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Capitolo 16.

Quella mattina, le ragazze si ritrovavano a svolgere il laboratorio di ceramica, in compagnia di un gruppetto di ragazzi.
In quelle circostanze, Naditza non poté non notare il modo in cui Edoardo guardava insistentemente la sua amica, per qualche ragione a lei sconosciuta.
Da quando i due avevano parlato delle intenzione del ragazzo nei confronti dei suoi amici, non si erano più rivolti la parola, o almeno, lei non voleva saperne niente, ferendo i sentimenti del giovane Conte. Quest'ultimo però, sapeva che il distacco che aveva preso la ragazza da lui, era più che lecito, solo che a fatica riusciva ad accettarlo.
Si era affezionato.

<<Marì.>> la chiamò l'amica, osservando Edoardo con la coda dell'occhio.
<<Cre?>> neanche la guardò, era troppo concentrata nel cercare di decorare il piatto in ceramica che era riuscita a realizzare con tanta fatica.
<<Pecché Conte non smette di fissarti?>> disse, attirando l'attenzione di lei, che quasi sbagliò nel dipingere i bordi della sua creazione.
<<Ho parlato con lui.>> disse semplicemente, non interrompendo la sua attività.
<<E di che cosa avete parlato?>>
<<Secondo te?>> la guardò, sperando riuscisse ad arrivarci autonomamente. Non voleva nasconderle niente, era una delle poche amiche sincere che aveva e le avrebbe fatto bene parlarne con qualcuno.
<<Carmine?>> annuì.
<<Mo c s'ha scetat, volene a' vendett.>> era proprio così, ed Edoardo nella loro conversazione, non aveva cercato neanche di nasconderlo.
<<E tu seje amic a iss?>> Naditza non sapeva esattamente cosa stesse facendo con quel mezzo impasto che stringeva fra le mani, sapeva solo che era sporca dalla testa ai piedi, ed Edoardo Conte che non cessava di guardare la sua amica, non faceva altro che aumentare il suo fastidio.
<<Nun putimme essere amici, Nadì.>> quella volta, distolse lo sguardo da quest'ultima, ritornando al suo piatto.
Maria anche si era affezionato al ragazzo, perché era riuscito a mostrarle un lato di lui che pochi conoscevano. Lei aveva visto il modo in cui si comportava con Teresa ed era impossibile pensare che fosse lo stesso ragazzo che voleva fare fuori i suoi migliori amici.
<<Se non ci foss tutt stu burdell, 'nvec?>>
<<Nun foss malament comme amico.>> sussurrò tra se e se, conoscendo già lo sguardo contrariato dell'amica.
<<Tu o' vuò bene, o'ver?>> Naditza lo vedeva. Sole purtroppo, aveva imparato a volergli bene, e il fatto che Filippo fosse il colpevole della morte di Ciro, complicava le cose, così come complicava una loro possibile amicizia.
<<Nun è importante si gliene vogl o no, 'a famigl è sacra, nun s tocc.>> e lo pensava davvero. Non avrebbe mai accettato Edoardo, sapendo che avrebbe fatto di tutto per rendere impossibile la vita di Carmine e Filippo.
<<Agg dichiarat' a guerr, Nadì.>> le confessò Sole, senza rimandare oltre.
<<E ca t'ha ritt, Edoardo?>> smise di toccare quella schifezza che poco prima stringeva tra le
mani, per dedicare tutta la sua attenzione alla recente confessione dell'amica.
<<Ca a me nun m tocc, nun m putess maje fa male.>> questo diede la conferma alla zingara, che il ragazzo tenesse a Maria più di quel che credeva.
<<Carmine o'sap? Che rice?>> quest'ultimo, così come Filippo, non erano d'accordo con il rapporto che avevano instaurato, quindi, quello avrebbe di gran lunga complicato ancor di più le cose.
<<Che vuò ricere, Nadì? Nient, nun sta ca dint' e nun so fatti suoi.>> si alterò, pensando all'irrazionalità di tutta quella situazione. Non doveva spiegare nulla a nessuno, tanto meno le persone che si sceglieva come amici.
<<Marì, iss te vuò ben.>> afferrò la mano di Maria, facendole capire che i loro rimproveri, erano per la preoccupazione che avevano nei suoi confronti.
<<E ij a' iss, ma n'adda' sape' tutt cos' ra vita mij.>> si agitò, pensando a quel che sarebbe potuto accadere se i suoi amici venissero a conoscenza del rischio che aveva corso nell'affrontare il giovane Conte.
<<Ti sei messa contro Edoardo Conte pe iss, mo è guerr Marì, iss adda' sape'.>> tentò di convincerla, ma con scarsi risultati.
<<S'adda spusa', Nadì. Mo n'adda sape' nient. Aroppe verimm.>> non voleva rovinare i suoi festeggiamenti con ulteriori preoccupazioni. Lui doveva solamente pensare ad essere felice.
<<E che facimm?>> domandò Naditza, dinnanzi la sicurezza di Maria.
<<Nient Nadì. Ca vuò fa? Aspettamm.>> non avrebbero mai potuto prevedere nulla, qualsiasi fosse la pazzia che stavano per commettere i compagni di Ciro o chiunque altro.
Potevano solamente continuare a vivere.
Per un breve istante, ci fu un po' di silenzio, che venne spezzato poco dopo da Nad. Quella mattina, aveva ricevuto una notizia poco piacevole, che però, non aveva ancora condiviso con Maria.
<<Ma tu sapevi che il comandante se ne va?>> sbottò di punto in bianco, lasciando la giovane senza parole.
<<Ma che staij ricenne, Nadí?>> inutile dire che, dopo quel che le aveva riferito la sua amica, rimase sconvolta.
Conosceva i sentimenti del comandante e sapeva fosse un uomo tormentato per via di tutto quel che era successo, ma addirittura lasciare l'IPM?

Non poteva farlo. O si?

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Massimo, da quando Carmine si era risvegliato, non aveva fatto altro che sentirsi in colpa per la vita che aveva quasi spezzato, indirettamente. Il ragazzo stava per lasciare una ragazza e una neonata, tutto solo per proteggere lui, quando in realtà era sempre stato il suo compito proteggere loro.
Aveva fallito.
Con Carmine, con Ciro,
Massimo aveva fallito.
Quella mattina, prima di accompagnare Filippo in clinica, aveva già consegnato le sue dimissioni alla direttrice, che a stento era riuscita ad accettarle, ed in verità, non l'aveva ancora fatto.
L'IPM aveva bisogno di Massimo, cosi come i ragazzi e...lei. Paola difatti, si ritrovò a pensare che, non poteva lasciare tutto, perché nessuno sarebbe mai stato in grado di prendere il suo posto, nessuno avrebbe mai avuto un cuore e un animo come il suo.

Dopo aver riaccompagnato Filippo all'istituto, dedicò un ultimo saluto a Paola e al suo amico Beppe e raccattò le ultime cose dalla sua scrivania, guardando quelle mura per l'ultima volta. In quel momento, sperava di non doversi sentire cosi per sempre e che presto o tardi, quel vuoto che si portava dietro, potesse colmarsi.
Si diresse verso la sua moto, posizionando il piccolo scatolone contenente le sue cose fra i piedi, per fare in modo di non perderseli percorrendo il tragitto di casa.
Accese il motore, trovandosi sul punto di partire, sotto lo sguardo attento di tutti i ragazzi, ma una voce che gridava il suo nome lo fece fermare, costringendolo in qualche modo a spegnere il mezzo.
<<Comandà.>> Maria lo raggiunse con il fiato corto, per via della recente corsa.
Aveva avuto paura di non fare in tempo a raggiungerlo.
<<Marì.>> non era sorpreso di vedere li la giovane. Era quello il motivo per cui non gliene aveva parlato, perché sapeva che l'avrebbe affrontato e per lui, sarebbe stato difficile salutare proprio lei.
<<Ma che state facendo, comandà?>> lo rimproverò, come se fosse lei l'adulto della situazione.
<<Questo non è piu il mio posto, piccrè.>> eppure perché non ne era convinto?
<<Ro problem o' sapite qual è?>>
<<Qual è?>>
<<Che siete voi il posto nostro, comandà. Comme facimm senz 'e vuje?>> questo lasciò Massimo spiazzato, provando un senso di commozione dentro di se, non indifferente.
<<Comme puoi ricere na cosa accussi, dopo chell c'agg cumbinat?>> lo credeva davvero. Come poteva avere ancora fiducia in lui, dopo quel che era successo a Ciro? O a Carmine? E quando sarebbe toccato a Filippo, avrebbe fallito nuovamente? Non poteva più essere il responsabile della sicurezza di quell'istituto, non quando non era in grado di garantirla.
<<Ma c'avite combinat, comandà? Nient, a colp nun è a vostr. Vo' vulite metter rint a sta' cap?>>
<<Nun è accussì facil, piccrè.>> un sorriso amaro, si fece spazio sul suo viso.
<<Quindi ve ne andate veramente?>> il comandante la guardò, incapace di darle una vera risposta.
<<Lascio Filippo nelle tue mani, nun fa strunzat, m raccummann.>> utilizzò il dito indice per rendere la sua raccomandazione un po' più severa.
<<Farò quello che posso, comandà. Pe vuje.>> annuì, con un piccolo sorriso triste.
<<Ci vediamo al matrimonio.>> questa volta, il sorriso che le dedicò fu sincero e la giovane si ritrovò ad annuire, volgendo per un momento un pensiero al suo amico.
<<Statt accort, piccrè.>> le diede una carezza sul viso, prima di rimettere in accensione il motore.
<<Comandà!>> lo chiamò un po' più forte per via del rumore della moto, attirando nuovamente la sua attenzione.
<<State attento a Carmine, ca dint' na soluzion a' truamme, ma fuori...>> non volle terminare la frase ma Massimo capì a cosa si riferisse, così, annuí, rassicurando la ragazza.
<<Cià piccrè.>> si abbassò la visiera e si lasciò definitivamente la giovane alle spalle, che però, avrebbe rivisto molto presto.

Cià, comandà.

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Maria portava dentro di sé un vagone di emozioni, che non riusciva a spiegarsi, una cosa che però sapeva: era che l'abbandono del comandante l'aveva segnata parecchio.
Si era rivelato una persona molto importante nella vita di Sole, così anche come in quella di Carmine, non poteva credere che il suo percorso con l'IPM si fosse appena concluso.

Un piccolo spiraglio di luce fu, quando in lontananza, vide Filippo, che pareva essere finalmente tornato dalla clinica, dopo aver rivisto il loro amico. E Maria voleva assolutamente sapere come stesse Carmine.
Il giovane Ferrari notò la presenza di Sole e sorridendole, si affrettò a raggiungerla, ma al contrario di lui, il sorriso della giovane svanì, quando si accorse che Filippo, non era solo.
Ad affiancarlo c'era Pino.

<<Oì Sole.>> abbracciò l'amica una volta averla raggiunta, che però non lo ricambiò. Era troppo concentrata a guardare il ragazzo accanto a lui. Quest'ultimo, sembrava avere il suo stesso problema: non riusciva a smettere di fissarla.
<<Iss ca ce fa' cca?>> domandò, staccandosi definitivamente dall'abbraccio. Filippo le doveva una spiegazione.
<<E' una lunga storia.>> sospirò l'amico, cercando di deviare il discorso.
Era consapevole che non sarebbe stato facile per lei, anche per lui non lo era stato, per niente. Ma erano esseri umani e commettevano degli errori, errori che stavano pagando lì dentro.
Non c'era tempo di odiarsi dentro quelle quattro mura.
<<E tu ca ce faij cu iss?>> Sole non riusciva a smettere di pensare alle sue mani sul suo collo.
Perché non riusciva a smettere di pensarci?
<<Sole...>> ci provò, ma lo interruppe, prima che potesse provare a giustificarsi.
<<M'haje fatt na capa tant' pe Edoardo e mo staij cu chist?>> rimproverò il suo amico, che provò nuovamente a ribattere, ma quella
volta ad interromperlo fu proprio il ragazzo accanto a loro, che fino a quel momento, era rimasto in silenzio.
<<Chiattì, ess tene 'a ragion.>> parlò Pino per la prima volta e la giovane sorpresa, sospirò.
Lei non era cosi.
Aveva ucciso un uomo e se ne dispiaceva, perché lui era una cattiva persona, ma lei no, lei non lo era.
Non doveva condannare Pino.
Aveva sbagliato, ma non conosceva la sua storia, tanto meno il suo dolore. Doveva ascoltare il grido di aiuto anche di colui che più le aveva arrecato sofferenza.
<<Scusami, è solo che...tutte le volte che ho interagito con te 'a stat pe t vattr, e l'ultima vota m'haje quas accis.>> disse, riferendosi per la prima volta a lui, e anche per la prima volta, non gli aveva ancora messo le mani addosso.
<<Nun m'adda chiedr scusa tu, Marì. Ij agg sbagliat tutt cos' cu te e nun sacc comme m'aggia fa' purduna'.>>
<<Pecche t seje avvicinat a' Filipp? Te vuò vendica' pur tu?>> e Filippo, attento alle parole della sua amica, guardò Pino in attesa di una risposta, che non tardò ad arrivare.
<<Iss m'ha salvat quann stev murenn, nun o' putess maje fa', Marì. 'A O'Chiattill gli devo la mia vita.>> la giovane si ritrovò ad annuire, spostando lo sguardo da Filippo a Pino, cercando di capire quale sarebbe stata la sua prossima mossa.
<<Penso che tu abbia il cuore più grande di questo istituto, e mi rifiuto di credere che tu non possa perdonarlo.>> e dopo quelle parole, Maria desiderava solo strangolare il milanese, perché la conosceva troppo bene.
Sapeva che l'avrebbe fatto, così come sapeva che non si mostrava mai indifferente dinnanzi ai sentimenti delle persone.
<<Ij t'o giur ca nun m'avvicin a te e nun t parl, Marì. T'agg fatt na cos' ca nun tiene perdon.>> Maria lo guardò negli occhi e gli parvero sinceri, proprio come le sue parole, così fece quel che meno si aspettava di fare.
Si avvicinò a lui, che si ritrovò a scostare di poco il viso, pronto per ricevere uno schiaffo dalla ragazza, ma quel che ricevette invece, fu un abbraccio.
Pino era sorpreso e non sapeva cosa fare o se ricambiare quel gesto, mentre Filippo sorrideva davanti la scena, non avendo mai avuto nessun dubbio sulla vera essenza della sua amica.
<<Mi dispiace assaij pe' Tyson.>> Tyson era il cane di Pino. Era stato ucciso da Gaetano sotto ordine di Ciro, per punirlo del suo supposto tradimento. Tyson era quanto il giovane avesse di più sacro e Ciro gliel'aveva portato via.

Al sentire quella frase, Pino non esitò neanche più per un'istante nello stringere la ragazza a sé, quasi togliendole il fiato, ma lei non se ne lamentò. Sapeva che ne aveva bisogno.
Pianse nell'incavo del suo collo, ripensando al suo amico a quattro zampe e alla crudeltà di Ciro, colui che da sempre aveva ritenuto suo fratello.
<<E' tutt'appost, Pinù. Staij tranquill, vabbuò? Ij e O'Chiattill stamm cu te, nun t preoccupà.>> gli accarezzò il capo, sperando di dargli un po' di conforto e alleggerire tutto quel dolore che aveva sempre saputo, si portasse dietro.

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Dopo quell'assurda giornata, Maria non era più certa di nulla, tanto meno di quel che era accaduto in sole poche ore. Aveva provato troppe emozioni contrastanti e non era più sicura di quel che sentiva e Filippo con le sue follie, sembrava non aiutare.
L'amico era riuscito a convincerla ad accompagnarlo sulla terrazza dell'istituto, le aveva detto che era per prendere un po' d'aria e allontanarsi da tutti gli altri.
Voleva parlarle senza occhi indiscreti, e questo le parve un po' sospetto.
<<Tu si tutt' scem, Chiattì. Pe parla cu me, nun jeve buon' na panchina o na sedia? Ca ngopp me tenive 'a purta'?>> si lamentò, mentre il milanese la trascinava sù per le scale che conducevano alla cima del piccolo palazzo.
<<In realtà...c'è una sorpresa.>> la guardò un secondo, con un sorriso da ebete, senza fermare la corsa.
<<Chiattì, 'e scassat o' cazz cu ste sorprese, vabbuò?>> mentre era impegnata ad insultare il suo amico,  stava quasi per inciampare, ciò non fece altro che aumentare la sua irritazione.
<<Vuoi stare zitta e seguirmi senza protestare? Siamo quasi arrivati.>> evitò le sue lamentele e proseguì per la sua strada, indispettendo ancor di più Sole.
<<Filì, 'a direttrice ci mette in isolamento fino alla fine dei nostri giorni, o'ssaij si?>> tentò di persuaderlo ma sembrò non funzionare.
E mo che gli era preso a questo?
<<Stai esagerando.>> commentò.
<<Ma si può sapè che vuò fa'?>> disse lei. rimproverando il suo amico per quella follia.
Una volta arrivati sulla terrazza, si guardarono entrambi, solo che Maria era altamente confusa mentre lui non smetteva di sorridere come un ebete.
<<Ma che ti ridi, Chiattì? Tu si tutt' scem.>> ma lui, ignorò nuovamente i suoi insulti, invitandola a voltarsi e guardare dietro di lei.
Maria, dubbiosa, fece quel che le aveva detto di fare e quando si voltò, le si bloccò il fiato in gola, non riuscendo più a respirare.

Lì c'erano il comandante, la direttrice e...Carmine.
Carmine era in piedi, davanti a lei, che le sorrideva su quella maledetta terrazza.

Il ragazzo non si era mai sentito così felice di vederla, mai. Sembravano secoli che non si vedevano e dentro di lui, l'aveva accompagnato un vuoto che non era riuscito a colmare con niente.
Quando si era risvegliato e aveva visto Filippo in clinica, sperava davvero che con lui ci fosse anche lei, e rimase tremendamente deluso quando si rese conto che non era così.
Aveva così, convinto Paola e Massimo ad organizzare un incontro con la sua amica, doveva farlo a tutti i costi, non poteva aspettare oltre.
Vederla lì, ora, con gli occhi lucidi e la bocca semiaperta per la sorpresa, lo rendeva immensamente felice, perché era riuscito nel suo intento, era riuscito a sorprenderla.
Quello che lei faceva con lui tutti i giorni.

Maria rimase immobile, non sapendo cosa dire, né tanto meno cosa fare. Dopo tutto quel tempo, lei lo aveva dinnanzi a sè, sveglio e vivo.
Massimo e Paola non riuscivano a smettere di sorridere e tra un'espressione della giovane a un'altra, si facevano scappare dei piccoli risolini. Aveva le gambe bloccate e i piedi sembravano essere incollati al pavimento.
Era davvero lui?
<<Cre? Non me lo dai un abbraccio?>> allargò le braccia, aspettando che la sua amica ci si fiondasse a capofitto, ma ciò non accadde, perché a Maria quasi le cedettero le gambe nel risentire la sua voce.
Sembrava tutto così surreale, così fittizio, che continuò a fissarlo, senza battere ciglio e senza riuscire a dire una sola parola.
<<Allor?>> le sorrise, immaginando quello che stesse passando per la testa di Sole in quel momento.
<<Vabbuò, me ne vache, ja.>> e senza dargli il tempo di metabolizzare, Maria era corsa verso di lui, per poi fiondarsi fra le sue braccia.
Il ragazzo non esitò neanche per un'istante nell'afferrarla e stringerla a sé, tanto forte da non volerla lasciare andare più.
<<Marò, comme me si mancat, Marì.>> disse lui, affondando la testa nei capelli della giovane, beandosi del suo profumo, quello che tanto adorava. Anche questo gli era mancato.
<<Nun ce 'a facev cchiù. Te vuleve troppo verè.>> Maria continuò a stringerlo forte a sè, con delle lacrime che le rigavano il viso. Poggiò la testa sulla sua spalla, circondandogli il collo con le braccia, incapace di lasciarlo andare. Non di nuovo.
<<Comme si bell, Marì.>> disse, prendendole il viso fra le mani, per osservare ogni suo minimo particolare, e per vedere se avesse cambiato qualcosa, ma con grande piacere, notò che non era così.
Si ricordava perfettamente ogni dettaglio del suo volto.
<<Cre? Non mi dici niente?>> le chiese Carmine con un grande sorriso, notando il silenzio della giovane. Non aveva ancora pronunciato una sola parola.
<<T seje scetat.>> pronunciò in un sussurro, confermandolo più a se stessa, che a lui.
<<Me so scetat.>> ripetè dopo di lei, per confermarle che non era uno scherzo, ma era la pura realtà. Lui era lì con lei.
<<Ij o' sapev...o' sapev ca nun ce putive abbandona'.>> gli accarezzò il volto, dandosi un'ulteriore conferma sulla sua presenza li con lei. Carmine invece, si beò del suo tocco su di lui, chiudendo gli occhi per pochi istanti.
<<Ij nun t'abbandon, Marì, maje. M'he capit?>> sussurrò lui, ancora con gli occhi chiusi, poggiando la sua fronte contro quella della giovane.
<<Me lo giuri?>> lei lo guardò negli occhi, osservando come lui lentamente, riapriva i suoi, dedicandole poi un sorriso.
<< T'o giur.>> gli prese il viso fra le mani, lasciandole un bacio sulla fronte, per poi stringerla nuovamente a sé.

Nun t'abbandon cchiù, Marì.

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