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Il pomeriggio

"Li aveva risuscitati l'amore, il cuore dell'uno racchiudeva infinite fonti di vita per l'altro"
~Fedör Dostoevskij
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Quel giorno la Sala Rossa splende come petali di rosa al sole. Le porte sono aperte, i raggi filtrano dalle finestre caldi e indisturbati. Le ombre danzano sui pavimenti, i respiri si mischiano nell'aria, la vita prende la forma di una festa.

Le pareti sono sgargianti, e hanno il colore del sangue.

Per chi porta cicatrici, sanno di ferita aperta.

Simone suda sotto lo smoking. Sposarsi al tramonto dell'11 agosto, in effetti, non è stata tra le sue idee migliori. Ora ha i palmi bagnati, appiccicosi, e i ricci umidi sulla fronte. Le vene sul suo collo sono sudate, e perfino gli occhi lacrimano un po'.

Ma può darsi che quello non sia per il caldo.

Si guarda intorno. La stanza è piena di gente, persone che sono lì per vederlo felice. C'è Laura, con cui ha mantenuto i rapporti dal liceo, ed il suo nuovo ragazzo affianco a lei. Ci sono sua madre, suo padre, i genitori di Gioele. Ci sono i suoi amici dell'università, qualche collega, qualche conoscenza di vecchia data. Ci sono i suoi testimoni, Martino e Giovanni, e quelli di Gioele, Giacomo e Mattia.

Ci sono tutti, proprio tutti.

C'è il sorriso incoraggiante di Floriana. C'è lo sguardo bruciante di suo padre, e il ghigno disegnato sul volto del suo migliore amico. Ci sono calore, anime e corpi, riuniti per vedere un sogno trasformarsi in realtà.

Ci sono tutti tranne lo sposo, che Simone non vede l'ora di stringere tra le sue braccia.

Ci sono tutti, proprio così come dovrebbe essere.

Eccetto che.

È nervoso. È anche consapevole della normalità del suo stato di agitazione, eppure non lo sente tale. Scova nei meandri dei suoi tremori sensazioni che non dovrebbe provare, emozioni di cui non dovrebbe conoscere la carica. Ignora tutto, come fa da giorni.

E pensa Gioele.

Pensa a lui per non pensare ad altro. Pensa a lui, al suo sorriso dolce, a come la camicia gli fascerà il busto. Pensa all'uomo che sposerà, con cui passerà il resto della sua vita. Pensa alla verità, alla concretezza, al mondo vero.

Si ripete che è abbastanza.

Ma cosa sono le esperienze reali, se non i resti di sogni smarriti?

"Oh, Simò! Me stai a sentì n'attimo?"

La voce di Giovanni arriva acura alle sue orecchie.
Simone si volta verso il suo amico, posizionato alla sua destra, ed alza gli occhi al cielo.

Non ha ascoltato una parola di ciò che ha detto.

In verità, non si era neanche accorto della sua presenza.

"Oh-dimmi." lo incalza, sfregando una mano sul pantalone per l'agitazione.

Giovanni assottiglia lo sguardo.

"No niente, te volevo solo chiede se stai bene," dice. "Perché onestamente, me sembri in iperventilazione Simò."

"Giova', mi sto per sposare. T'aspettavi che sarei stato tranquillo?"

Gli occhi blu del ragazzo brillano di contentezza. Fa schioccare la lingua sul palato, e la sua espressione si apre in un sorriso costellato da una punta di sarcasmo.

Simone sorride a sua volta.

Va bene così.

"Vabbè, però te devi calma lo stesso dai," gli fa notare Giovanni. "stai a suda' troppo."

"Gio', ci stanno trenta gradi."

"Stai a suda troppo lo stesso!" esclama. "La devi smette. Pensa se poi Gioele s'avvicina e sente che puzzi..."

"Gio', ma la finisci de spara' stronzate?"

La voce che si intromette nella conversazione è quella di Martino. È scandita, squillante, serena. Suona come musica blues in un locale, una danza
tranquilla ma spensierata.

Il rosso gli arriva di fianco, e gli poggia una mano sulla spalla in modo amichevole.

Simone sorride.

È questa tranquillità di cui ha bisogno.

"Simò, lascialo sta'. Sei bellissimo, profumi, e andrà tutto bene." lo rassicura.

Al che, Giovanni fa una smorfia di disapprovazione.

"Profumato per poco, se continua così-"

"Gio', perché non te ne vai a cerca' Eva?" interviene Martino, fulminandolo con lo sguardo.

Giovanni sospira, facendo spallucce. Simone lo fissa divertito, accennando un ghigno beffardo.

Non trema, non più.

Sta sudando perfino di meno.

"Perché non ce sta tempo," ribatte. Nel dirlo, volta lo sguardo verso la porta aperta, indicandola con un movimento rapido del capo. "guarda' la-mi sa che stiamo ad inizia'."

Simone schiude le labbra.

Lancia un'occhiata in quella stessa direzione, e nota effettivamente Gioele avvicinarsi a passo lento e calcolato.

Deglutisce. Il cuore prende a battergli troppo velocemente, la vista gli si sfoca. Le orecchie rimbombano delle voci della gente, ma sono suoni troppo ovattati perché lui possa sentirli davvero.

Rivolge gli occhi impacciati verso Martino, che ricambia lo sguardo ed annuisce.

Un brivido gli corre lungo la schiena.

"Andrà tutto bene," mormora il rosso, affinché solo lui possa sentirlo. "vi amate. Non puó non andare bene."

Dopo queste parole, Simone osserva i suoi amici allontanarsi e prendere i loro posti. Lui, però, ci mette un po' a racimolare lo stesso coraggio. Per qualche istante, resta semplicemente fermo, immobile.

Vede la sua vita cambiare.

Vede le persone alzarsi, le porte chiudersi dietro il suo fidanzato. Vede il suo volto caldo, la sua infinita bontà. Vede il suo matrimonio iniziare, le persone che ama sopportarlo. Il tramonto dalle finestre, Roma dall'alto di un monte.

Vede tutto, ma non lui.

E con la stessa forza che ha strappato a se stesso per raccontare i propri sogni, così si incammina verso il suo posto.

Gioele lo raggiunge poco dopo, e la cerimonia inizia. Simone segue poco e niente, è troppo occupato a perdersi nei tratti del volto del suo compagno.

Si sofferma su l'accenno di barba, perché gli ricorda qualcuno.

Poi sugli occhi azzurri e vispi, perché non lo fanno. Sul ciuffo liscio, sul neo sotto il labbro, sugli zigomi sporgenti e la mascella tagliente.

Tutti dettagli troppo diversi.

Dettagli che non ha visto nei suoi sogni.

"Ti amo." bisbiglia allora alla realtà.

Sente il bisogno di farlo, di dimostrarlo. Sente il bisogno di comunicarlo, perché è vero, perché è reale. Sente il bisogno di gridarlo al mondo, con le corde vocali e con lo sguardo.

Sente, sente, sente.

Sente perché è così. Perché una parte del suo cuore esplode d'amore per Gioele.

L'altra, però, è silenziosamente spettatrice.

E va bene così.

"Anch'io." mima Gioele con le labbra.

Allora il cuore di Simone si riempie di farfalle.

Ci sono momenti nella vita che segnano il resto della nostra esistenza. Sono gli istanti delle decisioni, dei si e dei no, delle scelte tra bugie e verità. Sono gli attimi tra le fasi, gli spazi tra una stanza e l'altra, i punti su un libro scritto in prosa.
Sono i più importanti, quelli che ci restano dentro per sempre.

Momenti come questi sono caratterizzati da domande difficili; "Vuoi tu, Simone Balestra, prendere come tuo sposo il qui presente Gioele Romano, per amarlo, onorarlo e rispettarlo, in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà, finché morte non vi separi?" ad esempio.

Simone is guarda intorno, respirando in maniera irregolare. Fa vagare lo sguardo sulla folla, cerca approvazione. Si fa cullare dai sorrisi dei suoi genitori. Dall'espressione incoraggiante dei suoi amici, dai visi felici della famiglia di Gioele. Si sofferma sul pavimento, sui fiori colorati, sulla luce ormai flebile di un giorno che sta morendo.

Poi, i suoi occhi si posano sullo stipite della porta, e il suo fiato si mozza per un attimo.

Le loro iridi si scontrano. Sono foglie contro il vento, le une trasportano le altre. Sono visi contro il sole, pelli scottate dal troppo contatto, guance rosse e bocche di sale. Sono pieni di perché, di ma, di momenti e parole mancate. Sono immagini che non esisteranno mai, mari di un mondo celeste, filtri per sorrisi scambiati troppo tardi.

Sono il loro modo per comunicare, e il loro modo per dirsi addio.

Va tutto bene.

Manuel lo prega. Lo prega come lui ha fatto la sera prima. Lo prega di restare, di ripensarci, di fermare il nastro del tempo e riavvolgerlo fino all'inizio. Lo prega di non dire si, di non dire niente. Lo prega di scappare, di prenderlo per mano, di tornare sul loro monte e guardare Roma per sempre.

Tutto questo, con soli due occhi.

Simone non cede.

Non cede perché non può. Non cede perché è giusto così, perché è quello il corso degli eventi. Non cede perché lo ha capito, che è destino che non stiano insieme. Che dovranno cercarsi per sempre col cuore, senza potersi toccare con mano.

Crudele destino, che separa due anime desiderose di amarsi.

D'altronde, se l'universo li avesse voluti insieme, li avrebbe fatti incontrare prima. Avrebbe spianato loro la strada, avrebbe reso loro facile il cammino.
Ma non lo ha fatto.

E questo spiega già abbastanza.

Siamo sogni in una realtà distorta, comunica uno con lo sguardo.

Rimarrai il mio più bel sogno per sempre, risponde l'altro, con occhi brillanti.

"Si. Si, lo voglio."

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