Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

La quarta notte

"Su questa terra possiamo amare solo col tormento e solo per mezzo del tormento."
~Fedör Dostoevskij
___________

È San Lorenzo nel cielo di Roma. È la notte in cui la gente si aspetta che le stelle scendano dal cielo, solo ed unicamente per un nome. È la notte degli imbrogli, degli inganni, dell'universo che porta le persone a credere che quella sera vedranno qualcosa di raro e di diverso. È la notte più spaventosa dell'anno, poi, per chi sa come sognare.

È la notte in cui i sogni cadono, si fondono con la realtà. È la sera in cui i desideri si trasformano in stelle, come sempre, ma poi cercano di raggiungere la terra. È il momento in cui il mondo insegna agli uomini che è impossibile arrivare dove si vuole, quando si è piccoli e spezzati.

Perché a quel punto, si cade e basta.

Manuel la odia da anni, la notte di San Lorenzo. La odia perché sa di dover stare attento. Perché sa che quel giorno non può perdersi in sogni inutili, non può essere distratto. Deve guardare, e cercare i suoi sogni distrutti. Deve studiare ogni singola piega del cielo, ed assicurarsi di non perdere nemmeno un frammento. Lo deve fare, perché solo quando si vede una stella cadere allora un desiderio si può avverare.

Che ossimoro, poi.

Ogni volta che Manuel pensa a questo concetto, si sente un po' sporco. Si sente un ladro, pronto a rubare il sogno caduto a qualcun altro. Come quando trovi un portafoglio per strada, e poi te lo tieni.

Per questo odia la notte di San Lorenzo. Perché è la notte dei ladri di sogni, dei fuggiaschi. Perché si sente parte di essi, ed è troppo egoista per non sognare qualcosa.

Per non desiderare che una stella inciampi per lui.

Quell'anno, però, la notte di San Lorenzo culla il suo cuore. Gli sembra più morbida, più sicura. Forse è per via dei passi che si muovono dietro di lui, lenti, quasi impercettibili. Forse è perché l'aria è colma del profumo di Simone, anche se ancora non si è riempita della sua voce. Forse è perché sono quasi le tre di notte, e Simone è ancora lì per ascoltarlo.

Di nuovo.

Manuel fa un respiro profondo e si sfrega i palmi sudati sui pantaloncini. Si è seduto poco prima, quando è arrivato. Ha aspettato tanto, ma non troppo. Non ha mai perso la speranza di rivedere l'altro; nonostante il tempo avesse continuato a scorrere ininterrotto, nonostante fosse rimasto solo per quasi un'ora.

No, non ha mai perso la speranza.

Non in Simone, non nell'umanità.

Ora, percepisce la sua presenza senza voltarsi. Incurva un po' le labbra, è felice.

Simone prende posto accanto a lui, non dice nulla. Pare più nervoso del solito. È curvo su se stesso, sembra portare sulla schiena il peso del mondo. Manuel sente il suo respiro farsi sempre più pesante. Lo vede giocare con gli anelli che porta al dito, strofinarli sulla pelle fino quasi a farsi male. Lo segue in tutti i suoi movimenti, nel silenzio tombale che l'altro ragazzo sembra desiderare.

Aspetta che sia Simone a prendere coraggio, a fare il primo passo.

E alla fine, Simone parla.

"Vorrei mi raccontassi un sogno." dice, con voce un po' tremante.

Sembra agitato, si, ma non infelice.

Quasi confuso, direbbe Manuel.

"E io vorrei me dicessi da che stai a scappa."

Con un movimento anche troppo repentino, Simone si volta. Manuel sussulta, il suo sguardo trema. Gli occhi dell'altro sono di fuoco, incandescenti, braci su cui possono bruciare tutti i sogni. Ha il cuore che gli pulsa forte, le tempie che sembrano scoppiargli.

Manuel legge una leggera furia sul suo volto.

Deglutisce.

"Io non sto a scappa' da nulla," rimarca Simone, serio. Ha la mandibola serrata e l'espressione truce. "anzi, sono pure troppo felice per scappare." aggiunge.

