Capitolo 7.
Maria non faceva altro che pensare a Carmine e alla sua proposta di accompagnarlo all'altare. Ci pensava e ci ripensava ma non si dava pace, non riusciva a comprendere quello che le stava accadendo, non riusciva a comprendere se stessa. Era felice per lui, sapeva che era il suo sogno: una bambina, una moglie, il matrimonio, creare la sua propria famiglia, quella che non aveva mai avuto. Eppure il suo cuore non riusciva a trovare un po' di quiete.
<<Maria, perché non vai con gli altri?>> chiese Beppe, riportandola alla realtà. Si era poggiata sul biliardino e vi era rimasta per un bel po', solo che ora, l'educatore l'aveva affiancata.
<<Sto un po' distratta, non sarei n'ottima compagnia.>> si limitò, forzando un piccolo sorriso.
<<Ne vuoi parlare?>> le domandò l'uomo, comprendendo quanto fosse tormentata la ragazza, probabilmente per problemi che neanche la riguardavano in prima persona. Aveva notato la sua vicinanza con Carmine e Filippo e non erano esattamente le persone più amate e rispettate dentro l'istituto ma sapeva che erano bravi ragazzi, lo percepiva. Lei scosse la testa in segno di negazione. Non sarebbe servito a granché parlare.
<<L'amicizia qua dentro è na cosa complicata, ve'?>> aveva ragione.
<<Non immagina quanto.>> sorrise, ripensando a tutti gli avvenimenti che le erano accaduti da quando era li.
<<Da quando tutta questa formalità, Marì? Mh? Sono Beppe, un amico, d'accordo?>> la incitò l'uomo. Rise nell'animo, osservando i suoi movimenti. Era davvero una persona singolare.
<<D'accordo.>> e quella volta sorrise, sorrise per davvero. Si senti nuovamente...normale.
<<E dimmi Marì...>> iniziò Beppe.
<<Cre?>>
<<Che ti piaceva fare nel tuo tempo libero?>> incrociò le braccia all'altezza del petto, aspettando che Sole gli rispondesse. La giovane sospirò, indecisa se dirgli davvero cosa la rendeva felice.
<<Io...nun 'o sacce>> tentennò nella risposa e Beppe sapeva che stava mentendo, non ci voleva un tuttologo per capirlo ma comprendeva il suo timore nel fidarsi di lui.
<<Beppe! Filippo sta in difficoltà.>> gli gridò Naditza, trovandosi accanto a Filippo al centro della stanza, circondando il piano forte.
<<Pensaci e poi lo voglio sapere, va bene?>> l'avvertì l'uomo sorridendole. Fece per andarsene dandole le spalle ma la ragazza lo sorprese con una rivelazione inaspettata.
<<Cantavo.>> sputò. L'aveva detto davvero?
<<Come?>> si voltò verso di lei nuovamente, attendendo la sua risposta.
<<Io...fuori di qua, mi piaceva cantare.>> riformulò la frase, non staccandosi ancora dal biliardino.
<<Vieni con me.>> gli tese la mano che afferrò con titubanza.
<<Cu te? Addo' m puort?>> domandò Sole, in preda al panico.
<<Beppe!>> senza darle nessuna risposta, la trascinò in piedi accanto al piano, dove vi era seduto Filippo. Il giovane Ferrari non capiva cosa stesse accadendo, difatti il suo sguardo si spostava confuso sulle due figure.
<<Filippo, puoi suonare qualcosa per accompagnare Maria?>>chiese Beppe a Filippo. Maria cantava? Da quando? Perché non ne sapeva niente? Era sorpreso, o forse meravigliato, quale poteva essere il termine adatto?
<<Ma che stai dicenne, Bè? A capa tuoij nun è buon.>> fece per tirarsi indietro ma l'educatore non glielo permise. Lui aveva altri piani per lei.
<<Maria, è la tua occasione per riprendere in mano la tua vita, ripartire da zero, qui dentro.>> esternò l'uomo, guardando negli occhi la ragazza mentre lo sguardo di lei cadde su Carmine, che non aveva smesso di osservarla sin da quando era stata trascinata al centro della stanza. Sentiva i suoi occhi su di lei, le penetravano dentro le ossa e tutto ciò la mandava in bestia, non voleva che fosse cosi.
<<Nun so' capac, Beppe...nun c riesc.>>Beppe ignorò le sue parole, sorridendole in maniera rassicurante.
<<Canta.>> gli sussurrò nell'orecchio prima di allontanarsi, facendo cenno a Filippo di iniziare.
<<Fili...>> supplicò verso l'amico. Lui le dedicò un sorriso dolce.
<<Andrà bene. Pensa ad una canzone e tu...seguimi, d'accordo?>> la giovane annuì, capendo che non vi era altra soluzione, se non quella di iniziare a cantare qualcosa ai suoi compagni.
Filippo iniziò a suonare un pezzo abbastanza lento ma con accenni vivaci di tanto in tanto, ciò le riportò alla mente una canzone che le piaceva tanto cantare prima di ritrovarsi dentro l'IPM. Sorrise al pensiero.
<<Tú eres el pincel, (Tu sei il pennello)
Que pinta mi papel (che colora la mia carta)
Tú llenas de color mi vida.>> (Riempi di colore la mia vita). Maria guardò Filippo per trovare un po' di coraggio per poter proseguire con quella follia. Aveva gli occhi dei suoi compagni su di sé e detestava la sensazione, odiava trovarsi al centro dell'attenzione. Ciò nonostante, non distolse lo sguardo dal suo amico, che la rasserenava con quel bel gran sorriso che le stava dedicando, sorpreso dalla bravura della giovane.
<<Contigo me siento bien (Con te mi sento bene)
Eres como te soñé (Sei come ti sognavo)
Así que ven y quédate en mi vida.>> (quindi vieni e rimani nella mia vita). Naditza sembrava impazzita davanti la voce e la bravura della sua amica. Non riusciva a credere che fosse cosi portata per il canto e che per tutto questo tempo avesse evitato le lezioni di musica, tenendosi questo piccolo segreto tutto per sé.
<<Tus palabras me hacen ver (Le tue parole mi fanno vedere)
Que no eres de papel (Che non sei di carta)
Mi otra mitad, ya te encontré (La mia altra metà, ti ho incontrato)
Ojos color miel...>> (Occhi color miele). Maria si ritrovò addosso gli occhi di Carmine per tutto il tempo e ciò la fece bloccare ancor prima del ritornello della canzone. Non riusciva più a sostenere il peso del suo sguardo su di lei, questo la portò a smettere di cantare, non tollerando più il nervosismo. Il primo ad applaudire fu Ciro. Maria osservò attenta quest'ultimo, che le sorrise, in che modo però, quello non riuscì a capirlo e sotto lo sguardo sorpreso di tutti, il suo gesto venne presto ripetuto anche dai suoi compagni.
<<Sei stata bravissima, Sole.>> si alzò dallo sgabello afferrando entrambe le mani della sua amica. Quest'ultima gli dedicò un sorriso, ignorando le piccole grida di eccitazione di Naditza, che pareva non aver smesso un secondo di esultare. Carmine invece, le sorrise semplicemente, unendosi all'applauso insieme agli altri.
<<Marì, i miei complimenti!>> esclamò Beppe applaudendo le mani insieme agli altri.
<<Grazie.>> sussurrò la giovane in imbarazzo, con un ampio sorriso in volto.
<<Allora abbiamo una nuova stella qui nell'IPM.>> concluse sorridendo ai due giovani. Senza dar loro tempo di replicare, se ne andò verso Naditza, provocando una risata da parte di entrambi gli amici.
Che strano tipo era Beppe.
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Maria non faceva altro che pensare alla sua vita prima di entrare nell'IPM, in particolar modo alla sua famiglia, ai saggi a cui non mancavano mai e a tutte le prove di canto a cui si sottometteva con entusiasmo per cercare di migliorare sempre di più.
<<Mi nascondi qualcos'altro?>> chiese dal nulla il suo amico, prendendo posto accanto a lei sul divano in sala musica.
<<Che ti dovrei nascondere, Cà?>> le rispose divertita. Eppure qualcosa nascondeva nel suo cuore.
<<Tieni na bella voce, Marì. Sai canta' e ij nun 'o sapev.>> poggiò i suoi gomiti sulle ginocchia, rimproverandola.
