12 / A kiss for a wound
...As I am subtle, false, and treacherous,
This day should Clarence closely be mewed up...
Harri Tudor si ripulì il volto sporco di sangue con il guanto ferrato. Non che lo infastidisse troppo portarselo addosso, ma non desiderava entrare a Londra con il viso macchiato.
Doveva dimostrarsi clemente agli occhi del popolo – un vero amante della vita e della pietà –, se davvero aveva intenzione di farsi incoronare come suo legittimo sovrano.
Harri allungò un'occhiata torva alla sua ultima vittima. Quel cinghiale aveva ululato fino alla morte. Non l'aveva fatto per paura, lo aveva sfidato. Aveva sfidato un Tudor, e aveva trovato la morte.
«Milord, cosa ne facciamo delle carcasse?»
Harri si voltò verso il sottoposto che aveva formulato quella fastidiosa domanda. Stava indicando il corpo esanime del cinghiale dentro la rete e quello morto nel roveto.
«Portateli via» ordinò Harri. «Tagliateli a pezzi e distribuiteli ai soldati. Stasera si mangerà carne.»
Un boato di gratitudine si sollevò dalle schiere accampate nella foresta di Hove. Le bandiere con le rose bianche e rosse parvero trafiggere il cielo terso, ed Harri trattenne a fatica il sorriso.
«Domani sarà il nostro giorno, fratelli!» gridò, spalancando le braccia come per abbracciare l'intero esercito di fedeli gallesi. «Entreremo a Londra e vendicheremo la morte di re Edoardo, ucciso dalla mano deforme del duca di Gloucester!»
I soldati batterono al suolo le lance, una, due, tre volte. Resero fiero il loro comandante supremo, lo guardarono aprire di nuovo la bocca per proseguire il discorso.
«Il duca ha cercato di prendersi il trono con la forza e l'omicidio! Ha complottato con i suoi nipoti bastardi per appropriarsi del potere, ma i prodi Hastings e Buckingham sono riusciti a rinchiuderlo prima dell'atto finale!» Harri inspirò ossigeno a pieni polmoni. «Il nostro compito è assicurare a questo Paese un futuro concreto e illuminato, e io sono pronto ad accettare su di me il fardello della corona pur di vedere l'Inghilterra rinascere dalle sue ceneri!»
Le fronde dei pini parvero vibrare scosse dalle urla degli uomini in armi.
Harri afferrò le briglia del suo stallone nero. «Riposatevi, ora, mangiate e bevete: la strada per Londra è ancora lunga, e domani non ammetterò alcuna debolezza da parte vostra. Mi avete sentito?»
«Sì, milord!» rispose in coro la schiera, poco prima di rompere le righe e circondare i falò.
Harri condusse il destriero accanto alla quercia, legandovi intorno la briglia. Poi chiamò il sottoposto con uno schiocco delle dita. «Ripulitelo e limatelo» gli ordinò, consegnandogli fra le mani il pugnale incrostato di sangue. «Lo voglio vedere splendente, domani.»
«Sarà fatto, milord.»
«E manda in pattuglia due dei nostri migliori cavalieri» continuò Harri, lanciando uno sguardo allo spiazzo dove si erano appena accampati. «Di' loro di controllare i paraggi. Non voglio avere altre bestiacce intorno, stanotte.» Trattenne il sottoposto dal girare i tacchi afferrandogli lesto il braccio. «Non siamo poi così distanti dai villaggi della costa, dico bene?»
«No, milord. Hove dista a meno di due miglia da qui.»
«Bene» sussurrò Harri. «Allora di' loro di spargere la voce... di annunciare al popolo che Harri Tudor è tornato dall'esilio e che è pronto a divenire il loro re.» I suoi occhi scintillarono come preda di un incantesimo, o di una follia tutt'altro che passeggera. «La mia dinastia regnerà fino alla fine dei tempi...»
«Sì... sì, milord. Come voi desiderate.»
Harri Tudor rimase solo sotto i rami della quercia millenaria, a rincorrere le nuvole con gli occhi e a sussurrare a fior di labbra sogni di vendetta.
Non gli sembrava vero di stare già camminando sul suolo inglese.
Aveva calcolato male i tempi del viaggio in nave, ed era approdato sulle spiagge del Sussex con qualche giorno di anticipo. Di questo passo, il suo piano sarebbe andato a buon fine molto prima del previsto.
Non che cambiasse qualcosa, ormai: il destino dei Plantageneti era segnato fin dall'inizio, fin dal giorno stesso in cui Edoardo si era visto posare in testa la corona.
Ma ora era il suo momento, e nulla più l'avrebbe fermato.
Si sarebbe liberato di Elizabeth Woodville, inutile regina di sangue plebeo, e di tutti i dignitari obsoleti della vecchia corte.
Poi sarebbe toccato ad Hastings e a Buckingham.
