Da Nemici a....
Raven sentiva gli occhi bruciare, per le lacrime che non voleva versare e per il fastidioso dolore delle pietre che le stavano graffiando i palmi delle mani e le ginocchia. Odiava ciò che stava facendo in quel momento, perché non aveva deciso di abbandonare l'idea di entrare in acqua quando ne aveva avuto l'opportunità? Ora si trovava a pochi passi dalla riva del laghetto e non riusciva a muoversi.
Continuava a darsi della stupida, si era accorta che il piede dell'arto menomato si era incastrato fra due piccole rocce e, nella posizione in cui si trovata, con il dolore che le pulsava in tutto il corpo non riusciva ad essere lucida. Per l'ennesima volta si diede dell'idiota ma, quel luogo, quell'acqua erano stati un richiamo così forte da non riuscire a rinunciarci.
Trovarsi lì, in mezzo al nulla, bloccata, le fece provare una profonda rabbia.
Cercò di sedersi senza torcere troppo la gamba, sperava che, liberate le braccia dal peso del suo corpo avrebbe potuto spostare il piede quando bastava per liberarlo. Di certo non si sarebbe fermata e non si sarebbe ancora pianta addosso per la situazione in cui si era andata a ficcare.
La sua manovra venne interrotta quando, all'improvviso, si sentì sollevata in arriva e poi rimessa in piedi.
Sentì il cuore balzarle in gola e brividi freddi scivolarle lungo la schiena, cercò immediatamente di spingere via con le mani il suo assalitore. Ma venne bloccata con ancora più forza verso il corpo massiccio dell'uomo che la stava trattenendo, cercò di alzare il gomito nel vano tentativo di colpire il viso dell'aggressore ma non riusciva a trovare abbastanza spazio per muoversi. Tentò nuovamente di divincolarsi quando le parole dell'uomo la bloccarono. "Ferma! Sono io!"
Raven riconobbe la voce del Ice King e questo la frenò quanto necessario affinché il guerriero allentasse la presa su di lei senza rischiare che lei cadesse.
"Lasciami!" sibilò la ragazza, il fatto che fosse Roan non aveva messo a tacere la sua paura, non del tutto.
Il grounder non obbedì e, invece di lasciarla andare, si sentì sollevare.
Il guerriero la prese in braccio come se fosse una bambina, armeggiò con la fibbia del mantello dal quale non si separava mai e lo lasciò cade ai suoi piedi poi, prima che la ragazza potesse dire qualcosa, fece alcuni passi verso l'acqua della sorgente termale.
"Cosa stai facendo!"
"Hai detto che i miei muscoli sarebbero stati utili qua fuori, li sto usando" disse senza guardarla in viso concentrato sul terreno mentre, con attenzione, entrava in acqua.
Raven boccheggiò un paio di volte ammutolita, a disagio per come la sua nudità fosse esposta allo sguardo del grounder e colpita dal comportamento di Roan.
Avrebbe voluto scagliarsi contro di lui dicendogli che era in grado di fare le cose da sola, che non aveva bisogno dell'aiuto di un sporco grounder ma dovette ricacciare nella gola quelle parole e il suo orgoglio ormai ammaccato.
In quel momento, anche se non avesse più voluto entrare in acqua, avrebbe comunque avuto bisogno di un aiuto per uscire dalla situazione in cui si era andata a cacciare.
Chiuse gli occhi cercando di estraniarsi dal contatto del grounder, non voleva sentire il solletico delle pellicce del grounder sulla sua pelle, il calore che provava fra quelle braccia che riscaldavano il suo corpo intirizzito in quella fredda sera di fine febbraio.
Aprì gli occhi di colpo perché chiuderli sembrava non aiutarla a trovare l'autocontrollo necessario.
Il suo viso era a poca distanza dalla mascella irrigidita di Roan, il grounder non la degnava nemmeno di un'occhiata di sottecchi, gli occhi puntati avanti. Sentiva lo sciabordio dell'acqua fra le gambe del guerriero che, ormai da alcuni metri, camminava dentro la polla.
"Qua andrà bene!" disse Raven sperando che la lasciasse andare e lei potesse liberarsi dalla presenza ingombrante dell'uomo ma, quello, sembrava non volerle darle retta.
"Sei sordo!" chiese piccata "qua va bene!"
"È troppo bassa, se vuoi stare qua dentro, almeno fallo dove l'acqua è più alta e la tua gamba potrà essere immersa completamente" rispose laconico il guerriero.
Raven rimase in silenzio guardinga, fecero ancora qualche metro. Fra loro regnava il silenzio più assoluto, dopo quella che alla ragazza parve un'eternità l'uomo si fermò e, con molta delicatezza, la fece immergere nell'acqua calda.
L'impatto con il calore sprigionato dalla sorgente rispetto al freddo esterno, mitigato solo dal calore del corpo del guerriero, le mozzò il respiro e sentì la sua pelle bruciare al contatto con l'acqua calda. Fu un istante poi il suo corpo si abituò facendole provare una sensazione di benessere mai provata prima dall'ora.
Si lasciò sfuggire un sospiro soddisfatto.
"Quando vuoi uscire avvertimi, ti verrò a prendere" le disse il Grounder che si trovava dietro le sue spalle e si stava già dirigendo verso la riva.
L'aveva lasciata in un punto in cui, da seduta, tutto il suo corpo era immerso fino alle spalle, a pochi centimetri di distanza da lei un masso le permetteva di appoggiare la schiena. Si chiese se l'avesse fatto volutamente.
"Tu non vieni?" chiese in un sussurro girando appena il collo, stupita lei stessa per quella domanda.
"Qualcuno deve stare di guardia" rispose stringato il guerriero lasciandola al silenzio del suo bagno mentre recuperava il mantello che aveva lasciato cadere poi lo vide appoggiarsi al masso dove lei aveva abbandonato i vestiti. Le voltava le spalle e il suo sguardo era concentrato alla foresta.
La ragazza si spostò leggermente, quanto bastava per appoggiarsi alla roccia che affiorava dalla superficie.
Lascio che la sua mente si liberasse, il dolore persisteva ancora ma l'acqua aveva comunque un effetto calmante.
Immersa lì dentro il suo corpo era leggero e questo aveva un effetto rasserenante anche sulla sua mente. Era ancora conscia della presenza del grounder poco distante ma, man mano che si rilassava, il pensiero di lui si affievoliva, in quel momento non voleva interrogarsi sul suo gesto o sulla consapevolezza che lui l'avesse vista in quello stato di fragilità.
Mai avrebbe voluto che qualcuno la vedesse così e un parte di lei era irritata che lui ora conoscesse anche quel suo lato che mai avrebbe fatto vedere a qualcuno.
Scacciò quel pensiero con l'intento di godersi quel momento. Con le dita cominciò a giocare con l'acqua, i riflessi della pallida luna giocavano su di esse e le increspature che si creavano al passaggio delle sue mani. Chiuse gli occhi lasciando che i movimenti solleticassero la sua pelle.
Roan sentiva dietro di se il lieve sciabordio dell'acqua che ritmicamente interrompeva la quiete della notte. Il suo corpo era vigile a qualunque rumore, specialmente da quelli provenienti dalla sorgente. Spesso, quando non aveva sentito alcun suono arrivare da dove si trovava il meccanico, si era girato quando bastava per controllare che stesse bene.
Spesso il suo sguardo indugiava sulla ragazza. Come era avvenuto quando la giovane era arrivata alla polla e la sua figura solitaria si era stagliata ai raggi della luna, così ora ammirava il profilo del suo capo e del suo viso che gli ricordavano da vicino le storie raccontate attorno ai fuochi da campo: spiriti della natura che popolavano le foreste.
Sapeva esattamente chi era ragazza, l'aveva tenuta stretta a se quando l'aveva accompagnata in acqua, aveva sentito la tensione del suo corpo e i suoi tentativi di liberarsi quando l'aveva agguantata.
Aveva provato sulla sua pelle la sua lingua sferzante e diretta ma, ora, immersa in quella polla vedeva solo la bellezza di uno spirito guerriero che, nella tranquillità della notte, raggiungeva la fonte dal quale traeva la propria forza.
Lasciò che si rilassasse in quell'acqua per più tempo possibile poi, l'arco che la Luna aveva ormai fatto nel cielo, gli indicò che era passato fin troppo tempo.
Con un tuffo al cuore comprese che, anche per lei, quel momento di pace in cui anche lui indirettamente si era sentito coinvolto, doveva terminare.
Si girò per avvertirla ma la ragazza sembrava avesse percepito qualcosa, la vide tirarsi su a sedere e volgere il viso verso la sua direzione.
Da quella distanza Roan era certo che il meccanico non potesse incrociare il suo sguardo eppure, la sensazione che potesse farlo anche nella notte, gli fece provare uno strano fremito come se qualcosa stesse cambiando, come se, per la prima volta, si stessero veramente vedendo.
