Non ero capace di comprendere se volessi davvero puntare più di quanto potessi permettermi di perdere e puntare il cuore, quello era un azzardo che mi avrebbe reso un impavido incosciente.
Dominic e Lucas si trovavano a casa mia, ma di Layla non c'era nessuna traccia. Erano trascorsi quattro giorni dall'ultima volta che l'avevo vista, da quella sera trascorsa al parco, distante dai suoi occhi, dalle sue labbra, da tutto ciò che era.
Avevo riflettuto molto sulle parole di Lucas da quella notte, mi erano orbitate nel cervello con una costanza quasi urticante e non avevo trovato il modo di sradicarmele dalla mente. Non ero riuscito a tenerle lontano dal cuore e nei giorni trascorsi mi avevano masticato senza affanno. Il giorno dopo quella sera, mi ero recato a casa di Dominic di prima mattina, morso dalla curiosità, perché volevo assicurarmi che lui e Lucas non avessero discusso oltre e che io fossi stato motivo di ulteriori litigi.
Ero stato parzialmente rassicurato, perché se da una parte Lucas e Dominic si erano scusati reciprocamente per aver alzato la voce e per essersi fatti divorare dalla rabbia, non si poteva dire lo stesso di Layla.
Lei si era accorta dei toni accesi fra noi e che da qualche parte durante la discussione, io mi ero allontanato senza tornare più, così la curiosità l'aveva spinta a chiedere delle spiegazioni a Lucas ed era andata su tutte le furie quando aveva scoperto ciò che lui mi aveva detto. Gli aveva rimproverato di aver aperto bocca con tanta leggerezza, nonostante io non avessi mostrato nessun tipo di rancore verso Lucas e la sua rabbia era stata tale che gli aveva richiesto di trascorrere il minor tempo possibile nell'appartamento che dividevano.
Layla non voleva vedere n'è sentire Lucas, così si era rinchiusa nella sua stanza sino a data da destinarsi e Lucas aveva finito per esaudire le sue richieste, dilaniato dal senso di colpa. Erano tre giorni che Lucas trascorreva tutto il suo tempo libero in compagnia di me e Dominic, ma di Layla non c'era mai traccia. E qualcosa in me aveva iniziato a urlare.
Mi sentivo come se una parte di me si fosse svuotata, quasi brancicasse nel buio, tra le pieghe della notte, alla costante ricerca di qualcosa che non trovava. Percepivo la sua assenza. Mi ero così abituato a vedere i suoi occhi chiari su di me, a udire il suono delle sue risate, delle confessioni che mi bisbigliava la notte, che ora che non c'erano, ne avvertivo la mancanza.
Mi sentivo un mosaico incompleto, percepivo l'assenza di un incastro perfetto che non si colmava con niente. Quello spazio vuoto restava in silenzio a guardarmi, tra i raggi del sole e nel bagliore della luna, non sussurrava nemmeno per un istante e non scalpitava per attirare la mia attenzione, però io lo percepivo in ogni caso.
Il nulla mi guardava cheto il mio cuore e tra le occhiate gli comunicava tutto ciò che il mio cervello si rifiutava di accettare.
Ero seduto sul divano di casa mia, il soggiorno era rischiarato al filo di luci al neon che percorreva il perimetro del soffitto. Il riverbero scarlatto si specchiava nel gin che mi colmava il bicchiere e le chiacchiere di Lucas e Dominic restavano distanti, quasi ovattate, troppo flebili perché riuscissero a contrastare il frastuono dei miei pensieri.
Tentavo di riempire la mancanza con fumo e alcol, ma quello spazio proprio non ne voleva sapere di colmarsi.
<< Dov'è Layla? >> le parole lasciarono le mie labbra e recisero di netto il discorso intavolato da Lucas e Dominic.
Stavano parlando di adattamenti cinematografici sulle biografie di serial killer famosi. Lucas studiava criminologia e spesso condivideva il suo interesse sugli assassini più rinomati dei nostri anni e di quelli ormai distanti da tempo.
