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5 / The only key with three wards


...To strut before a wanton ambling nymph;

I, that am curtailed of this fair proportion...




Il grido di Gloucester si congelò in quel singolo secondo sanguigno, quando si vide circondare dalle zanne del branco alieno.

I rostri pallidi, appuntiti, così diversi da quelli della sua stessa specie, gli furono addosso in un attimo.

«No!»

Gloucester indietreggiò rapido verso il torrente. Non ricordava di essere mai stato così veloce come in quel momento.

«Hastings!» guaì, senza vergogna. «Hastiiinnngsss!»

Le fauci si richiusero sulla sua spalla sinistra, alla fonte della putrescenza. Sangue schizzò sul muso del lupo e negli occhi del cinghiale deforme.

Gloucester uggiolò.

Scalciò alla cieca dietro di sé, e sentì gli zoccoli penetrare la carne viva del capobranco.

Fra le gocce pungenti della tempesta, i mugolii delle belve ancora inesperte si alzarono repentini e violenti.

Gloucester si lanciò senza pensare alle calcagna di coloro che aveva rinnegato fino a pochi secondi prima. Avvertiva il fiato dei lupi lambirgli la nuca... Odorava di sangue nero e carcassa sbranata.

«Lupi! Lupi dietro di noi!»

Hastings, Buckingham e il resto dell'orda erano già lontani – quasi sulla sommità della collina che mai nessuno aveva osato oltrepassare –, ma si fermarono ugualmente. E voltarono i musi, uno ad uno, in direzione di Gloucester.

Lui continuò a fuggire la morte, quasi accecato dal rosso.

Quattro paia di zanne schioccarono a pochi millimetri dalle sue orecchie. 

Il cuore sembrava sul punto di cadergli dal petto dal terrore di vedersi dilaniare dai lupi.

«Aiutatemi!»

Avrebbe risalito la collina, verso i suoi simili. Loro l'avrebbero protetto, loro l'avrebbero salvato.

«Hastiiiings!»

Non fu lui ad intervenire, naturalmente. 

Fu Tyrell a lanciarsi per primo nel bel mezzo della mischia, caricando il veterano dalle zanne scheggiate.

Lo mandò a cozzare contro il maschio alfa, mentre Gloucester si affannava claudicante verso la cima della collina.

«Proteggete gli eredi di Plantagenet!» urlò Buckingham, spingendo i cuccioli dietro di sé. «Le femmine rimangano indietro!»

L'ennesimo assalto diretto al fianco mandò Gloucester a rotolare lungo il pendio. 

Il tonfo del suo cranio contro la roccia dura lo lasciò inerte per un decimo di secondo. 

Un tempo sufficiente a permettere ad un lupo di morderti alla giugulare e di toglierti qualsiasi voglia di vivere.

Tyrell non fu altrettanto lento, per fortuna. Si scagliò verso di lui, allontanando il lupo con un affondo di zoccoli. «Gloucester!»

«S-Sto bene, Tyrell...» mugugnò Gloucester, risollevandosi a fatica dal fango. La ferita alla spalla aveva iniziato a bruciare come la peggiore delle piaghe, e l'immagine di Plantagenet morente gli attraversò la mente troncandogli di netto il respiro.

I lupi erano in rotta, ormai.

Magri e famelici, si erano resi conto di essere in netta minoranza per poter tentare nuovamente la sorte. Avrebbero dovuto scannare qualcun altro, ora, se davvero avevano intenzione di superare l'inverno.

«Grazie...» Gloucester scoccò ad Hastings e a Buckingham uno sguardo indecifrabile, ben lontano dalla semplice riconoscenza. Era chiaro che la loro era stata una misericordia immeritata. «Senza di voi, loro mi avrebbero... mi avrebbero...»

«Forse sarebbe stato meglio per tutti, Gloucester» sibilò Hastings, adocchiando cupo la ferita già infetta. «Per questo branco, tu sei sempre stato un peso. Ed ora non è diverso.» Ignorò l'espressione contrita dipintasi sul grugno di Gloucester, e sbottò il suo verdetto: «Prova un'altra volta a lamentarti o ad opporti alle nostre scelte, e ti giuro sulla buona anima di Plantagenet che te farò pentire finché vivi.»

«Sì, Hastings.» L'umiliazione era il prezzo necessario, dopotutto. Meglio la vergogna che una morte orrenda ai confini con la foresta. «Farò come dici.»

Hastings si voltò verso gli occhietti sgranati dei cuccioli. «Ed ora va' a farti medicare quello schifo da Woodville, e prega di rimanere sano.» Nonostante il ghigno, la sua voce rimase severa come al solito: «Sempre che tu lo sia mai stato davvero, Gloucester.»

Le risate del branco gli fecero più male delle zanne dei lupi.



***



...Cheated of feature by dissembling Nature,

Deformed, unfinished, sent before my time...



Londra, Pasqua dell'anno 1483.


La bocca del piccolo Richard si spalancò in una smorfia degna della migliore tragedia greca. «Perché, zio? Perché non sei riuscito a convincere la mamma?»

Riccardo si accovacciò davanti a lui per poterlo guardare in faccia. «Vostra madre vi vuole soltanto proteggere, nipote» mormorò, prima di sollevare gli occhi su Edward. «E lo stesso vale anche per voi, Maestà. Non dovete minimamente preoccuparvi della vostra incolumità. Io sarò con voi, dall'inizio alla fine.»

«Anche tu andrai alla Torre, zio?» Edward pareva sconvolto. «Nella stessa cella dove è morto zio Clarence?»

Riccardo scosse la testa. «No. Sarò nella cella accanto alla vostra, e mi potrete chiamare quando vorrete, se ne avrete la necessità.» Strinse forte il braccio del giovane re. «Non c'è ragione di avere paura: io non vi abbandonerò. Saremo tutti fuori in meno di una settimana. Vostra madre sa quello che fa.» Era arrivato al punto di dover mentire in una maniera tanto spudorata che dovette seriamente sforzarsi per non arrossire.

«E poi Edward verrà nominato re?» domandò Richard, la manina infilata fra le sbarre della gabbia del cinghiale.

Riccardo annuì una volta soltanto. «Sì, Richard. Re d'Inghilterra e signore d'Irlanda per grazia di Dio.»

«E tu sarai il suo Lord Protector

Riccardo sobbalzò. «Perdonate?»

Richard scrollò le spalle, come se avesse appena detto la cosa più naturale di questo mondo. «Io ho sentito che quando il re è troppo piccolo Hastings e Buckingham e tutti quei signori della corte scelgono un Lord Protector per governare insieme al re...»

Riccardo non credeva alle sue orecchie. Sì, ovviamente conosceva il ruolo del Lord Protector all'interno del governo, ma mai nessuno gliene aveva parlato in quei termini.

Si lasciò cadere sul freddo pavimento della stanza, completamente prosciugato. No, non poteva essere vero... Non era pronto per un simile ruolo, e mai lo sarebbe stato.

«Cosa c'è, zio?» Richard gli si sedette accanto e iniziò a giocherellare con gli orli del mantello. «Non vuoi aiutare Edward a fare il re?»

«Non è questo...» sussurrò Riccardo, lanciando ad Edward un'occhiata confusa. «Chi ti ha parlato di queste cose, Richard? Chi ti ha detto che sarei stato io il prossimo Lord Protector d'Inghilterra?»

Richard carezzò per qualche secondo il muso umido di Edmund, prima di rispondergli: «Sono stati Hastings e Buckingham a dirmelo... la stessa settimana in cui papà si ammalò.»

Riccardo si alzò di scatto, la gola riarsa e le tempie doloranti. «Rimanete qui. Torno fra poco.»

Uscì dalla stanza senza guardarsi indietro, e richiuse la porta d'acero dietro di sé.

Hastings e Buckingham...

Sempre loro. 

Erano gli unici due cortigiani ad essere perennemente invischiati in qualcosa che andava al di là della loro reale portata.

A che pro fare il suo nome per la carica di Lord Protector quando uno di loro avrebbe tranquillamente potuto prenderne il posto?

Riccardo non riusciva a comprendere.

Preso dall'inquietudine, si mosse verso il porticato alla ricerca di aria fresca. Il cinguettio delle allodole appollaiate sui rami dei castagni riuscì a malapena a calmarlo.

Hastings e Buckingham l'avevano cercato per riferirgli la sua nomina? Ma perché? Perché non aspettare il verdetto dell'intero consiglio regale?

Forse Jane sapeva qualcosa. 

Riccardo se ne convinse dopo pochi secondi di silenzio. 

Sì, doveva trovarla. Trovarla per non separarsene più, mai più.

Nessuno di loro sarebbe più stato al sicuro lì a Westminster.

Riccardo stava già per voltarsi e riprendere il cammino alla ricerca della compagna, quando cinque dita pasciute gli ghermirono il braccio, obbligandolo a rimanere immobile all'ombra delle colonne.

«Ah, eccovi qui. Vi stavamo cercando, lord Gloucester.»

Erano loro. Il barone di Hastings e il duca di Buckingham al gran completo, più silenziosi di un paio di serpenti affamati.

«Vi dobbiamo parlare con considerevole urgenza. Questioni di governo, sapete...»

Riccardo si liberò dalla mano di Hastings con un gesto del braccio. «Ebbene, parlate.»

Il barone obbedì all'ordine con il sorriso sulle labbra. «Probabilmente sapete già cosa stiamo per dirvi. Sua Maestà re Edward è ben lontano dal raggiungere la maggiore età, e le sacre leggi d'Inghilterra ci impongono di affiancargli un ben più responsabile politicante che sappia salvaguardare gli interessi del regno...»

Riccardo trattenne il respiro.

«Quello che vi volevamo dire, lord Gloucester, è che abbiamo pensato proprio a voi per la gloriosa quanto gravosa carica di Lord Protector.»

«No» ribatté subito Riccardo. «Non... non credo di avere le virtù necessarie a ricoprire tale carica, miei lords...»

Hastings e Buckingham gli si inginocchiarono di fronte all'unisono. Evidentemente avevano già intuito tempo addietro la sua risposta, ed ora stavano ricorrendo a degli espedienti di riserva.

«Voi siete l'unico che può assumere un titolo simile, lord Gloucester» biascicò Buckingham. «Vi prego, accettatelo come ricompensa per i numerosi servigi resi alla Corona d'Inghilterra.»

Riccardo scosse risoluto la testa. «No. Mi dispiace, ma proprio non posso. Non merito tutto questo potere.» Sfiorò la spalla di Hastings. «Rialzatevi, avanti.»

Ma il barone, anziché rimettersi in piedi, si avvinghiò al suo braccio, forzandolo a guardarlo negli occhi. «Non avete altra scelta, lord Gloucester.» La voce benevola di Hastings si era improvvisamente tramutata nel truce gorgogliare di un tiranno consumato. «Questo è un ordine del consiglio privato.»

«No, miei lords» ringhiò Riccardo. «Questo è un vostro ordine.» Restituì la stretta al barone. «Ed ora lasciatemi. Ho fretta di incontrare una persona.»

«Chi, se posso chiedere?» sghignazzò Hastings, schiudendo le dita dal polso del duca.

Riccardo si rassettò il farsetto e si preparò a ritornare a palazzo. Aveva già visto abbastanza: Hastings e Buckingham stavano tramando qualcosa ed avevano bisogno del suo aiuto per mandare il loro piano – qualunque esso fosse – a buon fine. «No, lord Hastings, non potete. Sono affari che non vi riguardano.»

E si voltò, senza alcuna remora, ma un tintinnio metallico alle sue spalle lo pietrificò a metà strada.

«Per caso, lord Gloucester, si tratta della nostra incantevole lady Jane Shore?»

Riccardo sentì il sangue corrergli impazzito nelle vene a una velocità ben al di sopra del normale. Vide un mazzo di chiavi argentee strette nella mano di Hastings, e vi avventò contro. «Che cosa le avete fatto?!»

«Per il momento, nulla, lord Gloucester» mormorò il barone. Schivò facilmente il braccio di Riccardo e riacquistò il suo consueto aplomb da aristocratico: «Ma qualcosa potrebbe accaderle, se per caso voi non accettaste l'onore della nomina...»

Riccardo ruggì, disperato: «Dov'è?!»

«In una delle stanze del palazzo, a pochi metri da quella di Sua Maestà la regina.» Hastings gli sventolò le chiavi davanti agli occhi. «Ed Elizabeth la troverà, se voi non fate nulla per impedirlo. Allora, accettate?»

Riccardo si portò le mani al viso. Quale era il loro scopo? Perché gli stavano facendo questo? «A-Accetto» balbettò. Se questo poteva servire a salvare Jane dalla scure del boia, allora doveva di certo essere la cosa giusta da fare. «Datemi quelle chiavi!» Senza attendere Hastings le agguantò, già ansante, e si precipitò verso le scale.

«Lunga vita al Lord Protector di re Edward!» udì urlare Hastings alle sue spalle. «E ricordate, Gloucester... è l'unica chiave con tre denti!»


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