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L'incontro appena avuto con il capitano Phoebus non tardò a diventare inconsistente come una nuvola passeggera nella mente dell'Arcidiacono che, accompagnato dai suoi lieti pensieri, si sentiva come sollevato da terra nell'entrare in chiesa.
Sapeva che tra le medesime mura c'era lei..e questo gli bastava a dimenticarsi d'ogni altra cosa, come se quel luogo fosse un santuario isolato dal mondo:solo loro due,ed il resto del mondo fuori.
Si abbandonò all'abbraccio di quell'atmosfera così soave, fresca e silenziosa, ed un sorrisino rilassato si allargò sul suo volto sereno mentre si avviava alla sacrestia.
Il vecchio e arzillo sacrestano stava spolverando il cassetto basso d'una credenza, canticchiando un motivetto allegro ed alle sue spalle il curato, in silenzio, lo guardava, restando appena appoggiato all'architrave della porta.
Nell'accorgersi di essere osservato,e soprattutto da chi, il sacrestano si ritirò in piedi come sull'attenti, ritornando con la schiena diritta talmente di colpo che credette di restare li inchiodato da un colpo della strega che fortunatamente non arrivò; guardò l'Arcidiacono in tralice per qualche secondo,in silenzio, al che Frollo,con un sopracciglio alzato ed un' espressione curiosa disse, col tono di chi desidera suggerire qualcosa da dire a qualcuno rimasto senza parole -"..buongiorno?"- accompagnando il verbo con un leggero sorrisetto di scherno.
Il vecchieto sembrò ridestato nel sentire la sua voce,e si affrettò a dire, annuendo energicamente -"si, si...buongiorno ..Arcidiacono.."-continuava ad osservarlo,gli faceva un certo stacco vedere quell'espresione tranquilla e serena sul viso del "temibile" Arcidiacono Claude Frollo, sempre assorto, sempre crucciato, severo, e con un rimprovero pronto per tutti...o almeno così lo conosceva fino a pochi istanti prima di allora.
Era convinto che, se avesse raccontato di averlo visto appoggiato allo stipite d'una porta, un po' scomposto, sorridente e tranquillo come un bambino, tutti l'avrebbero dato per pazzo o ubriaco.
-"..Avete fatto come v'avevo chiesto ieri sera?"- domandò cortesemente al vecchietto che, perso nel confrontare l'Arcidiacono che aveva davanti con quello di qualche giorno prima, s'era nuovamente imbambolato...Il curato si schiarì la voce -" .... ahem....Dunque?"-
-" oh si si Arcidiacono, certo! "- disse strofinando le mani tra loro -" come sempre v'ho preparato il pranzo da consumare nella vostra stanza..."- disse indicando il cesto di vimini sul tavolo con affianco delle coeprte arrotolate -"e in più le coperte più pesanti che m'avete chiesto..."-
Annuendo, si avvicinò a quanto pronto per lui sul tavolo,ma sembrò ripensarci, voltandosi nuovamente ad interrogare il pio anziano -"...La domestica che fine ha fatto?..è un po' che non la vedo lavare i paramenti.."- sempre più stupito della loquacità odierna del prelato, lo rassicurò - "..perchè, avete trovato delle vesti non lavate a dovere?...vi chiedo perdono, sono io che me ne occupo per ora..."- chiese umilmente scusa chinando il capo, ma il suo interlocutore si affrettò a rassicurarlo -" no no, assolutamente...è tutto in ordine...chiedevo..."- al che l'anziano fece per chiarire i suoi dubbi -" Oh non temete, tornerà presto...è andata a trovare sua sorella, starà via,penso, una settimana..."-
-" Grazie dell'informazione.. e di tutto..."- concluse, andandosene e lasciando il vecchietto da solo ed indeciso se tenere totalmente segreti quegli ulimi cinque minuti o racontarli,rischiando di essere additato come uno squilibrato...
Gli era già chiaro cosa fare. E voleva assolutamente sbrigarsi per correre dalla sua bella.
Posati in camera sua il cestino e le coperte, prese da un cassetto il mazzo di tutte le chiavi della catterale, e lo avvolse con la mano, per impedirne il tipico tintinnare metallico. Silenzioso e rapido, non gli fu difficile arrivare giu agli alloggi comuni passando per vie traverse e corridoi labirintici che non frequentava mai nessuno.
