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Capitolo 19.

Paola era riuscita a prolungare il permesso di Filippo, consentendogli di assistere al funerale di Nina e soprattutto, prendersi cura di Carmine, che in quei giorni, sembrava essere cambiato notevolmente.
La perdita della neo sposa aveva devastato il giovane, che continuava a torturarsi e sentirsi colpevole della sua scomparsa, probabilmente per via del suo cognome e per la reputazione della sua famiglia, di cui non faceva altro che vergognarsi.
Avevano avuto una bambina insieme, si erano appena sposati, perché il destino aveva voluto separarli cosi presto? Perché era stato cosi crudele? Perché si era preso l'anima innocente di Nina e non la sua? Troppe domande a cui nessuno sarebbe stato mai in grado di rispondere.

Ad un ora dal rientro di Filippo nell'IPM, lui, Massimo e Carmine, si trovavano nella casa di quest'ultimo per passare insieme quel po' di tempo che avevano ancora a disposizione, prima di doversi salutare.
<<E' bell sta cas', Cà.>> disse il comandante, guardandosi attorno. Quel suo commento non aveva fatto altro che peggiorare il suo umore, facendogli ricordare che Nina era l'artefice dell'arredamento non ancora portato a termine, era lei a voler dare un po' di luce e colore a quella che sarebbe dovuta diventare la loro casa.
<<E' vuot senz'e Nin.>> rispose, guardando un punto indefinito davanti a se.
<<Ma non lo sarà con Futura.>> tentò di migliorare le cose Filippo, nel menzionargli il nome di sua figlia.
<<Nun è 'a stessa cosa, Chiattì.>> il suo volto era così stanco e distrutto.
<<Troverai il modo di riempire questo vuoto, Cà. Devi solo darti tempo.>> aggiunse il comandante, in pena per il ragazzo che sembrava trovarsi sul bordo di un burrone.
<<Chell ca nun ha tenut Nina, comandà.>> e l'uomo, di questo, ne era consapevole purtroppo.
<<O' tiemp è una delle poche cose ca t può aiutà.>> si sporse un po' verso di lui, stringendogli la mano.
<<Sul o' tiemp, comandà. Pecché una delle poche cose di cui tenev bisogn, nun sta cca, pecché nun glien a' fottut niente, manc ca Nina nun sta cchiù ca.>> e da quelle parole, potè sentire tutto il suo risentimento verso la piccola Cirillo.
Lei non era presente neanche in quel momento così distruttivo per lui, l'aveva abbandonato, sull'altare e alla perdita di sua moglie. Non gliene era importato niente.
<<Carmine...però ij so sicur ca Maria sta male assaij pe chell ca t success.>> provò a rimediare Massimo, sapendo dentro di sé quanto stesse peggiorando le cose. Odiava dovergli nascondere la verità.
<<E pecche nun sta ca, comandà? O'Chiattill nun m'ha rat n'attim 'e respir e ess nun sta manc ca cu me? Pecché?>> urlò Carmine, alzandosi dalla sua seduta e scaraventando la sedia in direzione della finestra, fortunatamente non riuscendo a colpirla.
<<Chest nun o'sacc, Cà...però so ca nun l'ha fatt pe te fa suffrì, so sicur 'e chest.>> lui rimase seduto ed inerme dinnanzi la sua reazione.
Aveva rimandato fin troppo quello sfogo.
<<Ij l'unica cos' di cui so sicur, è ca ij nun tenghe bisogno 'e ess.>> si posizionò davanti la finestra, concentrato sulla piazza che ridava di fronte il suo balcone.
<<Ma che dici, Cà?>> saltò sull'attenti l'amico, incapace di credere nelle sue parole ma comprendendo il suo risentimento.
<<'A verità.>> non lo guardò neanche.
<<Non lo pensi veramente.>> affermò il milanese.
<<E tu che ne sai 'e chell che pienz? Che ne sai 'e chell che prov? Nun sai niente, Chiattì, niente.>> si avvicinò a lui, rimanendo faccia a faccia con l'amico, che non si era scostato neanche di un centimetro.
<<Sta solo cercando di aiutarti..>> tentò di calmarlo il comandante, ma ciò non fece che innervosirlo ancora di più.
<<Potete riportare Nina da me, comandà? Potete ridare a mia figlia sua madre? Me putite purtà all'assassin 'e Nina a ca? Annanz a me? O' putite fa'?>> urlò, dirigendosi verso l'uomo, che lo guardava con un dolore nel cuore.
<<Sai che non...>> non riuscì a terminare la frase, perché lo sguardo di Carmine lo ferì nel profondo. Tutta quella sofferenza che stava provando, il modo in cui si stava struggendo...sperava solo che il ragazzo potesse riprendersi quanto prima.
<<Allora nun me putite aiutà, comandà.>> detto questo, diede le spalle ad entrambi, tornando a guardare un punto indefinito, fuori la finestra.

