La forra dei mostri marini.
Clarke osservava il movimento dell'acqua attorno alla barca, ipnotizzata dal modo in cui essa si spostava al passaggio e come si chiudesse subito dopo nel gorgo creato dai motori, la scia poi si ampliava fino a lambire le rive rocciose.
Lo scorrere del fiume era lento e pacato, pochi erano i punti in cui, in mezzo al letto, le rocce affioravano dalla superficie.
Emori aveva detto loro che quella parte di fiume e per chilometri non era utilizzata da nessun clan. Le tribù che vivevano prevalentemente di pesca più che di caccia erano molto più a sud rispetto a dove si trovavano loro, su un altro affluente del fiume che avrebbero incontrato solo il giorno dopo.
Si erano svegliati presto quella mattina, carichi e riposati come non era capitato da molte settimane.
Clarke guardò di sottecchi Bellamy, seduto di fronte a lei, scrutava con attenzione le rive.
Il pensiero corse a quella mattina quando si era svegliata e lo aveva visto.
Dormiva a pochi metri da lei, il suo visto era sereno e rilassato.
Saperlo lì vicino la faceva sentire al sicuro e protetta come non era mai riuscita ad essere nemmeno quando era con Lexa. Il pensiero le fece provare una stilettata di dolore eppure era inconfutabile. Ogni volta che aveva avuto veramente bisogno di qualcuno Bellamy era stato accanto a lei, anche quando lo aveva abbandonato. Si era chiesta, per un istante, se quello significava avere un fratello.
Si ricordò come aveva sorriso al pensiero. Lo aveva scrutato con più attenzione, lasciando che i suoi occhi accarezzassero le linee del suo profilo.
I suoi capelli scuri gli sfioravano le tempie e gli occhi. La sua mano si era allungata per scostarglieli poi, di soprassalto, l'aveva ritratta confusa e imbarazzata. Quel gesto, fra loro due, le era apparso troppo intimo e, tutt'ora, al pensiero, sentiva le gote arrossarsi.
Si ricordò come si era sentita turbata quando lui aveva aperto gli occhi e le aveva sorriso.
Le aveva sussurrato un buongiorno ancora impastato dal sonno, poi aveva richiuso gli occhi come se fosse stata sua intenzione tornare a dormire.
Clarke si era sentita sollevata e aveva colto l'occasione per uscire e preparare la colazione. Una fuga che non era certa di saper decifrare.
La mattina erano stati talmente impegnati per preparare tutto per il viaggio a piedi e poi in barca che non aveva avuto più tempo di osservarlo e parlargli.
E durante il viaggio in barca, entrambi erano rimasti assorti nei loro pensieri e a godersi quel viaggio sul fiume inaspettatamente piacevole fino a quel momento.
Quando Bellamy incrociò il suo sguardo Clarke si rese conto di averlo fissato troppo intensamente e chissà per quanto tempo. Vide le sue labbra incresparsi in un mezzo sorriso e farle un cenno nella sua direzione.
Lei rispose allo stesso modo poi, imbarazzata, puntò gli occhi sul fiume ben consapevole che lui la stava osservando, lo sentì alzarsi e poi sedersi vicino a lei.
"Questo viaggio in barca è di certo meglio dell'ultimo fatto!" disse sorridendo, poi alzò il viso verso il sole e chiuse gli occhi godendosi il vento che la velocità della barca creava.
"Mi sarebbe piaciuto godermi di più il mare, sin da piccolo mi sono sempre immaginato l'oceano e la sensazione che doveva dare entrandoci dentro." Mormorò poi.
Clarke si volse ad osservarlo, raramente lui parlava dei suoi desideri e, per la prima volta, si rese conto di quanto poco lo conoscesse.
Di quanto in realtà poco si conoscessero a vicenda pur avendo condiviso così tanto insieme.
Come quella mattina, osservò il suo profilo mascolino e l'aria rilassata che aveva, e si domandò cosa sarebbe successo se tutto quello che era avvenuto non fosse accaduto e loro stessero continuando la loro vita sull'Arca.
"Chissà se ci saremmo mai incontrati sull'Arca" si lasciò sfuggire Clarke.
Bellamy volse lo sguardo verso di lei "Di certo non saremmo andati d'accordo e, tanto per la cronaca, un paio di volte, prima del tuo arresto e della mia espulsione dalle guardie, ci siamo incontrati".
"Veramente" disse sorpresa Clarke " non me lo ricordo" continuò scuotendo il capo tentando di ricordare.
"Ci siamo visti ma il tuo sguardo è sempre passato oltre, sull'Arca i nostri mondi non s' incontravano mai."
Clarke si lasciò sfuggire una smorfia, consapevole di quanto Bellamy avesse ragione.
Sull'Arca le loro vite erano lontane anni luce.
"Pensi mai che forse la nostra vita sarebbe stata migliore se fossimo rimasti nell'Arca e non ci fosse stato il problema dell'aria?" chiese curiosa. Spesso ci aveva pensato, specialmente quando ogni cosa attorno a lei sembrava distruggersi e morire.
Bellamy rifletté un istante poi scosse il capo "È vero che qui sulla Terra passiamo gran parte del nostro tempo a salvarci la pelle ma sull'Arca vivevano in un limbo fatto di rigide leggi" rispose.
Clarke annuì e poi si ricordò "Non avrei potuto ricevere risposta diversa da uno che la prima sera urlava – facciamo ciò che cavolo ci va di fare!" disse sorridendo "Dio! Quanto ti ho odiato in quel momento!"
"E me lo hai fatto pesare per un bel po'" rispose Bellamy unendosi al suo sorriso.
"Del resto non capivi un tubo di quello che succedeva" continuò imperterrita Clarke.
"E tu non facevi che ricordarmelo"
"Però se non ci fossi stato tu sarei caduta in quella trappola e probabilmente sarei morta." Rifletté Clarke guardandolo negli occhi.
"E che un medico era utile comunque, anche se eri insopportabile"
"No, tu non mi avresti mai lasciato morire comunque" ribatté sicura lasciando che quella sincerità trapelasse anche dal suo sguardo "Grazie" concluse.
"Ti sei accorta che mi stai dicendo un po' troppo spesso grazie?" replicò divertito Bellamy.
"Forse sono in debito con te di molti ringraziamenti!" rispose Clarke lasciando poi vagare lo sguardo lungo il fiume e le cime degli alberi che lo costeggiavano.
Bellamy annuì a quelle parole senza sapere esattamente cosa rispondere, conscio di come Clarke stesse cambiando sotto i suoi occhi.
Il silenzio calò fra loro, impacciati l'uno della presenza dell'altro. Non erano abituati a parlarsi così francamente e Bellamy, dopo la sfuriata ad Arkadia, aveva cercato di alleggerire l'atmosfera fra loro consapevole di quante cose le avesse detto e quante ne dovesse ancora superare.
L'arrivò di John fu proverbiale quando disse loro che stavano per arrivare al luogo dove avrebbero passato la notte; Era ora di prepararsi.
Clarke e Bellamy si alzarono entrambi, una pronta a chiamare il guerriero e l'altro Raven.
Emori non aveva parlato molto del posto in cui si sarebbero accampati ma, dal modo in cui ne parlava, non doveva essere piacevole ma soprattutto di facile accesso.
I motori abbassarono i giri fino a spegnersi poi, senza preavviso la barca cominciò a virare a destra, sembrava stesse andando a schiantarsi contro una grossa roccia crollata sulla riva del fiume, le erano così vicini da poterne accarezzare le pareti se avessero voluto quando Emori fece ruotare velocemente la ruota del timone grazie anche all'aiuto di John accanto a lei.
La poppa della barca sfiorò le pareti poi si inserì uno stretto percorso fra la parete rocciosa, di cui il masso ero solo l'entrata, e la scoscesa riva boscosa del fiume.
Dopo pochi metri la macchia lasciò spazio alle rocce; Emori cercava in tutti i modi di far solo sfiorare i galleggianti alle pareti e con maestria evitava di far incagliare l'imbarcazione. Il percorso durò solo pochi minuti nei quali tutti gli altri tennero il fiato sospeso.
Sopra le loro teste c'era solo roccia e un piccolo lembo di cielo che si intravedeva. Sembrava che la barca si fosse infilata in una spaccatura della montagna senza fine poi, di colpo, il tratto di fiume si allargò in una specie di bacino che, a circa una decina di metri, si stringeva nuovamente in una fenditura simile a quello che avevano appena superato.
Emori costeggiò lentamente le ripide sponde sulla destra fino a raggiungere l'alta parete rocciosa che chiudeva lo specchio d'acqua e si accostò a due tronchi di alberi ormai morti che emergevano dalla superficie.
Disse qualcosa a John che lanciò con attenzione delle cime prima su uno poi sull'altro tronco per bloccare la barca. Quando la manovra terminò e furono fermi Clarke notò le goccioline di sudore che imperlavano la fronte della ragazza. Ogni cosa era stata così precisa e così veloce che non riusciva ancora a raccapezzarsi su come fosse riuscita a entrare in quel spaccatura senza che si schiantassero o anche solamente scalfissero la vernice e la ruggine della barca.
"Beh, che io sia dannato! Gran bella manovra Emori" si lasciò sfuggire Bellamy accanto a lei.
Emori si voltò e sorrise. Bellamy rimase incantato a quella vista, forse era grazie a quei sorrisi che Murphy aveva trovato un po' di pace ed era cambiato. Riflette sentendo un amaro retrogusto a quel pensiero. Il suo sguardo si spostò su Clarke poi lo scostò imbarazzato.
"Sarà difficile riuscire a difendersi se ci attaccheranno dall'alto e, oltre all'acqua, non c'è alcuna via di fuga" disse Roan intromettendosi mentre scrutava con attenzione ogni roccia e albero che li circondava.
"Non ci fermeremo qua" rispose Emori voltandosi verso di lui "Andremo là" indicando con un dito la cima della parete rocciosa.
"E come ci saliremo lassù?" chiese Roan che analizzava il luogo da ogni punto di vista.
"Da là" indicando un altro stretto percorso scavato nella roccia e sospeso sull'acqua a poca distanza da dove era ormeggiata la barca.
"Questo significherà lasciare incustodita la nave e la ragazza non ce la farà a salire su quel sentiero." Indicando Raven che era appena uscita dalla sala motori.
"Quel luogo non è per tenerci al sicuro da predatori umani ma da quelli marini." Irremovibile Emori.
Clarke ripensò subito alla cosa che aveva attaccato Octavia quando incautamente era entrata nelle acque del fiume. Non aveva alcuna intenzione di incontrarne di nuovi.
"Se Emori dice che quella è la soluzione migliore allora ci adegueremo" rispose Bellamy prendendo per la prima volta la parola "Per come ha guidato la barca ha dimostrato di conoscere questi luoghi molto meglio di tutti noi messi insieme"
"E io sarò in grado di salire su quel maledetto sentiero" esclamò Raven osservando truce il grounder.
"Dovremo comunque fare dei turni di guardia" disse Emori "In alto c'è un punto in cui queste rocce si collegano a riva. Il fumo del fuoco potrebbe attrarre qualcuno, meglio essere preparati."
Roan osservò lo specchio d'acqua in cui si trovavano, ormai le onde create dalla barca erano sparite lasciando solo il movimento placido della corrente. L'acqua scura non permetteva di vedere il fondo che, probabilmente, si trovava a decine di metri sotto la superficie dell'acqua.
Emori notò lo sguardo non convinto dell Ice King. "I custodi di questo luogo escono al tramonto e, ti assicuro, non vorresti essere su questa barca se sentiranno qualche rumore provenire da essa. Saranno degli ottimi guardiani per l'imbarcazione e tutto quello che contiene" poi, rivolgendosi a tutti continuò "prendete solo quello che può starvi in uno zaino ma cercate di essere leggeri. Il cibo ce lo procureremo sopra."
A quelle parole Roan fissò con attenzione ognuno di loro, sembrava pronto a contraddire nuovamente Emori ma poi scrollò le spalle e, senza dire una parola, raggiunse la poppa dove aveva lasciato il suo giaciglio e cominciò a recuperare la sua roba e le sue armi.
Clarke rimase bloccata alcuni istanti alle parole della grounder, osservava con un certo timore le acque su cui si trovavano, intimorita all'idea che da un momento all'altro qualche mostro marino potesse attaccarli.
Osservò poi il cielo ancora luminoso di un terso celeste. Le rocce a strapiombo non permettevano che filtrasse la luce del sole e l'ombra che proiettavano nella forra rendevano il luogo già buio. Non riusciva a capire quando sarebbe calato il tramonto ma era certa che quel luogo ,già molto prima di quell'ora, sarebbe stato inglobato nell'oscurità della notte.
Sentì accanto la presenza di Bellamy che, come lei, osservava quel posto. Uno dei tanti luoghi inospitali che avevano scoperto arrivando sulla Terra e la rendevano ancora estranea e aliena ai loro sguardi.
"Sarà meglio muoversi e andarcene di qui!" disse Bellamy e Clarke annuì.
In quel momento Raven li raggiunse "Sempre posti tranquilli ci offre la terra" disse senza staccare gli occhi dalle acque di un cupo verde scuro, "Abbiamo un problema" ed entrambi i ragazzi si voltarono verso di lei.
"La radio e la parabola per le comunicazioni con Arkadia " disse Raven, poi vedendo gli sguardi perplessi dei ragazzi continuò "sono troppo pesanti da portare su quel sentiero per capre e da qua non credo sarà possibile agganciarmi ad alcun segnale."
Quello poteva essere un problema, pensò Clarke, quando erano partiti avevano deciso di tenere il segreto sulla loro spedizione, avevano concordato con Monty e Harper di sentirsi almeno ogni 12 ore per indicare la loro posizione, se entro 24 ore non si fossero messi in comunicazione con loro avrebbero dovuto avvertire Abby o Kane della loro scomparsa e, per com'era la situazione di certo avrebbero dovuto saltare due aggiornamenti.
Clarke guardò Bellamy infastidita, quel problema non sarebbe sorto se non gli avesse dato retta.
Era stato lui ha obbligarli a quei contatti costanti. Le aveva detto chiaramente che non si sarebbero mossi se non avessero potuto tenere una comunicazione quotidiana o non avessero avvertito in anticipo Monty e Harper che le comunicazioni sarebbero state incostanti.
Quando Bellamy si era intestardito Clarke si era sentita esasperata da quel comportamento, per gran parte della sua vita sulla Terra, non aveva mai dovuto rendere conto a nessuno dei suoi spostamenti. Solo il fatto di aver visto Raven e gli altri ragazzi appoggiare l'idea l'aveva fatta desistere. Se avesse fatto come voleva lei, a quell'ora non si sarebbero trovati in quella situazione.
Bellamy era consapevole di ogni pensiero che passava nella testa di Clarke ma non disse niente, se lei non capiva perché lui si era comportato in quel modo significava che doveva fare ancora molta strada.
"Pronti a salire" chiese Emori che intanto si era avvicinata a loro senza rendersi conto della tensione presente.
"Riusciamo a portare su antenna e radio?" chiese Clarke cercando di porre rimedio alla situazione in cui si erano andati a cacciare. Non voleva che qualcuno che cominciasse a fare domande sulla loro scomparsa.
"Se vuoi morire fallo pure!" rispose subito Emori.
"Potremo tirarlo su con una corda lungo la parete rocciosa" disse quindi Clarke osservando la roccia di fronte a loro che si alzava per una ventina di metri circa.
"Rischieremmo di rompere le attrezzature" rispose sintetica Raven intenta a guardare anche lei la parete rocciosa.
"Oppure più semplicemente ci metteremo in contatto con Monty e Harper domani mattina appena usciremo di qui" si intromise Bellamy "Immagino che troveremo un punto in cui fermarci il tempo necessario di metterci in contatto con Arkadia" disse Bellamy rivolgendosi ad Emori.
Lei alzò le spalle e rispose tranquilla "Non dovrebbero esserci problemi, a poche chilometri più a valle comincia la zona di pianura e sarà più facile fermarci"
" Perché non siamo andati direttamente là allora invece di fermarci qui" chiese Roan che era sopraggiunto in attesa di salire sul costone.
"Perché è meno difendibile che questo buco dimenticato da dio" rispose come se la domanda del guerriero fosse stupida.
