Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Chapter twenty-four: The perfect gift

Se fossi stata investita da un camion, probabilmente avrei avuto meno dolori. Mentre faticavo a riaprire gli occhi e alzare il busto dal materasso, senza sapere che giorno o che ora fosse, mi rendevo conto delle fitte acute che sentivo in ogni parte del corpo, in punti che neanche sapevo che potessero far male. Le mie gambe erano come atrofizzate, faticavo perfino a tentare di muoverle, figuriamoci come sarebbe stato camminare.

Per non parlare della testa, dove un'intera squadra di operai martellava incessantemente contro il mio povero cranio. In pratica, ero pronta per essere gettata in un cassonetto.

Meglio che non guardavo neanche i capelli, erano sporchissimi e appiattiti dalla stretta delle fasce, ma stranamente pettinati e in ordine, effettivamente mi chiedevo quale arcana magia gli fosse stata applicata.

Pian piano, i miei occhi mettevano a fuoco l'ambiente circostante, e mi resi conto di essere nell'infermeria della scuola.

La stanza era tappezzata da anemiche mura bianche e grigiastre, e tutt'intorno alla sala si trovavano due file di scomodi baldacchini, con delle finissime lenzuola in semplice cotone bianco. Erano tutti vuoti, per fortuna dovrei dire.

In fondo alla sala c'era un piccolo angolo dedicato alle cure mediche. Lì sorgeva una vecchia credenza, dal legno un po' malconcio e invecchiato, dove si riversavano una decina di intrugli, fasce mediche e altro materiale medico a me sconosciuto.

Per il resto non c'era niente di particolarmente interessante.

Mi resi conto soltanto dopo aver messo bene a fuoco la situazione, che la metà del mio già minuscolo letto, era occupata da Thomas. Era proprio lì, con la mano ancora allungata sulla mia figura, come a volersi assicurare che non scappassi da nessuna parte. Dormiva a sonno pieno, potevo solo immaginare dopo quante notti insonni. Era chiaro dal suo aspetto così prosciugato, da quelle occhiaie marcate sotto le palpebre, il viso leggermente pallido e scavato, e la felpa leggermente stropicciata che doveva avere già da qualche giorno indosso.

Vederlo così mi strinse il cuore, sapere di essere stata la causa della sua insonnia, della sua preoccupazione, di tutto il senso di colpa che conoscendolo doveva aver provato. Le nostre ultime parole erano state orribili, facendo traboccare cose che nessuno dei due pensava. Non oso neanche immaginare tutte le cose che gli fossero passate per la testa in questi giorni, a quanto dolore aveva dovuto reprimere. Ero stanca di discutere con lui, stanca di respingerlo, di pretendere che non mi facesse male averlo lontano da me anche per più di una mezz'ora. Io volevo iniziarle a viverlo, a viverci davvero.

E intanto lo guardavo dormire, mentre il suo petto ad altezza regolare si alzava e si abbassava. Lo trovavo magnifico, seppure così malandato, trascurato e sciatto. Rimaneva la cosa più bella che l'universo mi avesse donato.

Era così che ci si sentiva quando si era innamorati? Doveva esserlo.

Gli sorrisi, chinandomi piano a posargli un casto bacio sulla guancia. Sarebbe stato troppo da pervertite lasciarglielo da qualche altra parte, no?

Lui si smosse piano, ricambiando piano il sorriso, seppur ancora mezzo addormentato:

«È così che vegli sulla tua amica, mio Malfoy?»

Mi assicurai di marcare bene quelle due parole, in modo che gli traforassero il timpano. Lui mi guardò malizioso, scostano piano la testa di lato, e io ci amavo quando eravamo così spensierati, liberi di ogni pressione:

«Mh, e allora dimmi come ti devo presentare alla gente, occhioni. Così non farò più confusione.»

Che bella domanda a trabocchetto. Eh no Malfoy, io sono tremendamente cocciuta, testarda e orgogliosa. Lo avresti dovuto dire tu a me, non di certo io a te. I suoi occhi, di quell'azzurro così intenso erano persi dentro ai miei, risplendenti di gioia immane, una luce nuova che mai gli avevo visto prima, come se riavermi di nuovo lì gli avesse dato vita nuova, come se fossi stata un miraggio. Ma per quanto tempo ero stata così?

«Non spetta mica a me deciderlo, magari sono davvero solo un'amica per te!»

Okay forse lo stavo decisamente sfidando, ma in fondo noi eravamo fatti così. Ci stuzzicavamo continuamente, per poi litigare, scappare e ritrovarci ancora più legati di prima. Questi eravamo noi, tremendamente complicati, ma così magneticamente attratti l'uno all'altra. Lo sapevo, lo avevo sempre saputo, era tutto ciò che stavo cercando da una vita, tutto l'amore che avevo solo letto tra le pagine di qualche vecchio romanzo, e che adesso, mi si parava proprio di fronte agli occhi.

Tutti questi sentimenti così forti avrebbero finito per lacerarmi l'anima in un milione di pezzi, ma non ci avrei mai rinunciato.

Lui sorrise malizioso, come solo lui sapeva fare, mentre col busto si alzava per farsi più vicino a me. Ed ecco che il mio povero cuore iniziava la sua corsa all'ippodromo, battendo più forte e veloce di un tamburo in un'orchestra:

«E dimmi, tu vorresti essere solo un'amica per me?»

Non ci fu neanche il tempo di tentare di replicare, che subito una scia di dolci baci mi tempestavano il collo, non mi davano alcuna tregua, sempre più lenti, soffermandosi sulla mia pelle quanto più possibile. Scese giù, fino all'incavo del mio collo, e poi di nuovo su, arrivando di poco sotto il lobo dell'orecchio. Se quello era il paradiso, credevo di esserci appena arrivata:

«Mi sei mancata, occhioni.»

Non capivo più nulla, forse era la morfina, forse il desiderio di sentirlo vicino a me quanto più possibile, imprimere il suo profumo nella mia pelle. Per questo, quei casti baci non mi bastavano più. Io volevo le sue labbra, quel suo sapore dolciastro immerso nel mio, che puntualmente mi faceva perdere la testa. Era lui l'unica cosa di cui avessi disperatamente bisogno, di cui avevamo bisogno entrambi.

Mentre ancora era chino su di me, abbassai il capo e lo baciai, eccome se lo feci. Non appena le nostre bocche si unirono ancora, mi sentivo cose quando si trova l'ultimo pezzo mancante di un puzzle, quella piccola tesserina sempre difficile da trovare, che sapeva di Thomas Malfoy.

E come ogni volta, di casto rimase ben poco. Mi feci più vicina a lui, incastrando ancora le mie mani tra i suoi capelli, stringendolo ancora più forte, come se non volessi mai lasciarlo andare. Era come l'acqua nel deserto per me, quella che si trova dopo aver vagato per giorni. Perdendoci e ritrovandoci nella danza delle nostre lingue, queste parlavamo per noi, si dichiaravamo senza bisogno di aggiungere altro:

«Voglio essere tutto Thom, tranne che tua amica.»

Sussurrai piano contro le sue labbra, in modo che fosse udibile solo per me.

Morse piano il mio labbro, sorridendo tra i denti, tirandolo piano a sé, e io mi sentivo come su un'altra galassia, mentre ancora rigiravo tra le dita le sue ciocche ribelli, e prendevo tra i miei denti il suo labbro superiore, mordicchiandolo piano.

Entrambi appartenevamo l'uno dentro l'altro, con i nostri occhi si persi in un mondo di cui eravamo gli unici abitanti, con una lingua e dei modi tutti nostri.

