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Capitolo 36.

La giornata quel pomeriggio era iniziata in modo un po' particolare, come Carmine, anche il cielo sembrava essere di umore altalenante, ma ciò non gli impedì di raggiungere Maria, che si trovava all'entrata del campo di pallavolo, con l'intenzione di iniziare una partita, ma il ragazzo pareva avere altri piani per loro due.
<<Cià.>> la salutò con un piccolo sorriso.
<<Comme staje?>> domandò, sfiorandole con la mano la guancia sinistra.
<<Mo stong buon'.>> gli sussurrò lei, avvolgendogli le braccia al petto, cogliendolo alla sprovvista. Non era abituato a lei che gli mostrava il suo affetto con così tanto contatto.
<<E pecché mo mo?>>ricambiò, stringendola ancora di più a lui, accarezzandole la schiena.
<<Nun me 'o fa dicere, ja.>> Maria in cuor suo non voleva ammatterlo, ma Carmine era ormai diventata la sua debolezza più grande.
Si staccarono per potersi guardare negli occhi e lì, anche la giovane, capì che qualcosa non andava nel suo ragazzo.
<<E tu?>> aggrottò le sopracciglia.
<<Io che?>>
<<Tu ca tieni? Nun te veche buon.>> e Maria ne era certa, non era il solito Carmine e aveva paura di sapere chi fosse il responsabile di questo suo umore un po' instabile.
<<Nient', ca tenghe?>>senza riuscire a contrabattere al momento, davanti a i due passò la figlia più piccola di Don Salvatore, che non fece altro se non fulminare Di Salvo con lo sguardo.
<<Agg' capit..>> scosse il capo, facendo uscire un sospiro frustrato. Nonostante le sue parole, il ragazzo sembrò non prestarle attenzione, era alquanto stranito dalla presenza di Rosa Ricci che aveva preso posto al muro opposto al loro, intanta a fissarli, o meglio...a fissarlo.
<<Me vuò ricere coccose?>> quella frase riuscì ad attirare la sua attenzione.
<<Se me lo vuoi raccontare, chiaramente, senno c mettim a pettinà 'e bambul.>> ironozzò dinnanzi al silenzio di lui.
<<Maria...nun tenghe nient', ja.>> rispose, quando si ricordò di averla di fronte.
Altra bugia.
<<Carmine, si nun me 'o vuò dicere vabbuon, nun so fatt re mij.>> ma dentro di lei sapeva che non era cosi. Voleva lasciargli i suoi spazi, ma se erano una coppia a tutti gli effetti, perché proprio ora gli ometteva quel che gli stava succedendo? Perché proprio a lei?
<<Marì, o'saje ca nun è accussi..è sul ca tenghe nu poc 'e penzier, niente cchiù.>> gli accarezzò il volto, con l'espressione di chi sapeva che non aveva creduto neanche ad una sola parola.
<<Nient' cchiù...>> ripetè lei in unsussurro, forzando un sorriso.
Carmine dentro di lui era consapevole che non voleva affrontare con lei l'argomento, non voleva rivelargli ciò che lo rendeva cosi nervoso e irrequieto, per lo meno, non in quel momento. Gliene avrebbe parlato, ma solo quando il pericolo sarebbe diventato certo, ora non voleva allarmarla.
Distolse lo sguardo dal riccio e si voltò dal lato opposto, facendo ricadere tutta la sua attenzione su Edoardo, che cogliendo l'attimo in cui i loro sguardi si erano incrociati, ne approfittò per fare cenno alla ragazza di raggiungerlo.
Carmine non ne sarebbe stato molto felice.
<<Vabbuò, me ne vache.>> senza poter aggiungere altro, venne bloccata dal polso.
<<E aro vaje?>> ora si ricordava di essere in sua compagnia.
<<Tenghe'a fa.>> nasconderglielo era inutile, difatti per il momento avrebbe solo evitato il soggetto della loro discussione, cosi da non doverglielo necessariamente omettere.
