La fragilità di Raven
Roan osservava il fuoco da campo spegnersi lentamente, l'arancione delle fiamme si stava lentamente trasformando nel brillante carminio delle braci che ancora bruciavano. Con cautela scese dalla posizione in cui si era messo di guardia a qualche decina di metri dal pallido raggio di luce, senza fare alcun rumore lasciò cadere qualche altro ceppo poi, come era venuto, la sua ombra si mescolò all'oscurità della foresta.
Si era proposto di fare la guardia prima ancora che qualcuno ne paventasse l'idea. Probabilmente quelli non ci avevano pensato, pensò corrucciato. Era difficile per lui associare quella banda di ragazzini che si stavano divertendo a fare i campeggiatori con ciò che li aveva visti fare in quelle ultime settimane. L'idea che tutto ciò che era successo fosse causato dalla loro inettitudine era un pensiero che ogni tanto gli attraversava la mente. Nessuno di loro poteva definirsi un guerriero.
Permettevano ad una ragazzina bionda che non sapeva nemmeno difendersi di guidarli e credevano che un'altra ragazza menomata avesse le risposte che loro cercavano mentre il mondo presto sarebbe stato distrutto.
La grounder con la deformazione alla mano e il suo compagno non serviva nemmeno contarli, i reitti erano infidi e non avevano alcun codice morale o etico, probabilmente quando sarebbe arrivato il momento di combattere sarebbero fuggiti per nascondersi da qualche parte e attendere la fine.
Forse solo Blake, che non si era fatto remore a sparargli, sembrava adatto a quel mondo. Una smorfia di disgusto gli marchiò il viso ripensando a quando li aveva trovati alla sorgente. Un guerriero dei clan o della loro nazione mai si sarebbe fatto trovare impreparato.
Scosse il capo infastidito, sapeva ciò che gli spiriti gli avevano detto quando lo avevano spedito sulla Terra e non riusciva a capire come quel gruppo potesse in qualche modo segnare il suo destino e, per l'ennesima volta da quando si era risvegliato sommerso dai cadaveri, si chiese perché non lo avessero lasciato morire in pace e con onore.
Ogni guerriero sperava di morire in combattimento e di poter raggiungere i luoghi a cui la sua gente apparteneva realmente.
-Yu gonplei ste oden
La vita sulla Terra non era altro il purgatorio in cui tutti dovevano espiare i peccati di tutti coloro che erano morti nella grande catastrofe. Solo vivendo da guerrieri, mostrando il proprio valore, la propria forza e la propria tempra d'animo avrebbero potuto accedere al luogo loro promesso. Chi aveva camminato su quelle terre prima di loro non aveva dimostrato nessuna di queste qualità ed era per quello che ora loro dovevano dimostrarsi all'altezza.
Roan sputò a terra irritato dalla piega di quei pensieri a cui spesso ritornava da quando si era svegliato.
L'arrivo degli Skypeople prima, aver scoperto che non c'era alcun mito dietro a Becca Promheda dopo, aveva cominciato ad instillare dei dubbi nelle sue convinzioni ed era qualcosa che non riusciva ad accettare, minava tutto ciò che aveva fatto nella sua vita. Come un pensiero sfuggente e non voluto riapparve l'immagine dei quattro nella sorgente termale.
Aveva mai provato quel tipo di tranquillità? ma soprattutto se il loro modo di vivere era sbagliato perché sembrava molto più intrigante della sua intera esistenza. Si mosse a disagio sul posto poi, in uno scatto di rabbia, decise di fare una perlustrazione, il movimento gli avrebbe permesso di non pensarci.
Raven si alzò con circospezione dal suo giaciglio sperando di non svegliare nessuno. In quel momento non voleva leggere alcuna domanda nei loro occhi, non voleva vedere sguardi sfuggenti per il dolore che certo le si leggeva in faccia. Era stanca e il dolore pulsante alla gamba non accennava a diminuire. Si mosse con cautela mentre superava i giaciglio di Clarke che le dormiva accanto. Uno sguardo a Emori e Murphy che abbracciati erano cullati dalle braccia di Morfeo ed infine a Bellamy. Il ragazzo aveva il sonno leggero di solito ma il bagno doveva aver fatto effetto anche a lui; come tutti gli altri dormiva profondamente.
Non potè fare a meno di sorridere invidiosa della serenità che leggeva sui loro volti ripuliti dalla stanchezza e lo stress a cui ormai erano sottoposti quotidianamente.
Era gelosa di quel sonno che ormai, da quando era stata ferita, non le apparteneva più. Prima di ALIE, grazie ad un mix di sonniferi e antidolorifici che Abby le forniva di nascosto quando la vedeva al limite, riusciva a dormire per una notte filata, dopo ciò che le aveva fatto ALIE e ciò che lei stessa aveva commesso non riusciva a dormire più di due ore filate perchè gli incubi o il dolore la svegliavano di soprassalto in un bagno di sudore.
Nemmeno quella notte era stata diversa e, dopo essersi ripresa dall'orrore dell'incubo, il dolore alla gamba, all'anca e alla schiena malamente sollecitata dalla postura che doveva mantenere, aveva cominciato a pulsare senza permetterle di riprendere più sonno.
C'erano momenti come quello in cui il dolore era tale che desiderava solo tagliarsi via la gamba con una sega per non doverlo sopportare più. Aveva tentato di distrarsi pensando a come risolvere il problema che Clarke aveva esposto loro ma, finchè non avesse scoperto qualcosa in più, si sentiva inutile e questo la faceva impazzire forse anche più del dolore, lanciò uno sguardo allo zaino, alla scatola che aveva portato con sé ma scosse il campo determinata
Decise di uscire con la speranza che l'aria fresca potessero in qualche modo calmarla.
Fece gli ultimi passi verso l'uscio con cautela ma, lo scricchiolio della porta, per poco non la fece scoprire. Si girò di scatto appena il rumore si diffuse nella stanza ma i ragazzi all'interno non si mossero e rimasero silenziosi. Pochi passi dopo era oltre l'uscio e respirava l'aria frizzante della notte.
Si guardò in giro, il silenzio e l'oscurità avvolgeva ogni cosa eccetto per i pochi metri attorno al fuoco che scoppiettava allegramente.
Scrutò nelle tenebre cercando di individuare il grounder anche se era abbastanza certa di non poterlo scorgerlo.
Sembrava che quel tipo si facesse un punto d'onore nel dimostrarsi un guerriero tutto d'un pezzo. Sorrise ricordando come, gonfiando il petto, si fosse offerto volontario per fare il turno di guardia durante la notte, come se, visto dove si trovavano, fosse necessario.
Si lasciò sfuggire un singulto divertito ripensando a come fosse tornato su dalla fonte decisamente irato. Sul momento era rimasta perplessa e aveva persino chiesto un po' allarmata se fosse successo qualcosa ma lui aveva solamente bofonchiato prima di superarla e inerpicarsi nuovamente nella foresta.
Aveva scoperto solo dal racconto dei ragazzi cosa fosse accaduto. Di certo per quel grunder doveva essere stato uno smacco accorgersi che qualcuno si era divertito mentre lui si comportava come se ci fosse un pericolo imminente che avrebbe potuto sorprenderli quello stesso giorno.
Ed era stato proprio il ricordo degli sguardi riposati dei ragazzi di ritorno dalla sorgente che la spinsero verso la sorgente.
Voleva raggiungere la polla con la speranza che quell'acqua apparentemente miracolosa potesse lenire, seppure per poco, anche le sue sofferenze.
Non se l'era sentita di andare quando Bellamy e Clarke l'avevano invitata, non voleva vedere il suo corpo alla luce del sole, era troppo doloroso e, una parte di lei, non desiderava nemmeno che gli altri lo vedessero.
Era una mappa di tutto ciò che le era accaduto da quando era scesa sulla terra e non voleva vedere nei loro occhi la compassione.
Lei, per prima, non voleva compatirsi ma sapeva che lo avrebbe fatto se avesse visto come era ridotta la sua gamba, ormai quasi priva di muscolatura dal ginocchio in giù, le ferite inferte al costato quando l'avevano torturata i grounder, i segno dei buchi degli aghi di Mount Weather, le cicatrici sui suoi polsi quando ALIE era pronta a sacrificarla per convincere Abby.