<< Credo che sia a casa, conoscendola sarà avvolta in una coperta come un eremita su una montagna a guardare Death note. È il suo anime preferito, lo guarda ogni volta che si sente in piena crisi emotiva, dice che l'aiuta a rilassarsi >> rispose Lucas, mentre si rigirava una sigaretta tra le dita.
Parlò con un sorriso amaro a tendergli gli angoli della bocca, lo sguardo distante, ma presto i suoi occhi guizzarono nei miei, veloci come silfidi.
<< Perché me lo chiedi? >> domandò in seguito.
Avevo guardato Death note a più riprese e durante l'adolescenza avevo recuperato tutti i volumi del manga, tanto lo avevo trovato bello. Sapevo che Layla amasse il mondo dei fumetti e che fosse particolarmente affezionata all'oriente, ma non immaginavo che la sua idea di relax fosse guardare un anime psicologico.
<< Perché stavo pensando di andare da lei >> spiegai, mentre il fumo della mia sigaretta si andava ad accumulare alla patina che già appestava la stanza.
Lucas mi squadrò con fare analitico, mentre soppesava le mie parole e Dominic restò con la bocca schiusa dallo stupore, gli occhi che quasi scintillavano per l'eccitazione, mentre un sorriso sornione gli tendeva lentamente gli angoli delle labbra.
<< Angel, se hai intenzione di fare il cretino con lei, ti giuro che non m'interessa la reazione di Layla, un pugno non te lo negherà nemmeno il signore in persona. Chiaro? >> la risposta di Lucas arrivò presto e io non riuscii a trattenere una risata.
Erano giorni che rimuginavo sulle parole che aveva pronunciato qualche sera prima e con il senno di poi, l'assenza di Layla aveva cominciato a infestarmi alla stregua di uno spirito errante.
Mi ritrovavo a desiderare le sue labbra prima di addormentarmi la notte, a bramare il suo profumo di frutti di bosco, a sognare il tepore delle sue gambe che si intrecciavano alle mie, il modo in cui le sue dita mi solcavano il petto e la sensazione dei suoi baci lungo il collo. Stavo impazzendo.
Ero divelto dalla paura di averla tra le braccia e di non riuscire a rifiutarla un'altra volta, dall'idea che lei potesse guardarmi con un disprezzo negli occhi che mi scorticava persino le iridi.
Avevo detestato sentirle chiedermi di non avvicinarmi più a lei, di starle lontano, perché per quanto io avessi tentato di non lasciarla avvicinare a quelle parti di me che nessuno aveva mai sfiorato, ormai la sua presenza era ovunque e nemmeno un esorcista avrebbe saputo scacciarla dai miei pensieri.
<< Ho solo riflettuto su ciò che mi hai detto e preferirei di gran lunga se a darmi quel pugno fosse lei, nel caso me lo meritassi, ma grazie dell'offerta >> spiegai, mentre abbandonavo il divano.
Svuotai tutto il gin contenuto nel mio bicchiere tra le occhiate entusiaste di Dominic e quelle incerte di Lucas. Axel mi guardò incuriosito e scodinzolò appena, mentre restava sdraiato sul tappetto, tra un sbuffo e l'altro. Non aveva mai amato le visite notturne, soprattutto se implicavano la presenza di Dominic che non si stancava mai di rubare il suo posto sul divano, quella sera non faceva eccezione.
<< Angel, dico sul serio >> rimarcò Lucas, lo sguardo torvo.
La luce al neon gli imbeveva il viso di un bagliore vermiglio che baciava i contorni pronunciati dei suoi zigomi, il profilo frastagliato della cicatrice che gli troneggiava sulla fonte e le righe d'inchiostro che si ergevano proprio sotto l'occhio, in una croce che gli adombrava il viso. A guardarlo così, tra i bagni di porpora e le dubi di fumo della sua sigaretta, Lucas incuteva quasi timore, diavolo tra le nubi di zolfo, avvolto dal riverbero di un inferno in fiamme.
<< Oh, anch'io >> risposi, prima di avviarmi verso la porta dopo aver recuperato le chiavi di casa.
Non lasciai n'è a Lucas, n'è a Dominic il tempo di replicare ulteriormente, recuperai una mela dal cesto della frutta e lasciai l'appartamento.
Mi avviai verso casa di Layla, mentre il cuore mi premeva contro le costole. Probabilmente, se il gin non fosse stato lì ad allentare la tensione che solitamente mi tendeva i nervi, a far vacillare lamia usuale risolutezza, quella notte sarei restato a casa. Invece mi ritrovai a camminare a passo spedito attraverso il quartiere francese, mentre gli artisti di strada ancora suonavano musica jazz e coinvolgevano i passanti, mentre il vento sbuffava tra le vie facendo agitare i ciuffi di edera che decoravano le balconate.
Percorsi il tragitto con le mani infilate nelle tasche e i battiti che quasi mi incrinavano le ossa. Faceva freddo, ma tutto ciò che riuscivo a percepire era il desiderio degli sguardi di Layla, delle sue risate che mi ovattavano le orecchie e di vedere il suo naso arricciarsi per le mie battute.
La sua assenza mi stava portando alla pazzia e la notte mi parlava della sua mancanza tra i sussurri del vento, mi raccontava dei sorrisi che in quei giorni non ero riuscito a vedere, degli occhi che non mi avevano guardato, della felicità che non avevo potuto condividere. Negli spazi che separavano i secondi, io percepivo la mancanza occupare ogni centimetro, restava sospesa in quel vuoto fatto di assenze, di silenzi.
Fui divorato dalle braci di quell'inferno e non mi accorsi di essere davanti alla palazzina di Layla, sino a quando un ragazzino mi domandò se dovessi entrare e mi lasciò la porta aperta.
Percorsi le scale che mi separavano dall'appartamento di Layla a grandi falcate e mi ritrovai in piedi davanti alla porta con il fiato corto e la mela stretta nella mano.
Fu allora che la paura mi raggiunse e mi ricordò perché avevo tentato così disperatamente di trovarmi lì, perché fossi scosso costantemente dal terrore di non esser amato, che nessuno sarebbe mai stato capace di riuscirci.
Concessi alla paura solo un istante per saziarsi di me, di spolparmi ogni osso e fibra che possedevo, di consumarmi nel suo veleno fatto di terrori e di verità che non ero mai riuscito a negare, di ricordarmi quanto detestassi non poter riuscire a scegliere quando rimanere in solitudine, quanto mi devastasse l'idea di essere abbandonato.
Concessi alla paura un istante e poi mi ripresi il resto del tempo.
Bussai alla porta con decisone e attesi in silenzio, con il cuore che urlava e il cervello che non riusciva a stare la passo con i battiti, i pensieri che incespicavano in loro stessi, mentre pensavo alle parole da pronunciare.
Layla aprì la poco dopo, indossava un paio di pantaloncini da basket e una felpa di almeno due taglie più grandi, il cappuccio alzato sopra la testa e le ciocche dei capelli vermigli a incorniciarle il viso. Fu scossa dalla sorpresa e impiegò più del dovuto a dire qualcosa.
<< Che ci fai tu qui? >> chiese in fine.
Aveva gli occhi lievemente arrossati e scavati dalla stanchezza, sembrava che non dormisse da tempo. Le sue iridi chiare mi scrutarono nella penombra, mentre il bagliore che rischiarava il corridoio della palazzina giocava tra le sfumature dei suoi occhi. Era come guardare la luce del sole tingere la superficie di una palude dimenticata da dio, ricamare filigrana dorata tra le increspature di quel verde scialacquato.
<< In questi giorni ho avuto modo di riflettere >> spiegai, prima di estrarre la mela dalla tasca e abbandonarla tra le sue mani.