<<Con chi? Con Conte, no?>> le scappò un sorriso ironico, ma da una parte lo comprendeva, come sempre. Il dolore che gli avevano causato era troppo grande, persino per un cuore grande come il suo, quindi si, comprendeva appieno la sua frustrazione, ma purtroppo per lei Edoardo era fondamentale, tanto quanto il ricordo dell'ultimo volto che aveva visto prima di rischiare di chiudere gli occhi per sempre.
Edoardo per lei c'era sempre stato.
<<Carmine, ij non vogl' litigà, però aggia parla' cu Eduard.>>
<<Pe piacer nun fa accussì.>> aggiunse. Non sapeva se lo stesse pregando o mettendo in guardia.
<<E comm me avess 'a sentì?>>incrociò le braccia al petto, con i lineamenti del volto esageratamente tesi.
<<Cà, tu nun me vuò ricere ca tieni e te vogl' lascia' nu poc 'e spazij.>>
<<E giustament' m'adda lascia' spazij a me pe po' ij addu iss, no?>> le fece un cenno di capo, incitandola a parlare e rispondere alla sua ''provocazione'', ma non aveva capito che non gliel'avrebbe data vinta.
<<Te pozze ricere na cos? Nun tenghe genij...ma overament.>> le bloccò nuovamente il polso, prima che potesse lasciarlo li solo.
<<Nun vogl litigà cu te, piccre'.>> gli tenne il viso con entrambe le mani e le lasciò un bacio sulla fronte. Che diavolo stava combinando?
<<Tu approfitta di questo tempo per parlare con Rosa Ricci, ca n'avite bisogn' tutte e duje, no?>> gli prese le mani, staccandole dal suo viso. C'era qualcosa che non andava.
<<Oh Marì ma ca staje ricenne? Seje asciut pazz'?>> lo avrebbe volentieri preso a pugni.
<<Non trattarmi come una scema, no a me.>> e il suo silenzio e il modo in cui aveva ripreso a guardarla, gli fecero capire che era meglio non continuare a negare qualcosa che effettivamente stava accadendo.
<<Ce verimme arope.>>
<<Maria...pe piacer, viè cca!>> sospirò ignorandolo e gli diede le spalle, dirigendosi verso la piccola capella, dove i ragazzi si ritrovavano spesso per pregare o per stare un po' da soli, ritrovare un po' di quella pace che tanto avevano perso.
Cosa stava succedendo? Che cos'era cambiato?
Era mai possibile avere un po' di tranquillità in quel posto?
Non chiedeva nient'altro se non un po' di pace.
Entrò dentro la capella guardandosi intorno, percependo una serenità quasi innaturale, per la prima volta si sentiva ...leggera?
Dispiaciuta nel dover interrompere quella imminente connessione con quel luogo, si diresse verso Edoardo, che era immobile davanti il piccolo altare.
Affiancato l'amico, tra i due regnò per svariati minuti un silenzio piacevole ma particolarmente assordante,
che cose strane e irrequiete i sentimenti...
<<Allor'?>> azzardò, parlando per primo. La osservò, non perdendosi neanche un suo lineamento o una smorfia che fosse in grado di rivelargli ogni suo stato d'animo.
<<Cre?>> ma non si scompose, si limitò a guardare il crocifisso di fronte a lei.
<<Tu e u'Piecur'...>>
<<Tenite cocche prublem'?>> quella domanda attirò la sua attenzione, tanto da far incrociare i loro sguardi.
<<No...nun succer' nient'...>> forzò un sorriso, a cui Edoardo non aveva creduto neanche per un'istante.
<<O forse...song ij o' prublem...>> sussurrò, inginocchiandosi sul primo gradino ai piedi dell'altare, seguita poco dopo dal giovane Conte.
<<Marì, ma ca staje ricenne? Si tu seje n'angel'.>> esternò, stampandole un bacio sulla fronte e ciò non fece che strappargli un sorriso.
