Capitolo 15.
Quel pomeriggio Filippo non sarebbe stato presente all'IPM, poiché aveva ricevuto, finalmente, il permesso per andare a trovare Carmine in clinica, al contrario di Maria che, per via della discussione avuta con Viola, le avevano negato l'uscita. In verità, secondo quanto citava il regolamento, avrebbe dovuto passare diversi giorni in isolamento, ma la direttrice era riuscita a trovare un compromesso, seppur apparentemente crudele: non avrebbe potuto visitare il suo amico.
<<E' stato il giorno più bello della mia vita.>> saltò la sua amica per tutta la cella, mentre Maria era intenta a rifarsi il letto.
Da quando aveva visto Sole rompere il naso a Viola, non aveva parlato di altro.
Era fin troppo eccitata e non sapeva come placarla.
<<Comme seje esagerat.>> tentò di minimizzare la cosa Sole, non facendo altro che fomentare la sua compagna di cella.
<<Marì, ma tu l'hai vist a Viola?>> si avvicinò al volto della giovane con un espressione strana in viso, che provocò la sua risata.
<<Le ho rotto il naso Nadì, l'ho più che vista.>> rise, scuotendo il capo dinnanzi la follia della sua amica.
<<Ha avuto quel che si meritava.>>
<<So caduta nella sua trappola, facendo esattamente quello che voleva lei, Nadì.>> rispose, lanciando il cuscino sul letto.
<<Sei troppo buona, Marì, pure co na cessa comme ess.>> anche quest'ultima aveva iniziato a sistemare la sua parte di "stanza", controvoglia.
<<Questo però non mi ha resa migliore di lei.>> esternò, sentendosi una sciocca per aver dato alla rossa la soddisfazione di cedere davanti alle sue provocazioni.
<<Almeno per un po', nun c scass o' cazz.>> e non poté evitare reprimere una piccola risata. Scosse il capo, pensando però, a quale sarebbe stata la vera realtà dei fatti.
<<Si vendicherà, o'ssaij? Aspetterà il momento perfetto e me la farà pagare.>> guardò un punto indefinito della stanza.
<<E nuje l'aspettiamo.>> le prese le spalle Nad, guardandola negli occhi.
<<E poi? Che facciamo?>>
<<Gli rompi di nuovo il naso.>> il suo commentò, non fece altro che far scoppiare Maria in una risata.
Naditza era un dono del cielo.
Lino interruppe il momento fra le due, entrando senza preavviso nella loro cella.
<<Cirillo! Hai delle visite, andiamo forza.>> la
giovane guardò Naditza e le sorrise come non faceva da tempo. Quest'ultima la incitò con il capo a seguire la guardia, con un sorriso stampato in viso.
Sapeva benissimo di chi si trattava.
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Aspettava quel momento da tempo e ogni qualvolta le guardie venivano a chiamare le sue compagne per vedere i propri cari nelle visite, un senso di tristezza le riempiva il petto. Lo aspettava, perché l'unica cosa che voleva vedere, era il volto di sua madre e sentire le sue carezze sul suo viso, proprio come faceva quando aveva una giornata storta.
Non ci capì molto in quel momento, ma una cosa era certa: davanti a sé aveva, finalmente, le due donne che amava di più al mondo.
Sua madre Carmen e Maddalena.
<<Mamma...>> sussurrò tra sé e sé, avvicinandosi alle due figure femminili, posizionate al tavolo infondo la sala visite.
<<La mia bambina.>> la donna strinse sua figlia fra le braccia, piangendo sulla spalla di quest'ultima, che era poco più alta di lei. Non le era mai stata lontana così a lungo, la maggior parte del tempo lo passavano insieme, come due migliori amiche, cosi, non si sentì di fare nient'altro, se non abbracciarla come non aveva mai fatto in tutta la sua vita.
<<Guarda chi ti ho portato...>> la donna si separò da lei, per mostrarle la figura posizionata dietro di sé.
<<Marì...>> Maddalena le si fiondò fra le braccia, senza neanche darle il tempo di reagire o professare parola. Maria, sentendo i suoi singhiozzi, prese ad accarezzarle i capelli, cercando di alleviare un po' quel pianto disperato.
<<Ssh è tutt'appost, oì. Pecché staij chiagnenn?>> le domandò, separandosi di poco da lei, per prenderle il viso fra le mani.
<<Pecchè nun ce 'a faccio a te vere ' ca dint.>> le dedicò un sorriso premuroso, non badando alle sue parole.
<<Comme si bell.>> le sorrise, asciugandole tutte quelle lacrime che si era ripromessa di non versare.
Le era mancata terribilmente.
Si sedettero attorno al tavolo e nel mentre, a qualche tavolo più lontano, si accorse che anche Edoardo aveva ricevuto delle visite, visite molto...intime. Tanto che la donna che lo accompagnava, lo baciò ininterrottamente, ripetendo l'azione svariate volte in modo...molto poco ortodosso.
A mugliera.
Edoardo solo dopo, si accorse che Maria si trovava a pochi metri da lui e che aveva assistito a tutta la scena, in cui la sua compagna non smetteva di divorargli la bocca. La giovane distolse lo sguardo, per dedicare tutta la sua attenzione alla sua famiglia, infischiandosene dei casini che il ragazzo combinava nella sua vita.
<<Come stai, Marì Sò? Sembri avere il volto cosi stanco.>> se solo sapeste. In risposta, forzò un sorriso, sperando di non destare sospetti nel nascondere quel che le era accaduto in quei giorni nell'IPM.
<<Forse perché ho più vita sociale qua dentro, rispetto a quando stavo fuori.>> rise, tentando di sdrammatizzare la situazione, ma sua madre non riuscì a sorridere dinnanzi alla sua ironia, anzi, tutto il contrario.
<<Ti hanno fatto qualcosa?>> Carmen conosceva troppo bene sua figlia e i suoi modi di fare.
Stava cercando di proteggerle.
<<No, mà! Ma quanne maje? Nun è na reggia ma non è neanche Poggioreale.>> il viso stanco di sua madre, le fece capire che un po', se l'era bevuta, forse troppo disperata per affrontare altri dispiaceri.
<<Marì sembri davvero stravolta.>> quella volta fu Maddalena a parlare.
<<Maddalè, stong rint a' nu carcere, no rind a' na spa.>> cercò di non risultare pesante, ma riuscì solo a vedere i sensi di colpa nel volto della cugina. Proprio quello che voleva evitare.
<<Mi dispiace Marì, assaij. C tenesse a sta' ij ca dint.>> delle lacrime presero nuovamente a rigarle il viso, e Maria non poté non afferrarle le mani e stringerle fra le sue.
<<Ascoltami bene, perché te o' dic na vota sol, vabbuò? Non l'haje accis tu, a' colpa nun è a tuoij, non hai fatto niente, Maddalé. M'he capit?>> la giovane annuì debolmente, guardandola con gli occhi colmi di lacrime.
<<Sole...mi odi, vero?>> trattenne un singhiozzo, incapace di sentire la risposta della cugina.
<<Comme te pozz odià Maddalé, si seje o' core mij? Ij dess a vita mij pe te, nun te 'o scorda.>>
<<Ma tu hai davvero sacrificato la tua vita per me.>> le sussurrò disperata, quasi rimproverandola.
<<E 'o facesse n'ata vot pe te salvà.>>
<<Ma la tua vita, la tua libertà...>> ritentò la giovane, ma Maria non sembrava voler sentire repliche.
<<Nun pensà a chest piccrè, pecché io non mi pento di averlo fermato, mi pento solo di non esse' riuscita a trovà un altro modo.>> e di non essermi fermata alla prima coltellata.
<<E tu adda' pensà che dint a stu post, non ci rimani ancora assaij, Marì.>> le afferrò il polso sua madre, cercando di infonderle coraggio, ma in realtà, serviva più alla donna, che a sua figlia.
<<Ho parlato con l'avvocato e sta facendo il possibile per dimostrare che è stata legittima difesa.>> era fortunata se non doveva passarci 21 anni li dentro, venire scarcerata le pareva una cosa assurda. Ma non lo esternò.
<<Nun te preoccupà mà. Tu statt tranquill, ca ij ca dint stong buon.>> le sorrise, per tranquillizzarla, eppure la donna sentiva che c'era qualcosa che non voleva rivelarle.
Lino annunciò che l'ora delle visite era terminato, cosi da iniziare a salutare i parenti per poi, poter tornare nelle proprie celle.
Maria era felice di averle riviste, avrebbe voluto tanto passare più tempo con le due donne, ma il fatto che stessero andando via di lì, la tranquillizzò. Quello non era posto per loro.
Abbracciò sua madre, lasciandole una carezza sul viso, avvicinandosi poi a sua cugina, che aveva ripreso a piangere. Cosi, la strinse e sé, poggiando il mento sulla sua testa.
<<Si tutt a' vita mij, m'he capit?>> e Maddalena annuì, con il volto bagnato dalle lacrime.
Maria le lasciò un bacio sulla fronte, prima di dare le spalle ad entrambe e dirigersi verso Lino, che l'avrebbe lasciata insieme alle altre compagne. Era meglio non voltarsi, mai.
Prima di scomparire tra i corridoi, si scontrò con Edoardo, che aveva preso a guardarla in maniera indecifrabile. Sapeva che aveva origliato la loro conversazione, cosi come sapeva perfettamente quel che fosse accaduto a lei e la sua famiglia.
Loro sapevano sempre tutto.
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Dopo il pranzo, si erano diretti tutti nella sala musica, e in assenza di Filippo, Nad si occupò del pianoforte, accompagnata dalla canzone di Gianni. Maria amava quella canzone.
Edoardo notò la giovane sola, seduta su una sedia in fondo alla stanza, cosi, prese anche lui una sedia e ne approfittò per affiancarla.
Non la guardava, non le parlava e non le sorrideva, non stava facendo assolutamente niente. Difatti, per un po' fra loro regnò il silenzio, cosa che causò la risata di Sole.
<<O'sacc pecché staij ca.>> sarà forse per averlo beccato con una donna che non era Teresa?
<<E pecché?>> non la guardò, ma si concentrò su Naditza intenta a suonare il piano.
<<Nun te preoccupà, il tuo segreto è al sicuro con me.>>
<<Chest o'sapev già.>> quella volta si, la guardò, senza accennare a nessuna smorfia.
<<Lo sapevi?>> lo guardò divertita. L'aveva dato per scontato?
<< Tu nun si na 'nfam, Marì.>> gli forzò un sorriso, non replicando, e lui ne approfittò per riprendere parola.
<<Hai ritt na strunzat a mammt.>> l'osservò confusa.
Quindi aveva ragione, aveva sentito tutto.
<<Nun l'agg fatt.>> tentò di ribattere, ma sapeva di star mentendo. Aveva dovuto farlo.
<<Nun 'e haje ritte nient 'e chell ca è success ra quann staij ca rint, Marì, nient.>>
<<Non devono sapere niente, stong ca e so viv, chest è l'important.>> si irrigidì davanti le parole del ragazzo, che aveva scoperto già troppe cose sul suo conto, senza che lei le avesse detto niente.
<<Ma tu che hai combinato pe sta ca dint?>> incrociò le braccia al petto, non distogliendo lo sguardo dal suo volto.
<<Ho ucciso un uomo.>> l'osservò e lui non le pareva sorpreso.
<<E se lo meritava?>> Cosa voleva dire?
<<Chest nu sacc, Edoà. Non sono Dio, questo lo lascio decidere a lui.>> ed era vero. Chi era lei per decidere se Vincenzo meritasse di morire o no? Nessuno.
<<Ha fatt na cos malament?>>
<<Ha quasi violentato a mia cugina.>> le parole parvero uscirle come un sussurro, incapace di far ricadere lo sguardo sul ragazzo accanto a lei.
<<E allor sta aro a adda' sta, all'infern.>> poggiò la schiena sulla sedia, guardando davanti a sè.
<<Grazie per l'incoraggiamento, Lucifero.>> risero entrambi di quella disgrazia. Perché nell'IPM era questo ciò che si faceva, si esorcizzava il dolore e la crudeltà dei gesti che erano stati compiuti, con l'ironia.
Dopo diversi minuti di silenzio, Maria prese coraggio e iniziò a parlare, di un argomento che presto o tardi, avrebbero dovuto affrontare.
<<Carmine s'ha scetat.>> disse osservando il ragazzo accanto a lei con la coda dell'occhio, per osservarne la reazione.
<<So cuntent per te, Marì.>> tutto sembrava, meno che contento.
<<E mo? Comme funzion?>> domandò lei, fissandosi la catenina che portava al collo.
<<Di che staij parlann?>> sapeva bene di cosa stava parlando.
<<Nun è muort, e vuij tenete a' fa giustizia, o no?>>
<<Marì...ij te rispett, assaij. Tu hai difeso la memoria di Ciro e ij nun me o' scord.>> sospirò, non distogliendo la sua attenzione dagli occhi della giovane.
<<Ma nun bast pe t fa cambià idea.>> lui non rispose, ma si innervosì, Maria lo notò dal contrarsi della sua mascella.
<<Non lo voglio il tuo rispetto, se non sei in grado di rispettare la mia famiglia.>> capiva il grande passo che stava per commettere.
Averlo come amico era molto meglio che averlo come nemico, ma lui voleva Carmine e Filippo morti. Non sarebbero mai potuti essere amici.
<<Piccrè, o'ssaij buon comme funzion, anna pavà.>> questo era ciò che aveva da dire?
<<Non l'hanno ammazzato loro a Ciro, ma ro sistem, nu sistem 'e merd!>> non lo urlò, ma ci mancava davvero poco.
<<E proprij pe chest ca nun pozz fa fint 'e nient, no pe ro' sistem, ma pecché chest è nu fatt 'e sang.>> esternò, sbattendosi la mano sul petto, all'altezza del cuore.
<<E allor mi dispiac ma t seje fatt a n'ata nemic.>> fece per alzarsi, ma Edoardo le bloccò il polso, facendola risedere.
<<Marì, tu o'ssaij ca signific chest?>>
<<Signific ca si accir a Carmine e O'Chiattill, m'adda' accirr pur a me.>> gli sputò quelle parole come siluri, ad un palmo di distanza dal suo viso.
Siluri che trapassarono il petto del giovane.
<<Ij nun te tuccass maje, manc co nu rit, Marì.>> le rispose, con espressione seria in viso. Con il tempo, si era affezionato a lei, era una di quelle poche persone che, lo ascoltava senza giudicarlo, senza pensare a chi fosse lui davvero. Non voleva trovarsi in quella situazione, soprattutto con lei.
<<Edoà, ij t'apprezz, ma loro sono miei fratelli, tu o'ssaij buon chell ca vuò ricere, no? E' na question 'e sang.>> detto ciò, si allontanò da lui, lasciandolo solo con i suoi pensieri, dispiaciuto per trovarsi sul punto di perdere un'amica, perché Edoardo
non ne aveva mai avuta una.
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Filippo era ormai giunto alla clinica con il comandante, e finalmente avrebbe rivisto il suo compagno di cella e di sventure.
Non riusciva a credere di poterlo rivedere sveglio, capace di parlargli e di rispondergli, non poteva credere di rivederlo...vivo.
Il giovane milanese entrò nella stanza, notando l'amico uscire lentamente dal bagno, con l'asta della flebo che era costretto a portarsi con sé ovunque. Entrambi rimasero in silenzio, guardandosi negli occhi, quello più sorpreso era Filippo, che non riusciva a credere che finalmente si fosse svegliato e che stesse bene. Il giovane Ferrari si avvicinò a lui, stringendolo in un abbraccio, stando attento a non fargli troppo male.
<<Chiattì...>> sussurrò Carmine, con gli occhi lucidi. Non riusciva a credere fosse lì.
<<Mi sei mancato tanto, Cà.>> strinse gli occhi, lasciando che delle lacrime gli rigassero il volto.
<<Pure tu, Chiattì, assaij.>> lo strinse a sua volta. Era così felice di averlo li.
<<Come stai?>> si staccò lentamente dalla presa dell'amico, che si diresse verso il letto per distendersi un po' e riposare. Doveva ancora recuperare le forze.
<<Mo ca te veco, stong buon, Chiattì.>> sorrise, non potendo contenere la felicità che provava in quel momento.
<<So contento che stai bene, non sai quanto ci mancavi.>> si sedette all'estremità del letto, accanto a Carmine, riferendosi alla sofferenza che avevano provato lui e Sole in quel periodo senza di lui.
Ma dov'era Sole?
<<E Maria? A' vogl verè. Aro' sta?>> Filippò abbassò il capo dinnanzi a quella domanda, non sapendo se essere divertito o dispiaciuto per il motivo della sua assenza.
<<Chiattì, aro' sta Maria?>> insistette, osservando l'espressione di quest'ultimo.
<<Le hanno tolto il permesso, per evitarle l'isolamento.>> il viso Carmine si incupì. Maria in isolamento?
<<Ma che staij ricenne, Chiattì? Maria Sole in isolament? Ma quann maje?>>
<<Diciamo che ha...discusso con Viola.>> non era stato del tutto sincero, nel racconto mancava qualcosa.
<<Che signific che ha discuss cu chell a pazz'?>>
<<Che potrebbe...volontariamente, averle rotto il naso con una testata.>> confessò senza pensarci troppo.
<<Le ha fatto una cosa tipo alla Kill Bill.>> a stento trattenne un sorriso divertito, mentre Carmine era sconvolto.
La loro Maria aveva fatto una cosa simile?
<<Maria? Ma tu si sicur ca stamm parlann ra stessa person, Chiattí?>> la domanda, fece ridere Filippo, che nel frattempo ripensava alla scena in cui Sole metteva K.O. Viola.
<<E pecché ha fatt accussi?>> ci fu qualche secondo di silenzio e poi gli rivelò il vero motivo per il quale era avvenuta tutta la vicenda.
<<Per difenderti, Cà.>> rimase spiazzato nell'ascoltare la risposta di Filippo. Aveva rischiato l'isolamento per difenderlo?
Era grato di avere una persona come lei nella sua vita, perché non le importava chi lui fosse, lei sceglieva sempre di proteggerlo, con chiunque, da un boss, piccolo camorrista, ad una pazza dai capelli rossi.
<<Semp n' miezz ai guai pe nuje.>> sussurrò più a se stesso, che al suo compagno.
<<Perché ci vuole bene.>> la difese, e Carmine non poté non sorridergli, dandogli la ragione.
<<Mi manca, o'ssaij, Chiattì?>> incrociò le braccia al petto e assunse un'espressione infantile. Era quasi arrabbiato con la giovane per averlo difeso, perché adesso non poteva venire a visitarlo.
<<Anche tu gli manchi, sai?>> gli sorrise, notando il suo atteggiamento.
<<O'ver?>> si mise meglio sul letto, ascoltando con attenzione le parole del giovane.
<<Non ha passato un bel periodo da quando ha saputo che ti avevano sparato, per non parlare di quando...non sapevano se ce l'avresti fatta. Quando ha scoperto che ti eri svegliato, non sai com'era contenta...>> ricordò il momento in cui il comandante aveva dato loro la notizia.
Carmine si sentì male, sapendo quante persone aveva fatto soffrire con quel che gli era accaduto. Aveva fatto soffrire tutte le persone che amava ed era tremendamente triste per questo, ma era qualcosa fuori dalla sua portata. Sapeva che lo volevano morto ma, non era mai facile da realizzare, quando poi tutto ciò si concretizzava.
<<Nun 'a vulev fa suffrì Chiattì, m'adda credr.>> era la pura verità. Tutto avrebbe voluto, eccetto vederla soffrire. Non lei.
<<Io lo so..poi, quando ha conosciuto Futura...è cambiato tutto.>> un piccolo ghigno nacque sul suo viso, ripensando alle parole di lei verso la neonata.
<<Pecché? Che è cambiato?>> chiese con il cuore che gli batteva all'impazzata, al sapere che Maria l'avesse stretta fra le sue braccia.
<<Le aveva fatto una promessa e anche lei si è aggrappata a quella.>>
<<E che...che gli ha promesso?>> immaginarsi Maria con in braccio Futura, sussurrandole parole, simili ad una promessa, gli fece fremere il petto.
Un giuramento tra sua figlia e...la sua Maria.
<<Che non l'avresti abbandonata e che...saresti tornato presto a casa.>> Filippo non poté evitare di sorridere, perché quando si trattava di Sole, non poteva fare altro.
<<E chest è la promessa che ha fatt a Futur?>> chiese, con le lacrime che minacciavano di rigargli il volto, pensando all'immensa sensibilità della ragazza, che non smetteva mai di metterlo in difficoltà con il suo cuore immenso.
<<Sai come la chiama?>> scosse la testa in segno di negazione, asciugandosi gli angoli degli occhi.
<<La chiama il miracolo di Carmine.>> e quest'ultimo rise, rise dal profondo del suo cuore, mentre delle lacrime iniziarono a rigargli il volto. Maria si era aggrappata alla vita di sua figlia per alleviare il dolore che aveva dentro, per lui.
<<A' vuò sape na cosa, Chiattì?>>
<<Certo.>> mosse il capo, incitandolo a continuare.
<<Pe me natu miracol è ess, da quanne fa parte ra vita mij.>> gli dedicò un ultimo grande sorriso, prima di asciugare le lacrime che bagnavano le sue guance.
Sei na' cos ca nun sacc spiega'.
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