"E allora perché vieni qui a mendicare sogni durante la notte di San Lorenzo, Simo'?"

Il tono di Manuel è duro. Riesce a tenergli testa senza fare troppa fatica, senza lasciarsi ingannare dalla maschera di indifferenza di Simone.

Mantiene gli occhi fissi nei suoi, e lascia che danzino insieme e si pestino i piedi per un po'. Simone non reagisce subito, fa fatica a restare calmo, a non mettersi ad urlare.

La verità, è che la testa gli fa male.

Da giorni.

Da quando ha rivisto i suoi sogni.

Così respira, in maniera affannosa e irregolare. Tenta di sincronizzare battito e respiro, inutilmente, perché va tutto troppo veloce. Gli gira la testa, e sente il sangue smettere si scorrere nelle vene per un attimo.

Respira.

Respira.

Respira.

"Oh-Simo'?."

Un eco.

Simone ha la vista sfocata.

"Simo'!"

Manuel lo scuote per le spalle. Lo ha visto perdere l'attenzione davanti ai suoi occhi, smettere quasi di respirare. Ha visto il suo sguardo perdere colore, e il suo viso impallidire. Ha visto la paura tra le pieghe del suo viso, nelle sopracciglia aggrottate, nelle labbra schiuse. Per un breve istante, ha addirittura pensato di averlo perso.

E un po', ha smesso di chiedere ossigeno all'aria anche lui.

Simone scuote la testa, tornando nel mondo reale. Quando incontra la preoccupazione di Manuel si maledice, e i suoi denti iniziano a tremare.

Un brivido, poi, gli corre lungo la schiena.

Respira.

"Simo..." mormora Manuel, notando che l'altro sta riprendendo coscienza. Lo sussurra piano, come se la sua voce potesse insinuarsi lentamente tra i suoi timori ed aggredirli di soppiatto.

Simone alza entrambe le sopracciglia e spalanca gli occhi.

Torna a respirare.

"Manu..." si sente prosciugato. Sa che non dovrebbe, che quella sera dovrebbe gioire. Che probabilmente sarebbe anche felice, se solo non lo avesse rivisto.

Perché Manuel non ha bussato alla sua vita, ha scardinato la porta. Ha messo in disordine la casa dei suoi pensieri, l'ha svaligiata, l'ha fatta a pezzi. Ha rubato un pezzo del suo cuore, come la gente fa coi sogni a San Lorenzo, e l'ha portato via senza pentirsene.

Ma ora, con metà cuore soltanto, Simone non sa più che fare.

È troppo tardi per tirarsi indietro.

"Raccontami-raccontami un sogno. Per favore."

Neanche questo è giusto.

Chiedere di farsi prestare un sogno quando non sa più che farsene della propria vita. Chiedere di farsi distrarre alla prima ed unica causa dei suoi problemi.
Chiedere a Manuel, quando Manuel non dovrebbe contare nulla.

Perché Manuel, nonostante tutto, sarà sempre Manuel.

E non potrà mai non contare nulla.

"Facciamo-" ribatte Manuel, un po' più dolcemente. Gli accarezza un po' la spalla, lo culla con gli occhi. "--facciamo che me racconti prima qualcosa te, va bene?"

Simone non ha la forza di replicare. Si limita ad aggrottare le sopracciglia, in un'espressione di evidente sconforto, e senza guardarlo oltre torna e beare le stelle dei suoi occhi. Fa un bel respiro, di nuovo. Lo fa più volte, sotto lo sguardo pungente di Manuel, che non sta facendo altro se non essere preoccupato.

Colpisce il muro con i talloni. Sfoga così le sue incertezze, le sue insicurezze, la sua agitazione. Con i palmi che gli fanno male perché ha stretto troppo il cemento, e gli occhi ormai chiusi perché non ha più il coraggio di guardare in alto.

Raccontami qualcosa, gli ha chiesto Manuel poco prima.

Simone sospira.

È la notte dei sogni rubati.

"Oggi è San Lorenzo,"esordisce, come se non fosse la cosa più ovvia del mondo. "tu lo sai perché è particolare questa notte?"

"Perché ce stanno le stelle cadenti, no?"

Manuel deglutisce. Ha le iridi mischiate alla pelle di un uomo che non lo degna di uno sguardo, che preferisce discutere del buio che più lo spaventa. È curioso di sapere cosa ha da dire, e nel frattempo spaventato dal concetto di parola stessa.

Vorrebbe scappare.

E anche stringergli la mano e rimanere lì per sempre.

"Eh," annuisce Simone, perso nel vuoto dei suoi pensieri. "ma lo sai perché le stelle cadenti se vedono proprio a San Lorenzo?"

La domanda colpisce Manuel dritto in petto. In effetti, e se ne rende conto solo in quel momento, non ha mai riflettuto sul significato preciso di quella data. Perché le stelle scegliessero di cadere proprio quel giorno, perché non a Natale, ad esempio.

Non se l'è mai chiesto, no. Ha sempre seguito la tradizione, meccanicamente, senza porsi domande.
Proprio lui, che da filosofo qual è di domande se n'è poste mille.

Abbassa il capo, mordendosi l'interno della guancia destra.

"No." mormora.

Sente Simone fare un respiro profondo. Ha ancora il collo inclinato verso l'alto, i palmi premuti dietro la sua schiena. Si è calmato, almeno un po'.

Il vento non tira, non li degna della propria presenza.

Ed hanno entrambi caldo.

"E lo sai che cosa sono le stelle cadenti in realtà?"

Di nuovo, Manuel è costretto a scuotere la testa. "Mh-mh." bisbiglia.

Simone si passa la lingua sul labbro inferiore.

"La cosa divertente," dice, più a se stesso che all'altro. "è che sono tutti convinti siano proprio stelle, quando in realtà non è così. È tutta na bugia. Le stelle non cadono."

Manuel schiude le labbra.

La verità, è che non ha idea di cosa ciò che Simone sta spiegando voglia dire. Non ci ha mai riflettuto sul serio.

L'universo ha tanti modi per ingannare l'umanità. Ha tanti metodi, strategie, colpi da utilizzare. È sorprendente come un giorno si possa essere convinti di qualcosa, e l'altro scoprire che quella cosa non è vera. L'umanità è malleabile, manipolabile, la mente fragile e sottesa a qualcosa di più grande.

Eppure.

Eppure ci sono uomini che non si lasciano ingannare. Uomini che si guardano intorno, che trovano spiegazioni, che vanno e vedono oltre. Uomini che non solo si pongono domande, ma sanno anche darsi le risposte.

Uomini come Simone.

La categoria più affascinante, forse, per chi dagli inganni semplicemente scappa. Per chi non li affronta, per chi preferisce ingannare se stesso piuttosto che farlo fare all'universo.

Per chi è come Manuel.

Persone come Simone sono ammirabili. Sono fonte di conoscenza, di poesia e di sorpresa per gente come Manuel. Sono esseri meravigliosi, attraenti, quelli che con coraggio rimangono saldi a terra e riescono a rimanere puri.

Sono bellissimi.

È bellissimo.

"E che so', allora, le stelle cadenti?"

Simone, a quel punto, solleva gli angoli della bocca.

"Meteore, o meteoroidi," spiega. "frammenti di roccia e polvere che viaggiano nello spazio. Quando entrano in contatto con l'atmosfera bruciano, e producono luce. Per questo i popoli hanno sempre pensato fossero stelle cadenti. Perché apparentemente, è luce che cade. Ma poi non è così."

Manuel fa un cenno d'assenso con la testa, completamente rapito dal discorso.

"E perché però proprio a San Lorenzo?" domanda.

"Perché il 10 Agosto la Terra sta in una posizione particolare nella sua orbita," ribatte Simone. "ed è in condizione di incontrare una pioggia di meteore che si chiamano Perseidi, cioè detriti di una cometa che continuano a muoversi nello spazio. Quella che noi chiamiamo pioggia di stelle cadenti non è altro che una pioggia dei resti di una stella. È una delusione. È un'illusione."

