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Capitolo 45 (seconda parte)

Superiamo un cancello in ferro e ci dirigiamo sulla destra, dove campeggia la scritta "parcheggio". Questo posto è pieno di ghiaia, spero che non si incastri negli pneumatici.

Lavinia si sta guardando intorno, carpendo qualsiasi informazione. Ma credo che l'insegna "Centro Benessere" proprio all'ingresso non lasci spazio a molti dubbi.

Mi sorride entusiasta, è raggiante persino sotto il cielo cupo che ci ha accompagnati fin qui. «Di chi è stata l'idea? Tua o di mio padre?»

«Sua. Ah, è prenotato a tuo nome, quindi dovrai presentarti tu alla reception.»

«A mio nome?»

«Il regalo è tuo, no?»

Si sporge per stamparmi un bacio sulle labbra. «Ora capisco perché mi hai detto di prendere il costume. Credevo che saremmo andati al mare, anche se a novembre fa troppo freddo per andarci.»

«A proposito del costume» le dico. Preferisco che lo sappia subito e che non debba scoprirlo dopo e farsi venire le paranoie. «Abbiamo due sessioni di massaggi, una domani e una domenica mattina. Per quelle... Bisognerà non indossare nulla. Ma sono professionisti, quindi non ti preoccupare. Non credo che tu abbia mai fatto un massaggio...»

«No, infatti.»

«Sei coperta da un asciugamano sul sedere e puoi coprirti su mentre ti massaggiano la schiena. Quindi non sarai del tutto nuda.»

Ho imparato a capirla, teme il giudizio degli altri, soprattutto per ciò che riguarda la sua corporeità. Non so più come ripeterle che non me ne importa niente e che la troverei sempre attraente. Ma lo teme anche per quanto riguarda gli estranei, si vergogna troppo di come è fatta. Per questo voglio rassicurarla.

«Va bene. Saranno solo due sessioni» mormora, con il tono di chi vuole convincersi. Spero che le sia utile davvero.

Scendiamo dall'auto e trasciniamo i rispettivi trolley all'interno. Lavinia raccoglie tutto il suo coraggio e si fa avanti per parlare alla reception, mentre io non dico una parola. Mi limito a osservarla da dietro gli occhiali da sole, facendo di tutto per passare inosservato. Per quanto possa riuscirci, visto che sono un uomo di due metri.

La ragazza alla reception mi scocca un'occhiata silenziosa, eppure riesco a capire che ha colto qualche elemento di verità. Forse che io e Lavinia stiamo insieme – il che sarebbe anche scontato – oppure che non voglio farmi riconoscere, o che sono più grande di lei di qualche anno.

Questa è la nostra prima "uscita" in pubblico, sarà strano abituarsi, visto che finora ci siamo sempre visti nel privato, al massimo qualcuno può accorgersi di me quando vado a prenderla all'Oasi, ma lì sono tutti molto discreti.

Riceve le chiavi della camera, dove ci dirigiamo in fretta. È un ambiente spazioso, con un piccolo salottino con angolo cucina che ci introduce alla camera da letto e al bagno. Sul tavolino c'è una scatola con bustine di tè e tisane, accompagnate da un bollitore. Frugo in una credenza, trovando subito le tazze, mentre Lavinia accende la lampada di sale, inondando la stanza di un colore aranciato. Tenue e soffuso.

Anche nella camera ci sono solo lampade di sale. Dalle informazioni che ho letto sul sito della spa, servono ad allentare lo stress – ed è proprio ciò di cui ha bisogno.

L'aria profuma di pulito, tanto che io e lei sembriamo sporchi solo per via del viaggio in macchina. Ho fatto la doccia prima di uscire di casa e Lavinia emana una fragranza di bagnoschiuma e balsamo che mi fa credere che per lei valga lo stesso.

La seguo nel bagno, che ospita una vasca idromassaggio tanto grande che entrambi potremmo starci dentro e avere ancora altro spazio.

La abbraccio da dietro e le stampo un bacio sulla guancia. «Che te ne pare? È un posto carino per due giorni solo noi due?»

«Sì, è perfetto» sussurra. «Cosa abbiamo da fare fuori? Solo i massaggi?»

«E la sauna. Ci sono quelle piccoline in cui stare in accappatoio. Ci andiamo solo io e te, ho guardato sul sito online, hanno diverse saune. Se ti fa stare tranquilla, staremo nudi solo quando vorremo farlo. Anzi, quando tu vorrai. La vacanza è per te, il regalo è tuo e io sono incluso nel pacchetto.»

Lavinia sorride, sciogliendo l'abbraccio e guardandomi fisso negli occhi. «Ma non puoi fare quello che voglio io per tutto il tempo.»

«E perché no? Siamo qui per te, sono a tua totale disposizione. Per tutto quello che vorrai. Mi hai detto che ti faccio stare bene, no? Quindi farò proprio questo: farti stare bene.»

«Non posso lasciartelo fare» mi dice, seria.

«E perché no?»

«Perché altrimenti non saresti diverso dalla vasca idromassaggio. Invece tu sei una persona, credo la migliore che abbia mai incontrato in tutta la vita. Non voglio ridurti a un oggetto, neanche se questo è un regalo di compleanno.»

Le sorrido e le porto una ciocca nera dietro l'orecchio. «Va tutto bene, quello che voglio io è che ti rilassi. Non pensare a me, intesi? Capisco cosa intendi» la anticipo. «Una delle mie paure, prima di conoscerti meglio e di capire come sei di carattere, era che tu fossi talmente accecata dai tuoi sentimenti per me che mi avresti permesso di fare tutto. Letteralmente tutto. Invece no, mi stai dando dei limiti. Ed è per questo che li rispetto: perché rispettare quei limiti significa rispettare te e non usarti come per ciò che desidero io. Per una volta, una sola e unica volta, accetta di scegliere per entrambi. Di decidere tutto. A me starà bene, perché si tratta di te.»

«Mike...» sussurra, prima di gettarmi le braccia al collo e stringermi a sé.

Le accarezzo la schiena, cercando di infonderle tutto il mio amore. «Credo che sia per questo che ci ho messo un po' a farmi avanti. Mi piacevi e cercavo di non pensarci. Perché tu sei una tifosa e io non ero certo che sarei stato abbastanza forte per entrambi. Ma tu... quella notte, quando eravamo ancora due estranei, mi hai fatto capire che sei forte per tutti e due. Per questo quando ho colto il minimo segnale che confermasse il sospetto che anche tu mi volessi. Che strano dirti ora che... Anche se prima o poi avrei voluto dirtelo.»

Lavinia scioglie di nuovo l'abbraccio e mi precede in camera da letto, tenendomi per mano. Accende le lampade di sale che illuminano la stanza di una luce fioca, ma io non ho occhi che per lei, per la figura esile a cui sono ancorato dal flebile contatto con le sue dita. È splendida e sembra ancora più bella in questo momento.

Si siede sul bordo del letto, invitandomi a fare altrettanto.

«Che cosa avresti voluto dirmi?» mi chiede con tono dolce.

Mi chino per darle un bacio sulla guancia. «Che quella notte, durante la nostra camminata, mi sono accorto di quanto tu sia forte. Per come mi hai parlato, per come mi hai raccontato la tua vita, per come ti sei posta con me... Mi sono accorto, stando lì al tuo fianco che mi piacevi. Che c'era qualcosa in te che non mi lasciava indifferente e che non avrebbe mai potuto farlo. Ti sei preoccupata per me, per il fatto che avessi sofferto... E non volevi che te ne parlassi, perché hai capito subito di cosa si trattava. È stato bello passeggiare con te, scoprire che tipo di persona fossi. È stato bello innamorarmi di te.»