Si incamminò verso la sua direzione mentre la ragazza continuava ad osservarlo, vedeva l'acqua incresparsi e ogni tanto dalla superficie apparivano le sue mani che, subito dopo, si rituffavano nell'oscurità del liquido.
Entrò nella polla, i pantaloni di pelle, ancora bagnati da prima gli aderivano alla pelle ghiacciata, gli creavano un leggero fastidio a cui non feceva nemmeno cosa.
Quando ormai si trovava a pochi passi da lei vide la ragazza distogliere lo sguardo, le spalle leggermente incurvate come se, si sentisse colta in fallo.
Si girò per appoggiare una mano sulla roccia sulla quale fare leva per sollevarsi.
"Ti farai male, aspetta!" disse Roan raggiungendola "appoggiati!" allungando la mano verso di lei.
La ragazza rimase immobile, il suo sguardo guardava puntato alla roccia poi si girò e alzò la mano che il grounder prese per aiutarla a sollevarsi.
Raven rimase un istante bloccata con la mano in quella del grounder, leggermente disorientata dal movimento dopo il tempo passato in acqua, il suo corpo, in quel momento, sembrava non rispondere ai suoi comandi.
Dovette appoggiarsi pesantemente alla mano del guerriero e, pochi istanti dopo, l'uomo le mise l'altro braccio attorno ai fianchi per sorreggerla avvicinandola a lui.
Tentò di scostarsi ma la gamba su cui stata poggiando gran parte del peso sembrava non essere in grado di fare alcun passo.
Sentì il guerriero sbuffare poi, un attimo dopo, si sentì sollevare e si ritrovò nuovamente fra le sue braccia.
"Posso camminare!" cercò di dire Raven. Non voleva cedere, non voleva sentirsi così vulnerabile ma il guerriero non rispose e, questo la fece irritare. Le loro conversazioni, seppure minime, sembravano a senso unico e lei, ogni volta, aveva avuto la sensazione di comportarsi come la bambina piagnucolosa che si impuntava su sciocchezze e lui l'adulto maturo che la trattava come tale.
"Immagino che da adesso in poi penserai che sono un'idiota che non conosce i propri limiti e quello che può fare con questa gamba?" si ritrovò ad esclamare irata.
"È così?" chiese il guerriero continuando a guardare di fronte a se.
Raven ammutolì, rendendosi conto che, effettivamente, era stata un'idiota ma soprattutto perché era consapevole che sì, lei tendeva di pensare a se stessa come ad una persona che era in grado di superare tutti i limiti anche quelli fisici. Ancora, a volte, faceva fatica ad accettare il fatto che non tutto fosse possibile per lei che, rispetto agli altri, fosse diversa.
"Io posso fare tutto quello che fanno gli altri?" mormorò seccata.
"E questo che insegnano gli Skypeople? Che tutti possono fare tutto? Anche chi, come te, ha una malformazione come la tua?"
Raven alzò di scatto il viso sorpresa, per un'istante, incrociò gli occhi del grounder che le aveva lanciato un' occhiata prima di continuare a guardare di fronte a se.
"Non sono nata così!" esclamò Raven "Mi hanno sparato alcuni mesi fa, poco dopo che eravamo scesi sulla terra e ora non posso più usare la gamba" concluse abbassando lo sguardo e focalizzando l'attenzione sul tessuto della giubba del guerriero.
Si sentì scrutare dal grounder che, nello stesso momento, aveva rallentato il passo come se fosse stato colpito da qualche strano pensiero o dalla scoperta di ciò che le era successo.
Continuarono in silenzio fino a quando non raggiunsero la riva. Con cura l'uomo l'appoggiò accanto alla roccia dove aveva lasciato i vestiti.
Appena toccò i piedi a terra Raven trovò subito l'equilibrio, la sensazione che aveva provato appena uscita dall'acqua era svanita. Con la coda dell'occhio notò il guerriero annuire e fare qualche passo indietro.
Raccolse il mantello fra le mani, lo strinse un istante poi la guardò di nuovo. In quel momento Raven non sentì alcun disagio benchè fosse nuda di fronte a lui.
Sembrò che Roan avesse preso la sua decisione e le passò il mantello "Asciugati con questo" poi si allontanò di qualche metro e cominciò a scrutare la foresta. Immobile come una statua, sembrava essersi dimenticato completamente della sua presenza.
Raven rimase impalata a fissare la schiena dell'uomo cercando di decifrare cosa stesse accadendo in quel momento. L'Ice King sembrava diverso o, forse, lei lo stava cominciando a vedere in maniera diversa.
Eccetto Lincoln i suoi contatti con i grounder erano stati minimi e mai piacevoli, aveva tutto il diritto di diffidare di loro dopo tutto quello che le avevano fatto. Per lei, tutti erano grounder ma, ora, quel guerriero cominciava ad avere un nome e questo la stava destabilizzando.
Un freddo refolo di vento le fece accapponare la pelle e decise di sfruttare il mantello che Roan le aveva lasciato per asciugarsi sommariamente prima di rivestirsi.
Il processo non fu né facile né veloce specialmente quando dovette indossare il tutore ma, alla fine ce la fece e, con sua gran sorpresa, si accorse che il suo corpo era meno rigido e il dolore era solo un basso rumore di sottofondo.
Diede un'ultima occhiata alla sorgente di acqua termale che sembrava aver compiuto quel miracolo e in cuor suo sperò che in futuro ci sarebbe stata nuovamente la possibilità di ritornarci. Poi volse le spalle a quel luogo e lentamente s' incamminò verso il grounder, lo superò per raggiungere il sentiero che l'avrebbe riportata dagli altri.
La torcia che aveva portato con sé illuminava abbastanza il terreno da permetterle di vedere gli ostacoli davanti al suo cammino.
Non si era fermata a chiedere al grounder di seguirla, non voleva che lui continuasse ad aiutarla.
Ciò che era successo alla sorgente doveva essere relegato al passato. Non avrebbe mai permesso di far credere agli altri che lei avesse bisogno di qualcosa, non voleva che gli altri la lasciassero indietro o peggio, vedendola in difficoltà, venissero in suo soccorso.
In quel mondo, cose del genere avrebbero potuto significare la morte di qualcuno e lei non voleva esserne la causa. Non voleva vedere nuovamente qualcuno morire.
Strinse le labbra quando, superando un ostacolo, sentì un acuto dolore all'anca, avrebbe stretto i denti e sarebbe andata avanti.
Roan la lasciò andare seguendola a distanza, come aveva fatto all'andata. Il passo della giovane questa volta era più sicuro, la zoppia meno evidente.
L'acqua della sorgente termale doveva averle giovato parecchio e, una parte di lui, ne fu contenta. Non sapeva nemmeno lui cosa gli stesse succedendo. Ma durante il tempo trascorso in quel luogo qualcosa era cambiato.
Sapere che quella ragazza fosse in quelle condizioni a causa di una ferita, aver notato, seppur superficialmente, altre cicatrici sul suo corpo lo avevano colpito più di quanto immaginasse e si chiese cosa le fosse accaduto.
Quella ragazza per lui era un completo mistero, sembrava avere la stessa forza di un guerriero anche se non lo era, lo aveva visto nel modo in cui aveva tentato di trascinarsi senza smettere di lottare.
Gli altri ragazzi del gruppo avevano un'alta considerazione di lei eppure non si comportava come un leader. Non l'aveva vista manipolare nessuno di loro e le sue richieste erano state sempre dirette.
Era abituata a donne diverse nella sua vita, donne come quella pazza di sua madre.
Raven rappresentava per lui un mistero, qualcosa in cui non si era mai imbattuto e questo lo disorientava.
All'improvviso, nella sua mente, si formò la sfuggente immagine di una ragazza dai capelli neri e gli occhi celesti. Il suo sguardo battagliero che si apriva in un sorriso. Taria, un nome che avrebbe voluto ricacciare nel suo doloroso passato ma che aveva sempre segnato la sua vita e il suo presente.
Scosse il capo cercando di allontanare quel ricordo e concentrò il suo sguardo sulla ragazza che faticosamente stava tornando dagli altri.
La seguì fino a quando non raggiunse la porta della casupola, la vide alzare il viso verso il cielo. In quel luogo la luna non si vedeva e ogni cosa era avvolta nell'oscurità. Il fuoco ormai spento da tempo.
Pochi istanti in cui il guerriero rivide in quella figura lo spirito che aveva visto alla sorgente poi, quando lei entrò, solo l'oscurità gli fece compagnia.
Raggiunse una posizione da dove poteva controllare la casa e lo spiazzo di fronte sperando che la tranquillità della foresta e la monotona sorveglianza che aveva fatto così tante volte nel corso della sua vita gli dessero un po' di pace.
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