Questo era solo l'inizio.

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La conversazione che aveva avuto con Carmine, aveva reso Filippo molto irrequieto e frustrato, soprattutto non conoscendo il motivo dell'assenza della giovane e del perché non fosse li con loro in quel momento. Carmine aveva bisogno di loro come non ne aveva mai avuto nella sua vita e lei non c'era. Voleva sapere perché. Voleva guardarla negli occhi e sentire dalla sua bocca una spiegazione, una qualsiasi, ma voleva delle risposte.

Una volta sorpassato il cancello dell'IPM, il giovane milanese si diresse in tutta fretta alla ricerca della sua amica, guardandosi intorno e soffermandosi nei posti a loro più comuni, ma non era riuscito ad inquadrarla, da nessuna parte. Provò a dirigersi verso la sala musica ma il comandante lo bloccò, afferrandogli un braccio, sotto lo sguardo confuso di lui.
<<Aro' vaij?>> non era ovvio?
<<Devo parlare con Maria.>> Massimo sospirò e gli fece cenno di seguirlo.
<<Vieni con me.>> aggrottò le sopracciglia non comprendendo le sue intenzioni ma si limitò ad annuire e seguirlo.
L'uomo portò il giovane sul terrazzo, lontano dagli occhi indiscreti dei suoi compagni e per lasciare lui la libertà di reagire come meglio credeva dinnanzi a ciò che stava per dirgli.
<<Che ci facciamo qua?>> chiese Filippo, osservando il luogo in cui l'aveva portato. <<Filippo...non puoi parlare con Maria.>> ignorò la precedente domanda e proseguì il suo discorso.
<<Cosa vuol dire che non posso parlarle? E' successo qual...>> lo interruppe.
<<Non puoi parlarle perché non si trova nell'IPM.>> concluse.
<<Non...è qui? E dov'è? Ha avuto un permesso? Ha avuto un permesso e non...>> si bloccò quando vide il volto tormentato del comandante. Era successo qualcosa.
<<Che è successo?>> Perché aveva paura di ascoltare la sua risposta?
<<Maria è ricoverata in ospedale...è molto grave, Filì..>> non riuscì a metabolizzare subito quella frase, gli era arrivata in testa come un suono distorto, impercettibile, fastidioso e lancinante. Cosa stava dicendo?
<<No...state scherzando, vero?>> rise, volendo credere che le sue parole si trattassero di uno scherzo, perché non poteva essere diversamente, doveva esserlo per forza.
<<No...no!>> si mise le mani fra i capelli, facendosi prendere dal panico.
Maria non poteva star morendo, lei non gli avrebbe mai fatto una cosa così, non li avrebbe mai lasciati.
Non poteva...non voleva accettarlo.
<<Non è possibile! Non...Maria, lei...io l'ho vista, le ho parlato poco prima del matrimonio, stava bene.>> pronunciò quelle parole, più a se stesso che all'uomo che aveva di fronte.
Non stava accadendo davvero.
<<Com'è successo!?>> sussurrò, quasi in lacrime, inginocchiadosi sul pavimento.
Gli faceva male il petto e a stento riusciva a respirare, come diavolo era potuto accadere?
<<Prima del matrimonio ha avuto una discussione con Viola...lei l'ha seguita in sala musica e dopo essersi assicurata che fosse sola...l'ha pugnalata...con un cacciavite.>> nello stesso modo in cui era morto Ciro.
Il ragazzo si irrigidì, pensando nella dinamica dell'accaduto e nel modo in cui la rossa non aveva avuto pietà della sua amica, neanche il giorno del matrimonio di Carmine.
Aveva usato un cacciavite, proprio come aveva fatto lui per difendersi dall'aggressione di Ciro, e poi era andata in sala musica, il posto in cui Filippo e Maria davano vita alla loro arte e alle loro emozioni, Viola era riuscita a rovinare anche quello.
<<Avete detto...in sala musica?>> e poi si ricordò del motivo che aveva spinto la sua amica a trovarsi in quel luogo prima del matrimonio.
<<Lei...aveva i tuoi spartiti in mano.>> e a quella confessione, non poté più contenersi e si lasciò andare ad un pianto disperato, prendendosi il viso tra le mani, tentando di nascondere i suoi singhiozzi.
<<Stava venendo al matrimonio.>> gli disse il comandante, per confermare lui che non li aveva abbandonati in quel giorno così speciale.
<<Non se lo sarebbe mai perso...>> e quella volta si, parlò a sé stesso, sentendosi in colpa per aver dubitato di Sole, anche solo per un'istante.
<<Carmine...dobbiamo dirlo a Carmine.>> l'uomo nel sentir quelle parole, si inginocchiò alla sua altezza.
<<Carmine nun adda' sape'...>> gli mise una mano sulla spalla, cercando di convincere più se stesso, che il giovane milanese.
<<No...io non...non posso. Non posso fargli questo, non me lo perdonerebbe mai.>> scosse il capo in segno di negazione, asciugandosi di fretta il viso.
<<La direttrice crede che sia meglio cosi.>> sospirò lui, non d'accordo con la sua decisione.
<<Non me ne frega un cazzo di quello che lei crede sia meglio per lui, deve saperlo.>> sbottò, non avendo alcun dubbio sul da farsi.
<<E sarebbe in grado di sopportare un dolore del genere, dopo chell' che è success 'a Nina?>> si ritrovò a chiedergli Massimo, cercando in lui una conferma, se parlarne al giovane Di Salvo.
<<Non avete visto il suo sguardo quando ha dovuto percorrere la navata da solo, senza Maria? Se sapesse di averla odiata mentre stava per morire...>> non terminò la frase, perché non riuscì a trattenere i singhiozzi.
<<Mo adda' penzà a te, a' tutt chell' ca t puort' a'rint, vabbuò?>> e il giovane annuì debolmente, lasciandosi andare al pianto, sul petto del comandante.
<<Aroppe penzamme a chell' ca tenimm 'a fa'.>> Massimo strinse il milanese a se, lasciandolo piangere fra le sue braccia.

Che dobbiamo fare ora, Marì?
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Il comandante dopo aver lasciato Filippo nell'istituto e assicuratosi che si fosse calmato, si diresse in ospedale con l'intenzione di visitare la giovane Maria, che non era ancora riuscito a vedere dall'ultima volta che le aveva parlato.
In quei giorni erano successe davvero tante cose e per nulla positive, la perdita di Nina aveva sconvolto tutti, soprattutto il giovane Di Salvo, che non riusciva a darsi pace per quel che le era accaduo, in particolare sapendo che il bersaglio doveva essere proprio lui.
Per Massimo, il ragazzo era come un figlio, l'aveva preso molto a cuore e vederlo in quelle condizioni, lo faceva sentire terribilmente male.
Maria invece, da quando era entrata a far parte dell'IPM, era riuscita a guadagnarsi il suo rispetto e il suo affetto, il modo in cui lei aveva sempre parole gentili da dedicargli, come riusciva a strappargli un sorriso anche nei momenti e nei discorsi più tetri, ma ciò che più lo colpiva era tutto l'amore che era in grado di donare alla persone che la circondavano, a prescindere da chi loro fossero.
Non poteva morire. Non poteva lasciarli.
L'uomo si trovava davanti la stanza della giovane, pronto a varcarne la soglia, e per un'istante, gli tornarono in mente le immagini di Carmine disteso su quello stesso lettino, in fin di vita. Pensare che adesso era toccato a Maria...lo faceva sentire cosi impotente.

Una volta dentro la stanza, dovette distogliere lo sguardo per un secondo, per reprimere le lacrime che minacciavano di uscire.
Era distesa su quel lettino, inerme, con un tubo che le dava ossigeno e attaccata ad un sacco di macchinari che probabilmente, le consentivano di respirare e di...rimanere in vita.
<<Piccrè...>> le sussurrò, sedendosi sulla sedia posizionata accanto a lei, osservandola mentre dormiva.
<<Ma che staij facenn ca, mh?>> le accarezzò la testa, scostandole di poco i capelli.
<<Chest' nun è post' pe te.>> le sussurrò, scuotendo il capo.
<<Tutti si chiedevano perché non fossi venuta al matrimonio, Carmine lo ha persino posticipato sperando che riuscissi ad arrivare, sul pe t'aspetta'...>> ripensò al dispiacere nel volto del giovane e alla delusione che aveva provato non vedendola arrivare.
<<Se sapess ca staij ca....>> gli lasciò una carezza sul viso, osservandone attentamente l'espressione. Sembrava così serena.
<<Fors' tene ragione O'Chiattill...nun me 'o perduness' maje.>> sapeva che non l'avrebbe fatto, non avrebbe mai potuto perdonarli.
<<Piccrè...chest nun me o' tenive a' fa.>> si scostò dal suo viso e afferrò la sua mano, con delle lacrime che iniziarono a rigargli silenziosamente le guance.
<<Nun sacc chell c'aggia fa Marì, e tu fuss stat l'unica person a putemm ra na rispost.>> rise amaramente, asciugandosi rapidamente il viso.
<<O' destin è accussi strunz.>> sussurrò.
<<Filippo sta distrutt', si incolpa per la storia degli spartiti, come se avesse potuto evitare l'inevitabile.>> Viola aveva in mente di farlo già da tempo. Le disturbava la felicità della piccola Maria, così come la infastidiva il modo in cui, molto facilmente, le persone riuscivano ad amarla.
<<E Carmine....nun ce 'a putesse fa maje.>> si alzò dalla sedia, per poggiarsi sul lettino, più vicino a lei.
<<Te vuò bene, Marì...>>
<<Ma no comme n'amica, gli amici nun s'auardann comme facite vuij duje.>> sorrise di cuore. Aveva notato il modo in cui si guardavano, così come si prendevano cura l'uno dell'altro, non era una semplice amica, lei era più di quello per lui, doveva solo rendersene conto.
<<Quando se ne accorgerà, non so se sarà capace di accettarlo dopo quello che è successo a Nina, e tu l'adda aiutà, Marì.>> solo lei sarebbe stata in grado di fargli accettare quei sentimenti, solo lei poteva aiutarlo ad uscire da quell'immenso abisso in cui si era inoltrato.
Lei e Filippo.
<<Pecché senno chi si prenderà cura di chell duje cap'e cazz'?>> rise tra se e se, pensando in quanti guai si sarebbero cacciati senza Maria che glielo impediva, tirandoli per le orecchie.
<<T'addà scetà, Marì, m'he capit?..>> tirò su con il naso, impedendo ad altre lacrime di uscire.
<<T'adda' scetà pe lor, pe mammt, Maddalena, pe chell' u scem 'e Edoardo e pe me, piccre...>>
<<Non c può abbandunà...>> si chinò su di lei, lasciandole un bacio in fronte, solo come un padre farebbe.
Perché lui questo era per lei.
Il padre che non aveva mai avuto.
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Nell'IPM, i ragazzi erano stati tutti radunati fuori il cortile per ordine della direttrice, che dopo l'accaduto a Maria, voleva aggiornare i ragazzi sulle sue condizioni di salute.

Erano posizionati tutti di fronte a lei, in piedi che la osservavano, in attessa che prendesse parola.
<<Credo che tutti voi sappiate perché vi ho mandati a chiamare.>> iniziò lei, guardando i volti di ognuno di loro.
<<Per chi non lo sapesse, una vostra compagna è stata gravemente ferita...e sto parlando di Maria.>> alcuni non me erano a conoscenza, per via di chi era da poco rientrato dopo i permessi d'uscita. Iniziarono a bisbigliare nel silenzio, increduli davanti quella notizia.
<<E' stata pugnalata durante una discussione da Viola, un'altra detenuta, per ragioni che purtroppo ad oggi non ci sono ancora chiare, quindi...se magari qualcuno di voi sa qualcosa, qualunque cosa...>> venne interrotta da Edoardo, ormai spazientito per tutta l'importanza che stavamo dando alla rossa.
<<Pecché Viola è na pazz, direttrí, nun ce sta n'ata ragion'.>> e i suoi compagni non poterono non appoggiare la sua affermazione.
<<Proprio perché è una persona che va aiutata, infatti, è stata trasferita in una clinica psichiatrica, e riceverà tutto l'aiuto di cui avrà bisogno.>> tentò di comunicare la direttrice, ma Edoardo continuava a non volerne sapere.
<<A me nun me ne fott 'e chell a cess', ij vogl sape' come sta Maria.>> Filippo, dopo il breve tentativo della direttrice di iniziare un discorso, lo guardò per la prima volta solo per aver sentito pronunciargli il nome di Sole.
Gli costava davvero credere che tenesse a lei.
<<So che a molti di voi sta a cuore Maria Sole ed è proprio per questo che vi ho fatti riunire tutti qui, perché ci sono delle novità...>> sospirò, continuando con gli aggiornamenti.
Non sarebbe stato semplice.
<<Viola colpendola, le ha perforato il polmone sinistro, e mentre la stavano trasportando in ospedale, ha avuto un'insufficienza respiratoria, aveva perso molto sangue per cui...hanno dovuto operarla d'urgenza.>> Il
cuore di Filippo batteva all'impazzata e non riusciva a darsi pace, fino a quando non avesse sentito che la sua amica stava bene, non si sarebbe mai dato pace.
<<E' stata operata ma...dopo l'operazione hanno scoperto che aveva un'infezione in corso, probabilmente dovuta all'arma che è stata usata per colpirla.>> Filippo ed Edoardo si guardarono per pochi istanti, sentendo lo stesso dolore e la stessa preoccupazione. Avevano capito che non erano buone notizie.
<<Le hanno dato degli antibiotici ma...ora la stanno operando di nuovo.>>
<<E chest ca vuò ricere, direttrì?>> chiese il giovane Conte.
Il milanese non riusciva a spicciare una sola parola, per via della bocca secca. Non riusciva neanche a respirare, voleva solamente urlare e prendersela con chiunque. Perché non riuscivano a vivere dei momenti sereni?
<<Che le prossime ore saranno cruciali.>>
Dinnanzi a quelle parole, gli occhi di Edoardo non poterono fare altro che inumidirsi e angosciarsi ulteriormente.
Non poteva andarsene.
In lontananza vide Filippo inginocchiarsi a terra, iniziando a piangere silenziosamente, con Naditza che cercava di consolarlo, ma lei non stava tanto meglio.
Da quando aveva saputo la notizia, non aveva pronunciato una sola parola, aveva versato solo lacrime. Tutta la sezione femminile, sarebbe stata in lutto, fino a quando la loro compagna non fosse tornata all'IPM sana e salva.
Edoardo si avvicinò al milanese, fermandosi proprio difronte la sua figura sotto lo sguardo attento di tutti. Quest'ultimo lo notò e lentamente, si alzò in piedi, placando le sue lacrime.
In attesa di sentire cosa volesse il giovane Conte da lui, rimase sorpreso quando gli offì la mano, che tardò poco nell'accettare.
Avrebbe messo da parte il rancore che nutriva per lui solo per Maria, era certo che fosse proprio quello che lei avrebbe voluto.
E se la stretta di mano lo sorprese, rimase sconvolto nel momento in cui Edoardo lo attirò a sé, stringendolo in un abbraccio, che anche li, non tardò molto nel ricambiare.

L'amore era davvero un arma potente, forse più dell'odio.

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