Carmine era sorpreso. Quando iniziò a cantare qualcosa dentro di lui si smosse, i suoi occhi durante la canzone si chiusero per qualche istante, beandosi delle carezze che gli lasciavano le parole e la melodia di Maria. Era rimasto incantato, perché mentre cantava, sembrava che lei lo stesse accarezzando, come se le parole che stava pronunciando, fossero indirizzate a lui. Desiderava con tutto se stesso che fosse cosi.
<<Ja sce', bast.>> gli diede una pacca sulla spalla divertita anche se, ripensare al motivo per cui aveva smesso di cantare le metteva nuovamente ansia.
<<Misa che mi so pers nu po e ccose.>> gli sorrise stuzzicandola un po', gesto che le fece alzare gli occhi al cielo.
<<Non ti sei pers niente, Cà.>> la guardò scioccato ma con un piccolo ghigno divertito sul viso.
<<Ah no?>> la provocò, facendole scuotere la testa, in segno di negazione. Dentro di sé però, se la rideva.
<<Te aggia fà na list delle ccose ch'aje cumbinat, Marì?>> provocò nuovamente il giovane.
<<Over staij facenn?>> Carmine ignorò la sua domanda, proseguendo con il suo rimprovero.
<<Hai difes a O'Chiattill, haje menat na vot a' O' Pirucchio e 2 vot a Pino, te miss contr' a' nu Ricci e a Gemma...>> contò tutte le sue malefatte con le dita di una mano ma Sole non lo lasciò terminare.
<<Vabbuò, ho capito. Qualcosa l'ho combinato, tieni ragione.>> disse senza troppi giri di parole. Carmine scosse la testa ridendo, guardando poi un punto indefinito davanti a sé.
Maria si era convertita in una persona importante per lui e ribadire a voce tutto quello che le era successo nella sua breve permanenza nell'istituto lo preoccupava, cosi l'unico modo per esorcizzare quella grande angoscia che si portava nel petto era riderne con lei.
Proprio in quell'istante però, Maria ne aveva una in particolare di preoccupazione, una che portava con sé da un po'.
<<Cà...>> si voltò verso di lei quest'ultimo, spronandola a continuare.
<<Quello che ho detto a Gemma...ij vulev solo che capisse che significa.>> lo fissò, sperando la comprendesse e capisse dai suoi occhi la sofferenza che da tempo l'accompagnava.
<<O' ssacc, Marì.>> Maria forzò un sorriso e abbassò il capo.
<<Non capivo perché ti toccasse cosi tanto, o'ssaij?>> guardò un punto fisso davanti a sé, pensando a quello che provava e che molto probabilmente, stava provando anche Sole.
<<Poi...quando hai ritt chelli ccose, agg capit tutt cos.>> commentó.
<<E che hai capito?>> questa volta era lei a non distogliere lo sguardo dalla sua figura mentre lui continuava a guardare di fronte a sé, con lo sguardo perso.
<<O'ssaij o curagg ca e' tenut tu?>>
<<L'agg accis Cà, chest nun e' curagg.>> sussurrò lei, ridendo amaramente. Quello era coraggio? Uccidere era quel che facevano le persone coraggiose?
<<Infatti non sto parlann e chell c'hai fatt ma di quello che stai facendo.>> Maria si ritrovò ad aggrottare le sopracciglia per la confusione.
<<Nun t capisc.>> esternò, causando il sorriso dell'amico. Un sorriso amaro.
<<Agg accis a n'omm.>> solo in quel momento si decise a guardarla nuovamente.
<<Ma che staij ricenne?>> azzardò Maria, posizionandosi meglio con il corpo vicino a lui, così da poterlo guardare meglio.
<<Si nun l'accirev, violentava a Nina annanz a me.>> Dei brividi circondarono il corpo di Maria, vedendo il tormento negli occhi del suo amico.
<<E' pe chest ca staij cca dint?>> lui annuì e la ragazza sorpresa, comprese.
<<Pe o stess mutiv tuoij sto cca dint, e pe o' stess mutiv tuoj l'agg accis.>> si guardarono come mai avevano fatto prima. Erano complici...simili. Maria lo capiva bene come ci si sentiva, nel commettere qualcosa solo perché spinti da un sentimento, un'emozione più forte della razionalità. Lei aveva tolto la vita ad un uomo ma non sapeva davvero cosa significasse uccidere, perché non era quello il suo obiettivo, tantomeno quella era la sua intenzione.
<<Forse Gemma teneva ragione...l'amore fa male a volte.>> commentò Sole.
<<Ja Marí...l'haje ritt pur tu, l'ammore over nun te po fa mal.>> prese la sua mano e l'afferrò saldamente alla sua. Non voleva che pensasse queste cose, ne tanto meno che si tormentasse in quel modo, perché sapeva che non era una persona cattiva e che le sue intenzioni erano buone. Avevano solo commesso un terribile errore.
<<E mo dici, secondo te a' stat o' destin?>> la spalleggiò il ragazzo, con le loro mani ancora unite.
<<A fa che cos?>> poggiò la testa sul
divano per stare più comoda e poter cogliere meglio tutti i lneamenti del giovane Di Salvo.
<<A farci incontrare.>> le sorrise. Questo la sorprese piacevolmente, tanto da smuovere qualcosa dentro quel sofferente cuore.
<<Nun o'sacc...>> iniziò lei, sussurrando.
<<Però so che avevo un disperato bisogno di un Di Salvo nella mia vita.>> terminò la frase, sempre in un sussurro, facendo voltare Carmine verso di lei, con il viso dolente per il tanto sorriderle.
<<E ij sto cca Marì, semp.>> detto ciò, strinse la giovane a sé, poggiando il mento sopra la testa di lei, per avvicinarla ancora di più.
Sto cca pe te, Marì.
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Maria stava fissando un punto sconosciuto fuori la finestra dell'aula di laboratorio di ceramica, prima che qualcuno arrivasse ad interrompere la sua quiete.
<<Marò Mari, e comm è bell stu sol n'facc a te.>> commentò Edoardo, notando il sole che le accarezzava il viso. Era proprio bella.
<<Edoà, nun te facev cosi romantico.>> scherzó lei.
<<Quante cose non sai di me, piccrè.>> gli diede un pizzico sotto al mento, sorridendole. La giovane non poté fare altro che contraccambiare, gesto che non passó inosservato a Carmine, che quando si trattava di lei, sembrava essere sempre sull'attenti. Edoardo non era poi così male.
<<Cirillo.>> quella voce. Dopo quello che era successo, era ormai parte delle sue notti insonni.
<<Come stai? L'altro giorno sembravi avere una brutta c'era.>> Ciro era lì che la derideva. Si prendeva gioco di lei e della crudeltà con la quale stava per porre fine alla sua vita.
<<Sol nu poc 'e fastidij, nun t preoccupà.>> forzo un sorriso falso, stando al suo gioco.
<<T vec nu po tes, no?>> le disse aggiustandole la collana che portava al collo.
<<Solo cu chi nun me fid.>> si staccò al suo toccò. Quella mossa, lo irritò parecchio.
<<E ro Piecuro ti fidi?>> contrasse la mascella, in presa al nervosismo.
<<Non dovrei?>> lo sfidò, con le braccia incrociate al petto.
<<E' nu Di Salvo.>> le rispose con ovvietà.
<<Non è il nome che ti rende quello che sei.>> lo accusò lei, mandandogli un indiretta.
<<Se' vere ca nun haje capite nu cazz.>> sbottò Ciro, ridendo amaramente.
<<Proprij comm a te.>> non riusciva mai a chiudere la bocca.
<<C'haje ritt?>> si avvicinò pericolosamente a lei. Quella ragazza riusciva a cacciare il peggio di lui.
<<Ciro, nun t'azzardà.>> si intromise Carmine, poggiandogli una mano sul petto.
<<Eccolo, O' Piecur. A' principess mi diceva che seje Di Salvo di nome ma no di fatt.>> lo provocò sorridendo falsamente, contraendo la mascella e staccando la mano dal suo petto.
<<Nun ten a' ragion? Nun è pe chest ca me chiammate O'Piecuro, o no?>> domandò, provocando l'irritazione del giovane Ricci.
<<Ja Cà, lasc stà. Andiamo fuori.>> Questa volta fu Maria a posizionare la mano sul petto rigido di Carmine, sperando non perdesse il controllo.
Tu non sei come lui.
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<<Me vuo' dicere ca cazz stiv facenn?>> la rimproverò duramente, una volta fuori l'aula.
<<Non rimango in silenzio.>> non lo guardò, non poteva.
<<Che risposta è, Marí? O'ssaij addo staij?>> dimenava le braccia, non trovando altro modo per sfogare la sua rabbia.
<<Si Cà, o'sacc buon aro stong, ma nun c riesc. Ha tenut o' coraggio e me uarda' rint a l'uocchije aroppe chell ca m'ha fatt.>> questa volta si, lo guardò. Era risentita. Odiava che Ciro avesse il controllo.
<<Ij O'sacc Marí, ci penso tutti i giorni ma nun te è bastata l'atra vot?>> abbassò un po' il tono della voce, cercando di far ragionare la sua amica.
<<Cà, o' sacc a' guerra che c stà tra i Di Salvo e i Ricci, a ritt che eri come loro e ij o'sacc ca nun è accussi, nun e' o'ver. >> lo accusò, colpendo con l'indice il petto del giovane.
<<Mi vogliono morto Marí, e se continui cosi, t'accirn pur a te, m'he capit?>> sussurrò, avvicinandosi al suo viso.
<<'A vuo' sape' na cosa? Nun gira tutt' appresa' a te.>> si irritò, tanto. Lui non capiva che era stanca di tutto quel potere che si trovava dalla parte sbagliata. Non comprendeva che loro adesso erano diventati la sua famiglia, il loro posto sicuro. Lui non capiva che doveva difendere le persone che amava.
<<Io voglio che resti viva, Marí. O'capisci?>> che poi, quanto erano simili? Se Carmine si trovava lì, ad urlarle contro, era proprio perché anche lui, come lei, doveva difendere le persone che amava.
<<Ti sei già scordato ca me stavene pe accirr? E nun er pe te, quindi se chello strunz me vuó accirr, è pecche sap cca o può fa.>> Come faceva a dimenticarsene? Se la sua vita si stava sgretolando davanti i suoi occhi.
<<No Mari! Non m'agg scurdat! Stiv murenn annanz a me!>> le urlò il giovane, ripensando a quel che le era accaduto.
<<Se sto ancora qua, un motivo ci sta, Cà.>> cercò di addolcire il suo tono, vedendo la tristezza nel volto di lui.
<<Allor non dargli altri motivi pe t'accirr. Tu nun puó murí, o vuó capi o no?>> le prese il volto con entrambe le mani, cercando di calmare la sua frustrazione e impotenza davanti al temperamento di Sole.
<<Li trova da solo, Cà. Nun serve ca non glieli do io sti mutiv, nun l'haje capit?>> poggiò le sue mani sopra a quelle di Carmine, che al sentire quelle parole, si scostò da lei sotto lo sguardo stranito della giovane.
<<A me nun me ne fott proprij, adda fernì a fa l'eroina, Marì.>> sembrava non volesse fare altro che accusarla o rimproverarla quel pomeriggio. Maria capiva la sua preoccupazione e gli era grata per questo, ma non riusciva a darsi pace. Si inferocì davanti il suo modo di rivolgersi a lei.
<<L'agg fatte pe vuje, capa 'e cazz!>> questa volta era lei ad avercela con lui.
<<Chest è pecche si tutta scema, nisciun t'ha chiest nient.>> si avvicinò nuovamente a lei ma con un atteggiamento diverso rispetto al precedente.
<<Si turnat cchiù strunz e primm.>> senza aspettare una sua risposta, gli diede le spalle con l'intenzione di tornare nella sua cella, lontano da contatti esterni, lontano da lui.
<<Maria, a' ro' vaje?>> tentò di chiederle, per fermarla. Non avevano finito di parlare, e anche se avessero terminato, non voleva che finisse così. Non voleva che fosse furiosa con lui. Carmine aveva un sacco di preoccupazioni per la testa, segreti da nascondere e mostri con cui convivere e combattere ma finiva sempre per prendersela con l'unica persona con cui non doveva farlo.
<<Marì Sò, vie' cca!>> cercò di andarle dietro e di raggiungerla ma la frase con cui si dileguò, gli fece capire che non avrebbe avuto alcuna intenzione di parlargli nuovamente, almeno quel pomeriggio.
<<Vaffanculo, Di Salvo.>> lo insultó, ignorandolo. Ciò, aumentò la frustrazione del giovane che tirò un calcio al secchio dei rifiuti fuori il laboratorio, accompagnato da un urlo liberatorio.
Insieme non ne combinavano una giusta.
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