capitolo 1
Tutto era uguale in quell'ordinario tramonto parigino di fine estate, e le persone, come laboriose formiche, s'avviavano rapide per le viottole della splendida città francese, tanto bella quanto fatale per quei poveri sventurati che venissero sorpresi dal buio in qualche vicolo.
Risuonava un possente canto di campane dalla Cattedrale di Notre Dame, che richiamava i suoi fedeli alle preghiere dei Vespri, accompagnando con la medesima melodia sia ricchi signori che poveri contadini di ritorno dalla pesante giornata.
E forse era questo l'unico scampolo di uguaglianza che si poteva respirare in quella città.
Insinuandosi per le vie e le traverse, il suono delle campane,trascinato dalla brezza, giunse anche sul piazzale della Corte dei Miracoli, li dove i Gitani si stavano riunendo a contare le monete racimulate durante l'ennesima giornata di "Lavoro", chi borseggiando, chi fingendosi storpio o chi, come la bella Esmeralda, danzando con la sua capretta al ritmo di un tamburello, e lasciando che i passanti premiassero la sua esecuzione di ballo.
La ragazza,una speldida gitana dalle radici iberiche nel fiore degli anni, era solita danzare sulla piazza dinnanzi al Sagrato di notre Dame, ed i suoi spettatori restavano incantati dalla sua esile figura volteggiante, con la pelle abbronzata, una cascata di morbidi capelli color dell'ebano e due occhi espressivi e brillanti come smeraldi.
Tra passanti, nobili appena usciti dalla funzione e mercanti della piazza,il suo vasto pubblico raccoglieva persone d'ogni ceto sociale...ed anche qualcuno che avrebbe dovuto rivolgere altrove la sua attenzione....e solo Dio sapeva quanto quest'anima tormentata desiderasse avere la forza di non cedere a questa tentazione, a cui smetteva di resistere progressivamente, giorno per giorno...
Accadde un mattino, con i primi raggi del sole che carezzavano i tetti di Parigi, in quella fine primavera del 1482, ed anche allora il cuore Cristiano della capitale francese inondava le vie d' intorno con il canto delle campane alloggiate nella fredda pietra delle sue torri. Dalla sua stanza, piccola ed austera, lungo il profilo della Torre, l'Arcidiacono Claude Frollo stava seduto alla sua poltrona, scrivendo fitto ed elegante su di una pergamena. Le dita bianche ed affusolate abbracciavano la penna con tocco delicato,mentre con espressione concentrata seguiva con gli occhi,prima, il tratto del pennino sul foglio, poi il tragitto del pennino dalla carta alla boccetta d'inchiostro da cui attingeva di tanto in tanto la nera sostanza,per poi tornare a vergare nuove parole con gesti meccanici e precisi, terminando con una firma flessuosa qualche riga sotto.
Un leggero sospiro dalle labbra dell'ecclesiastico, seduto in elegante posa eretta sulla poltrona, con gli occhi liberi di scorrere distrattamente sulle pareti ,quando ,lasciato il pennino, la destra portò alla fronte spaziosa,carezzando appena la tempia destra con le dita, pensoso.
Cercando ristoro ai suoi profondi ragionamenti, decise di alzarsi dallo scrittoio per respirare un po' d'aria fresca del mattino...ancora non sapeva quanto avrebbe maledetto quell'impulso... Aveva appena sganciato il piccolo chiavistello che teneva chiuso il vetro, esposto verso il sagrato, che l'allegro suono d'un tamburello attirò la sua attenzione verso il basso. Li, tra i fedeli sparsi che andavano affrettandosi verso l'ingresso della cattedrale, intravide un piccolo anello di persone, proprio nella direzione da cui il suono dello strumento sembrava provenire. E fu allora che la vide: bella come è bello il Creato, con i capelli corvini baciati dal sole che ondeggiavano carezzandole le spalle scoperte, come scoperti erano i piedi delicati sui quali saltellava con agilità, ondeggiando in modo sublime e descrivendo con il movimento delle braccia abbronzate raffinati arabeschi in aria, tanto perfetti che sembrava seguisse un invisibile disegno,chiaro solo ai suoi occhi.
Danzava, la gitana, sorrideva con occhi languidi al suo pubblico, intrecciando il suo ballo con i saltelli di una capretta color latte che rallegrava l'ambiente attirando anche i bambini, che tiravano per la mano le mamme, costringendole ad inoltrarsi in quella folla di uomini lascivi ed assetati delle fantasie che la ragazza scatenava nelle loro menti.
E lui restava li, impalato nella sua longilinea figura intonacata di nero con le maniche bordate di viola, a fissare quella creatura così dannatamente bella...
Ma perchè la stava guardando? No..non gli era concesso...non poteva...non doveva...e distolse lo sguardo,tornando verso la poltrona, guidato da questi fumini di raziocinio che lo riportarono di nuovo ai suoi soliti pensieri.Con sua somma sopresa,si ritrovò preda di una sensazione di vuoto nel petto; come se una scossa intensa ed improvvisa all'altezza della bocca dello stomaco avesse momentaneamente immobilizzato i muscoli del torace impedendogli di respirare. Posò il palmo all'altezza del petto,chiudendo gli occhi ed inspirando profondamente, incapace di spiegarsi il motivo di quella specie di malore.
Solo il silenzio intorno, e lentamente il vuoto spariva ad ogni respiro, scorrendo giù per lo stomaco come un rivolo di lava bruciante; o almeno così credette per circa un minuto: tempo che impiegò la ragazza per terminare la sua esibizione e cominciare di nuovo a danzare. Al primo trillo del tamburello un brivido percorse le gambe dell'Arcidiacono che, sentendo il cuore battere di colpo più rapidamente, si precipitò come d'istinto alla finestra, quasi sbattendo contro il muro nella foga d'avviarsi e sporgendosi con il capo verso l'esterno, ben sapendo, ora, dove guardare.
Nessun altro pensiero in testa, inebriato da quella danza, stringeva le sottili dita sul davanzale in fredda pietra dell'angusta finestrella, e ad ogni giro di gonna sentiva un brivido intenso scorrergli dalla base della nuca giù per le braccia ed il petto, prepotente e gelido, lasciando dietro un calore che divampava al ritmo del sangue sparato con frequenza tachicardica da un cuore che sembrava impazzito.
La mano a stringere convulsamente la tonaca all'altezza del petto, inclinando il capo e distogliendo un istante lo sguardo da lei...
- "Cosa mi accade??" - Era l'unica domanda a cui non sapeva dare risposta, ma era quella a cui gli premeva maggiormente rispondere, per uscire da quello stato di sconvolgenti vampate di sensazioni sconosciute che lo terrorizzavano.
Immerso nel dubbio si rivolse nuovamente verso la camera, ma non ebbe forza di arrivare alla poltrona e,con la mano ancora aggrappata stretta alla tonaca,sentì le gambe cedergli li dov'era portandolo a sedersi sul pavimento di fredda pietra, strusciando la schiena sul muro per tutto quel breve tragitto che gli sembrò infinito, mentre fissava il vuoto, annebbiato da quel calore di lava bruciante che gli invadeva il petto.
Ed anche ora,nonostante se lo fosse ripromesso, si trovava nuovamente li, con gli occhi puntati su quella ninfa dalle forme morbide e suadenti,come ipnotizzato dalle sue movenze e dai battiti del suo cuore che,al ritmo del suo tamburello basco pompava il sangue tanto intensamente da annebbiargli quasi l'udito ..
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