Sulla superficie lucida e scarlatta, sull'orlo dei riflessi che giocavano sulla buccia levigata, sorgeva la scritta che avevo tracciato con l'inchiostro di un pennarello. "Mi dispiace". Era tutto ciò che ero riuscito a riportare con la mia calligrafia modellata da anni di disegno, di tatuaggi.
<< Sono qui per confessarti la verità che per giorni ho negato persino a me stesso. Sentivo la necessità di vederti, di stare con te. Non riesco a smettere di pensarti, per quanto mi sforzi, non trovo le forze per restarti lontano. Layla, tu mi piaci come a Ryuk piacciono le mele >> continuai.
Layla schiuse le labbra, iniziò a sbattere le ciglia più volte con aria frastornata e scosse il capo quasi temesse che la sua immaginazione le stesse giocando un brutto scherzo. Mi ritrovai a sorridere, mentre i suoi occhi mi scrutavano a fondo e scavavano con quell'insistenza incontrollata nelle mie iridi, alla ricerca di un barlume di finzione, di uno scherno che non scovava.
Percepii le dita fremere dal desiderio di insinuarsi tra le ciocche dei suoi capelli, mentre il cuore attendeva una risposta che tardò ad arrivare e lei se ne stava lì, con la mela stratte tra le mani mentre il suo sguardo vagava sul mio viso, vorace e instancabile. Era affissa nel vuoto, con le labbra schiuse e il respiro spezzato da un nervosismo ingiustificato.
<< Stai scherzando? >> chiese, la voce roca, quasi gracchiante.
Mi mossi senza aggiungere altro, senza sprecarmi in parole che non avrei saputo come pronunciare. La sorpresa fece perdere l'equilibrio a Layla, mentre io conducevo la sua schiena contro la porta, mosso dal desiderio di approfondire quel bacio.
La mia mano restò poggiata dietro la sua testa per impedire che lei colpisse il legno ed io sentii rabbrividire ogni parte di me, mentre il sapore della sua bocca mi fioriva sulla lingua.
Strinsi le ciocche dei suoi capelli tra le dita e le azzannai il labbro, mentre dentro di me lievitava la necessità di toccare la sua pelle calda, di percepire il tepore delle sue cosce sul mio corpo.
Abbandonai la bocca di Layla e restai con i palmi affissi contro la porta, il petto ansante e il suo respiro era lì, caldo contro le mie guance. Le sue labbra erano schiuse, inumidite dai baci e lei mi guardava con il volto ricamato dalle ombre, gli occhi saturi di desiderio.
Mi avvicinai al suo orecchio e percepii le sue dita tendersi verso il tessuto della mia felpa, si aggrappò alle grinze e pronunciò il mio nome, fu un sussurro, quasi una preghiera e io sorrisi.
<< Ti sembra che io stia scherzando? >> avevo la voce inasprita dalla smania che avevo di baciarla ancora, dal desiderio che cresceva dentro di me, in quella distanza che ci separava.
La guardai per un istante di troppo con il respiro spezzato dalla paura che avevo di stringerla tra le braccia, di cederle ciò che non avevo mai permesso a nessuno di avere: il mio cuore. Layla restò a fissarmi con la bocca schiusa dallo stupore e io non le lasciai spazio per rispondere. Le mie mani tornarono a cercarla e la trascinai dentro l'appartamento, mentre con il piede richiudevo la porta alle mie spalle con un tonfo sordo.
La condussi contro la parete accanto all'entrata e lei intrecciò le dita ai miei capelli, stringendo i ricci. La mia bocca solcò la pelle calda del suo collo e lasciò orme di baci su tutta la sua lunghezza e tornarono sui loro passi, sino a solcarle il lobo dell'orecchio e sfiorarlo con i denti. La mia mano scese lungo i suoi fianchi e solcò il tessuto dei pantaloncini che indossava, le strinsi la natica e la gamba di Layla si arpionò a me mentre la sollevavo.
Restò aggrappata a me, la bocca umida e calda di sospiri, la schiena affissa alla parete con le ciocche di capelli vermigli sparse ovunque su quel bianco lattiginoso. Era come guardare un quadro in una galleria d'arte e qualcosa dentro di me tremò mentre la guardavo, fui scosso da un bisogno che non conoscevo, mentre tutti i vuoti che per giorni avevano gridato nei silenzi, si andavano a colmare.
Avevo percepito un'assenza senza nome, la mancanza di un incastro che adesso era lì, tra le mie mani, con il viso nascosto nell'incavo del mio collo, come se fosse nato per adagiarsi lì. Mi sembrava di aver ritrovato un pezzo di me che avevo cercato per tutta la vita, persino prima di conoscerla, come se avessi vissuto anni in sua assenza senza sapere che a mancare era lei.
Da qualche parte tra i frastagli di quei pensieri, Layla si liberò della felpa che indossava e ora la cicatrice che le decorava il petto sorgeva tra i suoi seni nudi e caldi, si muoveva frenetica seguendo il ritmo dei suoi respiri. Quando le mie labbra solcarono il profilo di quella ferita ormai estinta, lei inarcò la schiena tra le mie dita e pronunciò il mio nome con la voce sporcata dal desiderio, roca, quasi sofferente.
Strinsi le natiche di Layla e la condussi verso il tavolo che regnava nel suo soggiorno e lei sussultò quando il calore della sua pelle ne baciò la superficie fredda. La spogliai in silenzio, mentre lei pronunciava il mio nome come un mantra, tra i baci che le seminavo tra le cosce, senza mai sfiorare il punto che lei desiderava solcassi.
Layla mi afferrò i capelli e mi strascinò a forza dove mi voleva e mi tremo tra le mani quando la mia bocca la sfiorò là dove il suo desiderio bruciava senza tregua, mentre i miei respiri rodevano come braci. Non trovai più la volontà per resistere, per prolungare quella tortura che stava martoriando le mie carni e presto ci unimmo in un incastro perfetto.
Tutto in me ardeva senza tregua e percepivo le sue labbra cercare le mie tra le ombre, le sue unghie che mi graffiavano le spalle quando si aggrapparono a me, artigliandomi la pelle. Non ero mai stato delicato e i miei denti trovarono la pelle calda del suo collo, mentre le mie dita le stringevano le natiche e il mio corpo si muoveva assieme al suo sino a far scricchiolare il tavolo.
Layla gridò con il desiderio a macchiarle le corde vocali e restò aggrappata a me come se allontanarsi le costasse la vita, mentre io la stringevo a me e la trascinavo sul divano. Presi posto tra i cuscini e le cedetti il comando di quella nave che ci stava conducendo tra mari di fiamme e rovina. E lei si mosse senza freni su di me, con il desiderio che le brillava negli occhi e i gemiti che mi sfioravano i capelli quando la mia bocca trovò i suoi seni. Lottammo in quelle acque di lussuria e mancanze che avevano respirato sino ad allora, sino a restare senza fiato, con i petti ansanti e le bocche umide, gonfie di baci crudeli.
Solo allora capii che avevo preso l'insana e sofferta scelta di scommettere tutto, cuore e mente, con la smaniosa pazzia di chi credeva che non ci fosse nulla da perdere.
Spazio marshmellow:
Holaaaaaaa! ✨
Come vi è sembrato il capitolo?🌙
Scusate tantissimo se ho mancato un paio di aggiornamenti ma a causa del lavoro non sono riuscita a pubblicare.
Eccomi tornata con un aggiornamento notturno! Chi mi segue da tanto sa che è sempre stata una mia abitudine LOL. ✨🌙
Qui le cose si sono fatte focose...❤️🔥
Però c'è anche qualcos'altro qui in mezzo, per caso vi state già facendo qualche teoria? 😏
Non vedo l'ora di sapere cosa pensate!
Grazie di tutto, come sempre.
Vi voglio bene.❤️🔥
- Alex
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