"Domani sarà troppo tardi" si intromise Clarke "Monty e Harper avranno già contattato Kane e Abby a Polis." Lasciando trapelare la stizza che provava in quel momento.
"Harper e Monty aspetteranno qualche ora, tranquilla" rispose Bellamy con un mezzo sorriso cercando di rassicurarla.
Clarke lo guardò dubbiosa.
"Aspetteranno che saltiamo anche il contatto della sera prima di avvertire gli altri. Sanno che ci possono essere degli imprevisti quando si esce." Rispose Bellamy sperando di convincerla ma la ragazza sembrava ancora incerta.
"Di certo ci insulteranno quando li contatteremo ma saranno molto felici di sentirci" continuò Bellamy sorridendo poi si avvicinò al lato della barca che dava sulla parete "e ora...se abbiamo risolto, direi che è ora di concentrarci sulla scalata che ci attende"
"era meglio se non fossimo stati legati da questi contatti così frequenti" borbottò Clarke non ancora convinta ma decisa a lasciar stare e fidarsi delle parole di Bellamy.
A quelle parole il ragazzo si voltò verso Clarke e guardandola dritta negli occhi mormorò "Se non capisci perché tenersi in contatto non sia importante allora abbiamo un problema Clarke" poi si voltò ben sapendo che quella frecciata era andata dritta nel segno.
Clarke doveva imparare che la fiducia si vedeva anche in quelle cose.
Bellamy a quel punto decise di ignorare Clarke e concentrarsi su Emori e John intenti a posizionare una tavola rettangolare di legno fra la sponda dell'imbarcazione e la roccia di fronte a loro.
A vederla così sembrava molto instabile poi Emori cominciò ad armeggiare prima sul lato corto della tavola e agganciarla alla barca ed infine, con l'aiuto di John, incastrarla sulla parete di fronte. Con attenzione ci salì sopra e, raggiunto il limite della tavola, la agganciò con due uncini alla roccia. Rimaneva instabile ma sembrava che i movimenti della barca non la facessero muovere più di tanto.
Terminata l'operazione Emori li osservò uno dopo l'altro poi parlò "io salirò per prima seguita da John poi Bellamy, Clarke, Raven ed infine Roan."
Bellamy approvò la soluzione scelta dalla grounder ma Raven non sembrava d'accordo "io sarò l'ultima della fila così, nel caso in cui scivoli, non rischierò di travolgere nessuno"
"e così ti troveremmo direttamente in acqua" rispose infastidita Emori "no, Roan che è forte ed è comunque abituato a terreni impervi saprà frenare la tua caduta nel caso avvenisse."
Bellamy notò quanto poco Raven apprezzasse l'idea, la vide stringere le labbra e abbassare gli occhi mentre con le mani sembrava intenta a stringere una delle cinghie dello zaino poi prese un respiro e annuì.
"Direi che è ora di muoverci" disse guardandoli e facendo un passo verso la passatoia.
Emori annuì e cominciò la scalata su quei gradini che a malapena si notavano incastrati com'erano in mezzo alla roccia. Erano molto alti e distanti fra loro e, per salire, doveva usare anche le mani.
Bellamy si rese conto che quella salita sarebbe stata molto difficoltosa e non volle pensare quanto sarebbe stato difficile poi la discesa ma la grounder, forse leggendo i loro sguardi e il fatto che erano rimasti tutti immobili disse. "Tranquilli, la discesa sarà più tranquilla." Poi sorrise loro senza aggiungere altro e lasciandoli con una vaga, poco piacevole, curiosità.
Uno dopo l'altro cominciarono la scalata.
Raven si sforzava di tenere il passo degli altri ma, solo dopo pochi metri di scalata, aveva cominciato a sudare copiosamente. Si fermò un istante a respirare. Sentiva le braccia cominciare a farsi pesanti, visto che erano obbligate a sorreggere molto del peso del corpo. Sapeva che non poteva affidarsi alla gamba con il tutore e, questa sensazione, più che un reale impedimento, la stava facendo innervosire.
Razionalmente sapeva che le scanalature naturali e i gradini creati erano abbastanza grandi per poter ospitare i suoi piedi e darle la sicurezza necessaria eppure, attimo dopo attimo, aveva la sensazione che, ogni volta che il piede con il tutore fosse il terzo appoggio, non avesse la giusta stabilità, che fosse sempre più faticoso tirarlo su, verso il nuovo appiglio.
Si sentiva stremata e, osservando gli altri davanti a lei, pur con il fiatone apparivano agili e sicuri in ogni movimento. Non voleva vederli, fisso lo sguardo sul successivo appoggio si tirò su determinata.
Tutta la sua concentrazione era sul supporto successivo, uno alla volta, non guardava oltre al successivo scalino, non voleva vedere dove si trovavano gli altri, aveva detto che ce l'avrebbe fatta e, che fosse dannata, ce l'avrebbe fatta. Sentiva sotto di se la presenza del guerriero, una presenza silenziosa.
Da quando era cominciata la scalata non aveva aperto bocca e, ne era certa, trovarsi dietro di lei per lui doveva essere un'agonia, immaginava che se avesse potuto, l'avrebbe superata per raggiungere presto la cima e dimostrare, una volta di più, le sue doti da guerriero forte e fiero.
Fu una cosa improvvisa, era certa di aver messo il piede bene nello scalino di roccia, quando sentì il suo corpo scivolare di colpo verso il basso. Il cuore perse un battito ma, nello stesso momento in cui il suo respiro le si mozzava in gola per lo spavento, sentì il piede raggiungere un sostegno.
Abbassò gli occhi e vide il suo scarpone bloccato dall'enorme mano del guerriero.
Istintivamente si sporse verso l'esterno, togliendo la tensione sulle braccia per vedere il grounder sotto di lui ma, la voce stentorea dell'uomo la bloccò "Ferma!" la ragazza percepì nella sua voce lo sforzo che stava facendo mentre la sorreggeva. Ora, oltre al piede, doveva reggere parte del suo peso.
Raven comprese immediatamente e fece nuovamente leva sulle braccia mentre, dal basso, Roan guidava il suo piede verso l appoggio sicuro.
Pochi istanti dopo Raven aveva nuovamente il controllo del suo corpo e di tutti gli appigli attorno a lei.
Avrebbe voluto sporgersi per poter ringraziare l'uomo ma, era una cosa saggia, quindi spostò appena il corpo quanto bastava per poter osservare il guerriero da sotto le braccia.
I loro occhi si incrociarono, lo vide annuire come se, il fatto di averla vista in viso l'avesse rassicurato.
Raven nei suoi occhi non scorse il fastidio o la rabbia per quella situazione come si era aspettata ma solo lo sguardo di un uomo che la stava spronando ad andare avanti.
"Fra pochi metri siamo in cima" mormorò con sorriso accennato e, quella pacata sollecitazione, le diede un rinnovato vigore.
Presto sarebbe finita, presto avrebbe raggiunto la cima e, con una riserva di forza che non pensava più di possedere, ricominciò a salire fino a quando, ad un certo punto, si sentì afferrare da delle mani che l'aiutarono a raggiungere la cima.
Appena i suoi piedi si appoggiarono su un terreno solido crollò.
Le orecchie le ronzavano per lo sforzo e il corpo era un blocco dolorante. Sentiva di sottofondo i ragazzi che le davano delle pacche sulle spalle complimentandosi con lei ma non riusciva a fare altro che prendere dei profondi respiri. Quando ormai non vedeva più le stelline davanti agli occhi osò alzare lo sguardo e, la vista che si parò di fronte, le mozzo il respiro lasciandola a bocca aperta.
Bellamy sorrise vedendo Raven ammutolita dalla vista di fronte a loro, era stata la stessa espressione che aveva colto negli altri quando finalmente erano riusciti a raggiungere la cima dopo quella infernale salita. Spesso, durante la scalata, si era voltato ad osservare come se la cavava l'amica, conscio, come tutti, di quanto le costasse rimanere al passo e credeva che il paesaggio di fronte a loro ripagasse quella fatica.
Lo sguardo poteva perdersi a vista d'occhio, le montagne dal quale erano arrivati digradavano verso dolci colline e oltre, un'enorme sole rosso al tramonto incendiava il cielo dei suoi colori.
Per la prima volta, da quando erano scesi sulla Terra, potevano ammirarne l'immensità che, fino a quel momento, era rimasta celata dalle montagne in cui erano atterrati o nella vasta immobilità del mare quando erano lui e Clarke erano sulla piattaforma di Luna.
Bellamy osservò di sottecchi Clarke, John e Raven.
Erano sudati, sporchi e stanchi eppure non riuscivano a distogliere lo sguardo da quel panorama che li aveva completamente rapiti.
Anche lui provava la stessa cosa e rivolse nuovamente lo vista al tramonto lasciandosi cullare da quell'attimo.
Rimasero immobili per diversi minuti ammirando di volta in volta il cambio dei colori che tingevano il cielo. Sentiva dietro di se Emori e Roan muoversi e preparare l'accampamento e gli fu grato che lasciassero loro quegli attimi così preziosi.
Era per spettacoli come quello che continuavano a lottare e sopravvivere.
Quando ormai anche l'ultima luce del giorno venne inghiottita dal crepuscolo Bellamy rammaricato si girò per dare una mano ai due grounders.
Avevano già acceso il fuoco e avevano messo a scaldare in un contenitore di latta qualcosa. Si avvicinò per osservarne l'interno e vide galleggiare dei pezzi di verdure e forse la carne avanzata dal loro pranzo.
Si avvicinò allo zaino che aveva portato con sè e cominciò ad estrarre delle gallette di pane liofilizzato. Avrebbero potuto aggiungerle alla zuppa, sapevano di cartone ma erano nutrienti e avrebbero riempito i loro stomaci vuoti.
Sentì attorno a se il movimento degli altri, impegnati come lui a preparare ciò che mancava. Si guardò intorno, davanti a loro la vista era sgombra grazie al fatto di trovarsi su una specie di sperone della roccia, alla loro sinistra c'era il precipizio sulla fessura che avevano intravisto quando erano entrati nello specchio d'acqua mentre, alla loro destra, si sviluppava una foresta di conifere.
Fece qualche passo in quella direzione, Emori aveva detto che dovevano fare dei turni di guardia, era il caso di capire dove fosse meglio appostarsi. Sentì dietro di se la presenza di qualcuno, si girò appena, immaginando che fosse Roan.
"Il punto migliore per mettersi di guardia è là in fondo" disse incamminandosi verso quella direzione, Bellamy gli fu subito dietro. Attraversarono gli alberi per meno di una decina di metri poi si fermarono su un'altra frattura che li divideva dal resto della montagna. Alla loro sinistra una roccia crollata aveva creato un ponte naturale. Probabilmente era il punto che aveva menzionato Emori.
"Potremmo fare la guardia da qua, la luna sarà visibile fra poco e illuminerà quella pietra come a giorno e potremmo vedere qualunque cosa si muova", indicando il punto in cui si trovavano, era semi nascosto dalle piante ma permetteva loro una visione su tutto il ponte.
Ora che anche quella cosa era decisa potevano godersi la cena e decidere i turni di guardia.
Parlarono poco al ritorno, come poco avevano parlato all'andata, conosci però della presenza l'uno dell'altro, senza riuscire a superare quel distacco che forse avrebbe permesso loro di diventare amici.
Furono guidati verso l'accampamento dal lieve bagliore del fuoco e dal profumo della zuppa che stava cuocendo.
Si unì agli altri per la cena e nel frattempo li aggiornò su dove si sarebbero messi a fare la guardia.
"Io farò il primo turno di guardia fino alle 3:00" disse Bellamy
"Io farò quello successivo fino al mattino" rispose Roan.
Bellamy annuì verso la sua direzione, sperava in quelle parole, sapeva che John non si sarebbe mai proposto per un turno di guardia, Emori doveva riposarsi e preferiva che lo facessero anche le ragazze, specialmente Raven dopo le fatiche della giornata. Sapere che il guerriero avrebbe diviso con lui la guardia lo rinfrancava.
Gli altri non aggiunsero nulla sollevati forse di poter riposare e consapevoli che, in caso di attacco, di certo Bellamy e Roan era le persone più adatte per un contrattacco e difenderli.
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