Capitolo 2.
Naditza aveva lasciato sola la sua compagna di cella per qualche minuto, non potendo resistere nel parlare nuovamente con il suo amato Filippo. Era cosi presa da lui, che a momenti dimenticava il suo nome.
L'ammor, che brutta malattia.
Maria si ritrovava ad osservare le ragazze giocare dal di fuori della rete, non si era ancora integrata del tutto e non si sentiva pronta ad interagire con tutto il gruppo, nonostante non sembravano essere tutte cosi arpie come parevano apparire.
Qualcuno l'affiancò senza dire nulla, questo la fece voltare leggermente in direzione della persona posizionata di fianco a lei e solo allora, riuscì a dare un volto e un nome alla sagoma alla sua sinistra.
<<Carmine Di Salvo.>> abbozzò un sorriso.
Il ragazzo non sapeva se essere lieto o rammaricato che la giovane sapesse il suo nome. Odiava che la fama della sua famiglia potesse precederlo come persona, non era mai riuscito a tollerarlo.
<<Accussi nun va buon però, tu sai chi sono e io nun sacce manc o nomm tuoij.>>riprese a guardarla con insistenza, questa volta però, le sorrise.
<<Non so chi sei, conosco solo il tuo nome.>> non ancora si era azzardata a voltarsi del tutto verso il ragazzo, mentre lui non sembrava voler fare nient'altro. C'era qualcosa in lui, che la distraeva, la mandava in totale confusione.
<<E sapere il mio nome non ti da già una risposta su chi sono?>> incrociò le braccia all'altezza del petto, aspettando una risposta. Il giovane di Salvo, si chiese se fosse possibile essere cosi nervosi per il parere dell'ultima arrivata.
<<Un nome è solo un nome, non definisce quello che sei.>> non si scompose e continuò a guardare le sue compagne. ''Comm si bell. Tiene 'o core cosi puro.'' pensò di Salvo.
Lui scostò lo sguardo verso il campo, facendo regnare il silenzio tra i due, interrotto poco dopo dalla giovane Cirillo.
Era la prima volta che una persona che non conosceva, non lo riteneva un condannato per il cognome che aveva. ''Un nome è solo un nome.'' Peccat che solo tu a pienze accussi.
<<Mi chiamo Maria, Maria Sole.>> e si decise a guardarlo negli occhi. Mamma mij, comm'er bell.
<<Ti sei integrata bene, Marì?>> chiese premuroso e al col tempo divertito.
<<Abbastanza.>> le scappò un sorriso, pensando alla discussione con Totò e alle sue nuove ''coinquiline''.
<<T'agg vist.>> si voltò di scatto verso di lui, ma quest'ultimo continuava a guardare davanti a sé. Decise di ignorare la sua osservazione, cambiando totalmente il soggetto della conversazione.
<<E tu?>>
<<Cre?>> questa volta si, si decise a guardarla. Desiderava non averlo fatto.
<<Sembri tormentato. Che tieni?>> e si girò completamente verso di lui, incitandolo a parlare e ad esorcizzare i suoi demoni ma Sole sapeva che non l'avrebbe fatto, non la conosceva da abbastanza tempo da capire di potersi fidare, eppure Carmine sentiva di poterlo fare, il problema è che non voleva. Non voleva portare giù con sé altra gente.
<<Niente. Nu poche e penzier'.>> decise di stuzzicarlo un po'.
<<Mi hanno detto che ti definiscono nu piecur a mmiezze a nu' branco e lupi.>> azzardò la giovane e vide che Carmine si rabbuiò. Sembrava ferito.
<<Allor è pe chest ca m'haje ritt ca un nome è sol nu nom, pecché saij ca m chiammane o' Piecuro.>> sorrise amaramente, avendo toccato un tasto dolente. Solo i fidati di Ciro lo chiamavano in quel modo.
<<Forse è pecchè ce sta nu poc 'e verità nel soprannome che ti hanno dato.>> Carmine si avvicinò alla giovane, con la mascella contratta.
<<Che staij ricenne, Marì?>>
<<Quando non sai cosa fare, ricordati che si O' Piecuro, nun te 'o scorda.>> lei gli sorrise dolcemente.
<<Che vuò dicere?>> girò il capo verso di lei, non distogliendo lo sguardo neanche per un secondo, in attesa della sua risposta.
<<Ca fors è over ca si divers. Nun te fa sbrana raje lupi >> e senza aggiungere altro, lo lasciò lì, con mille domande e mille dubbi nella testa.
''Ma over fai, Marì?'' pensò Carmine dentro di sé.
<<Di Salvo, preparati! Oggi giro in barca!>> gli strillò l'educatore, Beppe.
<<Marì, aspett!>> ''Ricordati che si O' Piecuro, nun te 'o scorda. Nun te fa sbrana raje lupi.''
<<Divertiti Cà.>> Maria Sole gli dedicò un grande sorriso, senza dargli la possibilità di ribattere.
Era riuscita a rendere il suo soprannome, una rarità.
''Ma comm faij, Marì?''
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<<Marì! Marì!>> Naditza corse verso di lei senza fiato. Da quando aveva conosciuto Naditza non si sorprendeva più di nulla, ormai. Era una ragazza folle.
<<Cre, Nadì? Si scem? M'hai spaventata.>> disse mettendosi una mano sul petto.
Dopo la conversazione con Carmine, si era allontanata per farlo preparare per la sua uscita in barca, sapeva che non aveva bisogno che lei l'opprimesse con le sue storielle e le sue filosofie e non avevano quella confidenza tale che le consentiva di dirgli tutto quello che pensava, in maniera cruda e realistica.
<<Marì so tropp contenta.>> esclamò stringendo forte a sé la sua amica.
<<Che è successo?>> sorrise nel vederla cosi allegra.
<<E' O'Chiattill!>>
<<O' Chiattillo? E chi è mo chist?>>
<<Filippo, Marì! Quello che sta semp co Carmine.>> le diede una pacca sulla spalla. Avrebbe dovuto spiegarle parecchie cose.
<<E quind?>>
<<C'hanno dato i permessi per uscire.>> strinse forte le mani di Sole, per contenere l'entusiasmo.
<<Uscite insieme, no?>> disse ovvia, ma per Nad, tanta ovvietà non vi era.
<<Mi ha detto che stanotte va in un bell'albergo e mi ha dato pure le indicazioni per arrivarci.>>
<<E tu ci vai, no?>> la spronò nuovamente l'amica.
<<Nun o'sacc, Marì!>>
<<Ma che staij ricenne? Te l'ha detto perché vuole che lo raggiungi.>>
<<Dici?>> e le sorrise. Sapeva che aveva bisogno che qualcuno le dicesse che lui la desiderava, che lei era abbastanza, se non di più, aveva bisogno di sentirsi dire che doveva andare da lui perché lei era importante, lei valeva.
<<Ma che stai aspettando? Va'!>> strillò Cirillo. Naditza l'abbracciò stretta a sé e scappò rapida, veloce come un battito di ciglia diretta dal suo amato.
<<E' un uragano, eh?>> qualcuno dietro di lei attirò la sua attenzione.
Era la ragazza che era arrivata qualche giorno prima di lei. Ricordava chiamarsi...Gemma.
Aveva uno sguardo cosi spento, troppo stanco per combattere da sola i suoi demoni. Eppure, il dolore e la paura negli occhi di Gemma non le erano sconosciuti, anzi, le sembravano fin troppo familiari. Vederla in compagnia di Viola, la faceva preoccupare ancora di più. Quella ragazza non era una presenza stabile e sana nella vita di una persona vulnerabile come Gemma.
<<Gemma, giusto?>> lei annuì. Le fece cenno di seguirla, cosi da sedersi insieme nella panchina, dentro il campo femminile.
<<Io sono Maria Sole.>> Gemma abbassò un po' il capo, sorridendo. Simbolo di sottomissione.
<<Si, sei nella cella di fronte la mia.>> azzardò la ragazza.
<<Esatto.>>
<<Ti vedo spesso con Naditza e lei non passa di certo inosservata.>> le regalò un commento che poteva sembrare azzardato, ma Maria sapeva che non vi era cattiveria alcuna nelle parole della giovane.
<<Si, è una delle poche ragazze con cui ho legato di più.>> rise, scuotendo la testa, ripensando alla pazzia della sua nuova amica.
<<Ti vedo spenta. Qualcosa di davvero grande deve tormentare il tuo cuore per renderti cosi vulnerabile.>> le scostò una ciocca di capelli, per porgerla dietro l'orecchio sinistro.
<<Non mi importa del mio cuore, né tanto meno del mio dolore. Devo pagare per quello che ho fatto.>> non la guardava. Si vergognava di sè stessa.
<<Piccre, tutti abbiamo un motivo per essere qui.>> le accarezzò la testa, per rassicurarla.
<<La mia famiglia ha già sofferto abbastanza per causa mia.>> scosse la testa, ignara di pensare che lei potesse meritare una seconda possibilità di vita.
<<Nun stann già soffrendo, vedendoti cosi? Chest nun è già na condanna sufficiente?>> le lasciò il volto, che aveva precedentemente avvolto con le sue mani e le diede una carezza sulla spalla, andando via. La lasciò lì, ripensando alle sue parole, torturandosi ancora un po'.
<<Uè, zucchero filato.>> il gruppo di Ricci notò la giovane percorrere i campetti per rientrare in cella e il rosso non poté non divertirsi un po' provocando la nuova.
<<Uè Totò.>> rispose scocciata, non degnandolo di uno sguardo.
<<Cre? Ti sono mancato?>> disse da dietro la rete e Sole scosse il capo rassegnata.
<<Assaij.>> le rispose ironicamente.
<<Allora vedi che possiamo essere grandi amici io e te? Io, o' pesc e a' fessa tuoij.>> si avvicinò alla rete dove vi era poggiato quest'ultimo, sorridendogli in maniera strafottente. Stu scem.
<<Ij co na capa e cazz comme te, nun tenghe niente ca spartr.>> tutti erano divertiti e si lasciarono andare in una grande risata, mentre Ciro dava divertito delle pacche sulla spalla di Totò. ''Cert che sta ragazza è na potenz.'', penso il penultimo dei Ricci.
<<Marì Sò, non essere accussi aggressiv.>> si intromise Edorardo con un sorrisetto sghembo in viso.
<<Vatten, va!>> detto ciò, si dileguò verso la sua cella, sperando di poter riposare e staccare da tutt stu burdell.
Maria Sole si era ormai rassegnata a quell'ammasso di testosterone.
Doveva farci l'abitudine, quindi, meglio farlo in fretta e adeguarsi.
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