2 capitolo
Il silenzio regnava nella grande Cattedrale, la cui figura scura si stagliava su Parigi facendo assomigliare le altre case, e perfino il palazzo di Giusizia, a delle misere riproduzioni da modellino. Dormiva, il gigante di pietra sotto una coperta di stelle, e quando ormai tutte le luci della città erano spente,dalla torre la flebile luce d'un lumicino dissipava tenacemente le tenebre intorno, in quella stanzetta così austera, che ad altri sarebbe risultata quasi claustrofobica, li dove ogni spazio era coperto di libri, ordinati in scaffali o impilati sul tavolo.
Li, circondato da pareti piene di incisioni, l'Arcidiacono se ne stava all'inginocchiatoio, con il viso rivolto alla croce appesa al muro e le mani giunte con le dita intrecciate, in preghiera. Si poggiava con i gomiti sul piano superiore del mobile su cui stava chino, come fosse l'unico suo appiglio, le mani strette tra loro e sul viso un'espressione angosciata e supplichevole:
-"Perchè, Signore mio, perchè? "- diniegava appena col capo mentre parlava -"perchè proprio a me....ti ho servito con devozione e amore,fin da quando ero fanciullo, vivendo dei tuoi insegnamenti e rinunciando al peccato della carne perchè tu potessi essere fiero della mia purezza....ed ora, sono qui, che ti supplico, Signore, dammi la forza di resistere alla tentazione che ha mandato il demonio per mettere alla prova la mia obbedienza..."- le mani a stringersi ancora tra loro, il capo ricadde,finchè la fronte non giunse a posarsi sulle nocche..diniegò di nuovo, dondolando la testa d'un lato,poi dall'altro..sussurrando quasi -" ti prego...aiutami... leva questi pensieri dalla mia testa e riportami alla tua luce, sulla retta via...abbi pietà della mia anima, Signore....."- alzò il capo, osservando nuovamente la croce, stringendo appena i denti, come soffrisse, quindi, si alzò in piedi di colpo, e guidato da uno scatto d'ira colpì con l'avambraccio una pila di libri di teologia che, fino a poco prima, se ne stavano ordinatamente l'uno sopra l'altro sul tavolo - "..ma che pietà! Al diavolo! tutto al diavolo!" - e rovesciò un'altra pila di libri, trattati di fisica ed appunti di alchimia, che si sparpagliarono in terra in una nuvola di fogli e foglietti mezzi pieni di simboli.
Le mani si posarono entrambe sugli angoli opposti dello scrittoio, con le ampie maniche orlate di viola che immediatamente ricaddero fin quasi a coprirle, e facendo poggiare il peso del corpo sul palmo, l'Arcidiacono restò a fissare un punto indefinibile nel nulla,con lo sguardo furente,rivolto al tavolo ormai in gran parte sgombrato - " E' questo,dunque, Signore??" - si girò ed alzò lo sguardo verso la Croce -" Dov'è la forza dei tuoi insegnamenti, se il suono di un tamburello è sufficente a far vacillare il tuo Servo più fedele??.... E dov'è l'eternità della Parola che tanto predichi se basta l'effimero orlo di una gonnella gitana per spazzare via tutto come polvere al vento?? " - la mano si chiuse in pugno e sbattè sul tavolo con foga. Si voltò nuovamente verso la croce, l'indice rivolto a Cristo, accusatore -" E' un mese che ti chiedo questa grazia, Signore! Te la chiedo giorno e notte, te la chiedo con ogni respiro, con tutto me stesso! Perchè mi hai abbandonato? "- urlò rabbioso -" E' un mese che cerco di impegnarmi oltremisura in ogni cosa per non pensarci! Un mese che evito con cura ogni finestra che si affacci sul sagrato! Ho anche provato a dormire in una stanzetta nascosta dietro la sacrestia, ma niente, niente! " - Sbattè nuovamente il pugno destro sul tavolo,continuando a fissare il crocefisso - "ogni attenzione che mi impongo per non vederla, immancabilmente, porta a lei il mio pensiero...a vederla eseguire quei suoi balli, a piedi nudi, bella come immaginavo fosse la tua Luce, Signore, così profondamente impressa in me che, senza accorgermene, ovunque io sia, mi ritrovo ad aguzzare le orcchie in cerca del suono acuto e tintinnante dei cembali del suo tamburello...."- con espressione tormentata ed affranta tornò rivolto al tavolo, con il capo chino in un disperato diniegare -"...oh Dio...e se accade sul serio che io riesca ad udire quel suono, ogni immagine di lei che ho nella mia mente si materializza, più viva che mai, e mi ritrovo a dover lottare per non piegarmi su me stesso a causa di quei brividi che, impietosi, scivolano in ogni parte di me facendomi mancare il fiato..."- un sospiro profondo, d'una tristezza infinita sgorgava dalle esili labbra del curato - " l'ho persino sognata, Signore mio..." - confessò con voce bassa, mordendosi il labbro inferiore, avvinghiato da quella sensazione di nodo alla gola che lo attanagliava quando pensava a lei - "...come se non bastasse il trovare continui riferimenti a lei, in ogni cosa che faccio, che dico, che penso...negli altri, negli oggetti,nei miei studi ...lei è li, sempre, in ogni cosa ed in ogni momento...Anche dove prima vedevo la luce della tua Magneficenza,qui nell'immensa Notre Dame,ora vedo lei..lei e solo lei..."- la voce si sciolse, quasi una supplica sull'orlo del pianto - "...Il desiderare così follemente di stringerla a me..." - le mani si sollevarono in avanti, come se lei fosse li, dinnanzi a lui, come potesse vederla sorridegli impertinente ed intrigante, soddisfatta del caos che aveva portato laddove prima regnava l'ordine di Dio...la condusse a se circondandola con le braccia in modo dolce, disperato...ma lei non era reale, e l'Arcidiacono si ritrovò ben presto a stringere il nulla...
Un pesante bussare alla porta fece sobbalzare l'Arcidiacono, che si voltò impietrito e terrorizzato all'idea che qualcuno potesse aver udito i suoi spergiuri di poco prima, oltre quel labile confine fatto da assi di legno... Il busto tornò eretto in modo composto ed elegante, irrigidito dal timore; portò le mani, giunte e con le dita elegantemente intrecciate, all'altezza dello stomaco, quindi, con la voce più composta che riuscì, rivolse un deciso -"Avanti!"- in direzione della porta.
Nessuno rispose, e la tensione cominciò a crescere...nuovamente, con tono fermo -"...Avanti!...entrate pure..."-... ma ancora nulla. In lui si fece strada il terrore che quel bussare fosse solo un avvertimento. L'avvertimento di qualcuno che volesse fargli intendere di averlo ascoltato, per poi dileguarsi, magari con l'intento di ricattarlo, o peggio, di denunciare la sua condotta al Vescovo...Non poteva permetterlo. In balia di quest'agitazione e di questi pensieri, si slanciò per quei pochi passi che lo dividevano dalla porta, allungando con foga la mano verso la maniglia,per tirarla a se e spalancarla, ma s'era dimenticato di averla chiusa a chiave. Mentre, mentalmente, creava il percorso che avrebbe potuto usare il fuggiasco per dileguarsi, rovistò febbrilmente nella tasca della tonaca, all'estremo della cui cinta teneva appesa l'ingombrante chiave della sua stanza, e, liberando il chiavistello a fatica, riuscì finalmente ad aprirla, con un gesto rapido, pronto a fiondarsi per le scale e raggiungere il ficcanaso.
Quasi ricadde indietro nel vedere,dove già pensava di avere campo libero per correre, la figura storta del suo figlioccio Quasimodo, il povero campanaro gobbo, storpio e, per fortuna del suo patrigno, sordo come una campana.
La sordità del ragazzo,per la quale aveva maledetto il fato anni prima, ora era la cosa per cui maggiormente ringraziava il cielo.
Mai avrebbe pensato di riscoprirsi tanto crudele, e, nuovamente si vergognò dei suoi pensieri egoistici e lontani dalla grazia di Dio, provando nuova pietà per il povero ragazzo,anima innocente, che non aveva certo scelto la sua sfortunata condizione, e per se stesso, che sentiva scivolare la sua moralità sempre più lontana da quelle virtù di cui tanto era fiero. Lentamente, inesorabilmente, distante dalla persona austera, forte e compassionevole che era...
-" Vi ho portato la cena, padrone..."- esordì il ragazzo, che nella sua ingenuità non aveva minimamente colto il turbamento sul viso del suo patrigno, accompagnando il suo ciancicato verbiare con un sorriso storto, come un cane che cerchi di compiacere il padrone con un gesto di riguardo.
L'Arcidiacono restò un istante impietrito e senza fiato mentre sentiva l'adrenalina dovuta alla paura di poco prima scemare insieme al pensiero ansiogeno di qualche spia che l'aveva terrorizzato poco prima. -"...grazie, Quasimodo..."- pronunciò lentamente scandendo bene con le labbra ogni sillaba e sorridendo appena, tristemente, al povero ragazzo, al quale donò una leggera pacca sulla spalla.
Con un sorriso ancora più pronunciato e storto, il ragazzo lasciò il cestino nelle mani di Frollo e, felice dell'apprezzamento ricevuto, se ne andò saltellando giù per le scale come un fedele animaletto soddisfatto di se.
Il Curato osservò la figura di quel povero ragazzo deforme allontanarsi fin quanto le strette scale a chiocciola gli permetterono, quindi richiuse la porta dietro di se, poggiandosi con la schiena sul legno e portando le dita della mano destra a massaggiare la fronte, seguendo con la punta del medio la profonda e lunga ruga d'espressione,segno di grandi crucci e pensieri profondi, che da sempre gli solcava la fronte sul centro facendolo sembrare decisamente più vecchio dei suoi 35 anni.
Sospirò profondamente, cercando invano di cacciar via ogni pensiero; si avviò al tavolo,vuoto e circondato da libri e foglietti sparsi sul pavimento, per posarvi il cestino ed accasciarsi poco dopo sulla poltrona, esausto.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro