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Capitolo 4: Paradise

Capitolo quattro: Paradise

La notte che le cose ci nasconde.
- Dante Alighieri

Le strade di New Orleans erano ancora agghindate a festa. Sulle facciate degli edifici erano affisse le coccarde con i colori del carnevale, sul tessuto ancora fiorivano i ricami dei gigli e tra i soffi del vento gli addobbi vociavano instancabili.

La musica soffocava il silenzio e tra i frammenti di asfalto erano restate arenate le collane di perle che venivano gettate ai passanti dai carri di carnevale. Le sfere colorate tingevano il grigiore delle strade, coriandoli di plastica e resina, abbandonati tra i mozziconi di sigaretta in attesa che le vie venissero ripulite.

Dalle balconate dei locali, si affacciavano ancora i turisti, con il capo ornato da cangianti parrucche. New Orleans in quel periodo era soffocata dalla gioia, dalle risate dei passanti, dalla meraviglia che luccicava nello sguardo di chiunque, persino in quello di chi, come me, era nato e cresciuto lì. Era una giornata calda e il sole rischiarava le ragnatele di edera che si inerpicavano sui mattoni a vista.

I raggi baciavano l'intonaco vermiglio dei locali, il viso imbrunito degli artisti di strada, le maschere che coprivano parzialmente il viso dei passanti. Sul volto di alcuni, il trucco variopinto si era scrostato e rivelava l'incarnato scuro. In quel pomeriggio di febbraio, io passeggiavo tra gli sbuffi della mia sigaretta e Dominic, accanto a me, non aveva ancora smesso di esternare il suo entusiasmo.

Avevamo deciso di comune accordo che ci saremmo incontrati con Layla e Lucas di lì a poco e che avremmo partecipato a una escape room. Dominic mi aveva detto che la sua scelta fosse ricaduta su una a tema film dell'orrore.

<<Dici che Lucas rimarrà sorpreso, quando scoprirà quanti retroscena dei film conosco? Credi che mi troverà strano?>> domandò Dominic.

Il sole gli imbeveva i capelli, le ciocche somigliavano agli steli d'erba che germogliavano nei prati e sembravano quasi celebrare l'energia che lo animava. I suoi occhi chiari risaltavano grazie alla sottile linea di trucco scuro che gli approfondiva lo sguardo e aveva indossato così tanto profumo che quella fragranza persisteva a stuzzicarmi le narici.

<<Credo che la tua passione per il cinema sia la caratterista che ti rende più normale>> replicai sarcastico.

Dominic studiava cinema e negli anni aveva collezionato una quantità di informazioni sulla sceneggiatura, la regia e gli effetti speciali dei film che amava, da poter scriverci un libro. Condivideva la sua passione sui social media e contava una quantità di seguaci non indifferente, ma per qualche ragione quello restava un tratto di sé che lo rendeva enormemente insicuro.

<<Grazie, Angel. La tua gentilezza mi commuove>> rispose Dominic, mentre si adagiava una mano sul petto.

Sorrisi divertito quando lui mi spintonò lievemente. Attraversammo il quartiere francese, tra locali affollati arricchiti da elaborate terrazze di ferro battuto. Quella città era satura di tonalità policrome, le facciate degli edifici erano tinte di colori cangianti che ne esaltavano la bellezza.

I cespugli di edera drappeggiavano dai vasi, come cascate di smeraldo rischiarate dal sole che fiorivano tra i riccioli di metallo delle balconate. A New Orleans la natura sbocciava tra il cemento e l'intonaco, grondava dai locali e riempiva gli occhi, tra le bandiere sospese a mezz'asta e i lampioni incastonati alle pareti.

Il misticismo era incasellato tra i mattoni a vista, parte della calce che edificava le palazzine sembrava essere stata amalgamata a un incanto impossibile da ignorare. Vivevo in quella città da tutta la vita, ma non mi stancavo mai di divorare quella bellezza tra le occhiate, di stupirmi della meraviglia che forgiava i locali, i negozi di stregoneria che s'intervallavano ai pub, le corone di fiori che ghirlandavano le terrazze.

Tutto in quel posto sembrava essere emerso da un'altra epoca.

Tra il bagliore del giorno e la musica jazz che inondava le strade, i miei occhi catturarono la figura di Layla. Si trovava accanto a Lucas e rideva di gusto per qualcosa che lui aveva detto, ma che le mie orecchie non erano riuscite a carpire. Ci stavano aspettando accanto al luogo in cui avremmo preso parte all'escape room.

I capelli di Layla erano imbevuti dai raggi del sole e risplendevano in quel bagno di luce come una cascata di fiamme. Le ciocche vermiglie parevano quasi sfolgorare tra i nastri del giorno e il colore sbiadiva gradualmente, sino a tramutarsi in una tonalità di giallo che ricordava l'ambra.

I miei occhi scivolarono lungo il confine dei suoi zigomi alti, scesero sino a solcare l'orlo delle sue labbra piene tinte di rosso e continuarono lungo il collo sottile, sulle gambe slanciate coperte dal tessuto dei pantaloni.

L'orlo zigrinato del corsetto che indossava faceva capolino sotto la giacca di pelle che indossava e la scollatura lasciava trasparire la sua pelle chiara, il principio della sua cicatrice a fiorirle tra l'incavo dei seni pieni.

Layla indossava quella ferita come un gioiello e per quanto mi sforzassi di non trovarla affascinante, di non essere attratto dal taglio felino dei suoi occhi chiari, da quella bellezza che le modellava il viso, io proprio non ci riuscivo. Si accorse presto del mio sguardo su di lei e quando le sue iridi si incastonarono nelle mie, le sue labbra scarlatte si tesero.

<<Siete in ritardo>> disse Lucas.

Quando parlò si rivolse direttamente a Dominic, quasi sapesse già che la causa della nostra mancata puntualità fosse proprio lui. Aveva le braccia incrociate sul petto e la luce gli indorava i polsi scuri, le dita inanellate dai tatuaggi che gli coprivano l'incarnato.

<<Questo perché qualcuno ci ha impiegato anni a prepararsi. L'ho aspettato sotto casa per un quarto d'ora>> spiegai.

Dominic mi rivolse un'occhiata truce e schiuse le labbra in segno di sdegno. La sua reazione suscitò il divertimento di Layla e nemmeno Lucas riuscì a trattenere il divertimento.

