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Storia della mia scrittura

   Quando ho iniziato a scrivere io erano ancora tempi oscuri. Le bic non duravano, soprattutto se le usavi per disegnare anche schizzi e panorami, e la carta era poco organizzata, soprattutto se scrivevi sui quaderni di scuola girati partendo dal fondo. I lettori scarseggiavano.

   A fine anni 80 arrivò la prima rivoluzione social,  le BBS, dove alcuni nerd, al tempo in cui il termine era ancora offensivo, si collegavano con un modem ad un server che raccoglieva i messaggi in una specie di bacheca. Scrivere era diventato esaltante, andavi in pubblico, i testi erano visualizzati su schermi neri a fosfori verdi e i font non influivano sulla storia. I limiti erano oggettivi, i modem lenti, lo spazio limitato, se scrivevi online non avevi una copia delle tue opere quando la BBS chiudeva o cambiava posto. I lettori erano pochi, anche le ragazze che frequentavano avevano un filo di barba e occhiali spessi.

   Poi venne il momento della pagina bianca e degli stili, dei 72 punti per pollice e del WYSIWYG, dove potevi dare anche una forma al tuo scritto e sapere che, potendolo stampare, la carta avrebbe riportato quello che vedevi a schermo. L'eccitazione di scrivere robe nuove e un certo ingenuo ottimismo fece perdere le tracce della produzione precedente. Ma la nuova modalità portò con sé un difetto di nuova genesi: l'eterna correzione. Visto che era molto più facile aggiustare, il ciclo scrittura e correzione si avvoltolò su se stesso e produsse infinite versioni su multipli dischetti. In quei tempi anche una rivista a livello nazionale mi stampò un racconto che avevo consegnato su floppy e ricordo ancora i brividi di vedere il mio nome apparire fugacemente sulla carta distribuita. I lettori erano aumentati, ma solo per un mese.

    Il progresso inarrestabile portò con sé internet e la vera condivisione social, ma il tarlo della revisione continua rallentava la corsa. Soprattutto perché si avvicinava il momento dell'eternità indesiderata, quella in cui se scrivi una cagata rimarrà per sempre incisa nel flusso elettronico inarrestabile e nuvoloso. Passò quindi diverso tempo in cui, adesso che le porte al pubblico erano estremamente aperte, scrissi sempre più in privato, sempre sul programma di testo più semplice fornito dalla macchina, il blocco note. E i lettori si ridussero notevolmente verso lo zero.

   Ma il treno del futuro corre sempre in avanti, portando con sé l'internet mobile e la possibilità di sfruttare tempi morti altrimenti persi a guardare nel vuoto il tunnel della metropolitana che fugge indietro. Così la scrittura divenne raccolta di piccoli pezzettini, storie sempre più brevi e sempre più curate, visto che comunque il telapenepolismo non s'era affievolito. Su telefono scrivevo su blocco note, inopinatamente sincronizzato col portatile. L'evoluzione storica aprì anche le porte ai siti social dove le vittime... i partecipanti erano anche loro scrittori e quindi costretti a leggere per essere letto. I lettori meno spontanei del mondo, ma che il do tu des anima di spirito di avventura e agita il fuoco della collaborazione.

Adesso, dopo decine di anni di scrittura su supporti improbabili e disorganizzazione organizzata, da qualche mese uso Scrivener, che funziona sia su telefono e computer, lasciando una grande libertà assieme ad una vaga struttura, le cui maglie puoi chiudere a piacimento. Devo dire che il revisionismo non s'é abbassato di livello, ma la necessità di pubblicazione contribuisce a interromperne la ridondanza. I lettori scarseggiano, ma quelli che sopravvivono mi sembra si divertano a leggere come me a scrivere.

E  ciò mi sembra buono.

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