Capitolo 2 - Licenziamento con giusta causa
Quel lunedì mattina era iniziato nel peggiore dei modi e si sa, il lunedì è già di per sé un giorno orribile. Per questo, nonostante fosse in ufficio soltanto da trenta minuti, quella pausa sarebbe servita indubbiamente anche a Sophie.
Appoggiata al distributore di caffè e merendine, fece una seconda colazione, concedendosi una cioccolata calda, mentre la sua amica trangugiava ingordamente il pacchettino di biscotti e si gustava il sapore forte e amaro dell'espresso.
«Sabato sono stata a quel nuovo locale... Sophie, sono veramente uno più bello dell'altro! Cinque fighi da urlo e non sto esagerando. Tu hai visto quei tre, no? Ecco; immagina loro, elevati alla massima potenza e avrai l'aspetto degli altri due adoni.»
La mora portò gli occhi al cielo, abituata ormai all'atteggiamento della collega, una bellissima ragazza single che non disdegnava il divertimento.
«Questa è la terza volta che ci vai e ogni volta mi dici la stessa cosa. Prima o poi li vedrò, tranquilla, ma ricordati che sono nostri clienti, quindi non fare sciocchezze o il capo ti ammazza!»
I proprietari del disco pub di cui parlavano, si erano affidati allo studio commerciale dove lavoravano entrambe da cinque anni.
Il quintetto aveva prelevato il locale dal vecchio padrone, quasi in fallimento, e lo avevano rinnovato.
Dai racconti di Giorgia si era scoperto che il bar era posizionato su più livelli: in quello al pian terreno si trovava il bancone con divanetti e poltroncine, ideale per una pausa tranquilla o per evadere dalla monotonia giornaliera. Quella era l'unica sala aperta sette giorni su sette.
Al primo piano si accedeva alla discoteca, la cui musica giungeva nella stanza inferiore durante il weekend. Era stato adornato per ricordare una cattedrale, infatti avevano predisposto alti soffitti, motivi gotici caratteristici alle pareti e lampadari in ferro con candelabri. Alla console giungevano Dj di prim'ordine, tra cui Martin Garrix. Fu proprio quello il motivo che aveva portato la bionda a trascorrere lì il sabato sera.
Al secondo e ultimo livello, invece, si poteva accedere solo su invito: una sorta di club esclusivo. La ragazza aveva provato a infiltrarsi, mischiandosi ad alcune di quelle che stavano entrando nella stanza, ma il buttafuori la bloccò prima che riuscisse a metter piede lì dentro.
Nemmeno informarlo che era solo merito suo se aveva una busta paga, fruttò l'effetto desiderato.
Dopo tutto, lei si limitava solo a inserire cifre e numeri, il bonifico era a carico dei suoi datori di lavoro e non di certo di quella sfrontata.
«Che palle! Uno mi piace veramente un sacco e ho notato che mi lanciava certi sguardi... Chissà se verrà lui questo mese a portarci la documentazione.»
Sophie sospirò dopo l'affermazione dell'amica, per poi scoppiare a ridere in sua compagnia dopo essersi lanciate uno sguardo di intesa.
«Sei la solita mangia uomini. Non ti piacerebbe iniziare una relazione stabile e duratura? Così potremmo fare delle uscite a quattro e magari andare in vacanza assieme per una volta.»
Sognava da sempre di trascorrere anche solo un weekend al mare con l'amica e il suo amorevole fidanzato, ma ovviamente non rientrava nei piani di Giorgia quello di fare il reggi-moccolo della situazione.
«Non è colpa mia se non trovo un uomo che sappia tenermi testa. Dopo un mese mi passa la sinfonia, se non è in grado di usare le palle nella vita di tutti i giorni. Solo in poche hanno la tua stessa fortuna di trovare un ragazzo bello, simpatico, romantico e che ci ami come il primo giorno dopo sette anni di relazione.»
La mora abbassò lo sguardo sul bicchierino di plastica, ormai vuoto, sentendosi in imbarazzo per le parole dell'altra.
Il suo fidanzato era, agli occhi di tutte, il principe azzurro e il loro rapporto collaudato da molto tempo veniva spesso invidiato.
Erano andati a convivere da due anni, affittando inizialmente un appartamento non molto lontano dal centro di Brescia, città natia di entrambi. Solo da qualche mese avevano deciso di fare il grande passo di acquistare una casa tutta loro, impegnandosi così a gettare le basi per il loro futuro. Un trilocale a qualche chilometro dal comune era stato scelto come loro nido d'amore.
Sophie godeva di tutto quello che aveva sempre desiderato nella vita: un lavoro sicuro e ben avviato, degli amici splendidi, una famiglia perfetta e un partner che la amava più di ogni altra cosa al mondo.
Eppure, sentiva che quello che possedeva non era abbastanza, che le mancasse qualcosa per essere completamente felice e realizzata; la domanda che si poneva però era, che cosa?
«Terra chiama base, mi ricevi?» La domanda di Giorgia la ridestò dai suoi pensieri, portandola ad alzare lo sguardo sul viso impensierito dell'altra.
«Sì, sì, ero solo sovrappensiero! Il lunedì mattina mi sento come l'orso bianco di quel video che avanza restando sdraiato sul ghiaccio, dandosi la spinta solo con il proprio muso. Ho ancora il cervello adagiato sul cuscino.»
Quell'affermazione provocò una fragorosa risata nella bionda, che gettò il bicchiere e il sacchetto vuoto dei biscotti nel cestino vicino al distributore, seguita a ruota dalla mora.
«Forza, andiamo a fingere di fare qualcosa. Se ci becca Marco a chiacchierare nella sala relax, dopo solo un'ora di lavoro, ci licenzia e pure con giusta causa!»
Entrambe ridacchiarono tra loro, prendendosi a braccetto e raggiungendo la propria postazione.
La mattinata, al contrario delle loro aspettative, trascorse velocemente. Tra una telefonata e l'arrivo di alcuni clienti, non si accorsero che erano da poco passate le dodici e trenta e la loro ora e mezza di pausa era finalmente giunta.
Sophie allungò le proprie braccia e le gambe per stiracchiarsi, intorpidite dal troppo tempo passato seduta su quella sedia.
«Sai, allo Starlight fanno anche pranzi di lavoro...» Giorgia lasciò quella frase sospesa tra lei e l'amica volutamente, non alzando però lo sguardo dalla tastiera del suo pc, come se in quelle lettere potesse trovare una sorta di sostegno.
«Stai scherzando, vero? Ci vorrà una mezz'ora ad andare e un'altra a tornare. E se nei restanti trenta minuti non riuscissimo a finire di mangiare? Glielo spieghi tu a Marco del perché siamo volute andare dall'altra parte della città per cibarci? Quello ci licenzia davvero, Gio!»
La bionda incrociò le braccia al petto, alzò gli occhi al cielo, sbuffando platealmente, tanto da sollevare alcune ciocche del suo ciuffo, finitele davanti al viso, assomigliando a una bambina capricciosa a cui non si voleva comprare il gioco da lei tanto agognato.
«Ti prego, amica mia, prometto che torneremo in orario. Ci prendiamo un panino al volo e una bibita light. Non dire di no alla tua best!»
La ragazza guardò Sophie con sguardo implorante, mettendo in onda la sua recita dove impersonava una cucciola sofferente, con annesso sbattimento di palpebre, ricordandole il dolce musetto del gatto con gli stivali di Shrek.
Sapeva che a quella vista la mora non poteva resistere, facendosi venire i sensi di colpa per lo stato emotivo dell'altra.
«E va bene, ma sbrighiamoci. Prendiamo Marty però, non vorrei dover perdere tempo anche per cercare un parcheggio.»
Giorgia buttò le braccia al collo di Sophie per la gioia e iniziò a schioccarle numerosi baci sulla guancia, provocandole un leggero solletico.
«Lo sapevo che eri la migliore, Soph! Anche se trovo ancora bizzarro che tu abbia dato un nome alla tua macchina, ma non importa, ognuno ha le proprie stranezze.»
Sophie guardò l'amica con un sopracciglio alzato, incredula che proprio lei la trovasse bizzarra.
L'altra prese le loro giacche di pelle e spinse la collega verso l'uscita, chiudendosi la porta dello studio alle spalle e avviandosi verso il parcheggio.
*Spazio Autrice*
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