<<Tu invece a prepararti ci impieghi troppo poco e alla fine stai bene lo stesso. Non potresti aiutarmi, invece di pendermi in giro?>> disse Dominic.

Insinuò tra le dita tra le ciocche dei suoi capelli, ma le intricò nuovamente poco dopo. Mi sentii addosso lo sguardo di Layla e quando le rivolsi un'occhiata la scoprì a scandagliare la mia intera figura con una lentezza disarmante.

<<Si chiama personalità, magari un giorno ti porto a cercare un posto dove comprarla, Dom>> replicai sarcastico.

Un coro di risate si mescolò al chiacchiericcio dei passanti, al suono della musica che soffocava le strade di New Orleans. Dominic fu scosso dal divertimento e non sprecò tempo a cercare una maniera per rispondermi. Sapeva benissimo che uno dei miei passatempi preferiti fosse prendersi gioco di lui, ma non la prendeva mai sul personale e non ne rimaneva offeso in alcun modo, lo facevo ridere troppo.

Qualche istante dopo ci ritrovammo rinchiusi in una stanza affollata da cimeli ispirati ai film dell'orrore più celebri, in quello scenario dai toni inquietanti il nostro scopo era quello di sfuggire alle grinfie di un assassino prima che lui ci trovasse. Ogni stanza, da ciò che ci era stato riferito, avrebbe comportato la risoluzione di una serie di enigmi che comprendevano tematiche riguardanti celebri pellicole horror.

Negli anni, Dominic mi aveva trascinato al cinema ogni volta che veniva rilasciato un film che gli suscitava interesse, perciò il mio bagaglio culturale in quel campo era piuttosto ricco. Eppure la mia istruzione a riguardo non poteva nemmeno lontanamente sfiorare la sua, che spendeva gran parte del tempo a studiare ogni retroscena dei film che più amava.

<<Non ci capisco niente>> la voce di Layla sembrò tradurre a pieno l'espressione che modellava il viso di Lucas.

Aveva le sopracciglia corrucciate, il volto limato dalla confusione. Lesse un'altra volta l'indizio riportato sul biglietto che reggeva tra le dita, ma i suoi sforzi di comprenderne il significato risultarono vani. Rivolsi un'occhiata verso Dominic, era tranquillo e le sue iridi scintillavano per l'entusiasmo, ma non tentò in alcun modo di intervenire.

Ero certo che per lui quell'enigma fosse di una semplicità unica e che il suo cervello avesse già processato le parole, che conoscesse la risposta.

<<La mia faccia era già conosciuta, prima che la indossassi. Incute paura, ma ad altri infonde simpatia e sicurezza. I miei panni li hanno vestiti in tanti, ma il viso non è mai cambiato. Chi sono?>> Layla rilesse l'indovinello.

Quella stanza era gremita di teschi e finte lame che riflettevano debolmente la luce soffocata che rischiarava le pareti. I muri erano affollati di quadri di pagliacci dal sorriso sghembo che quasi stonavano accanto agli schizzi rossi che imbrattavano l'intonaco.

Un grosso timer conteggiava il tempo trascorso in quella stanza e Dominic non aveva avuto bisogno di guardarsi intorno in cerca d'indizi per capire quale fosse la soluzione dell'enigma. Lo sapevo perché aveva sorriso la prima volta che Layla aveva letto il rompicapo, era stato solo un instante, ma io sapevo che conoscesse la risposta.

Per uno come lui, che era cresciuto guardando film, studiando curiosità e leggendo interi temi che riportavano la storia del cinema, quel rebus non era nulla di complicato.

<<Dom, tu hai qualche idea?>> domandai.

Lui mi guardò con disappunto e presto scosse il capo, mentì. Conoscevo la risposta a quell'indovinello, ci avevo impiegato più tempo rispetto a lui a comprendere il significato di quelle intricate parole, ma alla fine ci ero riuscito.

Eppure, mi rifiutavo di rispondere, a costo di dover perdere tutto il tempo che ci restava nella prima stanza del percorso.

<<Perché dovrebbe sapere la risposta?>> chiese incuriosito Lucas.

Sotto il bagliore dorato della luce fioca che imbeveva la stanza, la croce che gli fregiava lo zigomo risaltava debolmente sul suo viso. Gli occhi scuri si posarono sul volto di Dominic, ma lui abbassò lo sguardo con una timidezza che non gli apparteneva. Sua madre aveva sempre detestato la passione che riservava al cinema, per lei era una perdita di tempo e di soldi il percorso di studi che aveva intrapreso.

<<Perché è intelligente>> risposi, pacato.

Quando era bambino, Dominic sgattaiolava al cinema con qualche scusa, perché sapeva che sua madre non avrebbe accettato la cosa. La cristianità tossica con cui lo aveva cresciuto, aveva tacciato per anni film che lui tanto amava come un prodotto del diavolo e Dio solo sapeva cosa non avrebbe fatto quella donna per cambiare la sessualità di suo figlio.

Era lei la causa delle sue insicurezze, l'origine di tanta vergogna. Lei gli ripeteva da una vita che non fosse normale essere così affezionati a un prodotto di finzione, che ci fosse qualcosa di rotto in lui che non poteva essere riparato e con il tempo, lui aveva finito per crederci.

<<Mi stai dicendo che sono stupida?>> intervenne Layla.

Aveva assunto un'espressione scocciata e la grossa suola dell'anfibio che calzava al piede aveva preso a battere sul pavimento di legno, sembrava quasi scandire gli istanti assieme al timer che ornava la parete.

<<Non ho detto questo. Avete solo delle conoscenze diverse, fosse stata una domanda su come funziona il motore di una Corvette, sono certo che sapresti rispondere senza esitazione>> risposi.

Layla restò interdetta dalle mie parole, schiuse le labbra per lo stupore e in fine gli angoli della bocca le si incurvarono in un sorriso.

<<Dom, muoviti a rispondere. Non voglio trascorrere due ore nella stessa maledetta stanza. Le cose che sai sono ciò che ti rendono diverso e più interessante di tutti gli altri>> dissi, prima di tendere la mano verso la spalla di Dominic.

Gli poggiai il palmo sulla scapola e lo spinsi lievemente verso Layla che ancora stringeva tra le dita il bigliettino che recitava l'indovinello. Era la verità, avevo trascorso anni ad ascoltare Dominic mentre mi raccontava le curiosità più disparate sui film che guardavamo insieme, aveva una cultura cinematografica senza limiti e io nel tempo non mi ero mai stancato di sentire ciò che aveva da dire.

La prima volta che mi aveva parlato, mi aveva raccontato un aneddoto su un vecchio film in bianco e nero che aveva guardato una notte di nascosto.

Dopo qualche istante, Dominic mi sorrise calorosamente e bisbigliò un grazie a fior di labbra, senza aggiungere altro. Sottrassi a Layla il biglietto che riportava l'indovinello e lo lessi a voce alta.

<<La mia faccia era già conosciuta, prima che la indossassi. Incute paura, ma ad altri infonde simpatia e sicurezza. I miei panni li hanno vestiti in tanti, ma il viso non è mai cambiato. Chi sono?>> guardai Dominic, in attesa di una risposta.

Lui esitò, restò appeso alle mie iridi con le labbra serrate, strette in una morsa, le assottigliò e le sbiancò del tutto. Non distolsi lo sguardo nemmeno per un attimo e lo pregai tra le occhiate di non restare in silenzio, pregando che la mia voce lo raggiungesse ugualmente.

<<1978. Tommy Lee Wallace riceve da John Carpenter l'incarico di trovare una maschera inquietante per il protagonista del suo film horror. Così lui va in un negozio di costumi e recupera una maschera del Capitano Kirk, le allarga gli occhi, la tinge di bianco, le colora i capelli e la porta dal regista. Si trattava di uno dei personaggi più amati della saga di Star Trek, ma lui lo ha reso inquietante e agghiacciante oltre ogni misura. La risposta è Michael Myers, è stato interpretato da tanti attori, ma il suo vero viso è sempre rimasto nascosto dalla stessa maschera>> rispose finalmente Dominic.

Sorrisi, soddisfatto. Layla e Lucas, d'altro canto, restarono con la bocca schiusa dallo stupore e lo sguardo sgranato. Erano annichiliti dalla profonda conoscenza di Dominic e restarono con le labbra vuote di parole persino quando io riportai la soluzione sulla porta che ci avrebbe condotti nella stanza successiva.

<<Ottimo lavoro, Dom. Cerca di non impiegarci così tanto tempo d'ora in avanti, odio perdere. Lo sai>> mi raccomandai.

Alle mie spalle giunse la risata divertita del mio migliore amico, non appena varcai la soglia della seconda stanza a tema. Era lugubre, più della precedente. Il buio era rischiarato dal bagliore timido di lampadine incastonate tra lampioni di vecchio stile affissi alle pareti, dal soffitto un meccanismo rilasciava sbuffi di fumo che sbiancavano debolmente l'ambiente.

Ai muri erano appesi quadri che ritraevano paesaggi dall'aspetto tetro, foreste fitte e senza luce fagocitate dalla nebbia notturna e nella stanza erano sparsi oggetti di ogni tipo. Qualche teschio era stato accuratamente depositato su uno scaffale, assieme a candelabri d'argento dall'aria datata e ragnatele finte che ne ingrigivano l'aspetto.

Pile di libri e diari dalle pagine indorate dal tempo erano accatastanti in ogni angolo della camera e tra quelle mura troneggiava una vergine di Norimberga, uno strumento di tortura settecentesca.

Quel sarcofago di metallo regnava tra quelle quattro pareti, era stato abbandonato semi aperto, in modo tale che si potessero intravedere gli aculei affilati e taglienti che ne fregiavano l'interno. Al suo esterno invece, il volto di ferro della vergine ci scrutava pio e rilassato.

<<Ho trovato l'indizio>> disse Lucas.

Tra le dita reggeva gli angoli sdruciti di un biglietto dall'aspetto usurato, i bordi sgualciti sbucavano tra i solchi della mano e facevano capolino tra l'inchiostro che gli imbrattava l'incarnato bruno.

<<Il villaggio in cui vivo è esistito, non esiste più, ma al contempo esiste ancora. Sono morto, ma vivo ancora. Ho perso una parte importante di me e mi muovo per riaverla. Qual è la mia casa?>> la voce di Lucas lasciava trasparire tutta la confusione che gli plasmava i lineamenti.

Guardò Dominic con aria smarrita e poi scrutò l'arredamento della stanza, quasi sperasse che a quel modo avrebbe risolto quel rompicapo. Dominic d'altro canto non perse tempo e si mosse all'interno di quelle quattro mura, gli occhi che scandagliavano ogni libro con un'attenzione meticolosa.

<<Ho bisogno di un altro indizio. Ho qualche idea, ma non sono abbastanza sicuro di quale sia quella giusta>> disse Dominic

Lo vidi piantonarsi davanti alla vergine di Norimberga e massaggiarsi la mandibola con fare pensieroso. Layla non perse tempo e iniziò a sfogliare alcune pagine dei libri ammassati nella stanza, senza tuttavia scovare qualcosa che potesse risultare utile. Io affiancai Dominic e tentai di aprire il grande sarcofago di metallo che lui ancora non aveva cessato di guardare, al suo interno, affisso a una delle spine di ferro che lo foderavano, si trovava un altro biglietto.

<<Se mi spari non sanguino, ma se mi tocchi sono di carne e ossa. Vivo la notte, se mi vedi arrivare tra la nebbia, non riuscirai a fermarmi. Cerco vendetta, ma sono un burattino. Sai dirmi, da dove provengo?>> lessi l'indovinello e tentai di decifrare l'espressione di Dominic.

Aveva le sopracciglia aggrottate e guardava fisso la vergine di Norimberga con l'aria assorta. Insinuò una mano tra le ciocche dei suoi capelli, erano indorati dalla morbida luce dorata e avevano assunto l'aspetto di una distesa d'erba baciata dal bagliore del crepuscolo.

<<Non potrebbe essere Dracula? Nel film tratto dal romanzo quando la moglie muore, per vendicarsi colpisce la croce nella chiesa. Magari è quella la vendetta di cui parla, inoltre, se spari a Dracula non lo ferisci davvero. E poi, lui non cercava la moglie? Quella interpretata da Winona Rider>> intervenne Layla.

Mi voltai a guardarla, il corsetto che indossava sembrava un ritaglio di carbone e sbucava sotto l'orlo chiaro dei jeans che le coprivano le gambe slanciate. Era in attesa del parere di Dominic riguardo la sua ipotesi, ma lui impiegò un tempo infinito a rispondere.

<<Non hai tutti i torti, ma non spiegherebbe perché si ritenga un burattino>> risposi.

Lei esalò un profondo respiro di rimando e infine scrollò le spalle, come a darmi a vedere che avesse esaurito le idee. Lucas invece si era perso a frugare tra i teschi che riposavano sulla mensola appesa al muro, ma tutto ciò che riuscì a trovare furono solo dita di polvere e ragnatele finte.

<<Questo indovinello mi sta facendo perdere la testa>> disse, prima di afferrare uno dei teschi e accostarlo al suo viso.

<<L'avete capita?>> continuò, la voce macchiata dal divertimento e le labbra spezzate da un sorriso.

Layla scoppiò a ridere di gusto e venne scossa da quelle risa sino alle lacrime, mentre tentava di mordersi le labbra per non distrarre la concentrazione di Dominic. Persino io mi ritrovai a dover soffocare il divertimento e solo allora notai che Dominic avesse gli occhi sgranati da un'illuminazione improvvisa.

<<Lucas, sei un genio. Nel 99' Tim Burton ha fatto costruire un intero villaggio di case per il film che stava realizzando, erano edifici vuoti e alla fine delle riprese sono state smantellate. Quel posto era ispirato a un luogo realmente esistito, si trova vicino a New York. Quindi è esistito, non esiste più ma, al contempo, esiste ancora. La storia parla di un cavaliere morto decapitato che cerca la sua testa e terrorizza il villaggio, ma è in realtà manovrato da una strega. Ecco perché è definito burattino. La risposta è Sleepy Hollow.>> Dominic parlò mentre si faceva strada attraverso la stanza.

Si fermò davanti al meccanismo in cui avrebbe dovuto inserire la soluzione e la porta si sbloccò non appena digitò la riposta. Layla guardò Dominic per tutto il tempo, la bocca schiusa dallo stupore e gli occhi sgranati, sembrò voler intervenire per dire qualcosa, ma Lucas la precedette.

<<Come fai a sapere tutte queste cose?>> domandò scioccato.

Le mie labbra furono tese dal divertimento e lo sguardo mi cadde sul viso di Dominic. Si era fermato sulla soglia della porta che conduceva alla stanza successiva e le sue iridi mi cercarono, mentre il nervosismo gli scavava i lineamenti.

<<Diglielo, Dom. Quella è una delle cose che ti rendono più interessante>> lo incoraggiai.

Layla abbozzò un sorriso e mi guardò con una tenerezza sfolgorante affissa negli occhi. Scosse lievemente la testa e tra i silenzi si lasciò sfuggire un risolino divertito che non riuscii a giustificare. Mi osservò a lungo, in quella maniera così analitica e sul suo viso vidi fiorire la stessa confusione che era germogliata in lei quando aveva letto gli indovinelli.

Mi guardava allo stesso modo, quasi faticasse a leggermi e tra i secondi le sue occhiate si aggrapparono al mio viso con quell'intensità che mi rivestiva di confusione, perché sembrava cercare qualcosa che non sapevo come darle.

<<Studio cinema all'università. Ho la passione per il cinema sin da quando ero bambino, perciò conosco un sacco di curiosità sui film, cose che probabilmente in molti considererebbero inutili. Però io le trovo interessanti e non mi stanco mai di trovarne di nuove, mi piace collezionarle nella mia memoria.>> la voce di Dominic spezzò il silenzio.

Era sporcata di incertezze, ma quando smise di parlare gli angoli della bocca gli si tesero con fierezza. La passione che gli respirava tra i battiti del cuore era per lui un qualcosa che lo nutriva di felicità, per quanto sua madre sperasse che lui smettesse di amare il cinema in quella maniera sviscerata, lui non aveva mai ripudiato quel piacere.

Era qualcosa di troppo importante, un diamante che custodiva gelosamente tra le piaghe dello spirito e aveva valore solo per lui, ma ne parlava con un luccichio negli occhi che lo rendeva inestimabile persino agli altri.

<<Non me lo sarei mai aspettato. Questa sì che è una sorpresa. Non vedo l'ora di sapere quante cose sai, scommetto che c'è molto da scoprire.>> replicò Lucas.

Si era avvicinato a Dominic e dopo aver parlato s'intrufolò nella stanza successiva, dopo avergli rivolto un'occhiata tanto intensa da lasciarlo senza voce. Layla premette le labbra fra loro con tanta intensità da ridurle a una linea sottile, sembrava si stesse sforzando di trattenere l'emozione, ma gli angoli della bocca trovarono comunque la maniera di tendersi.

Le avance di Lucas lasciarono Dominic incastonato sulla soglia della stanza seguente, annichilito. Riuscì a riscuotersi dall'imbarazzo che gli morse le guance dopo un tempo che mi parve infinito e tra le occhiate che lui e Lucas erano intenti a scambiarsi, trovò finalmente la voce per parlare di nuovo.

<<Puoi scoprire quello che vuoi, quando vuoi>> questa volta fu lui a stupire Lucas.

A quel punto, Layla proprio non riuscì ad astenersi dal ridere e lasciò che il divertimento la imboccasse. Fu scossa dalle risate ed io mi ritrovai a osservare la naturalezza dei suoi gesti, quella maniera che aveva di lasciarsi sopraffare dalle emozioni sempre, senza vergogna.

A Layla non importava il giudizio altrui, si aggrappava alla vita e ne beveva il nettare, ne spolpava le ossa sino al midollo senza lasciare nemmeno una goccia. Mi intrigava quel suo modo di essere, quella voracità con cui si nutriva del mondo, dei frutti che il destino le regalava.

Quando oltrepassammo la soglia della stanza successiva, con mio grande stupore, fummo assaliti da una persona avvolta in una camicia da notte candida come la neve. Ci piombò alle spalle senza alcun preavviso con l'intento di spaventarci e mentre Dominic spese il tempo a sbraitare come se avesse appena assistito a un omicidio, Layla mi strappò di dosso ogni traccia di divertimento.

Quella persona aveva posto un agguato proprio lei, le poggiò una mano sulla spalla, cogliendola di sorpresa e le urlò con il fiato sul collo. Successe tutto troppo in fretta, prima che potessi accorgermene. Layla agguantò la mano di quel povero malcapitato, gli torse il bracco e lo atterò con un gesto fluido e repentino.

L'attore si ritrovò con la schiena premuta contro il pavimento e la bocca che annaspava in cerca d'aria per via dell'impatto. Layla restò con i pugni stretti sospesi a mezz'aria e le gambe divaricate come se si aspettasse di essere attaccata da qualcuno avvolto nell'ombra.

La sorpresa mi piovve addosso in un bagno d'acqua ghiacciata che mi cristallizzò tra gli attimi, mentre qualcos'altro mi strisciava lungo la schiena, un brivido di eccitazione mi affogò il cuore a ondate. Uno sciabordio di eccitazione e interesse mi strozzò i palpiti, la mia attenzione scivolò lungo il profilo del suo viso serio scolpito dalla penombra.

<< Non mi pagano abbastanza per subire tutto questo >> biascicò a fior di labbra.

Solo allora, Layla si destò da quell'austera fierezza, da quella serietà che le affilava lo sguardo e si coprì la bocca con il palmo delle mani mentre le sue sopracciglia si inarcavano per lo stupore. Dominic d'altro canto restò affisso al vuoto, con la sorpresa a modellare l'espressione sul suo viso e gli occhi sgranati appesi a quelli di Layla.

<<Di certo non mi aspettavo che gli anni trascorsi a frequentare corsi di arti marziali, fossero messi in pratica in una situazione simile.>> commentò Lucas, il tono chiaramente divertito.

Layla gli rivolse un'occhiata truce e tra le scuse offrì una mano al ragazzo che l'aveva fatta spaventare al punto da fargli guadagnare un'aggressione. Presto lui si defilò e tornò a lasciarci soli mentre borbottava una serie di imprecazioni.

Io invece restai a guardare lei, mentre l'interesse mi lievitava nel petto e mi sfiorava le pareti del cuore. La affiancai in silenzio, mentre Dominic e Lucas si aggiravano per la stanza in cerca del nuovo indovinello.

<<Sembra che sorprendermi ti riesca incredibilmente bene, Layla.>> le bisbigliai all'orecchio.

Si voltò con le gote arrossate e l'accenno di un sorriso a incresparle gli angoli della bocca scarlatta. Era ancora agitata dalla paura, il respiro pesante le smuoveva il petto e i pugni le riposavano accanto ai fianchi, mentre ogni mio nervo veniva stuzzicato da ciò che aveva fatto. Mi sentivo intrigato da lei, dal modo in cui riusciva sempre a impiantarmi la meraviglia negli occhi e nella mente.

<<Attento, Angel. Ti si vedono i sentimenti. Sembra quasi che la cosa ti piaccia.>> replicò lei, la voce ridotta quasi a sospiro, così lieve da poter raggiungere solo le mie orecchie.

Ero certo che fosse infastidita dal mio atteggiamento, dal modo in cui celavo ogni emozione agli occhi indiscreti e i suoi erano insaziabili, scavavano con foga tra i miei sguardi, alla costante ricerca di un qualcosa che non sapevo come regalarle.

Io non ero nato per essere amato e in vita c'era sempre stato qualcuno pronto a ricordarmelo come se fosse di imperiale importanza che non me ne dimenticassi mai.

<<Non sono mai stato un bugiardo, quindi eccoti la verità. La furia che ti brillava negli occhi, ti ha resa anche più bella di quanto tu non sia già e credo che mi piaccia scoprire questi lati nascosti di te.>> risposi.

Layla mi guardò con le labbra schiuse e qualcosa in me iniziò crepitare di desiderio.

<<Il fatto che di innocente in te non ci sia proprio niente e ti sappia difendere da sola, mi eccita>> continuai.

Sorrisi divertito quando notai il colorito che le arrossiva il viso e lei tentò di indurire il suo sguardo. Mi piaceva stuzzicarla, c'era qualcosa in lei che suscitava il mio interesse come nessun altro era mai stato capace di fare.

<<Ti interesso solo perché sarei capace di romperti un braccio? O magari perché vorresti sapere per quale ragione lo so fare? Un po' superficiale da parte tua, Angel, non trovi?>> mi punzecchiò con un'audacia sconosciuta che le scintillava persino nello sguardo.

Avanzai di un passo e l'orlo delle mie labbra le solcò i confini dell'orecchio. Sentii le narici riempirmisi del profumo che indossava, di quella fragranza che mi ricordava i lamponi freschi.

<<Ti sbagli. Sono interessato a te>> sussurrai.

Layla sussultò e in seguito percepii il suo respiro morirle sulle labbra.

<<Lo stai facendo apposta>> disse fra i denti.

Mi allontanai dal suo viso di qualche passo e sollevai le mani in segno di resa, le labbra tese dal divertimento. Mi piaceva stuzzicarla, quando lo facevo lei arricciava il naso con disappunto in una maniera che mi faceva sorridere.

<<Non mi permetterei mai>> le mie parole furono macchiate dal sarcasmo e lei premette le labbra scarlatte fra loro, le ridusse a una linea sottile, come un rivolo di sangue.

Tese il pugno chiuso nella mia direzione e mi colpì il petto con vigore, riuscii a incassare ma percepii la sua forza mordermi la carne. Layla sapeva come difendersi e dietro quegli occhi chiari e l'affilatezza dei suoi zigomi, sotto lo sguardo tagliente e lo sguardo allungato da gatta, nascondeva una fierezza e una potenza che non aveva voce.

<<Sei proprio violenta. Se ti può interessare, non mi dispiacerebbe se mi mettessi al tappeto>> dissi sarcastico, accennando un sorriso.

Lei roteò gli occhi e sbuffò rumorosamente, ma mi voltò le spalle e si diresse nella parte opposta della stanza con la testa alta e l'aria orgogliosa. Le ciocche dei capelli le oscillarono lungo la spina dorsale, come una cascata di sangue e miele. Mi lasciò solo con la scia del suo dolce profumo a infestarmi i respiri e lo sguardo appeso a lei.

Mi stupiva in un modo che il mio cuore non conosceva, mi regalava fiori di una meraviglia che non avevo mai avuto e catturava la mia attenzione tra i gesti, con quella naturalezza che mi sconvolgeva. Mi scoprii a desiderare che tornasse da me, che potessi posarle le mani sui fianchi e tornasse a guardarmi come se faticasse a resistere alla tentazione di sfiorare le sue labbra con le mie.

Volevo che tornasse a gettarmi addosso quel desiderio che le rischiarava lo sguardo. Mi chiesi quanto avessi da scoprire, quante ombre di lei non avevo ancora avuto modo di conoscere, quante dosi di stupore dovesse ancora iniettarmi in vena e quante fossero necessarie perché smettessi di bramarne ancora. Mi domandai quando avrei raggiunto l'overdose se avrei cessato di voler conoscere altro.

Quando terminammo l'esperienza nella escape room, ormai il sole era quasi tramontato del tutto. Dominic e Lucas decisero che avrebbero voluto cenare al parco con una pizza, ma il ragazzo che ci aveva serviti si era dimenticato di includere le nostre birre nell'ordine.

Perciò io e Layla restammo soli ad aspettarli seduti su una delle panche di legno che costeggiavano un grosso tavolo di legno. Il cielo era tinto di glicine e tra le nuvole che lo acquarellavano, erano già iniziate a brillare le prime stelle della sera. Lo spicchio della luna troneggiava tra le scie di vapore lasciate dagli aerei e faceva capolino tra le fronde degli alberi scosse dal vento.

Il canto della brezza tesseva una colonna sonora che veniva sporcata dal suono lontano si sax, creava un'atmosfera quasi eterea tra gli steli d'erba che oscillavano e la luce calda dei lampioni che rischiaravano l'ambiente. Layla era seduta accanto a me, era intenta a giocherellare con uno degli anelli che le ingioiellavano le dita ed era avvolta da un silenzio fitto, quasi impenetrabile.

Di tanto in tanto si guardava intorno con il volto modellato da un nervosismo ingiustificato, quasi sobbalzava, ogni volta che il vento scuoteva le foglie delle piante. Le ombre le macchiavano il viso e sembravano tracciare con dita di tenebra l'orlo delle sue labbra scarlatte, il profilo del suo piccolo naso, la linea netta che le allungava lo sguardo.

Non si era opposta alla proposta avanzata da Dominic di cenare al parco, ma dopo aver ascoltato le sue parole il sorriso le era morto sulle labbra e la serietà le aveva adombrato il viso per un attimo.
Se ne stava lì, con la bocca cucita di silenzi e gli occhi che scandagliavano i dintorni, non appariva spaventata ma era imbrigliata da uno strano stato di allerta che non riuscii a giustificare.

<<Ti senti bene?>> domandai.

La sua attenzione si concentrò su di me, mi scrutò attenta quasi avesse percepito la mia voce ma le parole non avessero pervenuto l'universo in cui era scivolata la sua mente. Impiegò qualche tempo a rispondermi, abbastanza perché temessi di dover porre quel quesito una seconda volta.

<<Sì, ho solo fame>> replicò in fine.

Abbozzò un sorriso che mi parve forzato e nella sua voce percepii la sfumatura di un qualcosa di diverso dal modo in cui parlava di solito. Riuscii a capire che mi stesse mentendo e non trovai la maniera per comprendere cosa l'avesse portata a nascondere la verità in una circostanza simile.

Layla era vigile, tornò a guardarsi attorno con un'insistenza inspiegabile e io iniziai a rimpiangere di non aver insistito per cenare al ristorante. Quando avevo notato il suo disagio, ero sprofondato in uno strano stato di allerta, ma solo quando Lucas si preoccupò di chiederle se lei fosse felice di cenare al parco, mi ero iniziato a preoccupare.

Layla aveva notato l'allegria con cui Lucas aveva accolto la proposta di Dominic, perciò aveva tirato gli angoli della bocca in un sorriso innaturale e aveva annuito senza troppi giri di parole. A guardarla lì, tuttavia, mentre scrutava le ombre che si stendevano tra gli steli d'erba al crepuscolo e le dita che solcavano con insistenza la superficie del suo anello d'argento, sembrava troppo tesa per apparirmi felice di essere lì.

Alcuni cespugli poco distanti da noi iniziarono a emettere un lieve fruscio che fu accompagnato dal suono di un ramo spezzato. Layla s'irrigidì all'improvviso, restò inchiodata sulla panchina con il respiro strozzato in gola. Era come se qualcuno l'avesse inzuppata in un lago nascosto tra le montagne durante un rigido e innevato inverno.

Ormai il buio era calato e il lampione poco distante da noi non rischiarava abbastanza l'ambiente perché i miei occhi riuscissero a scavare tra le pieghe della notte. Dalle tenebre pervenne un altro suono, qualcosa scosse ancora i rami dei cespugli e Layla iniziò a sudare freddo.

Tremava, era scossa da un terrore che le lucidava lo sguardo e non riusciva a trovare il modo di muoversi, d'un tratto, tutta la fierezza che l'aveva rammendata quello stesso pomeriggio, fu scucita dal terrore.

<<C'è qualcuno tra i cespugli>> la voce di Layla fu graffiata dal nervosismo, quasi avesse della ghiaia incastrata in gola.

Non si voltò nemmeno, resto con lo sguardo fisso tra le ombre, il corpo immobile e i respiri spezzati dall'ansia. Il terrore le scolpiva il viso e le sue spalle erano scosse incessantemente, come un aquilone perso nella tempesta.

Parlò con una certezza a macchiarle la voce che mi ritrovai a guardare lo stesso punto in cui si era incastrata la sua attenzione, ma il buio non mi permise di vedere nulla. Intravedevo il profilo dei cespugli, ma non trovai la sagoma di una persona, nemmeno sforzando la vista più che potevo.

Non c'era niente, ma Layla era ancora lì, con le pupille che dissotterravano i grumi di buio e ne scrutavano la profondità quasi cercassero di distinguere tutte le sfumature di tenebra nascoste al suo interno. Fui assalito da un profondo senso d'inquietudine, perché tra gli attimi lei sembrava sforzarsi di trattenere un pianto disperato e il suo respiro non accennava a regolarizzarsi.

<<Vado a controllare>> dissi.

Abbandonai la panchina su cui sedevo senza secondi ripensamenti. Layla era spaventata e quel suo tremore instancabile e costante, mi iniettava di una preoccupazione che non riuscii a spiegare.

Prima che potessi allontanarmi, lei mi afferrò il polso e le sue iridi si incagliarono alle mie, con quella paura a inumidirne gli angoli. Le tremava persino l'orlo delle labbra.

