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Capitolo 26.


Maria in quei giorni non faceva altro che farsi domande su quel che stava accadendo nella sua vita, in particolare su tutti quei nuovi sentimenti che stava provando il suo cuore.
A quanto sembrava, a lei non piacevano mica le situazioni semplici.
<<Marì! Staje ca...>> la raggiunse il giovane Di Salvo, dopo aver scostato la tenda del piccolo spazio occulto, che si trovava in sala musica.
L'aveva colta di sorpresa, come suo solito.
<<Oì.>> forzò un sorriso, cercando di non prestargli molta attenzione. Voleva cercare di mantenere le distanze, perché ogni volta che l'aveva vicino, perdeva la ragione, ed era qualcosa che non poteva permettersi.
Soprattutto, non dopo quel che stava avvenendo fra i due ultimamente.
<<E' da mezz'ora ca te sto cercann.>> l'affiancò, poggiandosi sul muro, replicando la sua posizione.
Ma come poteva stargli lontano se lui era così....lui?
<<M'he truvat, no?>> non lo guardò o almeno, provò a non farlo, e ciò confuse Carmine che non riusciva davvero a capire il perché di quel suo gesto.
<<E menomal, steve ascenne pazz.>> si ritrovò a forzare l'ennesimo sorriso davanti la millesima cosa carina che Carmine le dedicava.
Lui si stava impazzendo, perché non riusciva a trovarla. Come riusciva a rimanere inerme dinnanzi a quelle parole?
<<Seje bell stammatin, o'ssaij?>> poggiò il capo sul muro, sorridendo alla ragazza, che per poco non cadde a terra, per via delle gambe molli.
<<Sul stammatin, allor?>> Carmine rise alla sua battuta, notando che stava tentando di sciogliersi, ma da cosa, non era ancora riuscito a comprenderlo.
<<Tu seje semp bell, Marì.>> le sussurrò, scostandole una ciocca di capelli dietro le orecchie e non distogliendo lo sguardo dal suo viso. Maria invece, si ritrovò ad abbassare la testa, cercando di non ricambiare lo sguardo dell'amico, perché sapeva che altrimenti avrebbe ceduto.
<<Marì, che c'hai?>> si avvicinò a lei più del dovuto, e che qualcuno la punisca per volerne di più.
<<Niente, Cà, che dovrei tenere?>> la conosceva bene e sapeva che stava mentendo.
<<Piccrè, parl cu me, ja.>> la supplicò lui, mentre gli posò una mano sulla spalla, spronandola, ma lei continuava a tacere.
<<Oì...so' io, parlami.>> gli accarezzò una guancia con l'altra mano, cercando di farle rivelare il vero motivo del suo malumore.
<<E che t'aggia ricere?>> era così distaccata quando aveva pronunciato quella frase, che fu impossibile per Carmine non notare il muro che stava cercando di mettere tra loro.
<<Pecche staje accussi?>> domandò, osservando i lineamenti duri della ragazza.
<<Staje ngazzate cu me?>> negò con il capo, gesto che frustrò il giovane.
Era molto peggio.
<<Nun è chest...>> poggiò la testa contro il muro, chiudendo gli occhi e beandosi dell'oscurità che li contraddistingueva.
<<E allor?>> la spronò nuovamente.
Erano stati dei giorni intensi per loro, soprattutto in quelli più recenti in cui stavano cercando di scoprire se stessi e i loro sentimenti, ma non si rese conto che Maria si trovava in un punto drastico, in cui si negava persino un contatto minimo con lui.
<<Ca sta succerenn?>> si voltò verso il giovane Di Salvo, che non aveva distolto neanche per un istante l'attenzione dalla sua figura.
<<Ca vuò ricere?>> aspettò una risposta da Maria, sapendo già a cosa volesse mirare.
<<O'ssaij buon 'e cosa sto parlann.>>
<<N'agg idea.>> voleva sentirglielo dire, disperatamente. Voleva sentire uscire dalle sue labbra quelle parole. Voleva che ammettesse che stava succedendo qualcosa.
<<Sto parlann 'e chell ca stamm facenne.>> incrociò le braccia al petto, cercando di mostrarsi firme, ma tutto sembrava meno che una persona decisa, non davanti a quegli occhi.
<<E ca stamme facenne?>> sorrise Carmine, avvicinandosi al suo viso, lei non rispose, cosi parlò lui al posto suo.
<<Ij nun o'sacc, e tu principè?>>
<<Nun o'sacc manc ij.>> lo guardò negli occhi, in balia dei suoi meravigliosi lineamenti.
<<E pure si 'o sapess, comme te o' spieg?>> le delineò il volto con l'indice, non perdendosi neanche un centimetro del suo viso.
Quel che riusciva a provocargli quella ragazza, non riusciva a spiegarselo, in alcun modo.
<<Che cos'?>> riuscì a pronunciarsi a malapena, ancora incantata dalla sua bocca che pronunciava parole, parole e cos'altro?...
<<Chell ca me succer quann sto cu te...>> la sua vicinanza, il suo respiro sulle sue labbra...
Non sarebbe riuscito ad allontanarsi neanche se glielo avessero imposto. Come poteva?
<<Quanne me uarde accussi...>> la guardò dritta negli occhi, mentre la sua mano vagava per il suo viso, fino ad arrivare alla sua bocca, che sospirava pesantemente per via del suo contatto.
<<Tu o'ssaij comme me uarde, Marì?>> negò con il capo, incapace di esternare una sola parola.
<<Comme ij uarde a te.>> le afferrò il viso fra le mani, impedendole di mettere ulteriore distanza fra loro. Non che fosse sua vera intenzione allontanarlo da lei.
<<Non possiamo, Cà...>> si decise a parlare, poggiando le mani sulle sue, tentando di scostarle. Ma con quale forza di volontà stava attuando in quel modo?
<<E pecché no, Marì? Pecche seje tu a decidere pe tutt 'e duje, mh?>> si scostò di poco da lei, rimproverandola. Non era ciò che lui voleva.
<<Pecchè mo e capi' comm'è 'a vita tuoij senz' e Nina>> Carmine comprendeva il timore di Maria, ed era comprensibile, non era passato poi così tanto dalla scomparsa della ragazza, eppure lui non riusciva a contenersi, aveva disperatamente bisogno di lei, ma questo accadeva anche quando Nina era ancora viva, accadeva ancor prima del loro matrimonio, perché Maria era sempre e costantemente nella sua testa e nel suo cuore.
<<E pecche' aggia capi' pure comm'è senz'e te sta vit'?>> non poteva permettersi di perdere Maria, non avrebbe retto.
<<Ma nun l'haje ancor capit?>> scosse il capo, con gli occhi che si facevano sempre più lucidi.
<<Che cos?>> lei gli portò una mano sul viso, sorridendogli quasi tra le lacrime. Lei l'avrebbe aspettato una vita intera, non vi era alcuna fretta.
<<Io farò sempre parte della tua vita, pecche' nun me ne vache, Cà.>>
<<E allor pecchè miette 'e distanz?>> non l'avrebbe mai accettato.
<<Pecché ij nun so Nina e non lo potrò mai essere.>> si allontanò di poco da lui, facendo scivolare le sue mani sul suo petto. Aveva lo sguardo ferito.
<<E ij quanne te l'agg chiest? Tu non sei lei, è pe chest ca sto ca Marì, pecche seje tu.>> e in quel momento, Sole non ebbe la minima idea di cosa rispondergli. Cosa voleva dimostrarle con quelle parole?
<<Ma o' prublem è Nina o a paur 'e chell ca prouve pe me?>> aveva centrato in pieno il punto. Non era mai arrivata a provare sentimenti simili per qualcuno, mai e questo la terrorizzava da morire.
<<Tenghe paur'...>> lui si intenerì e gli prese nuovamente il viso fra le mani, facendo toccare i loro nasi. Sperando in un qualcosa che sembrava così lontano, ma anche così dannatamente vicino.
<<'E che cos, principè?>> non può fare così.
Non poteva parlarle in quel modo e darle quei diminutivi mentre lei cercava di mettere dei paletti.
<<Nun voglie campa' arrete l'ombra e Nina.>> e nonostante la compatisse, quella frase lo ferì.
<<E' questo quello che pensi?>> si allontanò da lei, scostandosi dal suo tocco e scottato dalle sue parole.
<<Chiste è chille ca voglie evita'.>>
<<Ij nun te facesse maje na cosa accussi.>> e chi può assicurarglielo? Sarebbe mai bastata a Maria la sua parola quando si trattava di Nina?
<<E ca ne saje?>> voleva che le parlasse, così da poterle dare ulteriori certezze e far cessare quella paura che si faceva sempre più spazio nel suo cuore.
