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Grand Old Lady (prima parte)


Ciao amici, bentrovati!

Prima di iniziare la lettura ed immergersi sempre di più nel casino completo che è la vita di Andrea, vorrei dire una cosuccia che non ho avuto occasione di dire prima d'ora.

Vorrei infatti ringraziare i miei due lettori che mi stanno sostenendo in questo piccolo viaggio. Quando ho iniziato a scrivere questo racconto non pensavo che potesse effettivamente interessare a qualcuno, dunque, vorrei dirvi un immenso GRAZIE!



"Posso chiamarti anche io Andy?" Domandò Roy, prima di inciampare in un avvallamento del terreno che non aveva per niente visto. In quel posto l'erba era talmente brillante da accecarlo e annebbiargli la vista. Quel campo da golf sembrava interminabile. "Oppure ti arrabbi?"

"É un pò infantile. Solo mia madre mi chiamava in quel modo" rispose Andrea, aspettando che Roy lo seguisse sopra ad una collina alquanto ripida. "Ma se ti piace puoi usarlo tutte le volte vuoi"

"Se vuoi posso continuare a chiamarti Andrea" disse Ro, portandosi una mano per coprirsi gli occhi. Erano arrivati sulla cima di un'altura da cui potevano vedere chiaramente tutto ciò che li circondava. "Ormai ho perso il conto di quante volte ho pronunciato il tuo nome e a dire la verità, scorre sulle mie labbra forse anche meglio di Andy. Quale preferisci dei due?"

Andrea si voltò a guardare Ro in volto. I suoi occhi azzurri lo stavano scrutando già da un pò, ma lui si era reso conto solo in quel momento che erano posati su di lui e lo stavano trapassando da una parte all'altra come una lama affilata. "No, va bene" replicò, mantenendo il contatto visivo. "Mi piace quando mi chiami per nome, qualsiasi sia la sua lunghezza"

Roy sorrise e si avvicinò di poco all'altro ragazzo. Erano più o meno della stessa altezza ma Andrea lo superava di qualche centimetro. "Posso confessarti una cosa?" Domandò il primo. "Non voglio però che ti spaventi..."

"Parla pure liberamente" rispose Andrea, impaziente di sentire ciò che aveva da dirgli. In un batter d'occhio il suo cuore aveva preso ad accelerare e si era completamente dimenticato di ciò che erano venuti a fare, insieme, a St Andrews. "Sei la persona che mi conosce meglio al mondo, non potresti mai spaventarmi"

Roy vacillò e spostò il peso da un piede all'altro. Si sentiva come alle prese con la prima cotta, quando non si sa mai cosa dire o cosa fare. Non era mai stato impacciato lui, ma in quel momento era l'unico aggettivo che gli veniva in mente per descrivere come si sentiva. "A me piaci tu" disse infine, pronunciando quelle parole un pò alla rinfusa.

Per un momento Andrea temette di aver sentito male: erano le esatte parole che avrebbe voluto dire anche lui. Rilassò le spalle d'istinto e fu come se l'universo avesse ripreso a girare per il verso giusto e avesse sistemato tutte le rotelle fuori posto che lo facevano scricchiolare. Le orecchie gli presero a fischiare e fu come prendere una boccata d'aria fresca dopo aver trattenuto a lungo il respiro.

Fu una sensazione meravigliosa.

Come se qualcuno gli avesse sganciato la zavorra che si era ritrovato a portarsi appresso.

Si sentiva fluttuare, pulsare di vita.

Era rinato si, ma a che prezzo?

Era dovuto morire per trovarlo.

Dove diavolo si era nascosto Roy per tutto quel tempo?

Era forse uno scherzo del destino che si fossero incontrati proprio in quelle circostanze?

Andrea schiuse le labbra per dire qualcosa. Il sole di giugno sulla sua testa gli riscaldava le ciocche di capelli neri e lo aveva reso più tonto del solito. Allungò dunque una mano verso Roy ed intrecciò le dita con le sue, forse per prendere del tempo per processare le informazioni nel suo cervello. "Anche a me" disse dunque, impappinandosi più del suo interlocutore.

Roy fece una smorfia storta per l'agitazione o forse per l'imbarazzo. "Vuoi dire che anche tu ti piaci?" Domandò, con il cuore a pompare nelle orecchie. Quel dannato ragazzo lo stava tenendo sulle spine.

Andrea deglutì a vuoto, risvegliandosi dal suo stato di semi - incoscienza. "No, aspetta!" Urlò quasi, rendendosi conto della sciocchezza che gli era uscita dalla bocca. "Voglio dire, volevo dire...che mi piaci anche tu, cioè sì, sempre se si può fare, ecco. Se per te va bene"

Roy rimase a fissarlo per qualche secondo, interdetto. Con la coda dell'occhio aveva notato qualcuno avvicinarsi a loro dalla base opposta della collinetta su cui si erano appollaiati. "Certo che va bene" disse, affrettandosi prima di essere interrotto. "Più che bene. In realtà non pensavo che per te valesse lo stesso"

Andrea tossì e si portò una mano dietro al collo, totalmente in preda al panico. Voleva ripetere a Roy quanto anche lui fosse totalmente preso da lui, ma la vista di Ceelia che risaliva il crinale della settima buca lo aveva preso alla sprovvista. Si era dimenticato che quel weekend, all'Old Course c'era anche lei. Aveva forse combinato un casino, l'ennesimo magari?

"Andrea!" Urlò infatti la ragazza, sventolando una mano in aria per farsi riconoscere e forse anche soccorrere. "Lo sai che non mi piace camminare sull'erba con i tacchi! Perché sei venuto fin qua sopra? Luke e sua madre ti stanno aspettando da mezz'ora al club per iniziare la partita"

Ceelia arrivò sulla cima della collina senza essere aiutata da nessuno dei due. Si teneva con la mano libera il cappello di paglia bianco che tentava in tutti i modi di abbandonare la sua testa. Portava un abitino striminzito giallo ed un paio di spessissimi occhiali da sole che gli pendevano sul petto tramite una sorta di collana a perline colorate. Per entrambi i ragazzi era strano vederla lì, in carne ed ossa.

Tendenzialmente un fine settimana si ed un no, la nuova famiglia Thomson si riuniva al Grand Old Lady per per giocare a golf, l'unico sport accettabile data la lunghissima storia che St Andrews si portava alle spalle. Di solito i giocatori erano solo Luke e Roger, ma quel weekend, data l'assenza del padre e l'invito di Luke, Andrea, insieme la ormai ex fidanzata, si erano presentati per far contento il ragazzino.

Stranamente, era stato proprio Luke in persona a telefonare ad Andrea la settimana precedente e ad invitarlo a passare del tempo al Royal and Ancient Golf Club per poi fare una partita amichevole con lui. Quando aveva saputo la notizia, Ceelia, purtroppo o per fortuna, si ci era voluta precipitare a tutti i costi.

Andrea, resosi conto che la ragazza si trovava davvero davanti a lui, si decise a dire qualcosa per non sembrare il solito tonto. "Avevo bisogno d'aria" replicò, voltandosi poi per vedere Roy che se la rideva di gran gusto. "Sarei arrivato a breve"

Ceelia lo guardò di sottecchi per poi incrociare le braccia al petto e far scorrere gli occhi su Roy. "Stavi di nuovo fumando vero?" Chiese, scocciata. "E poi chi è questo?"

Ro, imitandola, mise la braccia al petto nello stesso modo in cui le teneva lei. Andrea non sapeva che fare o che dire. Nella sua testa c'era il puro caos. "Non stavo fumando" replicò dunque. "E lui si chiama Roy, sta con me...è qui con me"

Ceelia si mise a ridere, si tolse il cappello e prese Andrea sotto braccio, come per marcare il territorio. "L'hai invitato tu?" Chiese, voltandosi indietro nuovamente a guardare Roy. "Per me va bene, ma non ti sembra un pò fuori luogo qui? Non credo faccia parte...dell'alta società, per così dire"

I tre avevano preso a scendere dalla collina e si stavano dirigendo verso la struttura dedicata al club del golf di cui Luke e suo padre facevano parte. Andrea non riusciva a capire come Ceelia non si era resa conto che in realtà non era lui. Cioè, sì era lui, ma non il lui che conosceva all'epoca. Apparso lì, con Roy, aveva qualche anno in più ed un aspetto alquanto diverso. La spiegazione che si diede fu molto semplice: doveva essere tutto merito degli stratagemmi di Roy di cui, per nessuno motivo, voleva parlargli.

I discorsi di Ceelia andavano sempre a finire nello stesso modo. Giudicava i più poveri e si aggiungeva al carro dei più ricchi, come se anche lei ne facesse davvero parte. Νοn avrebbe mai guardando in faccia nessuno che non avesse un reddito abbastanza alto da poterle dare tutto ciò che desiderava. Andrea si era stancato del suo modo di essere e non aspettava altro di rivelarle che, in realtà, lui non poteva nemmeno darle la metà di ciò che richiedeva.

Il weekend che avevano passato insieme a St Andrews, la primavera di un anno qualsiasi, prima che Andrea partisse per l'Islanda, lo avevano trascorso nella superficialità più totale. Chiacchiere inutili e pranzi pomposi nel club del golf più antico al mondo. Lei, in quell'ambiente, ci sguazzava dentro come un'anguilla, lui sembrava più un pesce gatto, nascosto sullo sporco del fondo, che uno squalo. Con il senno di poi, loro due, non avevano mai avuto nulla in comune.

Aveva deciso di presentarsi lo stesso perché, circa dieci giorni prima, Luke lo aveva chiamato al telefono chiedendogli, disperato, di andare con lui al club per potergli parlare di qualcosa. All'epoca Andrea non aveva la più pallida idea di che cosa volesse dirgli, anche perché, alla fine, il ragazzino rimase muto come un pesce per tutto il tempo. Anche se lui aveva provato a tirargli fuori qualcosa per tutta la durata del weekend, non ci fu nulla da fare.

Tenne la bocca completamente cucita.

Non spiccicò mezza parola nemmeno con la madre.

Con nessuno di loro.

Grazie però alla possibilità che Ro gli aveva offerto, quel giorno vissuto due volte, sarebbe stato in grado di prendere due piccioni come una fava. Non avrebbe aspettato altro tempo a separarsi da Ceelia e, dopo aver visto che cosa suo padre faceva a Luke in quella stanzetta, gli avrebbe parlato a faccia a faccia, come un vero fratello, perché si, loro due lo erano davvero. Se come gli era stato detto poteva cambiare il corso delle cose, lo avrebbe di certo fatto.

Avrebbe salvato suo fratello dalla grinfie di loro padre.

A qualsiasi costo lo avrebbe tirato fuori.

Non ci era riuscito con sé stesso.

Lo avrebbe fatto per lui.

"Ceelia?" proruppe dunque Andrea, dopo che lui, lei e Roy si erano avvicinati all'edificio che ospitava il club del golf a cui erano diretti. "Prima di entrare ti vorrei parlare, seriamente questa volta"

La Club House era un edificio imponente, massiccio. Era stato costruito tantissimo tempo prima e si presentava con un colore marrone chiaro, grazie all'infinito numero di mattoni che lo componevano. Andrea ci era già stato, anche se di certo non con suo padre. Era capitato che alcuni compagni dell'università lo avessero invitato per una partita. Non era certo un tipo che si vantava, ma quello sport era fatto a pennello per lui.

"Certo, amore" rispose la ragazza, sbirciando all'interno delle alte finestre a livello del terreno per scorgere Luke e sua madre. "Di cosa vuoi parlarmi? Dobbiamo proprio farlo davanti a questo ragazzo? Non può andarsi a fare, che so, un giro da qualche parte?"

Andrea la guardò con uno sguardo che parlava da sé. "No" disse, infatti, fermamente. "Lui rimane qui dove si trova, non c'è alcun bisogno che si sposti"

Ceelia sembrò innervosirsi, ma cercò di non darlo a vedere. Ro, dal canto suo, sembrava completamente a suo agio, forse anche fiero di ciò che Andrea stava, finalmente, per fare. "Come vuoi" disse infine lei, altezzosa. "Ma non credo che voglia rimanere anche per quello che ho intenzione di fare dopo, con te"

Andrea sospirò e sbirciò anche lui all'interno del club. Non c'era traccia di Luke, o della madre. "Da quant'è che ci conosciamo?" Domandò, tralasciando l'affermazione della ragazza, completamente fuori luogo. "Quasi una vita, dico bene?"

Ceelia alzò le spalle, impaziente di mettere piede nell'edificio. "Da tanto, ma questo cosa c'entra?" Chiese.

"Direi che è proprio questo il punto" continuò Andrea. "Quando ci siamo conosciuti eravamo entrambi due persone completamente diverse e le cose sono ormai cambiate"

Ceelia sorrise, come se avesse la risposta pronta. "Certo" replicò infatti. "Tu sembravi sull'orlo di una crisi nevrotica ed eri sempre depresso. Quando mi hai conosciuto io ti ho svoltato la vita"

Andrea si passò una mano sul volto e poi la nascose nella tasca dei pantaloni. "Tu eri una ragazza speciale" disse. "Davvero unica. Eri solare, allegra, gentile. Ti prodigavi per il prossimo e per te non esisteva altro che la felicità e la creatività"

Ceelia arricciò le labbra. Roy dovette ammettere che quella che aveva davanti era una persona completamente diversa da quella che Andrea stava descrivendo. Forse, o quasi sicuramente, aveva perso quella ingenuità e quel candore che caratterizza un pò tutti, per tempi più o meno lunghi, nella propria vita. A lui mancava essere bambino, ma forse a lei no.

"Sì, e tu eri uno sfigato" replicò lei. "Non ti rendi conto di dove siamo? Vuoi fare questo discorso qui? Stai di nuovo parlando a vanvera Andrea, ricomponiti per favore ed entriamo che ci stanno aspettando"

Andrea la fermò, prima che potesse dire o fare qualsiasi altra cosa. "Mi sai dire quando le cose, per noi, si sono incrinate?" Domandò, anche se ovviamente sapeva già la risposta. "Sai qual è stato l'esatto momento in cui tu sei cambiata?"

Ceelia guardò Roy e gli sorrise, forse per salvare il salvabile. "Certo che no" disse. "Come potrei mai ricordarmelo?"

Andrea piegò la testa di lato ed iniziò a fissare negli occhi la ragazza. "Eravamo al The World's End" Disse. "Ti ricordi di quel posto?"

"Si, me lo ricordo" rispose lei, in un sussurro. "Ci passavamo i sabato sera. Continuò comunque a non capire dove vuoi andare a parare. C'entra forse questo tipo che ti porti appresso?"

"É lì che, una sera, hai scoperto chi ero, chi ero per davvero" spiegò il ragazzo. "É apparsa la mia faccia sulla TV del locale e tutti si sono girati a guardarmi come se fossi stato un alieno approdato sulla terra, senza permesso. È stato quell'esatto momento che ti ha trasformata nella persona che ho davanti agli occhi, adesso"

Ceelia si portò una mano al busto ed iniziò, con l'altra, a giocherellare nervosa con i braccialetti chi decoravano il suo outfit. "Eri stato tu a non dirmelo" proruppe. "Ti saresti ben risparmiato la mia incredulità a quella notizia se ti fossi preso la briga di essere sincero con me"

Andrea rise sarcastico. "Tu hai visto una opportunità, una finestra, uno spiraglio di luce" disse, fermo e deciso. "Ed hai spazzato via tutto ciò che eri sempre stata per delle cose frivole come il denaro e la fama"

"Ti stai sbagliando" replicò lei, sentendosi gli occhi dei passanti sulla schiena. Era diventata paonazza ed aveva alzato leggermente il tono di voce, richiamando i curiosi. "Ti stai sbagliando di grosso. Quello che stai dicendo non è vero! Chi diavolo ti ha messo in testa queste cose?"

"Ho davvero apprezzato il tempo che abbiamo passato insieme. Non mi dimenticherò mai le nostre passeggiate al Dean Village, alle prime luci del mattino" disse, ripercorrendo i passi che avevano percorso l'uno con l'altra. "Mi hai reso la persona più felice al mondo in quesi mesi. Ero così innamorato di te che avrei fatto di tutto per fermare il tempo e vederti sorridere per sempre"

Ceelia vacillò, ma non disse nulla. Aveva perso completamente l'uso della parola e guardava veramente Andrea come un alieno. Aveva strabuzzato gli occhi e non sapeva dove mettere le mani. Era stata presa completamente alla sprovvista da non saper nemmeno più respirare correttamente. Sembrava in preda al panico: doveva aver capito quale sarebbe stata la conclusione del discorso di Andrea.

"Mi hai dato una speranza, sai?" Spiegò dunque lui. "Pensavo davvero che fossi la mia anima gemella. Ero pronto a rinunciare all'Islanda per rimanerti accanto e sarei venuto con te a New York per il tuo corso di giornalismo, se me lo avessi chiesto"

"Che cosa stai cercando di dirmi?" Domandò Ceelia, completamente trasfigurata ed in preda all'agitazione. In quei secondi si stava vedendo sottratto tutto ciò che avrebbe voluto mantenere stretto per il resto della vita. Si parlava della popolarità, non certo di Andrea.

"Voglio che tu te ne vada" disse dunque il ragazzo, dandole il colpo di grazia e distruggendola completamente. "Voglio che te ne torni ad Edimburgo e lasci libera la stanza di hotel che avevo prenotato per noi due, qui, a St Andrews"

Lei lo guardò imbambolata. Aveva sentito bene? "Non puoi dire sul serio" replicò. "Stai scherzando, è tutto un brutto scherzo vero? Io ti sono sempre stata accanto, non mi puoi mollare così"

Andrea si fece più vicino a lei e le prese una mano, portandogliela sul suo cuore. "Non rimpiango nulla. Ho adorato il tempo che abbiamo passato insieme ma è ora di chiuderla qui" disse. "É meglio così per entrambi, credimi, non può più funzionare"

A quelle parole Ceelia strattonò il braccio di Andrea e si riprese la mano. Era furiosa, completamente fuori di sé. Era pronta ad esplodere da un momento all'altro e questa volta la avrebbero sentita fin dentro al club. "Tu sei completamente fuori di testa!" urlò, infatti, questa. "Sei solo un bambino viziato e tremendamente stupido. Dannazione Andrea, cresci! Il mondo non è tutto rosa e fiori come te lo raffiguri in quella tua testa bacata"

Andrea non abbassò lo sguardo. "Lo so bene" disse soltanto. "É forse l'unica cosa che ho sempre avuto ben presente davanti agli occhi"

Ceelia gli puntò un dito contro. "Te ne pentirai amaramente!" Sputò, acida. "Non azzardarti a tornare da me con quell'aria da cane bastonato che ti ritrovi! Io non ci sarò più per ascoltare tutte le tue manfrine. Se mi lasci andare via ora, non mi rivedrai mai più. È chiaro?"

Andrea prese un respiro profondo. Era la scelta giusta da prendere, la doveva lasciare andare. "Addio Ceelia" disse dunque. "Ti auguro tutto il meglio di questo mondo. Sono circo che lo troverai, ma non da me"

La ragazza aprì leggermente la bocca, ma quando si rese conto che il ragazzo non stava scherzando, prima puntò i piedi a terra, come a non volersene andare, ma, dopo che Andrea fece lo stesso, decise di fare retro front e, tremendamente arrabbiata, marciò via alla velocità della luce. Scomparve, poco dopo, dietro all'alto muro del club del golf, completamente furiosa ed in preda all'ira.

Come già Roy aveva previsto, alcuni dei membri che stavano sorseggiando una birra all'interno, erano usciti per vedere cosa fosse successo. La voce della ragazza aveva anche fatto apparire due uomini in divisa che stavano chiacchierando poco lontano da lì, durante la loro pausa dal lavoro. Si erano affacciati tutti per capire chi diavolo stesse strillando e sopratutto per capirne il motivo. Forse in quel club non succedeva mai nulla di interessante e avrebbero parlato di quell'avvenimento per il resto dell'anno.

La scena era stata, al contempo, tremendamente imbarazzante ma anche completamente stratosferica. Roy non aveva idea di che cosa passasse per la mente di Andrea, ma aveva capito subito quanto per lui fosse stato importante chiudere quella storia. Ceelia poteva anche essere stata una persona speciale nella sua vita, ma, stando a come era diventata la loro relazione, nessuno dei due giovava più da quella situazione.

Dovette correggersi.

A lei forse sì.

Ma dipendeva tutto dai punti di vista.

Andrea si voltò dunque verso di lui, per avere un riscontro. "Come sono andato?" Chiese, con l'espressione di chi aveva compiuto un passo importante, riuscendoci da solo. "Come è stato? Tremendo?"

Roy si voltò per assicurarsi che Ceelia se ne fosse veramente andata e poi parlò. "Posso essere sincero?" Domandò.

Andrea annuì velocemente. "Diamine, certo che si" disse. "Mio Dio, mi sembra di essere completamente ubriaco. Ti prego dimmi che non ho fatto una idiozia..."

Roy lo prese per le spalle ed aspettò un momento prima di parlare. "Sei stato una bomba" Esclamò, felice per lui e forse anche un pò per sé stesso. "É stato dannatamente pazzesco"

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