<<No. Ti prego non andartene, resta qui. Non fare niente>> parlò tra l'affanno dei respiri che le scotevano il petto, con gli occhi umidi che mi imploravano nella sa del silenzio.

Il panico le graffiava il viso, mordeva le sue guance e sbiancava il suo incarnato. Tornò presto a cercare nel buio, ma restò con le dita aggrappate al mio polso, con le unghie che mi rasentavano la carne. La sua presa era ferma, così salda nella sua mano che sentii il mio battito pulsare sotto il suo palmo.

Ero in piedi dietro le spalle di Layla, mentre lei fissava il buio e il mio braccio si mosse senza controllo. Lasciai che il mio avambraccio le riposasse sul petto e la attirai al petto, sentii la sua schiena premere contro il tessuto della mia felpa.

Mi tremò tra le braccia e non si mosse, la sorpresa le rubò il respiro e portò la mano che ancora giaceva sul tavolo sul mio polso, proprio lì dove il suo cuore palpitava nel terrore. Mi stringeva a sé come se non avesse più voluto lasciarmi andare ed io percepii la tensione che le incatenava i muscoli sciogliersi tra i miei respiri, solo l'affanno che le strozzava la gola sembrava non volerne sapere di dissiparsi.

All'improvviso, mentre i cespugli persistevano ad agitarsi e a emettere una melodia di sfruscii che scuotevano Layla, tra i rami si fece strada un gatto. I suoi occhi ci riservarono una singola occhiata e poi corse via senza più guardarsi indietro.
L'ansia che aveva agguantato Layla sino ad allora, sembrò trovare sfogo solo in quel momento, iniziò ad essere scossa da un pianto incontrollato e le sue mani ancora mi stringevano.

Mi liberai delicatamente da quella presa e tornai a sedermi accanto a lei, aveva gli occhi madidi di lacrime, quelle perle di sale si erano trascinate appresso tracce di trucco e il nero le baciava gli zigomi come graffi di acqua e inchiostro.

Tesi la mano sul suo viso, piano, quasi temessi che un movimento di troppo l'avrebbe spaventata. Posai le dita sul suo mento e la indussi a guardarmi.

<<Layla, era solo un gatto. Non hai niente di cui aver paura. Guardami, sono qui. Non ti lascio>> parlai con la preoccupazione che mi solcava le pareti del cuore, mosso dal desiderio di asciugare il terrore che le macchiava il viso.

Il palmo della mia mano le scivolò lungo la guancia e lentamente, con una delicatezza che non mi era mai appartenuta, proseguì sino a raggiungere l'incavo dietro il suo collo. La attirai sul mio petto e lasciai che le sue dita si inerpicassero sul tessuto della mia felpa, che vi ci aggrappassero con quella disperazione incontrollata che la faceva tremare tra le mie braccia.

<<Odio sentirmi così. Odio la paura. Ho imparato a combattere per non sentirmi debole mai più e invece sono qui a tremare come una cretina, ancora una volta.>> parlò con la voce attutita dal mio petto e ciò che disse trovò la maniera di strozzarmi l'anima.

La allontanai da me e le asciugai con il pollice le lacrime che le rigavano le guance, scostai una ciocca dai suoi capelli e le regalai un bacio sulla punta del naso. Compii quel gesto con naturalezza, senza briciole di compassione a sporcare le mie intenzioni.

Strana cosa la paura, ha quel modo di arrampicartisi addosso con la promessa di non lasciarti mai. Può renderti schiavo o guerriero. Io lo avevo imparato a mie spese.

<<La forza di un soldato non si determina in base alle battaglie che vince, ma alla sua forza nel combattere, nella costanza. E tu, Layla, hai dimostrato di avere una volontà che non si piega nemmeno nel terrore. Non hai schiodato gli occhi da quel cespuglio nemmeno per un secondo, per tutto il tempo. Se il caso lo avesse voluto, sono sicuro che non avresti esitato a lottare.>> risposi.

Layla mi stava mostrando il cuore, una paura alla volta e più tempo spendevo in sua compagnia, più sentivo accrescere in me il desiderio di scoprire tutto ciò che i suoi occhi nascondevano. Quelle ferite che le sfregiavano cuore e carne.

<<Inoltre credo che se quel gatto ci avesse attaccato lo avresti steso>> aggiunsi sarcastico.

Lei rise con il viso ancora madido di lacrime e questa volta il suo petto fu scosso da un qualcosa che non aveva niente a che vedere con il terrore.

<<Sei proprio un idiota>> disse, divertita.

Ormai il cielo era divenuto un lenzuolo di velluto nero e tra le nuvole scintillava tremante la luce delle stelle. Il bagliore fioco dei lampioni si rifletteva debolmente tra le ciocche dei capelli di Layla e ne soffocava il rossore.

<<Probabile, ma almeno adesso stai ridendo>> replicai, mentre recuperavo dalla tasca una sigaretta.

Mi sentii il suo sguardo addosso, mi scrutava con un'attenzione senza precedenti, con la bocca schiusa ma vuota di parole e sembrava non trascurare nemmeno un dettaglio di me.

Con un'occhiata mi solcò gli avambracci, la vidi soffermarsi sulle cicatrici che mi sfregiavano la pelle, tra l'inchiostro dei tatuaggi, come stelle di carne bruciata su un cielo senza luna e un tempo avevano davvero brillato quegli astri.

Erano i segni di un dolore che mi aveva corroso l'incarnato, tra cenere e fumo, mentre la pelle sfrigolava nella mia afflizione.
Guardai Layla e la scoprii a osservarmi ancora, mentre il vento le intrecciava i capelli e il fumo della mia sigaretta si disperdeva tra i soffi della brezza.

Ero voltato verso di lei, aveva le guance ancora sporche del trucco che le lacrime si erano trascinate appresso, gli occhi arrossati e schiariti dal pianto. Aveva lasciato che il terrore fosse trascinato via dagli sbuffi del vento, che le braccia infestanti di quelle piante tossiche tornassero nelle tenebre da cui venivano.

Layla era indubbiamente bella, persino con la pelle macchiata di mascara e i rimasugli di pianto a imbrunirle lo sguardo, con la luce fioca dei lampioni le baciava i lineamenti con dita d'oro e i capelli vezzeggiati dalla brezza.