Più difficile, egli temeva, fosse l'introdursi nella camera della lavandaia, situata in cima al trafficato corridoio pieno di porte, già inondato ampiamente di luce nonostante fosse solo mattino presto.
Rapido e preciso infilò la chiave nella toppa, liberò il chiavistello ed aprendo rapidamente uno spiraglio, si infilò dentro come un'ombra, richiudendo alle sue spalle.
Gli ci volle un istante per riprendere fiato, ripensando al forte "Clack" della serratura ed al cigolare della porta che gli avevano fatto battere il cuore a mille: proprio quei suoni che, cercando di far silenzio, sembrano dieci volte più amplificati alle orecchie di chi compie "l'infrazione".
Avvicinandosi all'armadio, lo aprì e cominciò a rovistare,pensando alla domestica: un vero e proprio donnone, alta quasi quanto lui e grossa in tutta la sua corporatura; in confronto alla sua Esmeralda: delicata, snella, aggraziata ..bellissima. Dovette allontanare a forza il pensiero per non rischiare di restare imbambolato un'ora senza combinare nulla, e riprese a scorrere quel vestiario semplice ed austero,in cerca di qualcosa di adatto, ma niente: tutto troppo grande. Un po' demoralizzato cominciò a guadarsi attorno, ed un cassettone defilato in un angolo attirò la sua attenzione: all'interno abiti più vecchi, ma in buono stato, decisamente troppo piccoli per quello che era la proprietaria della stanza, forse appartenuti alla donna che prestava servizio precedentemente. Si, tutto sommato potevano andare.
Uscire dalla porta non fu uno scherzo, il timore di essere visto,per di più con un fagotto di abiti da donna sotto braccio lo terrorizzava, ma doveva riuscirci, non poteva mica restarsene chiuso li fino a notte. Si fece coraggio: dischiuse d'un soffietto la porta cercando di attutirne il cigolìo, e mise la testa fuori osservando d'un lato,poi dall'altro: Solo due preti in vista, per di più di spalle, che si stavano avviando verso l'interno della Cattedrale. Perfetto.
Richiuse tutto e tornò in camera sua. Una volta al sicuro si abbandonò ad un sospiro,lungo e profondo, che cacciò via il resto della tensione.
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Stamattina il fato era stato decisamente dalla sua parte, lo sapeva.
Mise i vestiti avvolti nelle coperte, per poterli trasportare senza fatica e si avviò giu dalle scale.
Non poteva passare di sotto, nella cattedrale, senza attirare l'attenzione, quindi decise di passare per il corridoio esterno che unisce le due grandi ali di pietra, scorrendo poco sopra l'enorme rosone della facciata. Attraversò quel camminatoio accompagnato dalle tetre e maligne figure delle gargolle di pietra dalle quali si sentiva intimotrito, quasi osservato malamente, nonostante fosse tutto intorno molto illuminato dal sole settembrino, ancora parecchio caldo, a ricordare l'estate da poco terminata.
Era difficile sapere quanto tempo fosse passato effettivamente dal termine di quel lamento, e la ragazza, in silenzio nella sua prigione, osservava la luce aumentare d'intensità,lentamente.
Ancora abbracciata alle ginocchia, sentiva l'angoscia crescere come un brivido ghiacciato dentro, un gelo che nemmeno il naturale riscaldarsi della stanzetta o la copertina,che la notte precedente le aveva dato ristoro, riuscivano a fugare.
Come se volessero rispondere ai suoi dubbi, le campane ruppero il silenzio con il loro suono, facendo quasi vibrare la pietra della camera e spaventando a morte la Esmeralda che si nascose anche con la testa, sotto le coperte, tremante. Contò 7 rintocchi e si accigliò più di prima, convinta che più il tempo passava e meno glie ne restava da vivere.
Qualche minuto dopo udì distinto nel silenzio ovattato il rumore della chiave nella toppa della porta. Chiuse gli occhi, raggomitolandosi sotto le coperte, terrorizzata come mai lo era stata prima, il cuore credeva volesse scoppiarle nel petto, sussurrava appena -"non voglio morire...non voglio morire..."-
Aprì poco, la porta, l'Arcidiacono, non aveva intenzione di farsi riconoscere, quindi si limitò a far scorrere in terra il cestino e ad appoggiarvi affianco il malloppo con le coperte ed i vestiti,prima di richiudere la porta, inchiavandola di nuovo. Stavolta però decise di restare li seduto sulla prima scala,con la schiena poggiata lungo le assi di legno,perso languidamente in una pace dei sensi che non avrebbe mai pensato di provare. Nemmeno il pensare a quello che aveva fatto per ottenerla riusciva a diminuire quella gioia.
Vedeva lei come gli fosse dinnanzi, la pensava,la sognava ad occhi aperti, sapeva che era solo sua e l'idea che chiunque avrebbe potuto portargliela via,ora, rivolgeva il suo sguardo altrove era già un successo di cui godeva ampiamente. Era sua, solo sua. Ma questo amore platonico non gli sarebbe bastato a lungo; ne era conscio.....
Lei era li, tesa in ogni suo muscolo, impaurita, in lacrime; si aspettava da un momento all'altro d'essere privata di quella coperta che la occultava e di essere trascinata fuori con forza.
Ogni istante le sembrava interminabile, e restò di stucco nel sentire, nuovamente il rumore della serratura che andava a richiudersi.
Niente strattoni, niente catene...niente esecuzione?....Com'era posibile?..cos'era accaduto?
Si liberò di colpo delle coperte e corse verso la porta, sperando che il suo carceriere non se ne fosse andato. Solo in quel momento notò un cestino ed un malloppo di stoffa, probabilmente delle coperte. Restò interdetta, continuando a non capire.
Si rivolse alla porta, quasi urlando,col timore di non essere udita -" Guardia!! Guardia!!"-
L'arcidiacono,sempre poggiato con la schiena sulla porta, fu strappato via dalle sue fantasie dal brusco urlo di Esmeralda...sorrise appena nel sentirsi chiamare 'Guardia', quindi con tono pacato, incredulo all'idea di poterle parlare, rispose: -" ..sono qui.."- con tono caldo, decisamente troppo tranquillizzante, quasi mieloso, al quale subito rimediò,maledicendosi di aver, sovrappensiero, rischiato di compromettere tutto -" Non urlare, donna. Cosa vuoi?"- stavolta la voce era proprio dell'intonazione che avrebbe dovuto.
La ragazza restò un istante in silenzio -" ahem..."- sembrava indecisa, come avese troppe domande da fargli, quindi cominciò con la più importante: -"...dicevano che mi avrebbero bruciata sul rogo...perchè non...cioè quando..."- lasciò la frase in sospeso, forse non sapeva come dirlo o forse non voleva.
L'arcidiacono, dal canto suo, tacque per qualche istante...nella foga di salvarla, non aveva ancora pensato a come le avrebbe poi risposto a questa domanda..
-"..la tua condanna è già stata eseguita..."- per un certo senso, corrispondeva al vero, e nel frattempo cercava di elaborare una stategia di risposta valida.
La Gitana, dal canto suo, aveva solo più dubbi, ora..le tornava in mente la notte precedente in cui è stata trasferita,quindi le tuonarono in mente, di nuovo, accompagnate da un brivido,le urla della mattina. Dalla sua bocca uscì una domanda quasi senza volerlo, con voce nervosa-" Guardia, cos'è successo stamattina?...l'urlo....era terribile..."-
Lui sorrise appena, quasi si divertiva a prenderla un po' in giro, sebbene lei fosse seria -"..Tel'ho detto. Stamattina è stata eseguita la tua condanna. Eri tu che urlavi, sul rogo..."-
Replicò, spazientita, con uno sbuffo -" ma io non sono morta!"-
-"..lo so .."- udì in sua risposta dalla voce maschile, con tono divertito.
Si sentiva stupida, presa in giro da una guardia che,evidentemente, sapeva, ma invece di spiegarle rideva di lei...-"...grrr...vai al Diaolo, Guardia! "- disse dando un pugno alla porta.
-" Si... probabilmente a tempo debito ci andrò... "- La voce era un po'amara, non uno scherno, ma una constatazione seria e ponderata, la sua, mentre si alzava e cominciava a scendere le scale, sussurrando, tra se e se -"...ma se riuscirò a liberarci entrambi da lui, ci andrò con somma gioia...".
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