Li avrebbe uccisi con calma – affogandoli nel Tamigi, magari? –, con le sue stesse mani. Harri odiava lasciare intorno a sé le testimonianze viventi di ciò che era stato costretto a fare pur di poter ritornare, senza contare che la bramosia di quei due avrebbe prima o poi iniziato a nuocergli, proprio come aveva nuociuto tempo addietro ad Edoardo.
No, con lui si sarebbe inaugurata una nuova era, con nuovi eroi e ancor più nuovi ideali.
Un'epoca nata dal sangue e iscritta nel diamante.
Un regno che lui e i suoi figli avrebbero governato senza più mollezze né sciocchi sentimenti.
Harri sorrise fra sé e sé.
E senza più mostri da uccidere.
***
...Dive, thoughts, down to my soul – here Clarence comes!
Londra, Pasqua dell'anno 1483.
«Ma che cosa stai dicendo, Jane?!» Riccardo non poteva sopportarlo. La costrinse ad aprire le dita e a perdere la presa sul pugnale. «Tu stai delirando! Io non ucciderò nessuno!»
La cortigiana artigliò il polso del duca trafiggendolo con il suo sguardo infuocato. «Se non lo farai, Harri ucciderà te e i bambini! Possibile che tu non riesca a capirlo?!»
Avevano alzato troppo la voce, ed Edward e Richard avevano subito voltato il capo verso di loro.
«Che cosa succede, zio?» domandò il re. Guardò confuso il pugnale fra le mani di Riccardo per poi spostare lo sguardo su lady Jane. «Che cosa state facendo?»
Richard li stava fissando dal pavimento, impietrito dalla paura, le braccia strette attorno alla gabbia di Edmund.
«Niente, Edward» grugnì il duca, abbassando il pugnale. «Va tutto bene.»
«Smettila di mentire così!» strillò lady Jane, afferrando di nuovo la lama. Si aprì un taglio sul dito, e i bambini cacciarono un urlo. «Fallo, Riccardo. Fallo per voi.»
Riccardo avrebbe voluto tapparle la bocca, pur di non sentire più la sua voce. «No» rispose, risoluto. «Non sai quello che dici. Possiamo ancora trovare una soluzione. Deve essercene un'altra!»
«No, Riccardo... sai che non esiste» ribatté lady Jane. «Devi uccidermi, per il tuo bene e quello dei bambini. Non valgo niente... non sono niente. Nessuno mi piangerà quando morirò.»
«Io sì!» sbraitò Riccardo.
Lady Jane lo guardò a bocca aperta. Poi chinò il capo, poggiando il viso sul farsetto del duca. Pianse di nuovo, affondandogli le dita nella pelle del braccio.
Riccardo incrociò lo sguardo sconvolto di Edward e di Richard, ma non proferì una sola parola. Il tempo delle parole era ormai terminato.
«Mi dispiace...» sentì singhiozzare lady Jane, la guancia premuta contro il petto di Riccardo. «Mi dispiace tanto...»
«Non posso farlo, Jane. Non posso. Non ne sono in grado.»
«Perché...?» sussurrò la donna. «Perché, Riccardo?»
«Perché io ti amo» ringhiò il duca. «E non potrei mai farti del male. Hai già sofferto abbastanza.»
Lady Jane avvicinò le labbra a quelle di Riccardo. Non si baciarono: si sfiorarono appena. Ma ad entrambi fu sufficiente, in una situazione come quella.
«Se mi ami davvero» mormorò lei «allora, ti prego, fai quello che dico. Harri ti ucciderà se non mi toglierai la vita...»
«Non mi importa.»
«Non è vero, Riccardo!» gridò lady Jane. «Vuoi condannare a morte te stesso e i bambini a causa mia?!»
Riccardo si voltò verso i nipoti. Vide i loro volti distorti dal terrore, e maledisse mille volte il gallese per averli coinvolti nel complotto. Sarebbe bastato esiliarli, niente di più. Senza un padre né una madre a guidarli, avrebbero ben presto dimenticato il trono e il palazzo.
«Fallo, Riccardo... per favore. Te lo sto chiedendo per il tuo bene.»
Riccardo guardò la lama del pugnale. Illuminata dalla fiammella tremante della torcia, pareva vibrare di vita propria.
«Harri ha già ucciso tutto ciò che ci stava a cuore. Non permettergli di continuare, ti prego. Voglio morire per mano tua.»
Riccardo scosse la testa. «No, no... non puoi volere questo. Deve esserci un altro modo per...»
Lady Jane afferrò nuovamente la lama, puntandosela dritta al cuore. Riccardo la trattenne appena in tempo dal trafiggersi con le sue stesse mani.
«Zio, no!» Edward mosse un passo verso di loro, le palpebre arrossate dalle lacrime. «Uccidi noi due.»
Richard, il piccolo duca di York, scoppiò a piangere contro lo stipite della porta.
«No...» Riccardo respinse Edward con un braccio, inorridito. «Non dirmi questo...»
«Harri ci ucciderà comunque!» ribatté il re. «Pensaci, zio. Non ci lascerà vivere, sapendo che potremmo riprendere il trono in qualsiasi momento...»
«No... basta!» Riccardo indietreggiò fino a sbattere la schiena contro la parete. «Voi dovete vivere...» Si girò verso lady Jane Shore. «Nessuno deve morire!»
«Non essere ingenuo, Riccardo...» Lady Jane ebbe persino la forza di sorridergli. «L'unico che non può morire sei tu.»
«Io...» ripete Riccardo. «Già, io.» Scoppiò a ridere, sull'orlo del baratro. «Io... il mostro... il duca di Gloucester... l'uomo più inutile di tutta l'Inghilterra!» Sollevò la lama e se la puntò da solo verso la gola. Un unico gesto, e la giugulare sarebbe stata tranciata a metà dal colpo. Una morte poco sofferta, dopotutto. «Ho deluso tutti, fin da quando sono nato! Sono sempre stato un peso per mio padre e i miei fratelli... perfino a palazzo non sono stato in grado di proteggervi da tutto questo!»
«Non è vero, Riccardo!» Lady Jane gli si avvicinò e lo avvolse nel suo abbraccio. «Non devi morire... tu... tu non capisci...»
«No, Jane, sei tu che non riesci a capire... Harri mi ucciderà, è me che vuole. Sarò il primo a morire quando entrerà a Londra, ma per voi avrà pietà. Lui ama troppo questi imprevisti per condannarvi a morte.» Riccardo socchiuse gli occhi verso i nipoti. «Mi dispiace, Edward... abbi cura di tuo fratello.»
Il re tese in avanti la mano. «Zio... no!»
Riccardo vibrò il colpo ad occhi chiusi.
Le dita di Jane lo deviarono prima che potesse raggiungere la gola.
In ogni caso, il pugnale si conficcò nella carne.
Fu allora che Riccardo riaprì gli occhi.
Il suo grido esplose insieme al suo cuore.
Jane era riuscita a rivolgere il pugnale contro di sé, e non aveva mancato il bersaglio.
Riccardo l'agguantò per le spalle prima che potesse scivolare a terra.
«R-Riccardo...»
Le estrasse il pugnale dal collo e lo gettò lontano, contro la parete, il volto già rigato dalle lacrime.
«R-Riccardo, ascoltami...» Jane si aggrappò al suo braccio. Ad ogni sua parola, fiotti di sangue sgorgavano dalla bocca e dalla gola recisa lordando l'abito di broccato. «Ho dovuto... ho... d-dovuto... farlo...»
«Non parlare!» Riccardo le premette la mano contro la ferita, nel patetico tentativo di arginare l'emorragia.
«A-Ascolta... quello che ti dico...» Jane riprese dolorosamente fiato prima delle ultime parole. «V-Vivi... lontano... da qui... scappa con... con i bambini... vattene via... t-ti prego.»
«No! No! No!» urlò Riccardo. «Io non ti lascio! Io non me ne vado!» Le sue lacrime bagnarono il viso dell'amante del re. «Stupida! Maledetta... stupida...»
Sentì la mano di Edward stringersi intorno alla sua spalla, per chiamarlo. «Z-Zio... c'è qualcuno... qualcuno alla porta.»
Riccardo si voltò verso l'uscio spalancato.
Tyrell, il suo fedele Tyrell, era in piedi di fronte a Richard, e stava osservando la scena. «Mi dispiace, Riccardo» lo udì mormorare. «Dirò a Buckingham ed ad Hastings che hai fatto la tua scelta.» Chinò la testa. «Ora siete liberi.»
«Vattene!» strillò Riccardo, abbracciando il cadavere di Jane. «Vattene via!»
Tyrell obbedì, ma non richiuse la porta alle sue spalle.
Erano davvero liberi di uscire, adesso.
«Non ho fatto nessuna scelta!» continuò a urlare, come se davvero Tyrell potesse sentirlo nonostante la distanza e l'intrico di corridoi. «Io non ho scelto niente!»
Edward attese che le sue urla si fossero tramutate in silenzio, prima di parlare: «Zio, dobbiamo andare...»
Richard si era già alzato in piedi, la gabbietta di Edmund sotto braccio, pronto a lasciare per sempre la Torre di Londra.
Riccardo li guardò come se fossero due estranei capitatigli davanti per caso. «Andate» mugolò infine. «Io vi raggiungo.»
Edward e Richard lasciarono la cella mano per mano, imboccando la scala a chiocciola che li avrebbe riportati al Traitor's Gate.
«Sciocca...» ripeté Riccardo un'ultima volta, prima di accostare le labbra al viso di lady Jane Shore.
La baciò, pianse, e la baciò di nuovo.
Fu il primo e l'ultimo bacio che mai le diede, e lei era già morta da qualche minuto.
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