Non aveva bisogno nemmeno di allungare la mano verso il collo per sentire la cucitura dove Clarke aveva fatto l'incisione per togliere il chip o sentire la pelle corrugata dove era intervenuta Abby per estrarle la pallottola per sapere cosa fosse diventato il suo corpo e sentire il vuoto che provava dentro.
Strinse le labbra, accese la piccola torcia portatile e accantonò quei pensieri, voleva raggiungere la sorgente nella speranza di dimenticare ogni cosa come era avvenuto ai ragazzi.
Roan osservava la ragazza claudicante da una posizione riparata. Quando aveva sentito il rumore della porta si era subito allertato ma alla vista del meccanico si era subito rilassato, non era intenzionato ad uscire dalla sua posizione protetta in mezzo agli alberi ma incuriosito aveva continuato a fissarla.
L'aveva guardata prendere un paio di respiri e poi, dopo aver acceso una piccola luce avviarsi lentamente fra gli alberi verso la sorgente.
Il passo della giovane era pesante e la zoppia sembrava più accentuata. Era chiaro cosa volesse fare e si chiese cosa potesse passarle per la mente per spingerla a girare di notte nella foresta facendo tutto quel rumore, poi!.
Quando lo superò cominciò a seguirla silenziosamente, anche se pensava che la ragazza fosse un'incosciente a muoversi di notte e su quel percorso sassoso in quelle condizioni, era suo dovere seguirla e controllare che non le succedesse niente di grave.
Se era lei la persona che doveva risolvere il problema con le radiazioni proteggerla era il suo compito principale.
Arrivata ai pressi della polla la ragazza di fermò di colpo ammirata dalla vista alla quale anche lui dovette arrendersi.
La luna poco oltre la sommità della parete rocciosa illuminava l'acqua dalla quale saliva una leggera nebbiolina. Il pallore lunare dava a quel luogo un'atmosfera irreale come se non appartenesse a quel mondo.
La piccola figura che si stagliava solitaria in quel paesaggio aveva un che di toccante e riuscì a scalfire persino la sua dura corazza. Fu un'istante e, appena la ragazza fece qualche passo verso la polla, l'immagine scomparve.
Si accorse subito della difficoltà che aveva nel procedere sulle pietre disseminate attorno alla polla. La vide fermarsi per respirare a pieni polmoni. Un paio di volte incespicò e, in quelle occasioni, sentì il suo corpo protendersi nel vano tentativo di aiutarla anche se troppo distante da lei.
Dopo quella che parve un'eternità finalmente raggiunse un masso abbastanza grande a cui appoggiarsi. Lentamente cominciò a spogliarsi, anche da quella distanza riuscì a sentire il rumore della ferraglia quando si tolse il tutore, la vide lasciar cadere gli ultimi indumenti e rimanere nuda.
Roan lasciò che il suo sguardo indugiasse sulle forme compatte della ragazza fino a quando il suo occhio non cadde sulle gambe, era evidente che uno dei due arti era decisamente più sottile dell'altro. Si chiese se quella fosse una malformazione congenita e come fosse stato possibile che ad una persona con tali difficoltà fosse permesso di vivere.
Le riflessioni s'interruppero quando sentì la giovane lasciarsi sfuggire un'imprecazione ad alta voce.
Seguita da altre molte altre che lasciarono il grounder basito, poi comprese. Senza il tutore la ragazza non aveva più alcun sostegno e fare dei passi, anche sostenendosi alla roccia, era impossibile senza rischiare di cadere. Il pietrame sul terreno non era stabile, un solo movimento sbagliato e avrebbe potuto cadere facendosi molto male.
La vide prendere a pugni il masso per poi rimanere immobile. Roan sperava che la ragazza decidesse di desistere e ritornasse all'accampamento ma quella fece qualcosa di diverso. Si accucciò a terra e, lentamente, a carponi, tentò lo stesso di raggiungere l'acqua, pochi centimetri alla volta.
Roan provò una profonda rabbia vedendo quella figura che strisciava patetica a terra quando, solo poco prima, gli era apparsa di un opalescente bellezza.
Non poteva, non voleva vederla in quel modo, uscì con poche falcate dalla foresta e la raggiunse.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro