Edimburgo, 24 Dicembre. Ore 23:29
TW: accenno ad abusi sessuali (non c'è nulla di esplicito)
"Dove mi stai portando?" Domandò Andrea, dopo che Roy gli aveva confessato di conoscere un posto in cui avrebbero potuto parlare tranquillamente, lontano da occhi indiscreti. "Hai intenzione di uccidermi?"
Ro prese sottobraccio Andrea ed accelerò di poco il passo. Avevano svoltato in una stradina talmente stretta che se non si fossero messi in quella posizione non avrebbero potuto passare. "Tecnicamente quello sarebbe già successo" disse Roy, terminato il vicolo. "Sempre se avessi voluto"
Andrea lo guardò con la coda dell'occhio. Dovette ammettere a sé stesso che, anche se non bazzicava da quelle parti, Roy era davvero bello. La sua pelle risplendeva sotto le luci dei lampioni e, mentre camminava, sembrava volteggiare sui sampietrini come se volasse. Aveva un'aria così eterea da non sembragli reale.
In fin dei conti forse, tutto quello che gli era capitato quella sera era solo un sogno. Doveva esserlo per forza.
"Dunque?" Disse Ro, sistemandosi gli occhiali sul naso. "Dove eri rimasto con il tuo racconto?"
Andrea storse il naso. "Vuoi davvero saperlo?" Domandò, anche se sapeva già la risposta.
"Certo che sì" rispose Roy. Si era fatto preparare uno scartoccio dal locale e stava sorseggiando ancora la sua cioccolata calda. "Cosa aspetti?"
Ad Andrea vennero i brividi. La sua schiena divenne di marmo al solo ricordo che Roy voleva che gli raccontasse. Dopo ciò che era successo, il ragazzo non era più riuscito a farsi vedere in pubblico e, ogni qualvolta qualcuno gli chiedeva una foto, temeva che ciò che era accaduto potesse ripetersi.
Anche se non lo avrebbe mai ammesso, quella era forse la cosa peggiore che gli fosse mai successa. Lo aveva fatto sentire sporco, usato, sudicio. Sentiva ancora il respiro caldo dell'uomo sul suo collo e le sue mani legate, dietro la schiena. Non si sarebbe mai dimenticato di quello che gli aveva fatto, mai.
"C'entra sempre mio padre" esordì dunque Andrea, facendosi coraggio. Non lo aveva mai detto a nessuno ed il solo pensiero di farlo per la prima volta lo metteva in estrema agitazione, quasi come fosse davanti ad un patibolo. "Più o meno"
Ro ridacchiò. "Come sempre, ovviamente"
Andrea si staccò da Roy, che gli teneva ancora stretto il braccio. "Mi prendi in giro?"
"Si" rispose semplicemente l'altro.
Andrea si passò una mano sul volto, frustrato. "Fai bene, almeno dici qualcosa di divertente" disse dunque."Altrimenti qui nessuno dei due porterà a termine la serata"
I due passarono di fianco ad un piccolo parco. Nascoste dietro ad un grande albero secolare c'erano due altalene, cariche di pioggia fino alle ossa. Roy fece segno ad Andrea di entrarci, per poi dirigersi proprio da quelle due altalene e sedercisi sopra. Andrea fece lo stesso ed aspettò qualche momento.
"E' successo più o meno quando la mia ragazza mi ha mollato" esordì il ragazzo, mettendosi le mani in tasca e stringendo forte i pugni. Le sue dita se le sentiva ancora addosso, come dei tentacoli. "Un anno e mezzo fa"
Roy prese a dondolarsi. "E cosa c'entra tuo padre?"
"Mio padre è il grande ideatore del piano che gli ha fruttato milioni, a quanto pare" spiegò Andrea, dondolandosi anche lui. I suoi piedi strisciavano a terra e le scuole producevano uno strano rumore. "Mi ha venduto ad un suo collega per chiudere un affare"
Ro parve rimanerne sorpreso. Aveva alzato un sopracciglio come se non si aspettasse una dichiarazione del genere. Continuò comunque a far muovere l'altalena, come se Andrea non avesse detto nulla. Anche in quel caso, quel ragazzo sembrava emanare una luce propria, come se fosse stato lui l'unico lampione ad illuminare tutta Edimburgo.
"Stranamente mio padre mi aveva invitato ad una importante cena di lavoro, in cui c'erano anche Luke e la sua nuova moglie" continuò a raccontare Andrea. "Era una cosa importante. Non avevo capito il motivo per il quale mi voleva lì, ma ero felice che per una volta volesse vedermi"
Roy smise di dondolarsi sull'altalena e si fermò a guardare Andrea. "E qual'era il motivo?"
Andrea prese un respiro profondo. I polmoni parvero mettersi a bruciare. "C'era questo suo collega, non ricordo nemmeno come si chiamasse" disse poi. "Era seduto vicino a me e continuava a farmi domande su domande sui miei studi e ciò che facevo nella mia vita, come se fosse realmente importante"
Ro allungò un braccio verso Andrea, ma poi lo ritrasse. Forse aveva capito dove il discorso dell'altro stava andando a parare. "Andrea..." disse soltanto, rammaricato.
L'altro ragazzo alzò il volto, per trovarsi Roy che lo guardava con occhi lucidi. "Sembrava il padre che non avevo mai avuto" disse in un sussurro. "Lo sembrava davvero ed io sono caduto nella sua trappola come uno stupido"
Per la prima volta in tutta la serata, il ragazzo notò un cambiamento nell'armatura di Ro. Il suoi occhi si erano fatti piccoli piccoli e la sua mano tremò leggermente, come stava facendo anche la voce di Andrea mentre parlava con lui. Sembrava come se la realtà dei fatti l'avesse colpito in piena faccia. Lo vide, per la prima volta, sotto una luce diversa, più scura.
"A fine serata abbiamo fatto delle foto" continuò Andrea, distogliendo lo sguardo da quello di Roy. "Sarebbero finite sui giornali, su internet, ovunque. Quell'evento era davvero importante per tutta la compagnia ed ovviamente, e sopratutto, per mio padre"
La pioggia sembrava aver smesso di cadere da un momento all'altro. Lo scrosciare sulle foglie era diminuito e gli unici suoni udibili erano delle campane che suonavano a festa in lontananza e lo sfrecciare delle ultime auto. Sembrava come se si fosse creata una bolla intorno ai due ragazzi. Andrea avrebbe voluto che non scoppiasse mai.
"Quando i fotografi iniziarono a scattare io avevo un bicchiere di champagne in mano" continuò il ragazzo, con un tono di voce talmente basso che per un momento pensò di non star davvero parlando. "Me lo aveva porto l'uomo che mi stava affianco"
Roy abbassò lo sguardo sui suoi piedi per poi alzare il volto per guardare le foglie degli alberi. Stava stritolando il piccolo bicchiere di carta che ormai non conteneva più nemmeno una goccia di cioccolata, come se quel gesto gli permettesse di non mettersi a stritolare qualcun altro, magari di vivo. "Che cosa c'era dentro?" Chiese, più per avere una conferma che altro.
Andrea riprese a dondolarsi. "Non ne ho idea" disse. "Ovviamente era drogato, ma non so con che cosa"
Roy si alzò in piedi ed andò a buttare il bicchiere in un cestino lì vicino. Si posizionò poi davanti ad Andrea, come un palo. Aveva le braccia lungo i fianchi ed i capelli spettinati. "Tuo padre lo sapeva, vero?" Domandò.
"Si, lo sapeva bene" replicò Andrea, alzandosi anche lui ed avviandosi all'uscita del parco. Aveva lasciato Ro imbambolato tra l'erba. "Era stato lui a dare l'idea al suo collega, così da poter disporre di me nel miglior modo"
"Santo cielo" disse Roy, rincorrendo Andrea fuori dal parco. "Come è stato possibile? Nessuno se ne è accorto?"
Andrea rise amaramente. "A quanto pare in quell'ambiente è più comune di quanto si pensi e nessuno si pone domande se qualcuno decide di sviare le regole per un proprio tornaconto"
Ro dovette aumentare il passo per stare dietro all'altro ragazzo: Andrea sembrava aver iniziato a fare una maratona. "Vuoi dire che tuo padre ti ha venduto, per di più ad un uomo molto più grande di te, senza che tu lo sapessi, per chiudere un affare?"
Andrea annuì e si bloccò di colpo in mezzo alla strada. "Santo Dio!" Esclamò. "Non riesco a togliermelo dalla testa. Mi sono risvegliato nel suo attico senza essere più capace di muovermi. Le sue luride mani hanno fatto..."
Roy lo bloccò e, senza preavviso, lo abbracciò, impedendo ad Andrea di aggiungere altro. Le sue braccia lo cinsero e lo strinsero forte a sé. "L'hai denunciato?" Domandò, contro la spalla dell'altro ragazzo. "L'hai mai raccontato a qualcuno?"
Andrea strinse Ro più forte. Le sue braccia erano le uniche cose che gli stavano impedendo di cadere. "Mio padre aveva previsto tutte le mie mosse" spiegò. "Non mi ha creduto nessuno, né la polizia né, ovviamente, la mia ragazza. I due però hanno ottenuto quello che volevano e quindi la faccenda si è chiusa lì. Questo è bastato affinché nessuno facesse più domande"
Ro appoggiò la fronte contro quella di Andrea. In quel momento si rese conto del perché, fin dal primo momento, quel ragazzo gli era sembrato così triste, come se la vita lo avesse sconfitto prima ancora di iniziarla. Non immaginava tutto il dolore che si era portato dietro, da quando era piccolo, fino ai suoi ventitré anni di età.
Chissà come la avrebbe presa, una volta saputa la verità che gli avrebbe dovuto rivelare a fine serata.
Andrea ruppe l'abbraccio non tanto per l'imbarazzo, quanto più per il fatto di essere poco abituato ad un contatto di quel tipo. "Mi domando se farà la stessa cosa con Luke" disse Andrea, rimettendosi a camminare e riprendendo Roy sotto braccio. "Quando sarà più grande"
Roy lo seguì giù da una scalinata ripida. "Credi che sua madre lo permetterebbe?"
Andrea si strinse nelle spalle, confuso. "Non lo so" rispose, percorrendo l'ultimo gradino della scala. "Quando è successo a me, lei era lì. Avrebbe potuto fare qualcosa ma non l'ha fatto. Certo io non sono suo figlio, ma temo che potrebbe non muovere un dito nemmeno se succedesse a Luke"
Ro si rese conto che, involontariamente, Andrea stava tornando verso la casa del signor Thomson. Stava facendo il lavoro sporco al posto suo: nel giro di poco si sarebbero ritrovati dove tutto era iniziato. Roy non seppe se esserne sollevato oppure no: iniziava a temere di non essere tagliato per ciò che era stato scelto. Sarebbe stato in grado di poterlo a termine?
"Siete mai andati d'accordo tu e Luke?" Chiese poi Roy, toccando l'ennesimo tasto dolente. "Voglio dire, lo hai mai considerato come un fratello?"
Andrea prese a calciare un sassolino che era sfuggito da chissà dove. "Io sì" sospirò. "Lui, forse"
Roy, notando il gioco che l'altro ragazzo aveva iniziato, iniziò anche lui a calciare il sasso che Andrea gli aveva appena passato. "Io sono figlio unico" disse. "Ho sempre desiderato un fratello, o una sorella. Non mi è mai piaciuto stare da solo, anche se poi ci ho fatto l'abitudine"
Andrea rise amaramente, di certo non perché divertito. "Anche io ho sempre voluto qualcuno a cui importasse qualcosa di me" confessò. "Credo che all'inizio, quando mia padre non aveva ancora posato i suoi artigli su di lui, Luke mi considerasse, se non un fratello, almeno come un amico"
Roy perse di vista il sasso e iniziò a cercarne un altro, che però non trovò. "Cosa è cambiato poi?" Chiese.
Andrea raccolse un rametto da terra ed iniziò a rigirarselo tra le mani, stancatosi anche lui di prendere a calci i sassi. "Niente che non mi sarei dovuto aspettare" spiegò. "Mio padre ha iniziato a prendermi come esempio negativo e Luke, per rimanere nelle sue grazie, ha iniziato ad allontanarmi. È ancora piccolo ma ha capito molto bene che tipo di persona è nostro padre. Forse lo ha capito molto tempo prima di quanto lo avessi capito io, alla sua età"
Anche Ro voleva qualcosa da tenere tra le mani, per ingannare il nervosismo. Tirò così fuori nuovamente l'ombrello ed iniziò a giocare con la stoffa. "E la madre di Luke?" Chiese ad Andrea. "Se non sbaglio prima mi hai detto che in qualche occasione si è mostrata gentile con te, è così?"
Andrea lanciò il suo rametto giù da un ponticello in mattoni pieni di muschio. Questo toccò l'acqua sottostante con un sonoro splash. "Ogni tanto è successo che mi chiamasse al telefono" disse il ragazzo. "Ma credo che si sentisse solamente in colpa per avermi sempre trattato di merda"
Senza rendersene conto, Roy iniziò ad agitarsi, anche se cercò di non darlo a vedere. Avevano imbroccato la strada dove era stata costruita la grande villa del padre di Andrea. La avrebbe riconosciuta a chilometri di distanza per quanto fosse di cattivo gusto. Il solo portone d'entrata bastava per farlo voltare dalla parte opposta.
"Siamo tornati al punto di partenza" disse Ro, richiamando l'attenzione di Andrea. "Te ne sei reso conto?"
Andrea, che era leggermente più avanti dell'altro ragazzo, tornò indietro. "Si, lo so" disse tranquillamente. "Sono voluto tornare io qua"
Roy parve non capire. "Che cosa vuoi fare?" Domandò, impaurito dalla intenzioni di Andrea. Sperò con tutto il suo cuore che non si mettesse a fare una scenata. Anche se la avesse fatta però, ne avrebbe compreso appieno il desiderio.
"Io non farò niente" rispose. "Avrei da chiederti un favore però. Te la senti?"
Roy accartocciò il suo ombrello a pois e lo cacciò a forza nella tasca del suo cappotto, troppo largo per uno della sua taglia. "Dimmi cosa devo fare" disse solamente.
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