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- Sakura... -
Ripetè il biondo squadrando il ragazzo che aveva davanti da capo a piedi.
Quindi era lui il nuovo collega appena arrivato dalla Danimarca del quale Akemi e Naoki stavano parlando il giorno prima.
Non riuscì a fare a meno di pensare che fosse quantomeno bizzarro il fatto che avesse un nome giapponese, e soprattutto che sapesse parlare così bene quella lingua pur essendo vissuto fino a quel momento da tutt'altra parte.
- Tua madre è giapponese per caso? -
Per un attimo il corvino parve sorpreso dal sentirsi porgere una domanda del genere, probabilmente si aspettava che anche Miroku si presentasse.
Ma a dirla tutta il giapponese non lo ritenne affatto necessario dato che, benchè non riuscisse proprio a ricordarsi di averglielo mai detto, a quanto pareva il danese già conosceva il suo nome.
- No. -
Rispose il corvino dopo alcuni istanti di silenzio.
- No? -
Ripetè il biondo sempre più sorpreso.
- No. - Disse ancora una volta con un'alzata di spalle. - Mia madre è danese e anche mio padre. Non ho parenti giapponesi. -
- Allora... -
- No, non sono nato qui, ma sempre in Danimarca, a Tønder per la precisione. - Rispose prima ancora che l'altro avesse formulato la domanda, quindi nel vedere la sua espressione sorpresa scoppiò a ridere. - Non ci credo, stavi davvero per farmi questa domanda? -
E Miroku non potè fare altro che annuire lentamente con il capo prima che l'altro, dopo essersi legato rapidamente il grembiule nero alla vita, lo superasse nuovamente, questa volta diretto verso l'uscita.
- Dai sbrigati Miroku! -
E uscì dallo stanzino in tutta fretta, lasciando il biondo così, senza avergli ancora spiegato il perché di quel nome.
Ma dopotutto sarebbe potuto benissimo essere stato un semplice capriccio dei suoi genitori.
O magari un consiglio della zia, dato che viveva lì in Giappone.
Miroku neanche riuscì a capire perché quella faccenda lo incuriosisse tanto, fatto sta che subito si affrettò ad uscire per chiedere all'altro di dargli delle spiegazioni.
Realizzare quel suo semplice intento si rivelò però molto più difficile di quanto avrebbe mai creduto possibile.
Quel pomeriggio infatti il locale era a dir poco gremito di gente. Tra ragazzi appena usciti da scuola, i soliti anziani del quartiere e alcuni impiegati venuti per passare lì la loro pausa, Miroku pensò di non aver mai visto in quel bar tante persone tutte in una volta.
Inutile dire che, essendo in quel momento di servizio ai tavoli solo lui, Sakura e Naoki, ciò comportò inevitabilmente il suo continuo andirivieni dai tavoli al bancone, dal bancone ai tavoli e a volte perfino dal bancone alla cucina, escludendogli così ogni possibilità di riprendere con Sakura la conversazione iniziata prima.
~
- Dimmi che non è così tutti i giorni... -
Sospirò il danese accasciandosi lentamente su uno dei tavolini situati vicino al bancone. Le braccia distese in avanti e il viso nascosto tra di esse, premuto contro la superficie lignea.
- No, di solito è più tranquillo. -
Lo rassicurò il giapponese con un'alzata di spalle mentre si sedeva al tavolo davanti a lui, sorridendo divertito nel sentirlo sospirare sollevato.
- Che ore sono? -
Borbottò dopo alcuni istanti di silenzio. La voce resa leggermente ovattata dalla posizione nella quale si trovava.
- Vediamo... - Mormorò Miroku voltandosi verso l'orologio a muro. - Sono le diciannove e otto. -
- Le diciannove?! -
Esclamò il corvino sollevando il capo di scatto.
- E otto. -
Ripetè l'altro in tono leggermente dubbioso, non riuscendo a capire il perché di tutta quella agitazione.
- Ma è almeno legale? -
- Eh? -
Ribattè il ragazzo sempre più confuso.
- Lavorare così tanto. - Spiegò Sakura in tono incredibilmente serio. - Prima sei ore di scuola, poi cinque di lavoro part time e adesso una volta tornato a casa dovrò pure studiare per domani e probabilmente non ci metterò meno di un altro paio di ore... Fanno tredici ore e passa! Ma ti rendi conto!? -
- Ehm... Sì... È quello che faccio tutti i giorni, sai? -
- Serio? E la regola dei tre otto? -
- Temo di non riuscire più a seguirti... -
- La regola dei tre otto! -
Ripetè il corvino alzandosi in piedi di scatto, facendo in questo modo strusciare la sedia contro il pavimento così forte e rapidamente da far sussultare sia Miroku che Naoki e perfino il gruppetto di ragazzi seduto dall'altra parte del locale, gli ultimi clienti rimasti.
- Otto ore di sonno. Otto ore di lavoro. Otto ore di svago. - Elencò il danese sottolineando ogni affermazione alzando una ad una tre dita della mano destra. - È così che dovrebbe funzionare. -
- In Danimarca funziona così? -
Ribattè Miroku osservandolo con tanto d'occhi.
- Beh, più o meno. - Rispose l'altro scrollando le spalle. - Ovviamente non abbiamo una sveglia che suona ogni otto ore per ricordarci che dobbiamo smettere di fare quello che stiamo facendo e dedicarci ad altro. Ma bene o male sì, è così che funziona. -
- Wow... Quasi quasi ci farei un pensierino, sai? -
- E lo credo bene! - Esclamò Sakura volgendo a sua volta lo sguardo verso l'orologio, come ad essere certo che l'altro non lo avesse preso in giro. - È disumano... Come si può lavorare tanto? -
- Benvenuto in Giappone. -
Esclamò Naoki da dietro il bancone, scoppiando a ridere nel notare l'espressione allibita del ragazzo.
- Scusa, ma quando hai deciso di venire a lavorare qui non ti hanno detto quanto tempo duravano i turni? -
Chiese invece Miroku.
- A dirla tutta ha pensato a tutto mia zia... Io non le ho chiesto molte informazioni, ero convinto che i turni qui fossero come quelli del locale nel quale lavoravo a Tønder. Ovvero un paio di ore dopo la scuola e poi a casa... Dopotutto è solo un lavoro part time, no? -
- Beh, puoi sempre dimetterti o chiedere che ti diminuiscano le ore, no? - Gli fece notare Miroku. - Si può fare, vero Naoki? -
- Sì, certo. - Rispose il ventenne. - Se vuoi posso chiamare il direttore e chiedergli di... -
- No, non fa niente. -
Lo interruppe però il corvino scuotendo il capo.
- Sicuro? -
Miroku lo osservò sorpreso. Dopo tutte le lamentele che aveva fatto avrebbe giurato che non vedesse l'ora di diminuire il suo turno di lavoro ad una o due ore al massimo.
- Sicuro. -
Confermò il danese, rivolto sempre a Naoki.
Forse fu solo una sua impressione, ma Miroku ebbe come l'impressione che, prima di rispondere al maggiore, per un istante lo sguardo di Sakura si fosse soffermato su di lui.
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