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Chapter twenty: Fight for us

Dovevo parlare con Brandon, con il mio Brandon, e mai niente mi rese più nervosa. Non volevo lasciarlo andare, non ero pronta a rinunciare a lui il solo pensiero mi mozzava il fiato. Eppure quella ferita pulsava forte contro la mia scapola, che oltre al dolore, mi portava alla mente le parole di quella perfida stronza.

Ti prego Bran, non smettere mai di amarmi, perché io non potrei mai smettere.

Lo aspettavo nella Torre di Astronomia, il nostro posto da quando tutto era cominciato. Era lì che ci eravamo conosciuti, lì che le nostre labbra si toccarono per la prima volta, e sempre in questo posto, che capii di amarlo perdutamente. Ed era qui che dovevo dirgli addio.

Lo vidi arrivare, con quei capelli neri sempre perfettamente in disordine, le mani nella tasca del suo mantello, e quelle iridi azzurre e bellissime, che brillavano incrociandosi con le mie, e un caldo sorriso stampato in volto, e mi sentii un verme perché sapevo che di lì a poco sarebbe svanito:

«Dici la verità 'Gana, non potevi stare lontano da me, che fine avevi fatto a proposito?»

Oh Bran, neanche lo immagini quanto non riesco a starti lontano.

Cercai di stamparmi in volto l'espressione più seria e fredda che potessi mai avere. Dovevo essere brutale, avrei dovuto fargli il cuore a pezzi, era l'unico modo:

«Senti Brandon, sarò breve. Ci siamo divertiti insieme, abbiamo fatto del buon sesso, baci anche bene, ma io non sono fatta per le relazioni serie, e mi sono già stancata di te. Quindi non facciamone troppo un dramma e amici come prima.»

Ed ecco che quello splendido sorriso, quello che tanto amavo, gli morì sulle labbra. I suoi occhi non risplendevano più, come se avessi spento io stessa quella luce. Dovevo essere stronza, non avevo altre soluzioni:

«'Gana ti prego non scherzare. Non puoi essere seria. Non puoi dirmi che non hai provato niente, che non sono stato mai nulla per te, mi distruggeresti. Tu per me sei stata tutto, sei tutto. Cazzo Morgana guardami.»

In quel momento, sentì il mio cuore spezzarsi, più di quanto già non fosse. Non c'era più nulla di spensierato nel suo volto, ma soltanto una grande sofferenza che trasudava da ogni poro. Guardavo i suoi occhi, ormai ricolmi di lacrime, e avrei voluto dirgli tutto, raccontargli ogni cosa. Ma ero solo una sedicenne impaurita, che avrei potuto mai fare?

«Allora credo che dovresti iniziare a raccogliere i pezzi del tuo cuore, perché è finita.»

Altra notte, altro incubo differente. Saltai dal sonno, e come sempre un velo di sudore mi bagnava la schiena dorsale, ed anche se completamente guarita, la cicatrice sopra la mia spalla mi bruciava come se fosse stata appena incisa. Era assurdo come una stessa persona potesse portare con sé ricordi belli quanto terrificanti. E quel giorno, era stato decisamente tra i peggiori che avessi dovuto mai affrontare.

Pensavo di averlo superato, di essere riuscita ad andare oltre e averlo dimenticato. Ma la realtà era ben diversa, e tutto mi tornava indietro ogni qual volta lo vedessi guardare una persona che non fossi io, ogni volta che m'incantavo a guardarlo sorridere, a come corrucciasse la fronte durante le ore di Aritmazia, o a come volasse fiero come cercatore durante le partite di Quidditch, partite a cui assistevo soltanto per lui.

Senza contare la rabbia che mi procurava sapere che neanche una settimana dopo la nostra rottura, Lorelaine si fosse infilata come una sudicia nel suo letto. E mi chiedevano perché la odiassi. Ricordavo ancora benissimo come l'avessi sentita ridacchiare con le altre sciacquette della notte di ''sesso sfrenato'' con Brandon, aggiungendo dettagli che avrei preferito dimenticare.

Ma in fondo lo meritavo un trattamento del genere, ero stata la ragazza che gli aveva ridotto l'anima in frantumi. Quello che non sapeva, era che io stessa mi ero polverizzata il cuore in così tante parti, che ancora faticavo a metterle insieme.

Poi c'era stato ieri. Dopo ottocento giorni, esattamente due anni, due mesi e dieci giorni, ci eravamo baciati ancora, o meglio, baciati per davvero. Non come era stato mesi addietro nella Camera delle Necessità, dove a stento le nostre labbra erano rimaste in contatto per più di due secondi. E anche lì, avrei voluto stringerlo a me per tutta la notte, baciarlo fino a sentirmi male, fino a che non mi si mozzasse il fiato.

E mai mi sentii in colpa come quella notte, quanto tentai ancora una volta di riversare tutto il mio risentimento, le mie colpe e il mio dolore su James.

Oh Merlino, James.

Come facevo ad uscire da questo labirinto, da questa massa contorta di situazioni scomode, senza far del male a nessuno? Semplicemente non era possibile, e lo sapevo bene. Qualcuno si sarebbe scottato davvero.

Portai le mie mani a coprirmi il volto, affondando la faccia coperta nel cuscino. Avrei preferito sparire in quel momento.

Dopo la prima mezz'oretta di silenzioso sconforto, una lampadina mi si accese in testa, un dettaglio molto rilevante a cui non avevo ancora fatto caso, ma che era palese sotto i miei occhi. Dove diamine era Clarissa?

Balzai dal letto in un attimo, cercando di guardarmi attorno, e capire se mi avesse lasciato qualche messaggio. Forse era solo scesa prima del previsto? Poteva essere.

Ma guardando verso il letto su cui ero poggiata anch'io, notavo che fosse stranamente in ordine, e le lenzuola insolitamente sistemate, smosse soltanto dalla mia figura. Non aveva dormito in camera, era l'unica spiegazione.

Seconda illuminazione della giornata, che fece spuntare un sorriso malizioso sulle mie labbra. Sapevo bene quella ragazzaccia dove fosse andata. Tu che potevi piccola Clary, dovevi rincorrere quell'amore più in fretta possibile.

Mi alzai a fatica dal letto, portandomi riluttante verso il bagno. Avevo decisamente bisogno di ritrovare il mio solito aspetto presentabile, conciata così sembravo una morta vivente. Sciacquai velocemente il volto con dell'acqua fredda, lavai i denti così come il resto del corpo, cercando di recuperare una forma quanto meno presentabile.

Come facevo a gestire tutta quella situazione senza che mi scoppiasse tra le mani? Cosa avrei dovuto dire a James? E cosa altro dicevo a Brandon, così caparbio a voler scoprire la verità ad ogni costo.

Avevo bisogno di spegnere la testa per un po', di distrarmi anche solo per cinque minuti. Chiedevo solo dieci minuti di apparente tranquillità.

Uscii in fretta dal bagno, dopo aver scelto come outfit della giornata un caldo maglioncino bianco, leggermente oversize che mi scendeva morbido in vita, incastrato in un semplice jeans attillato nero. Mentre finivo di sistemarmi i capelli e il trucco come solito, accesi la radio, magari qualche canzone avrebbe risollevato il mio umore nero della giornata. Peccato che la musica potesse essere la cura e il veleno al tempo stesso, bastava incappare nella canzone sbagliata.

E come sempre accade, perché io sono convinta che accada sempre, bastarono poche note di quella melodia, e capii immediatamente che sarei incappata in un crollo mentale imminente.

''Somethin' has to cause you pain

To teach you that you never wanna lose it again

Somethin' has to break your heart

To show you how much it played a part

Somethin' has to make you run

To make you understand what you've become

Poteva una canzone spezzarti in altre ottocento parti? Perché a me stava succedendo. Lentamente tutto quello che avevo represso in un angolo della mia anima, tutto ciò che avevo nascosto, che avevo tenuto per me, risaliva come uno tsunami, un'onda anomala devastante. Ogni nota di quella canzone, ogni singola parola, sembrava descrivermi completamente, e io continuavo a piangere ancora più forte di quanto non stessi già facendo.

''I cry a river over you

It hurts so bad, hurts so bad

When you

Lose somebody you love in the river of tears''

Continuavo a singhiozzare, con la testa affondata nel cuscino, incapace di riprendermi in alcun modo.

Ero un casino, totalmente sbagliata, un disastro totale. Una ragazzina spezzata, che a soli sedici anni aveva dovuto portare dentro un calvario che mi stava consumando, giorno dopo giorno.

Fu soltanto quando due mani afferrarono le mie spalle, cingendomi forte e costringendomi a guardare verso di lei, che mi accorsi di non essere più sola in quella fredda e piccola stanza:

«Morg! Che cosa è successo? Ehi, ehi guardami. Respira, va tutto bene.»

A nulla servivano le parole di Clarissa, che guardava spaventata dritto nei miei occhi, ormai ricolmi di lacrime, di parole non dette, di sentimenti repressi che fin da troppo soffocavo. Lei non capiva, ma d'altronde come avrebbe potuto.

«Non va un cazzo bene, Cla! Sono un disastro, sono una cazzo di ragazza spezzata, distrutta in mille parti, e io non so più come andare avanti. Innamorata di un ragazzo che non potrò mai avere, e nel frattempo ne illudo un altro, nel tentativo di dimenticare quell'amore che mi brucia nelle vene.»

Mi guardava sconvolta, sgranando quei grandi occhi color nocciola, tentando in ogni modo di capire. Ma sembrava non interessarle neanche in quel momento, mentre continuava a stringermi più forte, scostando delicatamente i capelli che si erano attaccati, grazie al fiume di lacrime che mi si era riversato dagli occhi. Portò la mia testa sopra la sua spalla, accovacciandosi assieme a me, continuando a tenermi salda tra le sue braccia. Ed era tutto quello di cui avevo bisogno in quel momento. Lei e il suo esserci, costantemente. Non parlavo di un'amicizia superficiale, il nostro era un legame che sentivo profondo fin dentro le ossa. Era il mio opposto, eppure nessuna persona mi completava tanto come lei. Era la luce in fondo al tunnel, la spensieratezza di cui avessi bisogno, l'ancora che mi teneva salda anche in mezzo al mare in tempesta. Non credevo nell'amicizia, gli anni me l'avevano insegnato. Ma credevo in me e lei, al di sopra di ogni cosa.

Rimanemmo in silenzio così, mentre piano mi accarezzava la schiena, cercando di calmare i miei singhiozzi che piano piano si attutivano.

«Perché non mi racconti quella storia? Abbiamo tutto il tempo del mondo.»

Non avrei potuto tenerlo dentro oltre, tutti quei segreti, il dolore, i sotterfugi mi stavano deteriorando ogni giorno di più, e avevo bisogno di alleggerire quel macigno che mi gravava sulle spalle. Specialmente ora che si era arrivati ad un punto di non ritorno.

E così le raccontai tutto, dal principio. Da quando quella gelida notte di febbraio, in quella torre spoglia e cupa, sotto un cielo di stelle, un paio di occhi azzurri mi rubarono il cuore con una semplicità assurda, non tenendo per me nessun dettaglio, nulla di quella fantastica storia, arrivando poi alla parte più oscura e drammatica, quella che aveva traumatizzato un'ingenua sedicenne innamorata, trasformandola in un'insensibile stronza senza cuore.

Due lacrime rigavano il volto di Clarissa mentre le parlavo, sconvolta dalle parole che uscivano dalle mie labbra, incapace di dire o fare qualsiasi cosa, ma rimanendo immobile, mentre continuava a stringere forte le mie mani, non lasciandole neanche per un secondo.

E quando finii di raccontare tutto, fu come se almeno una tonnellata di chili si fossero tolti da dosso. Non che non fosse difficile e doloroso in ogni caso, ma condividerlo con un'altra persona lo rendeva meno arduo da mandare giù. Lei continuava a guardarmi, stringendo forte le labbra in un'esile fessura.

«Che egoista che sono stata. Tu passavi l'inferno sotto i miei occhi, e l'unico mio pensiero era la mia complicata storia con Thomas. Devi aver pensato che fossi la più terribile delle amiche. Tutto ciò che hai passato Morg, ti ha reso solo la donna più forte dell'intero pianeta.»

Le sorrisi, finalmente sorridevo, e lentamente riprendevo colore. Per anni avevo paura di essere giudicata una stupida, una fifona codarda, che non era stata di difendere neanche i propri sentimenti. Stupida lo ero stata sicuramente.

«Grazie di esserci sempre, non so come farei senza di te. Adesso come faccio ad uscire da tutto questo casino Cla?»

Lei sospirò, portandosi distrattamente una mano tra i capelli. Non doveva essere semplice, si trovava divisa tra due fuochi, tra idee e sentimenti contrastanti.

«Morg, il mio pensiero rispetto a ieri non è cambiato. Tu non hai la colpa di aver spezzato nessun cuore, se il primo ad esser stato rotto è stato il tuo. Brandon ha bisogno di sapere ogni cosa, e tu hai bisogno di dirgli quello che provi. Combatti per questo amore, se ci credi davvero, allora corri a prendertelo! Meriti la felicità, più di chiunque altro. Ma ti prego, sii altrettanto sincera anche con Jam, non si merita di soffrire ancor di più.»

Aveva maledettamente ragione, sapevo che era così e non potevo rimandare oltre.

Era inutile tentare di stare lontana da Brandon, di combattere contro me stessa, di andare contro cuore, di sopprimere quello che sentivo. Se lui mi avesse voluto ancora, avrei combattuto per lui, avrei combattuto per noi.

Guardai ancora la mia amica, notando finalmente i suoi capelli arruffati, la felpa decisamente non sua, non aveva niente di verde nell'armadio, e un pantalone piuttosto largo, seppur cercato di adattare alla sua figura, che decisamente non avevo mai visto prima.

«Parlando di amore. Qui qualcuno mi sta nascondendo qualcosa, quindi ti conviene sputare il rospo con me.»

Rise piano, ma per tutta risposta scrollò le spalle, prendendo velocemente le sue cose da un cassetto dell'armadio e chiudendosi la porta del bagno alle spalle.

«Un giorno dovrò raccontarti una storia, ma non oggi!» rise contro la porta, mimando le mie stesse parole.

Che stronza beffarda, e non potetti evitare di ridere a mia volta, era impossibile non farsi spuntare il sorriso con lei. Ma di certo non mi sarei arresa qui, non adesso che finalmente vedevo cadere le sue difese contro il mondo.

Uscì poco dopo dal bagno, perfettamente in ordine rispetto a come l'avevo lasciata. Con un dolcevita rosa pallido che le aderiva perfettamente al corpo, e un semplice jeans beige a vita alta, con qualche bottone argento sul centro. Tra i capelli aveva posto un piccolo cerchietto abbinato alla maglia, e rimarcato gli occhi con un po' di mascara. Sempre semplicemente fantastica, ci credevo che Thomas avesse perso la testa per lei.

«Il mio stomaco mi ricorda che ho una fame da lupi, quindi muovi le chiappe.»

Le sorrisi, notando che in concomitanza, anche il mio stomaco iniziava a brontolare bruscamente, segno della fame incombente. Lasciai che fosse un semplice incantesimo a sistemare il mio aspetto, e in un baleno ci riversammo fuori dalla stanza.

Nel weekend, in assenza di lezioni, il castello era sempre un po' meno gremito del solito, dato che molti studenti ne approfittavano per uscire da quelle mura, tornare dai propri cari o avventurarsi tra le strade di Hogsmade. Anche oggi quindi, i corridoi di Hogwarts erano quasi spogli, senza quel via vai di gente che era solito popolare quel posto.

Una volta dentro la Sala Grande, mi resi subito conto dell'assenza di una persona al nostro tavolo: James.

Un brivido mi percosse tutta la schiena, speravo stesse bene. Ero stata così pessima come persona da non essermi neanche preoccupata di dove fosse, abituata come sempre a trovarlo qui seduto ad aspettarci. Mossi velocemente gli occhi, trovando giusto quel paio di iridi azzurre che mi trafissero l'anima. L'unico che fosse in grado di farmi provare tremila emozioni tutte insieme. Inutile dire il suo nome, era così tremendamente ovvio, che persino le mura lo sapevano.

Eppure il senso di colpa mi divorava, e dovetti distogliere in fretta lo sguardo, non riuscendo a sostenere oltre quel paio di occhi persi dentro ai miei.

Per quello che riuscissi, cercai di concentrare le mie attenzioni sulle pietanze che si riversavano sul nostro bancone, tentando quanto meno di placare il brontolio del mio stomaco.

E tra mille sguardi rubati, labbra morse fino a sanguinare, anche la colazione era passata. E proprio mentre io e Clarissa ci avviavamo verso l'uscita, una figura alta e squadrata ci oscurò la strada, con i soliti capelli biondo cenere sbarazzini e un sorrisetto compiaciuto sulle labbra. Buongiorno anche a te, Thomas.

«Mi spiace rubarti l'amica Morgana, ma io e Clarissa abbiamo faccende da sbrigare. Buon sabato!»

E più veloce di come fosse arrivato, sparì. Portando con sé anche la mia amica, che non avrebbe scansato un interrogatorio, una volta rincasata.

Ero praticamente rimasta da sola, e avevo decisamente bisogno di fare chiarezza nella mia testa. Sentivo la necessità di un posto mio, che mi aiutasse a pensare, a cosa dire e come comportarmi, sperando di riuscire a limitare i danni per quando possibile.

E ce n'era solo uno in tutto il castello, che tra lacrime e gioie, sentissi irrimediabilmente mio. E sí, era proprio la Torre di Astronomia. La fonte di tutti i miei sogni e tutti i miei incubi.

Arrivarci non fu difficile, era facile spostarsi quando non c'erano lezioni o alunni che si riversavano in ogni angolo della scuola, anche gli insegnanti vigilavano di meno in quei giorni, ed era difficile vederne qualcuno in giro, e di conseguenza sgattaiolare in giro per il castello era più semplice.

Erano passati un paio di mesi dall'ultima volta che c'ero stata, ma l'aspetto era rimasto immutato. Un grande planisfero sorgeva al centro della sala, circondato da qualche anello che pareva ruotare attorno ad esso. Anche la pavimentazione in parquet, ricordava i raggi solari, e i pannelli si estendevano per tutta la sala. Le pareti erano fatte in mattoni grigiastri, e gli conferivano un aspetto antico, quasi magico, come tutto lì dentro d'altronde. Ma la cosa più bella, rimaneva sempre quella grande ringhiera che si estendeva per quasi metà del perimetro, e da lì, si poteva scorgere ogni parte di Hogwarts, ogni angolo, ogni giardino e tutta la natura che circondava il castello, fatta di verdi pianure e rigogliosi boschi. Era spettacolare.

Sarei potuta rimanere per giorni interi ad osservare il mondo da lì sopra, persa nella bellezza che ci circondava.

«Non c'è niente da fare, siamo destinati ad incontrarci qui ogni volta.»

Mi voltai così di scatto, che soltanto per un attimo mi sembrò di perdere l'equilibrio. Non poteva essere, non poteva aver sentito anche lui lo stesso desiderio di tornare qui, come se fossimo connessi, in una maniera inspiegabile.

Ed eccolo, sempre dannatamente bello, stretto in quel suo maglione bianco, con sopra un semplice ricamo che rimandasse alla sua casata, e un paio di jeans neri, che gli si posavano morbidi sulle caviglie. I capelli sempre ribelli, andavano da una parte all'altra senza un ordine preciso, e i suoi maledetti occhi, mi ci perdevo ogni volta senza sapere come tornare indietro:

«Strano come possa essere il nostro posto preferito, nonostante tutto.»

Si fece ancora più vicino, avanzando lentamente verso di me, e il mio fiato già si era fatto più corto. Con lui io mi sentivo totalmente disarmata, come se non fossi stato in grado di poter fare nulla.

Leggero mi accarezzò una guancia, e più le sue dita scorrevano piano sul mio volto, e più io mi sentivo trapassata da un milione di scariche elettriche.

«Perché hai pianto? E non mentirmi, conosco i tuoi occhi fin troppo bene, so che lo hai fatto.»

Strinsi più forte le labbra, abbassando di poco lo sguardo. Cosa potevo mai dirgli? Come avrebbe potuto gestire la verità?

«Non è importante, Bran.»

Lui scosse il capo, scostando di poco il bordo del mio maglione, ed ecco che la cicatrice era proprio sotto i suoi occhi, così esposta e vivida. Deglutii, incapace di fare qualsiasi cosa. Si avvicinò ancora, portando le sue labbra sulla mia spalla, baciando piano quel punto, e lasciando ancora una serie di piccoli baci nello stesso posto, e io mi sentivo al settimo cielo, mi sentivo viva.

«Ti prego 'Gana, raccontami chi te l'ha fatta, non posso vivere sapendo che qualcuno ti ha fatto del male, non posso sopportarlo.»

Mi prese il volto tra le mani, portandomi ancora più vicino a lui, e io perdevo la condizione di ogni tempo e luogo. Appartenevo a quelle braccia, perdutamente. Ma rivelargli tutto significava comunque ferirlo.

Ma qualcosa scattò in me, non riuscivo più a combattere da sola, faceva troppo male, ed ero stanca di continuare a mentire, continuare a fingere che andasse bene. Non mi ero neanche accorta della lacrima solitaria che mi bagnava il volto, che prontamente Brandon asciugò.

«Avevo sedici anni, stavo venendo da te, dovevamo incontrarci proprio qui, ti ricordi? E poi è successo qualcosa che mi ha segnato Bran, mi ha traumatizzato. È stata tua madre! Mi ha preso con la forza, legato su una cazzo di sedia, letteralmente torturato in cerca di informazioni sulla nostra storia! Mi ha lanciato una maledizione Cruciatus per ben due volte, ma non era contenta, perché io non mi arrendevo. Se ci penso, sento ancora tutto il male che ho provato! Poi ha deciso di passare alle minacce, ha minacciato me, la mia famiglia, la mia Jasmine, promettendo di far loro ancor peggio se non ti avessi lasciato! E tutto perché sono solo una sporca mezzosangue ai vostri occhi! Non merito te e non merito il tuo amore, e quindi dovevo spezzarti il cuore! Come facevo a combattere tutto questo a soli sedici anni, Bran! Dimmelo come facevo perché io ancora adesso non ce la faccio! Rinunciare a te è stata la cosa di cui mi pento di più, è stata la cosa che mi ha distrutto, ridotto in poltiglia!»

Non mi ero neanche resa conto di quanto il mio tono di voce si fosse alzato, arrivando ad urlare, mentre ancora gocce salate scendevano veloci dai miei occhi, non le potevo fermare, non ci riuscivo più.

Brandon era come immobilizzato, non riusciva a far uscire neanche un suono dalla sua bocca, e piangeva! Le vedevo, quelle due lacrime solitarie che avevano creato una striscia umida sul suo volto. E le mani, tremavano come foglie al vento. Non avrei mai dovuto dirglielo.

«'Gana io non lo posso immaginare il dolore che hai provato, non posso. Ho passato due anni a chiedermi cosa fosse successo, e la risposta era sotto il mio naso. Ho cercato di odiarti, senza successo. Ho tentato di dimenticarti, altro fallimento. Tornavi sempre alla mente, tutto e ogni cosa mi ricordava te, noi. E proprio qui, nel nostro posto, devo dirtelo. Ti amo Morgana Fell, e che venissero, che venissero a milioni, che ci provassero a separarmi da te, che ci provassero a minacciarti ancora, a minacciare chiunque della tua famiglia. Giuro che ti proteggerò, te e chiunque vorrai. Perché tu sei tutto quello che voglio dalla vita, sei l'amore che ho sempre sognato, quello che mi tiene sveglio ogni notte, sei ciò che permette al mio cuore di battere ancora. E ogni volta che ti vedo tra le braccia di un altro, una parte di me muore. Perché sono un egoista, e io ti voglio solo per me, perché so che ci apparteniamo, in una maniera profonda, indissolubile, noi siamo fatti per stare insieme. Ti prego 'Gana, mia bellissima 'Gana, combatti per noi, combattiamo insieme. Perché io ti voglio nella mia vita fino alla fine dei miei giorni.»

Non c'erano bisogno di altre parole, non c'era più bisogno di niente. Lui era l'unica cosa di cui avessi bisogno.

Prese di scatto il mio volto, stringendomi ancora a lui, mentre io cingevo forte le mie braccia attorno al suo collo, e una volta ancora le nostre labbra si toccarono, mi sentivo morire e risorgere allo stesso tempo. Il sapore delle sue labbra sulle mie, i nostri cuori che si toccavano, era tutto ciò che volevo sentire nella mia vita, l'unica cosa che mi rendesse finalmente viva. Schiusi immediatamente le labbra, e le nostre lingue si incrociarono ancora, in una danza che sapevano a memoria.

Eravamo di nuovo insieme, senza segreti, senza nulla che ci potesse più separare. Perché adesso avrei combattuto con le unghie e con i denti, per difendere ciò che era nostro. Non avevo intenzione di rinunciare ancora a lui, non più.

Buongiorno girlsss! Eccoci trovate al nuovo capitolo, scusate se vi ho fatto attendere un po' più del solito ma sono stati dei giorni un po' impegnativi, ma ci tenevo a pubblicare questo capitolo Bramor centrico! Spero siate contenti!

Vi hanno emozionato almeno un poco? A me si tantissimo. Per chi non sapesse la canzone che cito nel capitolo è ''The River'' di Davin Herbruggen, se vi va sentitela, perché appena l'ho sentita mi ha proprio rimandato alla situazione di Morgana in questo capitolo, era perfetta!

Almeno loro per il momento hanno avuto una conclusione felice ( lo so, lo so, Morgana deve parlare a James e ahimè lo farà) ma infondo non si sceglie chi amare. Cosa vi aspettate dal prossimo capitolo? Sono sempre curiosa di leggervi. Che ne pensate della dichiarazione del nostro Bran?

Come sempre non smetterò mai di dirvi grazie, siamo quasi a 1500 views e davvero mi scoppia il cuore di gioia che questa storia possa aver appassionato tanti di voi, lettori silenziosi e non! Vi amo.

Ci vediamo al prossimo capitolo!

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