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Capitolo 2 (prima parte)

Passo alla sede del fanclub, dopo aver sbrogliato le faccende di casa. Si trova in una via anonima, di lato rispetto alla principale della zona, con i suoi porticati ottocenteschi e il brulichio di signore anziane che vanno a fare la spesa e si aggirano tra le bancarelle.

La scritta "Vulnus Villafiore – Fanclub Alex Moore" campeggia come l'insegna di un negozio.

Giancarlo è già dentro, ci ha mandato un messaggio ieri sera per dirci che serviva una mano per appendere i nuovi poster della stagione e fare una cernita tra quelli vecchi, così ho deciso di fare un salto.

Non ha una gran vita, si barcamena tra un lavoro e l'altro da muratore e passa al fanclub ogni suo momento disponibile. Moglie e figli l'hanno abbandonato un paio di anni fa, eppure non ne fa mai accenno. Tuttavia, da quel giorno, ha smesso di curare il suo aspetto come prima, tanto che a volte sembra un barbone.

Se non sentissi l'odore di bagnoschiuma e deodorante anche a due metri di distanza, stenterei a credere che si faccia una doccia.

Insieme a lui c'è Cornelia, la mia amica più stretta del fanclub – per quanto possa definirmi amica di qualcuno, perché persino con lei riesco a sentirmi a disagio. Saranno i nove anni di differenza, visto che ne ha ventotto, o forse i suoi modi di fare più espansivi dei miei. All'inizio non mi era simpatica, ma con lo scorrere del tempo abbiamo coltivato il nostro legame. Ci sono momenti in cui ringrazio di averla conosciuta per avere qualcuno che mi capisce a proposito della Vulnus e con cui posso scambiare messaggi e commenti stupidi che altrimenti dovrei tenere per me con profonda tristezza.

«Allora, come sta la nostra musicista preferita?» mi chiede Giancarlo, masticando una gomma.

«Che hai combinato?» mi incalza Cornelia. «Il tuo messaggio mi ha messo ansia!»

Ieri notte, rientrata a casa, le ho scritto al volo di aver fatto una pazzia. Non sono stata più specifica, perché ero stanca e provata dal mio coraggio. Tutt'ora stento a credere di aver avuto la sfrontatezza di propormi come musicista per un locale che non conosco, per lavorare alle dipendenze di un uomo che non conosco.

Sono una persona refrattaria ai cambiamenti, ho bisogno del mio tempo per abituarmi alle novità e la mia scelleratezza potrebbe stravolgere la quotidianità e l'equilibrio che si era rinsaldato per tutta l'estate. Non riesco a trasmettere questo mio bisogno di appigli sicuri e di qualcosa di semplice come una routine che si ripeta e che mi faccia stare tranquilla, e io stessa non sono certa di come spiegarla senza risultare una pazza psicopatica.

Per fortuna né Cornelia né Giancarlo mi considerano tale, neanche dopo aver scoperto la natura profonda del mio tifo per Mike Cooper. Anzi, provano entrambi rispetto per il fatto che non sono una ragazzina idiota che cerca in ogni modo di incontrare i giocatori, anche quando mi è capitato di andare al Palavulnus con loro.

Una parte di me, non troppo piccola e parecchio invadente, ha paura di incontrarli dal vivo e di conoscerli. Mi ispirano simpatia e sono i ragazzi per cui tifo, se poi dovessero deludermi ci rimarrei male e sarebbe difficile continuare a sostenerli come in passato. Per questo me ne tengo lontana, per questo non sono mai stata così audace da rimanere fuori dal palazzetto al termine delle partite a chiedere una foto o un autografo – cosa che invece Cornelia ha fatto più volte.

Racconto loro di ieri sera e del fatto che domattina avrò una prova e mentre parlo trovo assurdo che mia madre ancora non ne sappia niente. Ma è un discorso che preferisco affrontare a voce e so già che stasera chiederò a Riccardo di rientrare un po' prima per sperare di trovarla sveglia.

«Come si chiama quel posto?» mi chiede Cornelia quando arrivo alla fine.

«Oasi del Palato.» Ho riletto un centinaio di volte il nome sul biglietto da visita di Oreste Faggi – questo è il nome del proprietario del locale – per rendermi conto di non aver sognato e di non aver sbattuto la testa da nessuna parte. È reale.

Cornelia si siede su uno dei tavoli a gambe incrociate ed estrae il telefono dalla tasca, mentre Giancarlo inizia a trafficare con i poster da appendere sulle pareti. Ogni quattro-cinque mesi decide di fare un restyling della sede, salvo poi apportare lievissimi cambiamenti, come spostare una foto incorniciata o appendere una nuova gigantografia di qualche giocatore che si è particolarmente distinto.

«Sembra un posto di lusso» commenta Cornelia, facendomi cenno di mettermi al suo fianco. Scorre le foto dell'interno, un luogo che sembra ricoperto di panna, con tavoli a cui sono sistemate tovaglie bianche che arrivano a pochi centimetri dal pavimento. Diamo un'occhiata al loro profilo su Instagram e scopriamo che lo segue Nikola Tomic, uno dei giocatori della Vulnus. Ci sono alcuni post che ritraggono cantanti o musicisti che si esibiscono dal vivo e ho una prima visione del pianoforte a cui mi siederò domattina: bianco splendente, illuminato da un occhio di bue. E un altro dettaglio cattura la mia attenzione: tutti i musicisti o cantanti indossano abiti da sera.

«Se dovessi suonare in un posto del genere, potresti iniziare a farti un nome» dice Cornelia. «Anche se è di lusso e non è molto nelle tue corde...»

«Sarebbe anche nelle mie corde, se solo avessi qualcosa di adatto da indossare» mormoro. Non ho chissà quanti vestiti eleganti e i pochi che ho carini non sono adeguati a serate di gala, perché mi arrivano sopra al ginocchio e non è il caso che mostri le cosce nude in un locale, di sera, davanti a chissà quanti sconosciuti.

«E il vestito che avevi al mio matrimonio?»

«Dici che va bene?»

Quando Bruno e Cornelia si sono sposati, lo scorso giugno, la loro festa era a tema Vulnus e tutti avrebbero dovuto indossare qualcosa che richiamasse la squadra. Giancarlo aveva proposto di mettere tutti le canotte dei giocatori, ma alle madri degli sposini sarebbe venuto un infarto. I ragazzi sapevano che io non possedevo niente che facesse al caso, così mi hanno regalato un abito dello stesso verde della società. Non hanno voluto niente in cambio, solo che partecipassi e mi divertissi.

Mi ero commossa fino a piangere quando Cornelia me l'aveva proposto.

«Secondo me è perfetto. Dovrai indossare i tacchi, ma hai delle scarpe da metterci, no?»

«Quelle ce le ho.»

«Allora è perfetto, puoi anche rispettare il dress code.» Si distrae da me per squadrare Giancarlo, che sta spostando una gigantografia di Teo Milinkovic da dove era appesa. «Quella stava bene lì, dobbiamo giusto spostare Tomic figlio e metterlo vicino ad Alex Moore!»

«Così c'è tutta la famiglia al completo» rido io. Quando abbiamo scoperto che il figlio di Matej Tomic stava con la figlia di Alex Moore – quello stesso Alex Moore a cui abbiamo intitolato il fanclub – ci siamo divertite a immaginare i loro pranzi di famiglia. Si parlerà sicuramente di basket e della Vulnus, perché anche la fidanzata di "Tomic figlio" – come ha iniziato a chiamarlo Bruno, trasmettendo poi il soprannome a tutti noi del fanclub – è una tifosa della squadra: è sempre a vedere le partite, ma lo faceva ancora prima che il suo ragazzo arrivasse alla Vulnus. E penso che le guardasse da ancora prima che si mettessero insieme.

«Ho i biglietti per l'amichevole di giovedì prossimo, vi conto?» ci chiede Giancarlo, continuando a spostare fotografie da una parte all'altra.

«Ovviamente» risponde subito Cornelia.

Io ci rifletto. Un'amichevole in casa. I prezzi sono molto più bassi rispetto alle partite normali, non sarà un problema se mi concedo di andarci, no?

«Sì, va bene.»

Spazio autrice
Finora non avevamo visto molto il rapporto tra la squadra e i tifosi, ma grazie a Lavinia e al suo microcosmo spero di mostrarvi un po' di più il loro bellissimo legame <3

Cosa pensate di Cornelia e Giancarlo? Vi sono simpatici?

Mi raccomando, tenete la storia in biblioteca per seguire gli aggiornamenti e seguitemi su Instagram (sono sempre snowtulip_autrice) <3

Baci a tutti,
Snowtulip.

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