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Capitolo 23.

Era cosi strano per Maria essere tornata nell'IPM, che tutto sembrava esserle così surreale, soprattutto pensare che l'ultima cosa che le era successa in quell'istituto, era stato quasi perdere la vita.
Se ci pensava, le venivano i brividi, nel ricordare le parole di Viola e la sua eccitazione nel pronunciarle, ma soprattutto, non dimenticherà mai il suo sguardo mentre la pugnalava. Era...felice.
Godeva del suo dolore e di quello che sarebbe riuscita a causare agli altri. Come si poteva essere cosi spietati?
Maria nonostante ciò, non era arrabbiata con lei, anzi, la compativa. Aveva avuto una vita difficile e priva di amore, non poteva sapere cosa significasse tenere a qualcuno, le era stato insegnato solo a provare dolore e a godere di esso. Nient'altro.

Sole era poggiata contro il muro fuori il cortile, mentre pensava ai recenti avvenimenti, non facendo altro che torturarsi la mente, fino a quando qualcuno non l'affiancò, posizionandosi sul muro accanto a lei.
Aveva riconosciuto il suo profumo.
Carmine.
Ci furono del piccoli istanti di silenzio, prima che lui prendesse parola.
<<Comme te sient?>> le chiese, guardandola con la coda dell'occhio, anche se lei non si sbilanciò, anzi, distrattamente si voltò verso di lui, non avendo compreso quale fosse la sua domanda.
<<T fa mal?>> le indicò con il volto, la ferita che aveva all'altezza della costola.
<<Solo un po'.>> forzò un sorriso, osservando i suoi lineamenti. Sembrava cosi tormentato.
<<E tu, come stai?>> gli chiese Maria, sapendo già in partenza quale fosse la sua risposta.
<<Come voglio sta', Marì?>> rise ironicamente, dinnanzi quella domanda.
Aveva perso l'amore della sua vita, il giorno del loro matrimonio. Come doveva sentirsi?
<<Chest me l'adda' ricere tu.>> gli rispose la giovane, spronandolo ad aprirsi con lei riguardo i suoi sentimenti.
<<A' direttrice vuole ca vedo a Futura.>> quest'ultima affermazione, la confuse.
Perché non avrebbe dovuto vederla?
<<E ca ce sta 'e mal? Nun è figl' a te?>> stava davvero avendo nelle difficoltà a capire.
<<O' problem è ca quann veche a ess, veche a Nina.>> la guardò un'istante, prima di tornare a fissare un punto indefinito davanti a sé.
Ecco spiegatosi il motivo.
<<E chest nun è na cosa bell?>> il fatto che la piccola avesse ereditato i tratti della madre, per lei, era una cosa meravigliosa. Almeno quando l'avrebbe guardata, avrebbe potuto tornare a sognare e ricordare tutti i bei momenti passati con lei, quel che era certo però, era che sarebbe anche condannato a rivivere momenti, che non avrebbe riavuto mai.
<<L'ha fatt tal' e qual' a ess, pe murì aroppe?>> quel che disse, destabilizzò Maria, che si sorprese davanti la freddezza delle sue parole.
<<Ma che staje ricenne?>> sussurrò lei, voltandosi completamente verso di lui.
<<Chell c'haje sentit.>> irrigidì la mascella, non potendo reprimere il suo malessere.
<<Nina nun avesse maje volut chest pe vuje.>> e lui era assolutamente certo di questo, ma non riusciva a farne a meno. Dentro di sé, sentiva solamente una grande rabbia, e non si spiegava perché, Maria alle volte, non faceva altro che aumentargliela.
<<E tu ca ne saje?>> le domandò, assottigliando gli occhi, anche lui voltandosi verso di lei.
Aveva risvegliato il suo lupo interiore.
<<E tu ca ne saje 'e chell ca vulev Nin'?>> era arrabbiato. Tanto che, si avvicinò a lei, con uno sguardo duro e con tono rude.
<<Sacc ca nun te vulesse verè accussi, Cà.>> gli sussurrò, temendo per la sua risposta.
A stento lo riconosceva.
<<E certo, pecché tutt' quant o' sapite megl' e me, no? Tu, O'Chiattill', o' comandant, tutt quant! Ma ca ne sapite vuje 'e Nina? Ca ne sapite vuje 'e ess!? Nun sapite niente, niente!>> inveì contro di lei, facendola sobbalzare per lo spavento.
Era davvero il suo Carmine a parlarle in quel modo?
<<Noi vogliamo solo aiutarti.>> si intromise Filippo, che aveva assistito silenziosamente a tutta la scena, provocando la risata amara del riccio.
<<Te sto ricenne chell ca pienze.>> Sole fece finta che, quel che le aveva appena detto, non le avesse spezzato il cuore.
Ma era proprio quel che aveva fatto.
<<E ca me ne facc' ij 'e chell ca pienze tu?>> e quello si che la ferì nel profondo e sapeva bene di averlo fatto, ma era la rabbia a parlare per lui. Sapeva di star ferendo Maria e ciò lo stava distruggendo, ma lui era un caso perso, non poteva essere aiutato.
Nessuno avrebbe potuto salvarlo, ormai.
<<E' il dolore che...>> la interruppe, mentre cercava di giustificarlo.
<<Tu nun saje nient' e 'o dolor ca prov, nient.>> l'accusò duramente, scatenando la frustrazione della ragazza. Non ne poteva più.
<<E allor se ij nun sacc nient 'e te, si nun sacc chell ca prov e ro dolor ca sient, ca sfaccimm ce faje tu ca, eh!? Pecché me parl? Pecche staje ca!?>> questa volta, fu lei che non tollerò più il suo atteggiamento. Era stanca di essere utilizzata come sacco da boxe, davvero stanca.
<<Nun o' sacc manc ij.>> gli rispose, non pensando davvero quel che stava dicendo.
Era lì perché aveva bisogno di lei, come di nessun altro in quel momento, ma starle accanto significava riuscire a smettere di pensare a Nina, e non poteva farlo, non poteva dimenticarla così, non per un'altra donna.
Perché la stava ferendo così tanto?
<<O'ssaij na cos? Se Nina te veresse accussi...>> la interruppe nuovamente, irrigidendosi dinnanzi al nome della sua defunta ragazza.
<<Marì, nun mett' a miezze a Nina.>> l'avvertì, attirando l'attenzione di Edoardo in lontananza, che, da quando aveva sentito Maria gridare, non li aveva persi di vista neanche per un secondo.
<<Ess nun s'avesse maje 'nnamurat 'e stu Carmine ca.>> lo insultò lei, arrivandogli come un secchio di acqua ghiacciata.
Si sentì morire,perché sapeva che la sua amica aveva perfettamente ragione.
Stava diventando ciò che aveva sempre odiato.
<<Nun metter' miezze a Nina, Marì!>> le urlò contro, rimanendo ad un palmo di distanza dal suo viso. Edoardo, davanti quell'aggressività, non poté non intervenire, allontanandolo il giovane da lei.
<<Ma ca cazz staje facenn? Chest è 'a cumpagna tuoij, piezze 'e me'!>> gli diede uno spintone, facendolo indietreggiare.
<<Lievt annanz'o cazz, Edoà.>> ringhiò contro il ragazzo. Riusciva a tollerarlo sempre meno, soprattutto quando lo trovava vicino a Maria. Ogni sorriso che lei gli dedicava, ogni carezza che gli lasciava sul viso, ogni abbraccio e ogni parola di conforto, ogni minimo gesto carino che lei aveva per lui, Carmine sentiva di voler sprofondare.
<<Edo, lascia stare.>> lo scansò sotto lo sguardo indagatore del giovane, e ciò non fece altro che aumentare la sua rabbia.
Da quando era così premurosa con lui?
<<Cre, Marì? E' venuto il fidanzatino tuo?>> fissò Maria negli occhi, attendendo una sua qualsiasi reazione, sperando smentisse ciò di cui l'aveva appena "accusata".
<<Ma che cazz staje ricenne?>> lo insultò Edoardo, andandogli addosso, sentendo un desiderio spropositato di vendicare Ciro proprio in quell'esatto momento.
Non riusciva a credere al modo in cui si stesse riferendo a Maria.
Qual era il suo dannato problema?
Maria si interpose fra i due, rimanendo faccia a faccia con Carmine, che al vedere i suoi occhi, sentì tremargli la terra sotto i piedi.
<<Ma che seje diventat, Ca?>> gli sussurrò, con la voce spezzata.  Quello non era il suo amico.
<<Pecché Marì? Accussi non ti piaccio? Preferisci i camorristi?>> non riuscì a contenersi, ritrovandosi a spingerlo indietro per la cattiveria delle sue parole, e Edoardo ne approfittò per affrontarlo nuovamente da lei.
<<Adda' purta' rispett', m'he capit?>> Maria cercò di calmare il giovane Conte, scostandolo da lui, volendo guardare Carmine negli occhi.
<<Ma ca staij facenne, Cà? Tu nun seje accussi...>> al pronunciare quelle parole, dovette trattenere le lacrime, e lui si sentì morire per la millesima volta.
Non avrebbe mai voluto farla soffrire in quel modo, ma c'era qualcosa dentro di lui, che non riusciva ad identificare, non riusciva a comprendersi.
<<Te perdon, sul pecché è o' dolor ca parl pe te.>> Sole lo guardò un'ultima volta , prima di dargli definitivamente le spalle, lasciando Edoardo e Carmine soli.
Il giovane boss approfittò dell'assenza della ragazza, per avvicinarsi a lui, rimanendo a pochi centimetri dal suo viso.
<<Fall' chiagnere n'ata vota, e nun me ne fott nu cazz' ca gli seje o' frate.>> e quello sarebbe stato uno dei primi avvertimenti.
Edoardo Conte, non parlava mai invano.

E Maria non si meritava questo.
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La piccola Cirillo si era allontanata da loro, cercando di reprimere le lacrime quanto più possibile. Non riusciva a capacitarsi di quel che era appena accaduto e di quanto fosse cambiato Carmine in così poco tempo. Il dolore che provava il ragazzo era immenso e Maria ne era a conoscenza, ma davvero si meritava che lui la trattasse in quel modo? Davvero avrebbe dovuto abituarsi a quel Carmine li?

Improvvisamente, venne fermata da Pino, che avendo assistito a tutta la scena, l'aveva rincorsa, volendosi accettare che stesse bene.
<<Pinù.>> forzò un sorriso, alla vista del biondo. Era diventato un amico speciale e non ne era sorpresa. A prescindere da quel che avevano vissuto i due, Sole sapeva che Pino dentro di se aveva un grande cuore, doveva solo essere compreso.
<<Marì, staje buon?>> no Pino, per niente.
<<Si Pinù, tutt'appost.>> il ragazzo la guardò preoccupato, perché stava mentendo, e lui, quando qualcuno gli raccontava una bugia, se ne accorgeva all'istante. Aveva quel dono.
<<Iss nun 'a merit a na sore comme te.>> lei sorrise dinnanzi la dolcezza dell'amico, cosi gli avvolse le spalle con il braccio, attirandolo a sé.
<<Però tu seje frat a me, o'ver?>> lui la guardò serio, sperando capisse l'importanza di ciò che stava per dirle.
<<Semp, Marì, tu seje a sora mij.>> e per un momento, a Maria si alleggerì il cuore.
<<E allor ca me ne fott 'e iss?>> gli scompigliò i capelli, causando la sua risata.
In realtà stava morendo dentro.
<<Te vogl bene assaij, Marì, nun te o' scurdà.>> Pinú, sei speciale.
<<E ij a te, Pinù.>> lo strinse in un abbraccio.

Era l'unica cosa di cui aveva davvero bisogno in quel momento.

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I ragazzi si trovavano in sala musica, passando in qualche modo l'ora libera che avevano a disposizione. Maria era in compagnia di Gianni e Pino mentre Carmine se ne stava da solo seduto sul pianoforte, non distogliendo lo sguardo dalla sua amica. Non faceva altro che ripensare al modo in cui l'aveva trattata e al modo in cui lei l'aveva guardato, era delusa da lui e anche lui lo era di sé stesso.
Edoardo invece, era seduto solo sul divano rosso posizionato al centro della stanza, e quando notò Maria sorridergli, le fece cenno di raggiungerlo, e la ragazza non poté rifiutarsi.
Si sedette accanto a lui, sotto la supervisione del giovane Di Salvo. Era lui che la stava spingendo fra le sue braccia e neanche se ne rendeva conto.
<<Adda' fernì a fa 'e burdell pe me.>> lo rimproverò lei.
In realtà era grata ad Edoardo per esserci, sempre.
<<Marì, annanz' a me nisciun te può tratta' accussì, maje.>> sorrise, lasciandole una rapida carezza sul viso.
Ed era vero, non l'avrebbe mai permesso.
<<Sta suffrenn, Edoà.>> provò a giustificarlo.
<<Pur tu stive suffrenn, Marì.>> era quasi morta e lei non smetteva di pensare nella sofferenza degli altri. Cercava di giustificare anche l'ingiustificabile.
<<Nun è 'a stessa cos'.>> sospirò, dinnanzi alle sue parole. Forse aveva ragione, ma non l'avrebbe di certo ammesso.
<<Però nun vogl parla' 'e chest.>> si mise comoda, sorridendo maliziosamente al giovane. E ora che le prendeva?
<<E co sta faccia 'e che vuò parla'?>> sorrise lui, divertito.
<<Comme sta Teresa?>> rise lei, e notando l'espressione di Edoardo, le si cancellò subito il ghigno dalla faccia.
<<Cre?>> lo incitò a parlare, rendendosi conto si era persa un bel po' di cose.
<<Teresa ha scoperto che sto con Carmela e...che ho un figlio.>> un secondo...un figlio? E quando sarebbe avvenuto il fatto?
<<Tieni un figlio?>> lo guardò sconvolta, non essendone a conoscenza. Lui la rimproverò con lo sguardo, non volendo approfondire quel tema, cosi lei rilassò i muscoli del viso subito dopo, lasciandolo continuare.
<<Liz le ha ritt tutt cos e mo nun me vuò verè.>> era certa che non l'avesse fatto con cattive intenzioni, Liz gli voleva un gran bene.
<<Edoà, te vuò bene ma mo nun è facil pe ess aroppe chell c'ha scopert.>> gli accarezzò la spalla, infondendogli coraggio. Non che il fatto che mantenesse il piede in due staffe fosse corretto, ma era la sua vita, e non spettava a lei dirgli come viverla.
<<Nun sacc chell c'aggia fa.>> poggiò la testa sullo schienale della poltrona. Sembrava davvero disperato.
<<Dalle tempo, adesso è ferita, ma tu adda' fa na scelt, Edoà. Nun 'e può tene tutte e duje.>>
<<Carmela è 'a donna ra vita mij, ma Teresa...>> esternò, guardando un punto indefinito nella stanza, con un gran sorriso sulle labbra.
<<Te seje 'nnamurat, Edoà.>> sorrise lei, nel vedere il suo volto. Sembrava un bambino.
<<Sto ascenne pazze, Marì.>> si avvicinò di più a lui, per fare in modo che il giovane prendesse seriamente le parole che stava per dirgli.
<<Sul pecché si convint' ca Carmela è 'a donna ra vita tuoij, nun signific ca è davver' accussì. Pienze buon 'a te spusa', pecché poi nun se torne arret.>> gli lasciò un bacio sulla guancia, incapace di reggere ancora lo sguardo pesante di Carmine su di sé. Era intollerabile.
<<Veche chell ca pozz'fa.>> gli fece l'occhiolino, lasciandola andare, mente il giovane Conte rimase solo con i suoi pensieri.

Maria si alzò dal divano per andare a prendere una boccata d'aria, dopo averlo riferito alla guardia di turno, che acconsentì subito dopo.
Fuori il cortile, incontrò Filippo, che era scomparso quasi tutta la mattinata. Non lo vedeva dal suo ultimo battibecco con Carmine.
<<Filì...>> sorrise nel vederlo, avvicinandosi all'amico.
<<Aro seje stat?>> fece per rispondere, ma Maria non poté non notare il livido che aveva all'altezza dello zigomo. Gli prese il volto fra le mani, per osservarlo più da vicino.
<<Cre sta cos, Filì?>> continuava ad osservare l'ematoma sul suo viso.
Ecco perché non si era fatto vedere.
<<Non è niente, Sole...>> abbassò lo sguardo, incapace di parlare su quel che era successo.
<<Chiattì, chi è stato?>> e non voleva sentire stronzate. Voleva il suo nome.
<<Nessuno, sono caduto mentre...>> lo interruppe. Stava cercando di mentirle, per non farla preoccupare, ma con Maria non funzionava in quel modo.
<<Filì, te pienze ca so accussi scem?>> lasciò il suo volto per guardarlo severamente.
Non voleva bugie.
<<A' state Edoardo? E cumpagn suoij?>> lui negò. Si era affezionato tanto ad Edoardo, erano diventati amici, ma non gli avrebbe mai permesso di far male alle persone che amava, e loro avevano dei conti in sospeso con il giovane, per la questione di Ciro, quindi era stato il primo a cui aveva pensato.
<<Chiattì, si è accussì...>> questa volta fu lui ad interromperla.
<<Non sono stati loro.>> rispose, guardando duramente dietro la figura della giovane. Lei confusa, si voltò in direzione dello sguardo di Filippo e per poco non spalancò la bocca dalla sorpresa.
Carmine.
Era fermo in cortile, fuori la porta dell'aula, probabilmente avendo voluto seguire la giovane per parlare, solo che il destino aveva avuto altri piani per loro.
<<No...>> sussurrò, scuotendo la testa, non riuscendo a collegare quel che aveva appena scoperto.
Era stato davvero lui a fargli questo?
<<E' stato Carmine?>> gli chiese, fissando duramente il giovane Di Salvo, che aveva appena dato un motivo in più alla giovane per disprezzarlo. O almeno, questo è ciò che credeva lui.
<<Maria...>> Filippo cercava di alleggerire la situazione, ricordandole la sofferenza che stava provando, ma ciò per Sole, non poteva essere una giustificazione, non con coloro che amava.
<<A' stat iss, Filì?>> il giovane non gli rispose, facendole capire che la sua risposta era affermativa.
Sentì dentro di lei qualcosa rompersi e ardere allo stesso tempo. Era ferita, delusa per come aveva deciso di affrontare il suo lutto e il suo dolore, ma era anche furiosa, perché non gli avrebbe mai permesso di utilizzare il suo amico come sacco da boxe.
<<Sole, per favore, lascia stare.>> tentò di farla ragionare ma con scarsi risultati, lei si era già diretta a passo svelto verso Carmine, lasciando Filippo da solo, dall'altra parte del campo.
<<Co u' cazz!>> esclamò.
Una volta piazzatasi davanti a lui, lo spinse con una tale forza, che il ragazzo si trovò ad indietreggiare di vari passi.
<<Marí, ca staje facenn?...>> le sussurrò l'amico, vedendo il suo sguardo furioso. Aveva il volto esausto, era stanco di sentirsi sempre così arrabbiato, ma non conosceva un altro modo per placare la sua ira, e dinnanzi la sua violenza, lei non voleva sentire ragioni.
<<Quindi è chest ca faje mo? Prendi a pugni 'e cumpagn?>> lo spinse e si ritrovò ad indietreggiare nuovamente.
Sapeva di meritarlo, difatti la lasciò fare.
<<E' chest chell ca vuò diventà? Vuò ferì a chi te vuò bene?>> gridava. Gridava con tutte le forze che aveva in corpo. Aveva taciuto per troppo tempo ed era stanca.
<<E allor muovt! Ca staje aspettann? Rimm' tutt chell ca sient, ja! Urlami contro tutt' chell ca vuò, mo o' può fa, no? Allor fall, Cà! Fall!>> per il tanto urlare però, iniziò a farle male la ferita, all'altezza del polmone.
Fece pressione con la mano sinistra, all'altezza della fasciatura, per cercare di alleviare un po' il fastidio, ma stava utilizzando troppo fiato, e a lei ultimamente, l'ossigeno le scarseggiava.
<<Marì, bast!...Te staje facenn mal accussì.>> si avvicinò a lei, con l'intenzione di aiutarla e assicurarsi che stesse bene, ma lei si scostò rapidamente, non volendo alcun contatto con il giovane. Dinnanzi al suo gesto, Carmine voleva sprofondare, perché avrebbe solo voluto stringerla a se e dirle che aveva bisogno di lei, invece non faceva altro che allontanarla da lui, ferendola con le sue parole.
<<Adda' sta accort co sta ferit.>> gli sussurrò sofferente, dopo il distanziamento che aveva preso verso di lui.
Ma che si aspettava? Dopo tutto ciò che le aveva detto, dopo come l'aveva trattata, era fortunato se lo guardava ancora in faccia.
<<E a te ca cazz te ne fott, mh?>> gli rimproverò con i denti stretti, cercando di calmare il dolore che stava provando lungo il fianco, ma la sfacciataggine dell'amico nel volerla aiutare, non aiutava la situazione.
<<Pecche nuje simme frate.>> sussurrò queste parole con un macigno del petto, avendo il terrore della sua reazione.
Carmine sapeva che non era stato un fratello per loro in quel momento.
Maria si ritrovò a scuotere il capo, ridendo amaramente, in segno di negazione.
La sua reazione gli spezzò il cuore.
Come osava lui parlare della loro fratellanza, quando non aveva fatto altro che allontanarli e trattarli come fossero spazzatura? È facile agire in quel modo, quando si è mossi dal dolore.
<<Chest nun è chell c'haje dimostrat.>>
<<Iss è frat 'a te, ma tu?>> lo accusò, indicando Filippo in lontananza.
Nel bene e nel male loro gli sarebbero rimasti sempre accanto, ma in qualche modo, lui doveva capire.
Lui stava soffrendo e li stava trascinando con sè, doveva reagire, il più presto possibile.
<<Iss ha rinunciat a tutt cos pe te salvà, pecche è chest ca fanne 'e frate.>> disse lei, in preda al nervosismo.
<<Ij nun agg chiest niente a nisciun, pecché nisciun me può salvà, o' vuó capì o no?>> urlò contro di lei, in balia della frustrazione.
Era così stanco di essere arrabbiato.
<<Nessuno si salva da solo, Cà, nisciun.>> sussurrò lei, riuscendo a placare il suo dolore fisico e regolarizzando meglio il respiro.
<<Tu me seje o' frate e nuje stamme cu te semp, pecché te vulimme ben.>> iniziò lei, avvicinandosi di poco di fronte a lui.
<<Ma 'a prossima vota ca manc 'e rispett a nu cumpagn, conoscerai a na Maria ca nun haje maje vist.>> detto ciò, lo guardò un'ultima volta per poi dargli definiticamente le spalle.
Filippo era il suo migliore amico, lui non gli avrebbe mai detto nulla, ma lei una cosa del genere non l'avrebbe permessa nuovamente.
<<Maria.>> la chiamò una volta, attirando la sua attenzione, ma lo ignorò, così iniziò a camminarle dietro, con l'intenzione di affiancarla.
<<Mari, torn ca!>> non poteva lasciarla andare in quel modo e con quella delusione negli occhi. Non poteva odiarlo, lei no.
<<Marì Sò!>> le gridò, sperando si fermasse, ma ciò non accadde.
<<Nun me scassa 'o cazz, Cà!>> non si voltò neanche, ma lui non di arrese e la raggiunse, bloccandole un braccio. Cosi facendo, la fece voltare verso di lui, facendola sbattere contro il suo petto, ciò la destabilizzò, tanto che lei dovette aggrapparsi alle sue spalle per non cadere.
Erano pochi millimetri, quelli che separavano le loro bocche l'una dall'altra e Carmine, a quella vicinanza, sentì un fremito nel cuore.
Non l'aveva mai sentita cosi, né tanto meno l'aveva mai avuta cosi vicino, non così tanto da potersi memorizzare ogni piccolo particolare delle sue labbra. Cosa gli stava succedendo? Lui non l'aveva mai pensata in quel modo. Vero?...
Le portò una mano sul viso, lasciandole delle piccole carezze, mentre lei osservava ogni suo minimo movimento.
Era rimasta immobile, sotto il suo tocco.
Poco prima stavano litigando e urlandosi contro le peggio cose, e ora?...Cosa stavano facendo?
Lui le delineò il contorno della labbra con il pollice, non riuscendo a distogliere lo sguardo da esse. Come si fermava il tempo?
<<Mi dispiace, Marì...>> sussurrandole quelle parole, la guardò negli occhi, sentendo il suo respiro sul suo viso, facendola quasi rimanere senza fiato.
I loro nasi si toccavano e i suoi ricci gli accarezzavano la fronte, solleticandole il volto.
Cosa diavolo stavano combinando?

Maria poco dopo, si rese conto di quel che stava per accadere fra i due e tornò alla realtà, allontanandosi da lui e ridando ossigeno ai suoi polmoni. Carmine invece, nel sentire la sua lontananza, gli si formò un macigno del petto. Perché ora si sentiva cosi?
<<Nun è cu me ca t'adda' scusa'.>> lei lo guardò per l'ultima volta, per poi dargli definitivamente le spalle.
Voleva allontanarsi da lui e da quel che era appena accaduto, il più presto possibile.

Ma poi...cos'era accaduto realmente?

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