Scoppia in lacrime, commossa, e si copre il viso.

«Non volevo farti piangere.»

«Come faccio a non piangere? Ti rendi conto di cosa mi hai detto?»

Le scosto le mani dal volto e lei mi guarda con gli occhi lucidi. «Sì, me ne rendo conto. Hai spazzato via i dubbi che avevo su una relazione con te, perché io avevo paura che tu fossi troppo piccola e, non conoscendoti, temevo che mi avresti permesso di manipolarti. Non l'hai mai fatto. Da quando ti ho baciato, sono felice. Tu mi rendi felice. Capisci perché voglio fare altrettanto con te? Perché lo meriti.»

Sorride, splendida. «Ma io non sono felice se tu non sei te stesso. Anch'io avevo paura di conoscerti meglio» sussurra. «Perché temevo che l'immagine di te che si vede dall'esterno non corrispondesse alla persona che sei davvero. Mi è sempre piaciuto sentire le tue interviste, perché sembravi attaccato alla Vulnus e a Villafiore in modo viscerale. E per me... è qualcosa che ha sempre contato tanto. Se tu fossi stato così solo con i tifosi, ma nel privato ti fossi dimostrato diverso? E se fossi stato detestabile? Non avrei mai potuto sopportarlo. Mai. Perché tu sei tu.»

Piange ancora, ma di lacrime sincere, belle, felici. Un pianto che la rende ancora più dolce, perché è tenero e innamorato, non sofferente o triste. Piange per il sentimento troppo forte che prova per me.

La faccio sedere sulle mie gambe e la stringo in un abbraccio affettuoso.

Le scosto i capelli dalla guancia e lei si getta sulla mia bocca, baciandomi con ardore e desiderio. Si toglie la maglia, rimanendo in reggiseno, e si struscia su di me. Da dove viene fuori tutta questa intraprendenza?

«Che stai facendo?» le chiedo, divertito.

Mi posa l'indice sulle labbra. «Decido io, no? Quindi lasciami fare, perché ho preso coraggio e non so se lo farò di nuovo.»

Sorrido, con i sensi annebbiati dai suoi movimenti sinuosi, dalle sue dita che mi spogliano, e dal suo basso ventre che si struscia su di me provocandomi. Mi bacia il collo, passandoci anche la lingua – cosa che finora non aveva mai fatto. Vorrei prendere io l'iniziativa, ma mi limito a stringerle i fianchi e a tenerla ancorata a me.

Lavinia guida le mie mani verso i suoi jeans, dandomi il tacito permesso di sfilarglieli, e continua a denudarmi. E lo fa, togliendomi anche le mutande, mentre invece lei è in intimo. Il suo sguardo mi percorre per intero, soffermandosi in particolare sulla mia erezione. Mi eccita con poco, mi fa desiderare di volere sempre di più solo stando al mio fianco.

«Ho letto come si fa» dice. «Ma non sono sicura di saperlo fare. L'unica cosa che ti chiedo è di fermarmi prima che tu... che tu lo raggiunga, okay? Non mi sento ancora pronta per arrivare fino in fondo.»

Ho capito bene?

«Non sei costretta.»

«Oh, zitto, Mike. È il mio regalo, quindi decido io. Se tu sei incluso, tanto vale che te lo goda anche tu, no?» Sorride, bellissima. Non c'è il minimo segno di accusa nella sua voce, solo tanta determinazione. «Io voglio che tu stia bene con me per tutto il tempo in cui staremo qui. E se significa fare una cosa che ancora non ho provato e che un po' mi spaventa, è giusto che lo faccia.»

«Lavinia, dico sul serio.»

«Lo dico anch'io. Amo il tuo modo di aspettarmi, ma se ti dico che voglio fare questa piccola cosuccia in più, fammela fare. Ti chiedo solo di fermarmi e di non giudicarmi, va bene?»

Mi arrendo. «Va bene, cioccolatino.»

Si inginocchia davanti a me e lo prende tra indice e pollice, scrutandolo con attenzione. Il suo tocco è fresco e delicato e non posso più aspettare. Perché mi fa questo effetto? Perché non riesco a controllarmi?

Vorrei supplicarla di sbrigarsi, perché rischierei di venire troppo presto e prima di rendermene conto.

Fa come le avevo chiesto una vita fa e mi bacia la punta. Un bacio dolce, leggero. Schiude le labbra e lo accoglie in bocca. Si muove con impaccio, incerta.

«Stai andando bene» la rassicuro, chiudendo gli occhi.

Sembra funzionare, perché inizia a succhiarlo, proprio come ha fatto spesso con il mio pollice, risalendo verso l'alto. Ogni due o tre succhiate si ferma per leccarlo e mi fa impazzire di eccitazione. La sua saliva al sapore di cioccolato mi manda completamente fuori di testa e lei è così bella, così decisa...

Le sue labbra morbide si fermano lungo la risalita, ma non smette di succhiare. Le ho riempito la bocca, forse non vuole arrivare fino alla gola.

Non ho intenzione di costringerla ad arrivare in fondo, voglio che faccia tutto lei, anche se a ogni suo minimo movimento mi sento sciogliere sempre di più, come se invece di indurirmi e diventare una tavola di cioccolata, fossi la bevanda calda in cui intingere la panna o i biscotti.

Mi godo totalmente il contatto con lei, fino a quando...

«Lavinia, fermati.»

Si ritrae, lasciandolo uscire, ma non abbastanza in fretta, perché uno schizzo finisce sul suo labbro inferiore appena si separa da me. Mi fissa, paralizzata.

«Amore, scusami, non l'ho fatto apposta.» La prendo per mano e la porto nel salottino in cui abbiamo lasciato le valigie. Prendo un pacchetto di fazzoletti e la pulisco, mentre Lavinia rimane immobile e in silenzio, come se temesse che parlare possa farle arrivare lo sperma tra le labbra.

«Scusami, davvero.» Le scocco un bacio sulla fronte e lei sembra più tranquilla, tanto che si abbandona a un sospiro. «Ti ha fatto schifo?»

«No, schifo no» mormora. «Cioè, non me l'aspettavo, credevo che riuscissi a controllarlo. O che avrei fatto in tempo.»

«Non riesco a controllarlo.»

Accenna un sorriso. «Non ti preoccupare, Mike. Ti è piaciuto, almeno?»

«Da impazzire.»

«Vuoi finire da solo o vuoi che lo faccia io?»

Vorrei che lo succhiasse di nuovo.

«Puoi farlo tu.»

Mi prende il pacchetto di fazzoletti dalle mani e ritorna in camera. Si sdraia sulle coperte e mi fa segno di raggiungerla. Appena lo faccio, lo stringe e mi fa una sega meravigliosa, di quelle che fanno perdere contatto con il mondo. È attenta a far sì che non sporchi niente e poi butta il fazzoletto con cui mi ha coperto nel cestino dal suo lato del letto.

«Ti ricambio il favore?» le chiedo, inebetito.

Lei guarda l'orario sul telefono. «Sono le sette e mezza. Ce la facciamo a farlo e poi ad andare a cena?»

«Possiamo ordinarla qui.»

Sorride. «Allora sì. Ma non ti ho fatto nessun favore.»

Spazio autrice
Vi chiedo immensamente scusa. Questa parte del capitolo sarebbe dovuta arrivare giovedì e non oggi, ma il periodo è così pieno e mentalmente sfiancante che non sono riuscita a concludere alcunché (purtroppo anche per quanto riguarda wattpad, lettura e scrittura).

Quindi domattina, se la vita fuori mi darà tregua, caricherò l'ultima parte del capitolo. Spero che l'attesa e l'aggiornamento ballerino siano ben ricompensati!

Grazie per la pazienza e la comprensione,
Snowtulip.

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