<<Si..ca fatt' nu patt cu o'diavl'.>> entrambi risero dinnanzi a quel pessimo umorismo.
<<Nun m piac a te vere accussi, Marì, specialmente si a fatt' sta accussi è nu Di Salvo.>> le scostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
<<Pur si a famme sta accussi fuss na Ricci?>> sospirò davanti a quella confessione.
Li le cose cambiavano.
<<Mo nun parl cchiù, no?>> rise amaramente, sapendo che quello era un tasto dolente. Edoardo teneva a Maria, ma forse, non tanto quanto teneva a Rosa, era pur sempre la sorella del suo amico più fidato.
<<Ess è comm' a me, Marì, tu no.>> con quest'ultima affermazione, si voltò di scatto verso di lui.
<<E chest ca vuo ricere?>> davvero tutti non la ritenevano all'altezza di Rosa Ricci? Davvero sarebbe passata in secondo piano nella vita delle persone che amava di più?
<<Oì, alluntan tutt' sti penzier ca te mis n'cap, vabbuò?>> come aveva...?
<<Rosa quando l'ho conosciuta er na criatur' e l'agg sempe protett, l'avevo promesso a Ciro.>> cominciò, prendendo posto alle sedute in prima fila mentre Maria rimase li, su quelle scale, cambiando semplicemente posizione, seduta con le ginocchia al petto, cosi da riuscire a guardarlo.
<<E grazie a ess c'agg conosciut a Carmela, è la migliore amica di Rosa...ne abbiamo passate tante assieme.>> esternò, guardando un punto fisso ai suoi piedi.
<<Rosa è parte del mio mondo e della mia realtà, ess o'sape chell ca song, ha pers tutt' cos, a mamma, duje frat...oltre a Don Salvatore, ij e Carmela simme a famiglia suoij, nun tene a nisciun...>>
<<Ha suffert assaij...si teneve ne speranz 'e s' salva, o'cor cu tutt stu dolor nun ce a fa...>> era davvero addolorata per la realtà che stava vivendo la piccola Ricci, ciò difatti, fece spegnere in lei un po' di quella sensazione molesta che aveva provato inizialmente.
<<E' proprij pe chest ca tu nun seje comme nuje.>> lo guardò confusa.
<<E pecche? Nun song miglior'e vuje.>> aveva ucciso, che cosa la rendeva diversa?
<<Perché nonostante tutto, tieni compassione, e nuje nun 'a putimme pruva', non ci è concesso, pecchè rint o'sistem' nun ce sta post' pe i sentimenti.>>
<<Però tu...>> non la lasciò terminare, sapeva cosa volesse intendere, voleva far riferimento alle tante volte che per lei, lui aveva alzato bandiera bianca, risparmiando la vita dei suoi amici.
<<Chest però è grazie a te.>> le sorrise, riprendendo a osservarla.
<<Pe chest te vogl' ricere ca...Rosa è a sor 'e Ciro e a'vogl bene.>> si alzò e la raggiunse e si inginocchiò alla sua altezza, stringendole entrambe le mani.
<<Ma tu Marì...tu si sor' a me.>> le poggiò una mano sul viso, accarezzandole il mento con il pollice.
<<E chest...nisciun o' po cagnà.>> senza dirgli nulla, poggiò la fronte su quella dell'amico, posizionando la mano dietro la sua nuca.
<<Grazie.>> gli sussurrò, grata per le sue parole, perché era ciò di cui aveva bisogno in quel momento.
Senza aggiungere altro, le lasciò un bacio sulla fronte prima di stringerla forte a sé in uno di quei abbracci spacca ossa, che però, ti aggiustavano il cuore.





SPAZIO AUTRICE.

So che ci ha trascurati e so che con ansia, attendavate un continuo, un aggiornamento, un qualsiasi mio cenno, e con grande gioia, finalmente aggiungerei, vi lascio questo piccolo (ma non tanto) assaggio di quel che sta per avvenire.
E soprattutto, grazie a voi per essere ancora qui.

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