<<I tuoi occhi sono davvero qualcosa di unico>> disse, la voce ferma e pacata di chi non sapeva mentire.

Mi ritrovai a ridere amaramente in seguito alle sue parole e quando tentai di voltarmi per distogliere lo sguardo, lei mi posò la mano sulla guancia. Il tepore del suo palmo rimarcò la freschezza del vento serale che sbuffava tra gli steli d'erba e le fronde gli alberi.

<<Sai, una volta si credeva che Satana avesse gli occhi di due colorazioni diversi. Perciò, chi nasceva con l'eterocromia veniva considerato il figlio del Diavolo. Quando ero bambino, c'è stato chi non ha mai perso l'occasione per ricordarmelo. Perciò devo dire che è proprio divertente quello che hai detto.>> replicai.

Layla arricciò il naso e mi rese chiaro tutto il disappunto che le mie parole avevano seminato tra i suoi pensieri. Scosse la testa con l'espressione mutata da un disgusto esilarante.

<<Non potrei essere più in disaccordo di così. Io nei tuoi occhi vedo solo l'incontro tra inferno e paradiso. Sono di un colore così chiaro che mi ricorda la città d'argento di cui ho sempre sentito parlare, ma quello spicchio dorato sembra nascondere le fiamme del tartaro. Sono qualcosa che infondo riesce ad anticipare ciò che sei.>> Layla cominciò a parlare e tenne per tutto il tempo la mano salda sulla mia guancia e mi scrutava con gli specchi d'acqua fluviale che portava tra le ciglia.

Non riuscii a trovare la forza per distogliere lo sguardo, per non cascare nei suoi occhi, perché qualcosa nella sua voce m'incantava. Mi sentii come un marinaio schiavo del canto di una sirena, con il cuore che tuonava tra le costole e pregava di poterne sapere di più, di conoscere ogni suo pensiero.

<<Tu trovi sempre la positività, anche dove nessuno sarebbe capace di vederla. Parli della tristezza delle sere che spendevi senza poter sentire ciò che gridavano i tuoi genitori, ma resti innamorato della notte. Mi racconti il tuo terrore più profondo, della paura che hai provato quando sei stato costretto alla solitudine, mi parli della fedeltà e dell'affetto che hai trovato in Dominic nella stessa occasione. Tu riesci a trovare la luce anche dove non c'è e se non ci riesci, la crei da solo. Non sei il figlio del Diavolo, chi lo dice è uno stupido. Non ci vedo il male in ciò che vedo. È come se tu portassi negli occhi la prova che per andare in paradiso si debba prima attraversare l'inferno.>> proseguì a parlare e io restai schiavo del suo sguardo, del modo in cui mi guardava, della sua voce che mi raccontava tutto ciò che riusciva a vedere nell'eterocromia delle mie iridi.

Provai un desiderio vorace e insistente, un qualcosa che mi scavò tra muscoli e nervi. Quelle parole mi toccarono là dove nessuno aveva mai guardato, su quel cuore che non conosceva altro che disgrazie, mi si radicarono dentro, sino al midollo.

Trovarono la maniera di infiltrarsi là dove abitava un odio che trovava voce solo nelle ferite che mi baciavano gli avambracci, tra le braci ormai spente sulla carne infiammata e le tracce d'inchiostro.
Le mie labbra trovarono quelle di Layla, prima che io potessi mettere freno all'istinto.

Lei restò completamente immobile, mentre la mia mano si poggiava nell'incavo del suo collo, proprio sotto la linea della sua mandibola. La mia bocca si mosse sulla sua, lenta. Percepii le spalle di Layla essere scosse dai brividi, mi tremò tra le dita ed io sorrisi sulle sue labbra.

Le posai le mani sulle spalle e scivolarono lungo la linea della sua spina dorsale. A rabbrividire fui io, quando si sedette a cavalcioni sulle mie gambe, senza scostarsi dalla mia bocca neanche per un istante. Le sue dita si aggrapparono alle ciocche dei miei capelli e il desiderio che mi respirava dentro sembrò scalpitarmi tra la carne, crescere tra i respiri di lei che si spezzavano nei miei sino a occupare ogni briciola di spazio rimasta.

Le mie mani le scivolarono lungo i fianchi, voraci come non lo erano mai stante di niente al mondo e strinsero le sue cosce tra le ombre della notte, la sentii gemere sulle mie labbra e non trovai più la ragione.

Approfondii il bacio con avarizia, come se le volessi rubare respiri e cuore, perché tra i rintocchi della sera, Layla stava risvegliando in me qualcosa che non credevo nemmeno potesse esistere. La desideravo, tanto da star male e più lei si muoveva tra le mie braccia, più io perdevo il controllo. Lei rabbrividì ancora quando i miei denti le azzannarono il labbro e sussurrò il mio nome tra i baci, come una preghiera.

Avrei voluto che non smettesse mai di pronunciare il mio nome in quella maniera così sofferta, con la bocca gonfia e umida di baci, con la voce spezzata dal desiderio.

Qualcuno si schiarì la voce e Layla scattò per lo spavento con così tanta foga che finì per spingermi giù dalla panca di legno.

<<Quando ti ho detto che volevo mi mettessi al tappeto, non intendevo questo, Layla>> dissi.

Rivolsi un'occhiata a Lucas e Dominic che scoppiarono a ridere, sino a piegarsi in due per via dei crampi alla pancia. Layla arrossì violentemente e io scoprii il desiderio crepitarmi nello stomaco, incendiare tutto di me. Roteai gli occhi, innervosito dall'interruzione, ma non dissi nulla.

Mi limitai a recuperare una birra e a berne un lungo sorso, mentre Layla mi osservava con le labbra ancora gonfie. Il rossetto era ormai scomparso dalla sua bocca schiusa, ma arrossata dai baci. Mi promisi di non guardarle più le labbra, perché il desiderio che provavo quando le osservavo, mi sortiva un effetto che faticavo a gestire.

Spazio marshmallow:

Holaaaaaaa!

Come vi è sembrato il capitolo?

Iniziate un po' ad addentrarvi nella mente di angel...vi piace la cosa?

Questo spazio sarà breve perché ho tipo 40 di febbre però sappiate che vi ringrazio tantissimo per i commenti che mi lasciate 🤍

Vi voglio bene
-Alex

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