<<Pecche Nina è stat a' person cchiù mportant ra vita mij.>> per quanto fossero vere le sue parole, le spezzarono il cuore, nonostante sapesse che si trattava della madre di sua figlia.
<<Ti sei riposto da solo.>> fece per andarsene ma lui le bloccò un braccio, spingendola contro di se e facendola scontrare con il suo petto, rimanendo come loro solito, faccia a faccia.
<<Ma io il giorno del matrimonio t'aspettav', e...per un secondo, ho sperato Marí...>> quello che stava per rivelare, era quanto di più importante potesse donarle.
<<Che speravi?>> gli chiese, ancora stordita da tutto quello che stavano vivendo.
<<Sperav 'e sentí a voc a tuoij ferma' tutt cos.>> le si bloccò il respiro e il cuore inizió a batterle all'impazzata, sorpresa e sconvolta dal suo discorso.
<<Ma che staje ricenne?>> sussurrò lei, ancora incredula per via di quel che aveva appena sentito.
<<E tu nun 'o saje quant'è tormentato o' core mij, Marì.>> questa volta, fu lei a lasciargli delle piccole carezze sul volto, notando i suoi occhi colmi di lacrime e a tratti disperati.
Davvero si sentiva così tormentato il suo cuore?
<<Arope e Nina, si nun è cu te, nun stong cu nisciun cchiù Marì, arope 'e te, nun ce sta nient...>> dopo di te non c'è niente più, Marí...
<<Non puoi star parlando seriamente...>> delle lacrime rigarono il suo volto, terrorizzata, felice, appagata, incredula e sconvolta.
Carmine provava quel che provava Maria, ma nessuno dei due era mai riuscito a comprendersi, pensando nell'eventualità di un futuro insieme.
<<Non sono mai stato così serio in tutt ra vita mij.>> le asciugò il viso, mostrandole il volto turbato dalla paura di non riuscire a farle capire quali erano i suoi sentimenti.
<<E chi 'o protegg' o core mij?>> stava piangendo. Piangeva perché quelle emozioni la stavano caricando così tanto, che non aveva idea di come avrebbe potuto reagire l'indomani. Era un costante sovraccarico di emozioni e di paure.
<<Se solo tu mi dessi la possibilità...>> lo interruppe.
<<E' tropp prest, Cà.>> non negava quali erano i suoi sentimenti e di certo credeva nelle parole di Carmine, ma era davvero troppo presto.
<<Però nun me scaccià.>> come potrebbe farlo? Non sapeva, non aveva idea di cosa significasse vivere senza di lui, l'aveva testato una volta ed era sufficiente.
<<Nun l'agg fatt.>> replicò lei.
<<Ma o' vulive fa.>> la rimproverò. Cos'era? Una gara per vincere l'ultima parola?
<<Prova a capirmi, ti prego...>> lo supplicò, sperando davvero che non se la prendesse o pensasse subito al peggio.
<<Lo faccio Marì, ti capisco, ma tu capisc pur 'a me però...>> era confusa e ci pensò lui subito a chiarirle le idee. Non aveva fatto altro nella sua vita, se non comprendere il giovane Di Salvo.
<<O'saje ca significava pe me quanne te uardave e 'o core pareve ca me vuleve asci' da o' piett? E o'saje comme me senteve quanne po' Nina me veneve a trua' ed er' costretto a guardarla rint a l'uocchie, aroppe ca 'o core mij s'ere appicciat pe n'ata femmn? Me so sentit n'ommo 'e nient, Marì.>> Sole stava per avere un arresto cardiaco. Non aveva la minima idea di quel che stava vivendo Carmine e non si aspettava di certo di esserne la causa. E anche lui non aveva la minima idea, che il suo stesso tormento, lo stava vivendo anche lei.
<<Nina nun sarà maje la tua ombra, Marì.>>
<<E come lo sai?>> la sua voce uscì in maniera debole, ancora sopraffatta dinnanzi quella confessione.
<<Perché tu eri la sua.>> non l'aveva detto davvero.
Carmine, paradossalmente parlando, si sentì sollevato dopo averle confessato quelle parole, nonostante non poté fare a meno di rimembrare tutto quello che aveva vissuto con Nina. Sarebbe stata sempre un pezzo importante della sua vita.
<<Com'è possibile?...>> sussurrò a se stessa, incapace persino di respirare. Com'erano arrivati così lontano?
<<Pecchè tu si' tutt'cos, Marì, si tutt'.>> tu sei tutto per me ma non lo sai, pensò lei.
<<Cà...>> iniziò a parlargli, cercando di ignorare le farfalle nello stomaco dopo la sua ultima frase.
<<Datti del tempo per pensare e...per comprendere quel che stai vivendo, dai un po' di tregua a sto cuore malconcio.>>
<<Tu nvece nun haje capit chell ca sta vivenn o' core mij.>> era davvero così difficile comprendere cosa stava provando e cos'era arrivato a provare per lei?
<<Carmine, tu fors nun haje capit na cosa.>> gli accarezzò il viso, sperando di attirare la sua attenzione e godersi ancora un po' la sua vicinanza.
<<Cre?>> e come la guardava...
<<Che tenghe na vita intera pe te aspetta'.>> non poté evitare di ascoltare il respiro sollevato del giovane.
<<Me 'o prometti?>> avvolse il collo di Maria con le sue mani, facendo toccare le loro fronti e far sfiorare nuovamente i loro nasi.
Ora si sentiva...leggero.
<<Te 'o promett.>> gli dedicò un sorriso e si allontanò da lui, scomparendo dietro la tenda, per tornare in sala musica, con il cuore sofferente ma leggero.

Lei l'avrebbe aspettato, era forse possibile?

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Maria si sedette sul divano, ripensando alla conversazione avvenuta poco prima con Carmine e a tutte le sue parole e al peso che aveva dato loro.
Davvero aveva sempre provato quei sentimenti per lei, e non se n'era mai accorta?
Poco dopo, notò l'ombra di un corpo avvicinarsi e solo quando prese posto accanto a lei, comprese di chi si trattava.
Edoardo.
<<Posso?>> indico lo spazio del divano vuoto e Sole non poté che annuire debolmente.
Dopo la loro piccola lite, non si erano ancora rivolti la parola e lei di certo non aveva idea di come avrebbe dovuto affrontarlo.
Non quando c'era di mezzo il sistema.
<<Ho aspettato.>> lo guardò per pochi istanti, prima di tornare a fissare un punto davanti a se.
<<E che hai aspettato?>> lui si la guardò, senza distogliere mai lo sguardo. Le era mancata, non avrebbe di certo sprecato quella opportunità.
<<Le conseguenze per averti insultato.>> non poteva negare di aspettarsi qualsiasi cosa da parte dei suoi amici fidati, un avvertimento, uno schiaffo, un dispetto, una cattiveria, qualunque cosa.
<<Ca te creriv? Ca mannav coccherune a farti del male?>> rise amaramente, dopo averla ascoltata con attenzione.
Allora davvero non aveva capito che le donne non le toccava?
<<'O sistem nun ric accussi?>> lo provocò, facendogli capire che c'era una falla, in ciò in cui diceva di credere.
<<Si con te avessi seguito 'e regole ro' sistema, gli amici tuoi sarebbero già morti.>> Maria questo lo sapeva, ma nonostante ciò, non poté evitare che dei brividi invadessero le sue braccia.
<<E pecche nun l'haje fatt? Pe te è important o' sistem.>> finalmente riprese a guardarlo e lui si sentì leggermente sollevato. Era riuscito ad attirare la sua attenzione.
<<Po' essa campa' comme nu condannato, varenne tutte e journe 'o viso tuoij chien 'e lacrime.>> tentò di sorriderle, ma quel che le aveva appena confessato era la pura verità, una delle realtà con cui non sarebbe stato in grado di convivere.
<<E comme putesse campa' sapenne ca nun me vuò ben?>> non avrebbe potuto.
<<Chest me l'adda ricere tu.>> sorrise Maria, all'ascoltare le sue parole. Un po' lo compativa Edoardo, ma dall'altra parte, non sarebbe mai stata in grado di accettare la sua vita.
<<Nun 'o putesse fa.>> gli diede un pizzico sulla guancia, causando la sua risata.
E pensare che Sole, era assolutamente sicura che il giovane Conte non gli avrebbe più rivolto la parola, e invece era stato proprio lui a fare il primo passo e ad avvicinarsi a lei, tutto pur di non perderla.
<<Marì?>> la chiamò, facendola voltare nella sua direzione.
<<Cre?>>
<<Ij apprezzo assaij chille ca faje pe me.>> apprezzava davvero quello che aveva fatto con i suoi amici per difenderlo, non voleva che pensasse il contrario.
<<E veramente sto cercann 'e separa' te da 'e regole ro sistema, ma nun è facil.>> e il fatto che non era ancora stato versato del sangue, ne era la prova.
<<E' per questo che so che hai un grande cuore, solo che è nu poche macchiat.>> entrambi risero, dinnanzi la piccola ma cruda frase della ragazza.
Edoardo era buono e avrebbe dato la sua vita per le persone che amava, ma il suo cuore era comunque stato macchiato dall'oscurità, risucchiato da un buco nero che tutti chiamavano " sistema."
<<Farò sempe coccose ca nun te piace, ma t'o giur ca nun facce niente ca te po fa' mal.>> le accarezzò i capelli, provocando che un piccolo sorriso, sì facesse spazio sul suo viso.
<<Chest o'sacc Edoà.>> lei gli bació il palmo della mano, grata per la sua vicinanza e per essere andato un po' contro quel che era la sua credenza.
<<O'sacce ca nun 'a pienze accussi, ma ij so' chiste e nun pozze cagna', Marì.>> infondo infondo, anche Maria era consapevole che quella era la vita che aveva scelto, non avrebbe potuto cambiarlo, soprattutto se non era lui a volerlo.
<<Chiste nun vuò dicere ca nun te voglie ben.>> le accarezzò nuovamente il viso, quella
volta con entrambe le mani e le dedicò un sorriso.
<<Alle volte ti urlerò contro e...probabilmente ti detesterò...>> confessò lei, sotto il suo tocco e il suo sguardo.
<<Ma chiste nun vuò dicere ca pur ij nun te voglie ben.>> sorrisero entrambi e le lasciò un bacio sulla fronte, stringendola poi in un abbraccio.

Il bene aldilà di ogni cosa.

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Mentre Maria percorreva il cortile dell'istituto, una voce attirò la sua attenzione, più precisamente, il sentir urlare il suo nome.
<<Marì!>> Pino.
<<Oi Pinù.>> si strinsero in un abbraccio, a mo' di saluto. Ultimamente non lo vedeva granché, e vi era sicuramente lo zampino di una ragazza dal nome Kubra.
Meritava un po' di felicità, la meritava davvero, quindi poteva solo essere contenta per lui e per il suo bel cuore.
<<Come stai?>> le sorrise e lui non sorrideva mai, almeno, non in quel modo bizzarro. C'era qualcosa di strano.
<<Stong buon, e tu?>> aggottò le sopracciglia, notando il suo nervosismo.
<<Ij? Na favola, Marì.>> ma che gli prendeva?
<<Comme seje bell.>> Era diventato scemo?Non smetteva di sorridere, oltre che di sparare stupidaggini, e per lo più, pareva davvero agitato.
<<Pinù, tutt'appost?>> gli toccò la fronte, per verificare che non stesse delirando per la febbre.
<<Si...pecché nun è tutt'appost?>> lo era davvero?
<<Nu sacc...te veche nu poc nervos.>> si guardò intorno, sorridendo di tanto in tanto.
Magari lo faceva per attirare l'attenzione di Kubra.
<<No, ma quanne maje.>> gli scappò una risata nervosa. L'amore l'aveva reso proprio scemo.
<<Si sicur?>> domandò lei, aggrottando le sopracciglia. Era davvero strano, ma Pino nascondeva qualcosa, qualcosa di molto importante.
<<Sicur.>> lei si ritrovò ad annuire. Poi pensò a Filippo che era appena rientrato in cella, mentre non aveva la minima idea di dove fosse finito Carmine. Era un po' che non lo vedeva.
<<Pinù.>> lo chiamò, facendolo sobbalzare.
<<Cre?>> si voltò verso di lei, tentando di mantenere un'espressione rilassata, ma tutto le parve, meno che rilassato.
<<Aro sta Carmine? Nun l'agg vist arop stammatin.>> si guardò intorno, cercando di capire dove potesse essere finito, fino a quando la sua attenzione non ricadde sul suo amico biondo, fermo davanti a lei.
La sua espressione non era più neanche lontanamente rilassata.
<<Sarà rimasto in cella.>> Maria lo guardò stranita. Come faceva a non sapere dove fosse?
<<Si, probabile, però m pare stran, no?>> chiese conferma al ragazzo, stando attenta alla sua reale reazione. Nascondeva qualcosa e su quello non aveva nessun dubbio.
<<E pecché? E' strano si nun s'arrizzat ro liette stammatin?>> lasciò perdere, fino a quando non vide Filippo correre verso di lei. E a questo che gli era preso?
<<Filì, che tieni?>> il giovane si afferrò alle sue braccia, per riprendere un po' fiato.
<<Carmine...non è in cella.>> lo guardò perplessa. E quindi che voleva dire?
<<Sarà andato a trovare a F...>> la interruppe.
<<Pirucchio questa notte si è sentito male, non è più in isolamento.>> e magicamente tutti i tasselli mancanti, completarono le sue perplessità.
<<Ma ca staje ricenne, Chiattì?>> era spaventata e scrutò anche nello sguardo di Filippo, un'immensa preoccupazione.
Ma certo...
Quest'ultima, guardò Pino negli occhi, che dopo aver sentito Filippo, aveva uno sguardo duro e la mascella tesa.
Lui lo sapeva.
<<Tu o'sapive?>> Sole si avvicinò a lui, con fare minaccioso.
<<Iss addà fa tutt cos' pe a' famigl.>> questo non fece che far arrabbiare ancor di più la ragazza, che si diresse verso il biondo pronta per attaccarlo, ma venne bloccata da Filippo giusto in tempo per evitarle di commettere qualche pazzia.
<<T'o giur, ca si succer coccos...>> non fece in tempo a terminare la frase, che vide il comandante correre verso l'infermeria.
Maria e Filippo si guardarono, comprendendo quasi immediatamente cosa volesse significare.
Carmine.
Dedicò un'ultima occhiata a Pino e inseguirono Massimo, con il petto che sembrava volerle scoppiare per la paura di quel che stava per avvenire.
<<Comandà! Comandà!>> urlò Maria una volta averlo raggiunto, senza aver inquadrato appieno la scena che vi era dinnanzi a loro. L'uomo e la giovane si guardarono, comprendendo poi la gravità della situazione.
<<Cà...>> sussurrò più a se stessa che a lui, prendendo ad osservare ciò che stava accadendo proprio davanti ai loro occhi.
Carmine era in ginocchio sul pavimento che piangeva disperato, mentre Gaetano tossiva e si teneva il collo per cercare di regolarizzare il suo respiro.
Aveva tentato di ucciderlo.
<<Ij nun so accussi...>> singhiozzò, afferrandosi il viso tra le mani, punendosi per il suo gesto.
Massimo fece un cenno a Sole e Filippo, ciò consentì loro di avvicinarsi al ragazzo per consolarlo. Aveva bisogno di loro e il comandante sapeva che, per i figli s fa tutt cos.
I giovani raggiunsero Carmine, inginocchiandosi accanto a lui, Filippo gli accarezzò i capelli, fino ad arrivare alla schiena, mentre Maria poggiò la fronte sulla sua, piangendo insieme a lui.
<<O stav pe a...>> Filippo lo interruppe.
<<Ma non l'hai fatto, Cà, perché non sei come loro.>> osservò il volto dell'amico e vide che non vi era alcun dubbio nelle sue parole, cosi lo abbracciò, stringendolo forte a sé.
<<O' stev facenne, ve o'giur'ca o' vuleve fà...>> pronunciando quelle parole, si sentì disperatamente male. Ma non l'hai fatto.
Si staccò dall'abbraccio con Filippo e guardò Maria, che aveva il volto rigato dalle lacrime.
<<Ij nun so accussi...Marì, ij nun so chest...>> pianse con lei, facendo scontrare nuovamente le loro fronti, fino a far toccare i loro nasi.
Una vicinanza disperata.
<<O'sacc Cà, tu seje megl' e tutt sta munnezz.>> gli afferrò il viso fra le mani, non consentendogli di allontanarsi da lei, anche se lui non ne aveva nessuna intenzione.
<<Vuleve sol trua' nu poche e pace, Marì...>> il volto di Carmine finì nell'incavo del collo di Maria, che lo strinse, accarezzandogli i capelli, con l'intento di calmarlo.
<<'A truove Cà, e 'a trove pure Nina...>> Maria mentre abbracciava l'amico, dedicò uno sguardo fugace a Filippo, per poi posarsi definitivamente su quello di Massimo.

Manca davvero poco, Cà. Resisti.

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