Mai niente, mai nessuno mi aveva fatto sentire così, come se fossi stata nuda davanti a lui, inerme di ogni mia difesa, seppur fossi stata coperta da cento maglie.

Le sue mani scendevano piano sui miei fianchi, attente e posate a non stringermi più del dovuto, ma sfiorandomi delicato la sottile camicia di stoffa che mi ritrovavo. Questo ci rendeva ufficiali? Cazzo, io non so niente di queste cose.

Non volevo essere sua amica, ma cosa eravamo allora? Come dovevamo definirci? Una cosa sicuramente lo eravamo, tremendamente complessi:

«Ehm, ehm. Odio interrompere questo momento così dolce che noi fan Thomissa stavamo aspettando dall'epoca del Medioevo, ma vorrei davvero salutare la mia migliore amica.»

Scattai di botto all'indietro, più rossa di un peperone, trovando la figura della mia terribile amica poco più avanti dell'entrata, con il suo maglione bianco, lungo che le superava di poco la vita, accompagnato da un semplice leggings nero che le stringeva quelle gambe snelle e slanciate. Immancabile, il suo sorrisetto soddisfatto stampato sul volto, mentre gli occhi scivolavano da me a Thomas. E lanciandogli un veloce sguardo, potevo vedere che per la prima volta era imbarazzato! Lo vedevo quel sottile strato di rossore che gli accompagnava le guance, mentre sorridendo si passava distratto una mano tra i capelli. Lo avevo visto in tanti e tanti modi, ma imbarazzato addirittura, questo mai!

Se non fossi stata il triplo più rosso papavero di lui, avrei riso di questa assurda situazione:

«Beh, magari dovrei andare nella mia camera a fare una doccia, e lasciarvi alle vostre chiacchiere! Ci vediamo presto, occhioni.»

Si alzò velocemente dal baldacchino, che si mosse leggermente, non dimenticandosi di lasciare un piccolo bacio sulla mia guancia di fuoco.

Quel ragazzo voleva vedermi morta nel mio imbarazzo!

Fece un lieve cenno di saluto a Morgana, mentre scompariva oltre le porte biancastre dell'infermeria. Neanche il tempo di richiudersi alle proprie spalle, che mi ritrovai le braccia di Morgana al collo, che si era praticamente fiondata su di me, stringendomi forte, ma sempre in modo che mi facessi quanto meno male possibile. Avevo quasi dimenticato quanto fosse materiale, ma la cosa mi faceva stare bene.

La strinsi a mia volta in un dolce abbraccio, per quanto i dolori alle ossa me lo permettessero, ma per lei tentai di fare uno sforzo. Restammo così per un paio di minuti, senza bisogno di essere accompagnate da futili parole. A volte i nostri gesti e i nostri comportamenti parlavano per noi, erano quelli che rimangono più impressi, marchiati sulla pelle e sull'anima, difficili da poter ritrattare, quasi impossibili da poter fingere. Le parole, quelle se le portava via il vento, e di loro rimaneva ben poco, se non un dolce e amaro ricordo. Potevano essere forti, cura e veleno allo stesso tempo, ma l'importanza dei gesti, per me non c'era cosa che la superasse.

Dopo un po' Morgana mi lasciò respirare di nuovo, passandomi in rassegna con uno tremendo sguardo maliziosamente preoccupante, ed un sorriso troppo convinto in volto:

«Tu ed io ragazza, non appena sarai di nuovo in forma, dobbiamo passare un pomeriggio di chiacchiere e confessioni! Adesso capisco tutte quelle lettrici felici quando la propria coppia si realizza!»

Inevitabilmente scoppiai a ridere, quella ragazza era capace di farmi trovare qualsiasi situazione tremendamente divertente. Un giorno mi avrebbe spiegato da dove prendeva tutto quell'ottimismo e quella forza positiva, nonostante tutto ciò che avesse passato:

«Esagerata come al solito! Ti prego però, non chiedermi cosa siamo io e lui perché non ho una risposta a questa domanda.»

Poteva sembrare stupido e banale, ma era così. Non avevo mai avuto una relazione seria e così profonda, che non sapevo come dar nome a tutto ciò che stava accadendo a noi due. Probabilmente ero solo io che adoravo rendere le situazioni più complesse di quello che erano:

«A me non sembrava tanto complicato, ma va bene. Ti lascerò stare solo perché hai aperto gli occhi dopo una settimana. Penso che tra poco saranno qui tutti!»

Una settimana? Io ero rimasta in queste condizioni per una settimana intera.

Stentavo quasi a crederlo, e non potevo non pensare a tutto ciò che gli altri dovevano aver passato a causa mia. Thomas mi sembrava allo stremo di ogni forza, e perfino sul volto di Morgana, per quanto il trucco cercasse di nasconderlo, un velo di occhiaie sorgeva proprio sotto i suoi occhi, un po' più stanchi e rammaricati del normale:

«Ma chi ha fatto scoppiare una bomba in quest'infermeria?»

Chiese Morgana perplessa, mentre il suo sguardo passava da me a tutti i fogli che erano sparsi attorno al mio letto, la poltrona ribaltata sottosopra, assieme ad un vassoio d'argento e tutti i rimasugli di quello che doveva essere un pranzo. Ma come avevo fatto a non accorgermene? Decisamente mi era difficile focalizzarmi su qualcosa che non fosse Thomas, ogni volta che entrava in una maledetta stanza.

La mia amica si preoccupò subito di evocare un incantesimo che potesse rimettere tutto al suo ordine naturale, riportando anche quella matassa di appunti, fogli e dediche sul comodino posto al mio fianco. Diamine ma quante cosa c'erano scritte in quelle pagine. Avrei dovuto dedicare un'intera settimana solo a loro.

Ci fu poco tempo per rimanere a parlare, poiché non appena si disperse la voce del mio risveglio, venni sommersa da almeno due infermiere, mentre vedevo con la coda dell'occhio Brandon e James proprio all'uscio della porta, e perfino dal mio letto li sentivo bisticciare con il responsabile che aveva vietato loro di entrare. Riflettendoci, mi sarei preoccupata di più di saperli lì fuori da soli, che qui dentro la sala, dove avrei potuto evitare che si prendessero a sberle e bacchette in faccia.

E fu così che passai un altro paio di giorni, tra la presenza costante di Thomas, che non mi perdeva mai di vista più del dovuto, che mi parlava di tutto quello ciò stavo perdendo, delle decorazioni natalizie del castello e di tutta Diagon Alley, c'erano poi le incursioni di Morgana, che mi portava tutto quello che riusciva a rubare dalla mensa, raccontandomi tutto di lei e Brandon, e adesso potevo capire, vedevo e percepivo la luce che emanava quando mi parlava di lui, i suoi occhi assumevano un bagliore che non le avevo mai visto, la voce un po' tremante, quasi sopraffatta da tutto quell'amore che le trasudava da ogni poro. Ero felice per lei, perché in tutta quella coltre di segreti, sofferenze e bugie, si meritava il suo angolo di felicità.

Non mancava alla lista James, che cercando abilmente di evitare Morgana, veniva a trovarmi ogni volta che poteva. Era lui che invece mi riportava tutte le novità del Quidditch e dei vari punteggi, e anche in lui vedevo una luce diversa, lo notavo in quel sorriso che non era più rammaricato come i primi giorni, ma più sincero e rilassato, come se l'anima fosse stata più leggera. Peccato che non mi avesse ancora detto nulla, ma l'avrei scoperto. Non mancò Brandon, che talvolta accompagnava Morgana, altre volte Thomas.

Infine erano loro la mia squadra vincente, il mio team, la mia famiglia. Era incredibile come tutto l'amore che mi circondava, il loro bene incondizionato, diverso per ognuno, avesse influito sulla mia guarigione, non mi avevano mai lasciata mai da sola, tentato in ogni modo di portare un sorriso sul mio volto, facendomi dimenticare perfino di essere bloccata in uno scomodo letto d'infermeria, mentre il Natale era alle porte. Ed era quasi impossibile lasciarsi andare alla tristezza e alla preoccupazione, quando attorno a te avevi tutto l'amore possibile. E alla fine del giorno, era tutto ciò che per me era importante.

Finalmente iniziavo a stare meglio, i dolori pian piano scomparivano, e niente mi rese più felice che poter levare le bende dal capo e poter lavare i miei capelli, tornando ad indossare i miei vestiti. Lo so, è tremendamente banale ma stavo iniziando ad avere le crisi. Dopo giorni di tremenda tortura, che cercavo di intrattenere anche tra un libro e una chiacchiera, potevo finalmente tornare alla vita normale:

«Ce la fai a camminare? Basta che tu lo dica e ti porto in braccio per tutto il castello!»

Ovviamente era Thomas, che proprio di fronte a me, guardingo e preoccupato come sempre, passava in rassegna la mia figura, mentre lentamente raccoglievo le mie cose, per scappare via da quelle quattro mura infernali. Amavo il modo che aveva di preoccuparsi per me:

«La proposta devo dire è allettante, ma ho bisogno di camminare sulle mie gambe.»

Non sembrava molto convinto, mentre continuava a fissarmi incessantemente. Posò una mano sulla mia spalla, lasciandola volutamente scivolare dietro lungo tutta la schiena, provocandomi spasmi per tutto il corpo. Era assurdo l'effetto che aveva su di me:

«Clary, volevo parlarti, ho bisogno di dirti una cosa...»

Voleva parlare. Ma certo, era ovvio

Voleva parlare? Con me? Insomma, io e lui?

Non ero pronta, non mi ero preparata un discorso, non avevo chiara la situazione. Iniziava a salirmi il panico, perché non sapevo cosa aspettarmi da lui, non lo sapevo mai.

Ed ecco, che dal fondo della sala, la mia salvatrice mi venne in soccorso:

«Thommy caro! Non tentare di sequestrarti la mia amica, abbiamo dei regali di Natale da fare, oggi è tutta per me!»

Grazie di esistere Morgana!

Volevo parlare con Thomas, lo volevo davvero, più di ogni altra cosa al mondo. Ma stavo aspettando il momento perfetto, l'attimo in cui avrei saputo cosa rispondergli, il momento in cui sarei stata pronta a confessargli tutto quello che sentivo, senza alcun timore, racchiusi nella bellezza di un secondo perfetto. Doveva esserlo per forza, perché desideravo essere sua con tutte le mie forze, come non avevo bramato niente al mondo.

Thomas si morse un labbro, emettendo un flebile sospiro, capendo che non avrebbe potuto averla vinta contro la mia amica, che già mi spingeva verso l'uscita.

Prima che potessi esser fuori però, allungò un braccio verso di me, trascinandomi ancora su di lui, in modo che il mio corpo aderisse perfettamente al suo. Il mio povero cuore, intraprendeva al solito una corsa inarrestabile, incapace di diminuire il suo battito, e quando le sue labbra si posarono ancora sulle mie, mi sembrò di morire e rinascere almeno tremila volte. Fu un bacio dolce e lento, ma al tempo stesso maledettamente perfetto. Il modo in cui le sue labbra combaciavano perfettamente con le mie, mentre posava delicato le sue mani all'altezza del collo, era sempre capace di rendermi paralitica.

Peccato che durò troppo poco, perché l'attimo dopo si era già staccato, sorridendo piano contro le mie labbra, ancora tremolanti per l'attimo passato:

«Non ho potuto resistere, dovevo darti un anticipo. Divertiti occhioni, mi puoi sfuggire ancora per poco.»

Giuro che non volevo sfuggirti più, questo era più che certo. Non avrei potuto star lontana da te neanche se mi ci avessero forzato.

Fu sotto lo sguardo compiaciuto di Morgana, che lasciammo in fretta l'infermeria, incamminandoci a lasciare le mie cose in camera, pronte a dirigerci a Diagon Alley per una sessione di shopping terapeutico. Inoltre il Natale era davvero alle porte, e dovevo sbrigarmi con gli acquisti.

Nonostante il milione di domande su di me e Thomas, riuscii abilmente a rimandare il discorso. Dovevo affrontare tutto ciò prima o poi.

Una volta uscite dal castello e arrivate nel bel mezzo del viale, mi rendevo conto che in quasi due settimane di assenza dal mondo al di fuori, il clima era totalmente cambiato. L'area natalizia circondava tutto ciò che vedevo, sui vari negozi si posavano tante piccole luci colorate, contornate da festoni rossi e dorati, che circondavano i portoni d'entrata, su cui delle bellissime ghirlande verde smeraldo, sorgevano fiere e rigogliose. Era perfino arrivata la neve, che ricopriva tutto il suolo su cui camminavamo, dove il grigiastro dell'asfalto aveva lasciato spazio al bianco candido, presente anche sui tetti di ogni dimora. Tutto urlava Natale:

«Hai già detto ai tuoi genitori che passi le feste da me? O aspetti l'ultimo giorno utile per dirglielo?»

Chiese Morgana, conoscendo fin troppo bene la paura costante del parere dei miei genitori, ma in realtà, iniziavo a dargli gradualmente meno peso. Avevo deciso già dalla fine dell'estate, che non avrei passato le vacanze natalizie assieme al loro, per una volta volevo liberarmi da quel peso incombente che avrebbe significato tornare a casa, dovendomi subire le loro solite manfrine, basate su racconti del loro passato valoroso, domandandomi soltanto di tanto in tanto del mio andamento scolastico. Ricordo ancora che da piccola, i loro racconti mi affascinavano, li trovavo il massimo a cui potessi aspirare, adesso mi procuravano soltanto un senso di fastidio:

«Glielo dirò in questi giorni, sai con la questione dell'incidente, non mi sembrava il caso.»

Morgana fece spallucce, e la questione cadde lì, passando ad argomenti più allegri, che potessero scacciare quel senso d'incombenza che mi dava parlare di loro, tentando di dimenticare il senso di terrore che mi aveva scatenato l'incontro con mio padre, il giorno della partita. Mi era parso gelido, quasi di ghiaccio, al solo pensiero che potessi aver a che fare con qualcuno al di fuori della sua cerchia. Non avrei saputo capirlo.

Il mio flusso di complicati pensieri fu bloccato da Morgana, che saltellava su se stessa, puntando il dito su di una vetrina:

«Cla! Guarda lì. Fanno dei bracciali assurdi, diamo uno sguardo dai!»

Spostai il mio sguardo sulla vetrina colorata proprio di fronte ai nostri occhi, e ne rimasi fulminata. Il bancone d'esposizione era pieno zeppo di bracciali intagliati in pelle, di forme e colori tutti diversi, di varia grandezza, alcuni dei quali presentavano anche delle piccole incisioni personalizzabili, e piccoli ciondoli da poterci applicare.

Ed ecco che il giusto regalo per Thomas mi si parò di fronte agli occhi. Insomma dovevo pur fargli un piccolo regalo, mi sembrava giusto.

Entrammo, e notai di come l'aspetto di quel piccolo posto sapesse così di antico. L'ambiente era in penombra, fatto scuro anche dalle pareti marroncine, ed una fioca luce proveniva dalle lucine natalizie che delicate si posavano sulle mura. Il bancone che si ergeva al centro del negozio, era pieno zeppo di accessori di ogni genere, qualsiasi cosa si desiderasse era proprio sotto il nostro naso. Ma ci fu qualcosa che in particolar modo attirò la mia attenzione: era un bracciale abbastanza largo, quasi fosse un polsino, fatto da due strisce in pelle di colore blu e verde, che parevano fondersi e intrecciarsi tra di loro, creando una treccia che in realtà non aveva un ordine apparente, per chiudersi aveva un piccolo gancetto fatto in puro argento. Non so cosa mi portò a pensare che quello fosse il regalo perfetto, magari il senso dei due colori intrecciati, magari l'aspetto così classico e semplice, che sapevo ci rappresentasse in qualche modo, volevo però aggiungerci un tocco personale, come se non fosse abbastanza. Così chiesi consiglio all'anziana signora che ci osservava dall'altra parte del bancone, pronta ad aiutarci:

«Mi scusi, per caso è possibile incidere una frase su questo bracciale, e aggiungere un piccolo simbolo al centro?»

La signor mi sorrise di buon grado, prendendo il bracciale in questione e mostrandomelo ancora più da vicino:

«Ma certo cara, quello che vuoi. Cosa ci devo scrivere, e che simbolo vuoi aggiungere?»

Mi porse un piccolo foglio di carta bianca, dove imbarazzata iniziavo a scrivere ciò che ci avrei voluto inciso, mentre un forte rossore iniziava a farsi spazio tra le guance:

''Se per baciarti dovessi poi andare all'inferno, lo farei. Così potrò poi vantarmi con i diavoli di aver visto il paradiso senza mai entrarci''

Quella citazione di Shakespeare sapeva così di noi, di quello che eravamo, che non trovai nulla che ci potesse andar meglio:

«Come simbolo, potrebbe aggiungerci un pentolone di pozioni, se possibile.»

Guardai verso Morgana, che osservava tutta la scena con un sopracciglio alzato, capendo perfettamente per chi era quel regalo, sorridendo ancora compiaciuta.

«E che mi sembra il regalo perfetto Morg, cioè ci descrive così bene! Il blu e il verde che s'incrociano in una passione comune, quello che siamo, quello che vorrei diventassimo. Lo trovo perfetto!»

E rise di buon gusto, scrollando il capo divertita e soddisfatta:

«A Bran ho preso un maglione verde, a lui piacciono i maglioni verdi! Questione risolta.»

Scoppiai a ridere anche io, specialmente per il modo semplice e schietto con cui aveva fatto passare il mio regalo per qualcosa di megalomane, sentendomi ancora più in imbarazzo.

La dolce anziana dall'altro lato ultimò il bracciale, chiudendolo in una piccola scatolina marroncina, decorata da un delicato fiocco rosso e porgendolo a me:

«Glielo si legge negli occhi l'amore che prova per questa persona, se la tenga stretta e non se la faccia scappare, amori così sono rari!»

Oh signora, le posso giurare su tutte le arti magiche del mondo, che non l'avrei fatto. Non potevo più lasciarlo andare, non quando ogni cellula del mio corpo bruciava per lui.

Eccomi qua ragazze! Sono riuscita FINALMENTE a pubblicare questo capitolo. Lo so che vi ho fatto attendere più del solito, ma dai ne è valsa la pena, almeno spero.

I nostri Thomissa ormai sono più vicini che mai, che dite ce la faranno a dichiararsi l'uno all'altra? La povera Clarissa gli sfugge sempre tra le mani.

Volevo ringraziarvi ancora tutti per le 2mila views in così poco tempo. Siete tutte tremendamente speciali, alcune devo dire hanno davvero un posto speciale nel mio cuore, non serve che vi nomini, già sapete!

Spero di poter pubblicare presto i prossimi capitoli adesso che dovrei avere un po' più di tempo libero, e se vi va, lasciate un piccolo commento o una stellina. Adoro leggervi!

Ci vediamo alla prossima!

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro