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La Esmeralda stava dormendo, sul fondo della sua cella, vestita solo d'un abito semplice di straccio, rabbrividendo nel sonno al contatto con il freddo pavimento. Di colpo una guardia aprì la sua cella e senza troppi complimenti la afferrò per un braccio e la tirò in piedi a forza, ancora mezza addormentata, ma gscossa dal brusco risveglio, intimandole di svegliarsi con urli e strattoni. Strinse forte la presa sull'esile avambraccio abbronzato, mentre le infilava ai polsi le manette di ferro incatenate tra loro, per poi lasciarla e cominciare a tirarla verso l'uscita, strattonandola con la catena, come fose una cagna da portare a sopprimere.
-" Su, muoviti, Strega! devi essere trasferita!"- tuonava la guardia, un vero e proprio armadio d'uomo, a cui bastava solo una piccola mossa per far scuotere la ragazza come un fuscello al vento. -"..ma..cosa?..."- si azzardò a sussurrare la gitana con la voce impastata, ancora mezza intontita.
Al sentirla fiatare il soldato si voltò verso di lei mollandole un sonoro ceffone che le fece voltare bruscamente il capo di lato,seguito dalla chioma di capelli fluenti -" Taci, cagna!"- e la tirò fuori dalla prigione in modo brusco, nonostante lei non stesse opponendo alcuna resistenza.
Un'altra guardia la attendeva appena in cima al corridoio, per infilarle in testa un cappuccio nero con una corda, appositamente inserita nel tessuto per essere legata sotto il collo ed impedire così a chi lo indossa di sfilarselo. E il nodo fu certamente stretto, tanto che per un attimo la donna si sentì quasi soffocare.
Ormai era sveglia, terrorizzata ed infreddolita, in completa balìa di quegli uomini che la stavano conducendo, a quanto sembrava dalla temperatura più rigida, verso l'esterno.
Come un sacco di patate la caricarono su di un mezzo di trasporto, e, sentendo il rumore di una grata di ferro che si chiudeva, comprese essere un trasportino simile a quello che l'aveva portata al palazzo di giustizia.
Singhiozzava e tremava d'angoscia, la ragazza,temendo che la stessero portando alla pira di legna su cui l'avrebbero poi bruciata. Ripensò, però, all'istante in cui aveva percorso il corridoio,prima di essere incappucciata,e fuori dalle finestrelle, sembrava ancora essere buio pesto... Ancora non se lo spiegava, ma il terrore la attanagliava comunque.
Nonostante detestasse quella sensazione di impotenza, quel non poter vedere nulla, non tentò nemmeno di liberarsi il capo, per non incorrere nell'ira della guardia, il cui malrovescio ancora pulsava di dolore sulla sua guancia.
Il ritmo degli zoccoli del cavallo sul lastricato la calmarono un po', e dopo circa una decina di minuti di viaggio sentì la guardia fermare il carro.
L'Arcidiacono osservava intorno con ansia, immobile nel suo mantello scuro. Tutto era pronto. Aveva riportato il cavallo nella scuderia della locanda vicina, dove sempre lo alloggiava, e,come da patto, s'era appostato all'ingresso posteriore di Notre Dame, quello comunicante con la sacrestìa.
Le orecchie tese ed il cuore palpitante, in attesa che il silenzio venisse rotto dal rumore del carretto per il trasporto dei prigionieri...
Attimi interminabili di attesa, durante i quali diverse volte l'impazienza gli aveva fatto credere di udire quel rumore, tant'è che non riuscì a crederci quando si presentò davvero, dinnanzi a lui, quella piccola prigione su ruote, che arrestò la sua marcia a qualche metro da lui.
La guardia alla guida si avviò dietro al carro e, aprendo l'inferriata, senza alcuna grazia tirò giù la ragazza, che avrebbe probabilmente fatto un tonfo per terra se non avesse avuto prontezza di riflessi nell' attutire con la mano il colpo della caduta.
La figura ammantta di nero restò apparentemente impassibile, ma sotto il cappuccio i suoi occhi bruciavano di rabbia verso quell'indelicato bestione che aveva maltrattato quel fragile fiore di ragazza. I Pugni stretti e le iridi a fessura mentre osservava avvicinarsi la guardia che, svogliata, gli consegnava nelle mani le catene a cui era imprigionata la donna,come fosse un animale da portare al macello.
-"Buona Notte..."- disse l'Arcidiacono con un sibilo al gendarme che, senza voglia, rispose con un cenno prima di avviarsi via con il carretto verso il palazzo di giustizia.
La ragazza tremava visibilmente, avvolta da quello straccetto lungo fin sopra la caviglia, i piedi nudi in terra si muovevano leggermente,mentre con le braccia incatenate si circondava il busto, strofinando le mani sulle spalle,in cerca di un po' di calore.
Senza troppo attendere,Frollo si avvicinò alla ragazza, e lei,ancora immersa nell'oscurità del cappuccio chiuso sul suo capo, sobbalzò e cominciò a voltare il capo di qua e di la, accortasi che qualcuno le era vicino; non sapeva che pensare o dove voltarsi, finché una voce lei sconosciuta le sussurrò -"seguimi in silenzio..."-
Lei annuì col capo.
...che tortura,per lui, vederla ridotta in catene,per colpa sua... che tortura non poter fissare quei bellissimi occhi verdi, non potersi beare del suo viso sorridente incorniciato da quelle spendide cascate di capelli neri.....
No. non poteva ancora liberarla. Non poteva chiarire i suoi dubbi. Non poteva spiegarle. L'unico modo era mostrarle i fatti in silenzio, e far si che ella aprisse gli occhi da sola, ed ora che non era più in pericolo di vita, aveva tutto il tempo per farglielo fare.
Con un gesto rapido arrotolò intorno al suo avambraccio la lunga catena che teneva imprigionata Esmeralda,per meglio condurla all'interno degli stretti corridoi fino alla stanza in cui aveva pensato di rinchiuderla..
Che ironia, questa situazione così surreale.
Lui l'aveva salvata, due volte: la prima dall'inganno di Phoebus,la seconda dal rogo... e lei gli aveva riservato solo odio e rancore..come assassino prima e come carceriere poi...lo sentiva,palpabile, quell'odio che lo trafiggeva... ma era pazzo di lei a tal punto che le avrebbe permesso di fargli qualunque cosa.
Sapeva bene,però, che se lei lo avesse riconosciuto non gli avrebbe permesso nemmeno di parlare e spiegarsi...figuriamoci di starle così vicino,com'era ora, senza cercare di ucciderlo, magari strangolandolo con quelle medesime catene che le tenevano i polsi imprigionati.
L'unico modo che aveva per dimostrarle tutto ciò che provava per lei, era guadagnare la sua fiducia, e questo poteva farlo solo rimanendo un carceriere senza nome, almeno per il momento.
Certamente, lei lo avrebbe detestato, in quanto suo aguzzino, ma sicuramente sarebbe stata meno dura che non con il presunto assassino del suo amato...
Al pensiero del Capitano, strinse il pugno intorno alla fredda catena, provocando un leggero tintinnìo degli anelli vicini, tanto che la ragazza, temendo che lui la stesse incitando a camminare più rapidamente, si avvicinò con passo più svelto fin quasi a toccarlo, e in quel momento egli sentì il controllo fuggirgli visibilmente via di mano, si voltò allargando le braccia mentre e lei avanzava, incappucciata, andandogli incontro inconsapevole.
No, no...non è questo che voleva...non poteva cedere proprio ora, e ritrasse le mani lungo il corpo, stringendo i denti che gli parve di sentirsi schicchiolare.
Dal canto suo, la ragazza dopo le percosse subite da quella guardia in prigione, aveva deciso di tacere ed evitare di irritare quello sconosciuto...almeno quelle che pensava fossero le sue ultime ore di vita avrebbe voluto passarle sana e non picchiata da qualcuno.
La distanza tra loro era minima, e la tentazione camminava sulle braccia di lui come una serie di vampate calde prima e gelide poi, che gli facevano a tratti rilassare a tratti contrarre i muscoli, dalle spalle fino alla punta delle dita.Ma doveva essere così, e nonostante la vicinanza di quel corpo che tanto desiderava, nonostante il cuore impazzisse nel suo petto,egli proseguiva diritto, avvisandola con voce fredda degli scalini o di altri inciampi che per lei era impossibile scorgere.
Salirono la claustrofobica scala a chiocciola, e giunsero infine alla stanza, un bugigattolo nella torre della cattedrale, stanza speculare a quella di lui, nell'altra torre, ma che nessuno aveva voluto perchè la piccola finestrella era bloccata e non si apriva che d'uno spiraglio di qualche centimetro.
Era tranquillo sulla sicurezza del nascondiglio, negli anfratti meno visitati della cattedrale...era proprio questo il motivo che l'aveva portato a scegliere la stanza gemella a quella come sua fissa dimora, nonostante fosse molto più piccola e meno confortevole di altre.
Aprì l'austera porticina, i cui cardini si lasciarono andare ad un cigolìo, e la fece entrare, togliendole le catene, senza, tuttavia, levarle il cappuccio.
Richiuse la porta, sospirando profondamente, a scaricare tutta quella tensione terribile e piacevole che, in ogni passo, l'aveva accompagnato. Fuggiva via da lui, pian piano, anche la paura di vederla morire...
Chiuse a chiave e si sedette dall'altra parte delle assi, dicendole "ora puoi liberarti il volto.."
Restò li, silenzioso, immobile, con la schiena appoggiata alla porta, ascoltando ogni rumore da lei prodotto. Chiaramente udì il cappuccio che scivolava via dal volto di lei, e, chiudendo gli occhi, immaginò la scena nella sua mente...i suoi capelli, i suoi occhi, il suo splendido viso...
Basta, anche questa tortura gli era insopportabile e fuggì verso la sua stanza, dove si rinchiuse, restando però sveglio tutta la notte, coccolato dal pensiero di lei, infondo, così vicina.
Lei, sentendo la porta della sua prigione cigolare e poi richiudersi, restò nuovamente immobile, li, in piedi dove il suo carceriere l'aveva lasciata. Non le parve vero di potersi levare quel cappuccio così soffocante, non ci credeva ancora di poter riaprire gli occhi dopo molto.. Si guardò intorno impaurita, scorgendo nel buio quasi totale quella stanza fatta solo di pietra, con una brocca d'acqua, un sacco di pagliericcio a farle da materasso e delle coperte.
Non le sembrava per nulla somigliante alla cella di prima... questa era più...confortevole...pensò facendo qualche passo verso il "letto"e sedendovisi sopra.
Le esili mani a massaggiare i polsi, percorsi da lividi, ancora più scuri sull'avambraccio, laddove la guardia l'aveva afferrata poco prima. Sospirò profondamente, avviandosi verso la finestra dai vetri luridi, tanto che, nel buio della notte non poteva scorgere nulla.
Era notte...si, era ancora notte.
Osservò qualche minuto la pallida luce di un raggio di luna che riusciva ad entrare dal vetro appannato, per poi infilarsi sotto la fredda coperta, rannicchiandosi.
La stanchezza della giornata, dei patimenti e la spossatezza che la paura le aveva lasciato addosso, si mischiarono alla tristezza.
Ripensò al suo capitano,e l'amore ancora vivo per lui le fece totalmente scordare dell'angosciante consapevolezza che, di li a poche ore, sarebbe bruciata sul rogo. Solo una lacrima, sillenziosa, scese mentre crollava esausta, ed era solo per Lui.
Un urlo terribile, straziante, lamentoso, fece sobbalzare la ragazza sul pagliericcio su cui dormiva.
Spalancò gli occhi, la Gitana, notando la stanza già piena della luce del mattino.
Un nuovo grido, di una voce femminile, tormentata di dolore. Straziante il suo pianto, disperato, che colpì nel profondo la ragazza, come una lama, facendola ritrovare terrorizzata e tremante; d'istinto si strinse le ginocchia al petto, rannicchiandosi sull'angolo del letto,appiccicata al muro, come volesse farsi proteggere anche da quella parete, se fosse stato necessario.
Si copriva le orecchie con le mani, sentendo il cuore pompare all'impazzata sangue, quel sangue che bruciava, tant'era pieno di adrenalina a causa del brusco e terribile risveglio.
Dopo qualche minuto lo straziante lamento,che man mano diventava più sofferto e gutturale terminò di colpo, ma nel cuore di Esmeralda si era talmente impresso che le sembrò di sentirlo ancora e ancora per diverso tempo,come una ferita pulsante di dolore.
L'Arcidiacono,di sotto, sul sagrato, aveva poco prima dichiarato al boia ed alla folla presente che la strega non abiurava il proprio peccato, decretandone la condanna a morte.
Osservava impassibile in volto,con silenziosa pena la povera innocente incappucciata, sacrificata per salvare la sua amata gitana...
Immobile,in silenzio,si chiedeva con quale cuore potesse ancora ricoprire quella carica ecclesiastica, come potesse, impuro com'era diventato, essere un modello di virtú e devozione per gli altri.
Come poteva?
Quando la poveretta spirò, l'acqua usata per spegnere il fuoco fece salire al cielo vampate di fumo grigio, che lambirono le torri di Notre Dame come poco prima facevano le fiamme con il corpo di quella povera ragazza. Lui Restò in silenzio e con un nodo in gola, mentre, guardando la torre dove Esmeralda era rinchiusa, aveva ancora negli occhi la morte della povera innocente che lui stesso aveva sacrificato, e si sentì ancora più sporco nel pensare che la gioia di sapere in salvo la sua adorata era superiore al rimorso di aver ucciso una persona senza colpa.
Due figure si avvicinarono elegantemente al curato, assorto nei suoi pensieri ed una delle due,con voce allegra, esordì -"Arcidiacono...buongiorno a Voi!"-
Sentitosi chiamare, con movimento delicato ed elegante, Frollo fece per voltarsi in direzione della voce, senza ancora distogliere gli occhi dalla torre, rivolgendo a quelle due figure un -"buongiorno"- decisamente sovrappensiero; fu costretto a tornare bruscamente alla realtà nel trovarsi davanti l'allegro capitano Phoebus che cingeva il fianco della sua avvenente promessa sposa,Fleur de Lys.
Sorrise loro il curato, o almeno si sforzò di farlo con l'espressione più calma e chéta possibile, nonostante dentro avesse una gran voglia di finire il lavoro che,purtroppo, non gli era riuscito la sera precedente.
L'allegria sul viso del capitano non gli facilitava certo il compito di controllarsi.
Phoebus gli disse: -"Arcidiacono,allora, sono qui per conferemarvi la data del matrimonio..."- nonostante le parole, il viso si fece d'un falso preoccupato, e proseguì -"sapete, giusto ieri ho addirittura rischiato di morire! Quella strega infida mi aveva attirato per pugnalarmi alle spalle..."-
-"oh , ma é terribile!"- disse il curato,come sorpreso, e continuò cercando di convogliare tutto il suo odio e la sua rabbia in un tono d'indignazione profonda, aggiunse -"..sono lieto di vedere che state bene,ora...e non vedo l'ora di poter portare la vostra unione agli occhi di Nostro Signore.."-...ben altre le parole che avrebbe voluto dire, ma quello era il momento delle frasi di cortesia..
Da triste, l'espressione del giovane viso del soldato passò ben presto ad un sorriso compiaciuto e soddisfatto -"..ma ora é finito quest'incubo...io sto bene, presto mi sposerò con la donna che amo, tranquillo che quella maledetta cagna infida sia tornata a latrare ai piedi del diavolo.....vero,amore mio?"- chiese alla ragazza al suo fianco, che,in totale sua balìa, come ipnotizzata, gli rivolse un sorriso dolcissimo,annuendo in silenzio.
Frollo avrebbe voluto urlargli in faccia il suo odio; avrebbe voluto trafiggerlo mille e mille altre volte per la sicurezza con cui era convinto di poter avere ogni cosa ai suoi piedi; per come aveva osato offendere la sua adorata, e per l'espressione spavalda sul viso con cui dimostrava fino in fondo quanto se ne fregasse dell'amore e della sorte di quella gitana così follemente innamorata di lui...
oh se lei avesse potuto vedere quello che lui aveva visto, ed udire quanto lui aveva appena udito!
-" a presto, allora, Capitano.."- disse cortesemente, congedandosi verso l'interno della Cattedrale, e ricevendo in risposta dal capitano un gesto del capo ed un sorriso..
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