L'altro assottiglia lo sguardo. La risposta che dà è impulsiva, non pensata, solo sentita. Ma nonostante questo, gli sembra appropriata.

"A me invece me pare confortante." afferma.

Simone si volta di scatto, attirato da quel suo disaccordo.

Solleva un sopracciglio.

"Confortante?" ripete, con tono quasi provocatorio.

Manuel sorride, convinto.

"Eh, confortante," insiste. "pensace Simò. Sape' che le stelle in realtà non cadono sur serio. Che stanno sempre la', che la loro luce non ci abbandona. È come sapere che un sogno non può mai rompersi entrando in contatto con la terra. Che sta sempre lì, a illuminarci tutti."

Simone lo fissa. Non sembra convinto, per nulla.

"Ma le stelle muoiono, Manuel." gli ricorda.

"È vero," conferma Manuel, passandosi una mano tra i capelli. "ma ce mettono milioni di anni. Per chi vive poco come noi, so immortali. Come ai sogni. Come a tutto ciò che c'è di forte al mondo."

"E che altro ci sta di forte al mondo?"

Manuel fa una piccola pausa.

"L'amore."

Gli occhi di Simone si sgranano. Il cuore si stringe, forse impugnato dal tempo, forse consolato da braccia immaginarie. Tenta di dire qualcosa, più volte, ma non ha nulla.

È vero, pensa.

L'amore è la forza più grande del mondo.

"L'amore," ripete, bisbigliando. "e perché dici proprio l'amore?"

Manuel sorride, guardando verso Roma.

"Perché l'amore è come le stelle, se ce pensi," dice. "quello vero intendo. Ce mette mille vite a morire, ed è la cosa più sicura e bella da avere. Per questo era il mio ultimo sogno."

Simone aggrotta le sopracciglia, e il suo volto si dipinge di confusione. "L'amore? Il tuo ultimo sogno?"

"Si," conferma Manuel. "l'ultimo sogno. E quello più facile, da n'certo punto de vista."

Facile.

Il sapore di quella parola è dolce e amaro al contempo. Sa di mondi sperduti, paradisi non vissuti, anime pure. Ma sa anche di bugie, di mezze verità, di pezzi di terra inesistenti.

Facile.

Simone si domanda se esista davvero qualcosa di facile. Se una cosa così profonda come l'amore possa esserlo. Può un pozzo essere facile?

È sicuramente facile caderci dentro.

Un po' meno, però, lo è risalire.

Innamorarsi è semplice. Innamorarsi è bello, è una caduta libera, uno scivolo d'acqua. Innamorarsi richiede un istante, un solo pezzo di cuore, una sola freccia.

Amare, tuttavia, è un po' meno semplice.

Amare vuol dire donarsi. Amare vuol dire mantenere quella freccia in petto, anche se fa male. Amare vuol dire disinfettare i lividi della caduta, senza odiarli, senza sperare che vadano via da soli.

Amare vuol dire mettersi in pericolo.

E quello non è facile, Simone lo sa bene.

"L'amore non è facile." si lascia sfuggire.

Manuel sorride.

"L'amore è facilissimo," controbatte, serio. "semo noi che lo rendiamo complesso. Che se ce innamoriamo ce facciamo mille pare, mille problemi. Che non parliamo mai, che c'abbiamo paura d'esse scoperti, d'esse vulnerabili.
È perché semo cresciuti co' l'idea che l'amore ce spoglia, Simò. Che na volta innamorati seno completamente nudi, vulnerabili, alla portata de tutti.

Ma non è così.

L'amore è facile perché ce protegge. Perché te faresti tutto per le persone che ami, senza chiede nulla in cambio.

Essere amato te protegge.

Ed è na cosa tanto facile, se ce pensi."

"Non tutti siamo amati, però." scrolla le spalle Simone.

Lo sa benissimo che non dovrebbe essere lui a dirlo. Che lui è amato in cielo e in terra, che è apprezzato, che è appoggiato sempre da qualcuno. Che è circondato da affetto, da amore, da cura e premure.

Eppure, sente il bisogno di sottolineare quel concetto.

Forse perché c'è stato un tempo in cui non si sentiva amato da nessuno.

"Questa è na cazzata."

Inverosimilmente, l'aria si congela.

Simone assottiglia lo sguardo, i sensi amplificati dal cuore pesante. Il tono di Manuel si è fatto sibilante, quasi inconcreto, striscia nei suoi pensieri come una serpe fastidiosa. Sussurra messaggi, implicazioni, ma nulla di reale.

Sogni, sogni, sogni.

Tu sogni troppo, Manuel, nessuno può più crederti.

"Non esiste al mondo persona che non sia amata," prosegue intanto, sicuro. "possono esse i tuoi genitori a farlo, o n'fratello, o n'amico, o addirittura n'partner. Pure no sconosciuto può amarti-non importa. Stai certo che qualcuno t'amerà sempre.

È impossibile non essere amati."

Simone scuote la testa.

Ancora non capisce.

"Se fosse così semplice," dice, sospirando. "le persone non si sentirebbero sole. Se tutti fossimo amati nessuno starebbe mai male, Manuel."

Manuel nega. Lo fa più volte, con lo sguardo, con la mente.

Simone lo sente nel sangue che non è d'accordo. Ha un opinione così forte a riguardo da prosciugare mari, e far franare monti. Vi è legato strettamente, come se ne dipendesse la sua stessa vita.

E forse, è così.

Non è vivere con la consapevolezza di essere amati, in fondo, che a volte ci può dare la forza che ci serve?

"Ma questo non c'entra un cazzo, Simò," replica. "la gente sta male perché non se sente amata. Perché noi omini non sempre semo capaci de dimostracce amore, e allora finiamo ad ingannarci e a farci male. Ma ad amarce, c'amiamo comunque, e c'amiamo sempre. Ed è questo secondo me r'conforto più grande che qualcuno può avere.
Sapere di amare nel modo giusto, e di aver amato nel modo giusto.

Cioè, r'mio ultimo sogno."

"Amare ed essere amato?" domanda Simone.

"Innamorarmi insieme a qualcuno."

Cala il silenzio per qualche attimo. Tra loro vige l'ombra, calamità della vita di chi osserva. Simone riflette, miscela frasi, contenuti, elabora pensieri contrastanti. Non sa cosa rispondere, non sa come comportarsi.

La verità, è che di amore con chi si ama non bisognerebbe parlare. Perché l'amore, se ci si ama, si sente, si percepisce. Bisogna evitarlo, schivarlo, specialmente in situazioni troppo complicate.

Altrimenti, si finisce per cadere in trappola.

E dopo è difficile uscire, se si cade insieme.

"Innamorarti insieme a qualcuno." ripete Simone, sussurrandolo.

Ormai si stanno guardando, e d'istinto si sporgono l'uno verso l'altro.

Calamita e calamità delle loro rispettive vite.

"Si Simò. Essere amato come amo io."

Il calore di quel fiato accarezza le labbra di Simone. Quest'ultimo rabbrividisce, stanco, confuso. Sta perdendo il controllo, il suo cuore fa troppo chiasso.

Non riesce a pensare.

Il mondo è di ovatta.

"E come ami tu, Manuel?"

Manuel si avvicina. I loro nasi si sfiorano. Se il suo cuore sta ancora battendo, Simone non se ne rende conto. È fermo. È tutto fermo. La terra è immobile, i suoi muscoli anche. Il respiro è pesante, troppo pesante, è costretto a trattenerlo.

La realtà sfuma, assume forme diverse.

È questo che succede, quando si sogna.

Solo che questo è reale.

Non dovrebbe.

Incubo.

"Con i gesti." bisbiglia Manuel.

E tutto torna.

Le parole non dette, la mancanza di comunicazione. La fatica fatta nel parlare, la semplicità di un bacio. I tocchi delicati, quasi nulli, e gli sguardi troppo lunghi per essere una coincidenza.

Tutto torna, ora.

Perché i sognatori non parlano mai. Osservano e basta, in silenzio, e agiscono per realizzare la loro verità. Per questo non vanno d'accordo con le menti razionali, d'altronde. Perché quest'ultimi hanno bisogno di parlare, di capire, di analizzare.

Ai sognatori non serve.

A loro bastano le azioni.

A Manuel bastano le azioni.

Tutto torna.

Sono attratti entrambi. Le loro labbra sembrano calamite a incastro perfetto. Pezzi di puzzle giusti, per creare una storia nuova e avvincente.

Ma.

Ma.

Simone non può permetterselo. Deve smetterla di sognare, di volare. Deve tornare a terra, affrontare le questioni reali, vivere la vita felice che lo aspetta.
Che non sarà la vita dei suoi sogni, certo, ma sarà vita.

Quella vera.

Non quella che sembra irraggiungibile.

Così, nell'ultimo istante d'inganno, quando i loro corpi stanno per azzerare le distanze, Simone si volta. Lo fa sentendo il collo pesante, e il cuore ancor di più.

Eppure, è giusto così.

Simone è solo un petalo che è volato via dal suo fiore. Si è posato sul campo più bello, più brillante, più illuminato. Lo ha fatto perché portato dal vento, dalle condizioni dell'ambiente, dall'attrazione.

Ma Simone non può restare in quel campo, rischia di essere schiacciato.

Simone deve tornare al suo gambo.

"Manuel, io.."

Manuel ancora tiene gli occhi chiusi. Si sta godendo gli ultimi istanti di vicinanza, la quiete prima della catastrofe. Se lo sente nel sangue ciò che sta per accadere. Perciò, vuole bearsi di ogni attimo di quel miracolo.

Vuole scolpirselo in mente per sempre.

"Si?" chiede, con voce leggermente spezzata.

"Mi sposo domani."

Qualcuno direbbe che tale considerazione possa essere un fulmine a ciel sereno. Un segno di tempesta in un blu limpido, come quello del cielo che li abbraccia dall'alto.

Sbaglierebbe.

Le parole di Simone non sono un lampo nella quiete. Sono una lucciola nella notte, un evento raro ed inaspettato. Sono più sorprendenti di una semplice tempesta, a cui l'uomo è ormai abituato perché prima o poi arriva sempre.

No.

Le parole di Simone sono lucciole.

Sono luce che scolpiscono una realtà buia. Colpiscono i sogni, riportano gli occhi su ciò che c'è di vero al mondo.

Sono belle, si, ma la loro luce brucia.

Brucia brucia brucia.

Manuel si sposta improvvisamente. Lo fa con uno scatto repentino, allontanandosi il più possibile da quel fuoco. Le sue guance sono ardenti, accarezzate dal sangue pompato dal suo cuore.

Non chiede perché.

Non lo fa, perché non ne ha diritto.

Non è successo niente, d'altronde.

Non può obbligare l'altro ad amarlo.

"Dove?" gli sfugge con voce tremante.

Non voleva neanche dirlo. Lo ha fatto e basta.

"Manuel, io non credo-"

"Simò," rimarca Manuel, bruscamente. "t'ho chiesto dove."

Simone sospira.

Beato Manuel, che dal fuoco si può allontanare.

Lui non può.

Sta ardendo vivo.

"...alla Sala Rossa." mormora. Tiene il capo basso, si vergogna.

"E quando?"

"Manu-"

"Quando?"

Simone fa schioccare la lingua sul palato.

"Alle sei e mezza."

Manuel inclina il capo.

"E chi? Chi sposi, Simò?"

Vorrebbe davvero alzare lo sguardo. Vorrebbe essere capace di guardarlo negli occhi, e dirgli che sposa una persona che ama. Sarebbe la verità, comunque, perché Simone Gioele lo ama davvero.

Ma davanti a Manuel non può.

Perché si, lo ama.

Ma una scintilla gli blocca la gola.

"Si chiama Gioele." risponde.

Manuel si morde un labbro, appesantisce il cielo con i suoi soli occhi. Sono nuvoloni sparsi, tempesta inarrestabile.

Sono prevedibili.

Di certo non lucciole.

"Gioele," ripete Manuel, ed il nome di lui tra le sue labbra sa di veleno sulla lingua di un serpente. "e Gioele ti rende felice?"

Simone esita.

È solo un secondo, il tempo per pensarci.

Gioele lo rende felice. Ha il sorriso brillante, il viso scolpito e reale. Ha la voce dolce e gentile, la risata di chi ama la vita, l'ambizione di chi sa cosa vuole. È perfetto per lui, e lo fa ridere tanto. Lo porta al mare, in montagna, in posti mai visti prima. Disegna sul suo volto sorrisi, e poi li ricopia su un foglio di carta.

Gioele è un pittore, dipinge la realtà.

È così lontano dai sogni, così lontano da Manuel.

E si, lo rende felice.

Eppure.

"Si. Si, mi rende felice."

Non è una bugia. Non potrebbe esserlo, Simone non mente. Ha solo trascurato un dettaglio, stavolta: c'è qualcun altro che potrebbe renderlo felice.

Ma è troppo tardi.

Un tempismo imperfetto per un incastro perfetto.

"Va bene," annuisce Manuel. Non sembra ferito, non in apparenza. Pare più interdetto, incapace di venire a capo di un cruciverba. Fa un respiro profondo prima di proseguire. "va bene, Simò. Se sei felice va bene."

Ma non va bene niente. Non va bene il suo battito accelerato, o il fatto che stia cercando di trattenere le lacrime. Non va bene che la sua unica speranza di ricongiungersi alla terra si sia appena frantumata, come un bicchiere che cade sul pavimento. Non va bene che stia camminando scalzo sui vetri, né tantomeno che stia sanguinando dai talloni.

Non va bene.

Sta solo facendo finta.

"Manuel..."

"Simò," sospira. "t'ho detto che va bene. Non polemizza'-tanto tutto questo, non era n'cazzo. Non te posso impedì de realizza i tuoi sogni."

Simone trattiene una lacrima. Gli si stringe il cuore, prova lo stesso dolore che sta provando Manuel. È come se lo condividessero, in maniera pungente e amplificata. Come se sentissero entrambi cosa stanno provando.

Forse, sono destinati a sentirsi per sempre.

"Questo-non era n'cazzo?" ripete, e la voce gli si spezza in gola.

Intanto, ha ingoiato la scintilla.

"No." ribatte Manuel. Nel farlo, poi, si tira in piedi velocemente, sotto lo sguardo addolorato di un Simone che vorrebbe tenerlo lí in eterno. "No, non era n'cazzo. E mo, se permetti, me ne vado a casa a dormì."

O in un bar ad ubriacarmi.

Fa lo stesso.

"No-no, aspetta!"

Mentre Manuel prova ad andare via, Simone si alza e gli afferra un braccio. Urla a Roma che lo deve aspettare, non può ancora andarsene, che devono continuare a sognare insieme. Perché non può scoppiare in quell'istante, quella bolla che sono riusciti a crearsi.

Non possono distruggere tutti i loro sogni.

Non voglio camminare sulla polvere.

Manuel si volta. Per la prima volta dalla confessione, i loro occhi si incontrano. Si lanciano saette, si scrivono poemi. Si parlano, si ascoltano, si velano di parole non dette.

Non basta.

Non basta.

"Tornerai?" domanda Simone.

Più che una richiesta, è una supplica. Sta pregando che non finisca lì, che ci sia un modo per ricostruire i loro sogni infranti. Sta sperando che la realtà non abbia distrutto tutto, che possa continuare a distinguerla dal quel mondo d'incanti.

Ma le sue suppliche non vengono ascoltate.

Il cielo crolla.

"Ho esaurito i sogni, Simò. Erano solo quattro."

Ed è quella l'ultima cosa che Manuel gli dice prima di sparire nella notte.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro