Chapter thirty: Worried about you
Per l'ennesima volta ancora rientrai in camera mia, chiudendo la porta alle mie spalle con un tonfo così violento da far sobbalzare Morgana dal letto. Il mio aspetto non doveva di certo essere dei migliori, sui polsi pulsavano ancora i segni delle bruciature causate dallo scontro, senza contare i capelli totalmente arruffati e fuori posto, con qualche piccolo graffio che mi contornava il volto. Ma non erano i danni fisici quelli che mi facevano più male, quanto quelli interiori. Non c'era cura per il cuore spezzato, non esisteva antidoto o pozione contro il malessere interiore, contro lo stomaco contorto in almeno ottocento giri immensi.
Ma ovviamente a Morgana fu il vedermi ridotta in quello stato a sconvolgerla, scuotendo violentemente la testa.
«Non ci posso credere! Non posso stare più tranquilla neanche quando vai a prendere un libro, che mi ritorni come uscita da un incontro di box! Cosa è successo, questa volta?»
Sospirai, raccontandole tutto per filo e per segno, dallo scontro con Albus fino all'arrivo di Thomas, spiegandole velocemente la nostra centesima discussione.
Morgana alzò gli occhi al cielo scocciata, mentre passava lentamente una pomata sulle mie bruciature.
«Certo che sei pesante! Non dico che non abbia sbagliato, ma voi due continuate a litigare senza sosta!»
Adesso era perfino colpa mia? Non avremmo litigato, se lui non fosse scomparso nel nulla senza proferire parola.
«La colpa non è di certo mia! Thomas dovrebbe smetterla di pensare che gli basta comparire dal nulla, e dire quattro smancerie per farsi perdonare!»
Morgana rise piano, mentre passava in rassegna gli altri graffi presenti sul volto. Per fortuna niente di preoccupante, il tempo di qualche giorno e non sarebbe neanche rimasto il segno fortunatamente.
Soltanto adesso mi rendevo conto di quanto la nostra stanza sembrasse nuova e cambiata: le pareti erano state ridipinte di un semplice celeste chiaro, mentre la libreria era stata sostituita con una nuova che quasi pareva somigliare alla vecchia, con l'unica differenza che il legno era molto più chiaro, e ovviamente non era più ricolma di tutte le nostre cose, le nostre foto e i nostri ricordi più belli. I letti erano stati rimpiazzati con due fedeli copie, anche se il colore del piumone adesso era di un blu oltremare. Mi sembrava di non riconoscerla, non riuscivo più a sentirla mia, non del tutto. Come se quell'attacco, avesse distrutto anche parte della nostra intimità, parte della nostra casa, quella che era impossibile da rimpiazzare.
«Cla, non essere stupida. Se fosse stata la situazione inversa, avresti agito allo stesso modo. Voi due vi proteggete a vicenda, e se la scelta fosse toccata a te, avresti fatto esattamente lo stesso.»
Ero d'accordo sì, ma soltanto in parte. Non biasimavo la sua scelta, non del tutto, ma io non riuscivo a comprenderla, non completamente. Perché si sentiva così in colpa per Megan? Perché sentiva il bisogno ossessivo di trovarla?
Io purtroppo ero una maledetta curiosa, le storie incomplete non avevano mai fatto per me. Avrei voluto che si fosse fidato abbastanza da parlarmene, da condividere con me tutti i suoi demoni, tutte le paure che lo tenevano sveglio la notte. Volevo sentirmi parte del suo mondo, come lui lo era del mio.
«Ti sbagli, non avrei mai agito come lui. Non avrei mai potuto sbatterlo a calci fuori dai miei problemi, non come ha fatto lui.»
Morgana sospirò ancora, capendo che ero fin troppo arrabbiata, e la scottatura ancora troppo fresca, per poter continuare ancora questo discorso. Per il momento lasciò correre, finendo di aiutarmi a medicare le ferite, e raccomandandomi di riposare un po'.
Più facile a dirsi, che a farsi. Per tutta la notte non smisi neanche per un momento di rimuginare sulla nostra conversazione, su tutto ciò che era successo, tanto che non riuscii a chiudere occhi neanche per poche ore, tormentandomi anche nei sogni.
Da quel maledetto giorno fuori la biblioteca, ne seguirono un paio, in cui il silenzio era padrone tra me e Thomas.
Nessuno dei due proferiva parola, costretti a guardarci di soppiatto quando uno dei due era distratto. Ma io sentivo quelle due iridi azzurre posate sulla mia pelle, quasi quanto sapevo che lui sentisse le mie. Eravamo tremendamente cocciuti e testardi, sempre con la testa immersa in un campo di battaglia, e il cuore che ormai stanco e sconfitto, urlava pietà.
Il suo sguardo era più spento del solito, lo notavo in quelle occhiaie scavate, dove un marcato bordo nero si posava proprio sotto i suoi occhi, dalla sua mascella più sciupata, leggermente incavata. Odiavo vederlo così, e odiavo me stessa per esserne la causa.
Con riluttanza, anche questa giornata era finita, fortunatamente anche in anticipo, dato che oggi si sarebbe disputata una delle partite di campionato di Quidditch.
In realtà, non avevo molta voglia di andarci, e ne avrei tranquillamente fatto a meno, il che era davvero strano per me, considerando che non avevo perso mai neanche una partita. Non avevo voglia si star in mezzo a tutta quella folla che urlava scalpitante, che si aizzava in cori e tifoserie assurde, traforandomi i timpani. Sarei voluta rimanere in tranquillità, sola e senza nessun'altra voce a farmi da contorno.
Una volta uscita dall'aula di Trasfigurazione, iniziai velocemente ad incamminarmi verso il mio dormitorio, sperando di poter avere almeno un attimo di serenità. Ovviamente cantai vittoria troppo presto, perché ben presto sua voce fermò irrimediabilmente la mia corsa, parandosi davanti.
«Quanto dovrà durare ancora questo gioco del silenzio, Clary? Perché io già non ce la faccio più.»
Era un gioco che aveva cominciato lui, non di certo io. Non poteva biasimarmi per essere ferita, né poteva sperare che tutto mi passasse da un giorno all'altro, come se non ripensassi ancora a quella dannata mattina, e a tutti i giorni che erano seguiti.
«Ma come? Pensavo fosse il tuo gioco preferito, quello di silenzi e sparizioni.»
I suoi occhi mi stavano pregando la resa, così lucidi e brillanti contro i miei, e io come ogni volta, ne rimanevo sempre più ammaliata, sempre più estasiata.
«Ti prego Clary... Non riesco più a stare lontano da te, mi manchi, cosa devo fare per dimostrartelo?»
«Dovresti esserci Thom, ecco cosa dovresti fare. Già che ci sei, riprenditi pure la tua collana, tanto quando ti chiamo, non rispondi mai.»
Mi sciolsi in fretta la collana dal collo, perdendo comunque una parte di me, che irrimediabilmente si stava spezzando ancora, guardando il suo volto perso e allibito.
In quell'esatto momento, maledissi me stessa per ciò che avevo fatto, lasciando ancora una volta che fosse la rabbia e il risentimento a guidare le mie azioni. Sapevo di essere stata una grandissima stronza, sempre così orgogliosa, sempre così cocciuta. Ma io ero soltanto una ragazzina impaurita, terrorizzata all'idea di riporgli ancora il cuore tra le mani, e trovarlo per l'ennesima volta distrutto.
Mi allontanai in fretta, mentre una mano premeva contro l'incavo del collo, sentendo già la mancanza di un pezzo di cuore, in realtà ben più di un pezzo.
Proseguii a testa bassa verso la mia stanza, tentando di evitare qualsiasi contatto umano e sociale. Avevo bisogno di rimanere sola, di spegnere la testa e dimenticarmi di tutto il mondo esterno, dei problemi e di tutti i casini di cui la mia vita era stracolma. Volevo far smettere tutto, far cessare i pensieri, le paure, le paranoie e i demoni che continuavano a battere contro la mia tempia.
Non stavo compiendo neanche una scelta giusta, neanche mezza. Mi appariva tutto sbagliato, tutto sbavato e graffiato. Ogni cosa che avevo detto, tutto ciò che ero mi sembrava sbagliato. Non era quello il mio posto, non di certo sola in mezzo ad un cumulo di vecchi mattoni impolverati e decadenti, sotto lo sguardo di centinaia di estranei che ti guardavano quasi tu fossi un'estranea.
A causa del mio sguardo basso, non mi accorsi neanche di aver praticamente investito in pieno una persona, e mi fu palese soltanto quando dopo l'urto, tutti i miei libri caddero al terreno, mentre la testa andò a battere contro il petto di qualcuno.
«Ehi Cla! Cosa ti è successo?»
Era James. E da un lato nei fui grata, perché non avrei sopportato che nessun'altro mi vedesse in questo stato. I miei occhi dovevano essere sicuramente rossi, stufi di trattenere le lacrime che ormai abitudinarie bagnavano il mio volto, assieme al volto un po' pallido, e l'aria di chi combatteva una battaglia che era soltanto dentro la sua testa.
Non mi rendevo neanche conto di quanto avessi avuto bisogno di lui, rendendomene conto soltanto quando lo vidi. Lui semplicemente era il migliore amico di cui non avrei mai potuto fare a meno, e in quel momento, era anche l'unico che avrei voluto stringere forte, sperando che potesse spegnere per un po' la pressione che sentivo sul cuore. Per questo buttarmi tra le sue braccia, fu l'unica cosa sensata che riuscii a compiere.
«Abbracciami per un po', ne ho bisogno. Poi ti spiego tutto, giuro!»
Lui sorrise affettuoso, portandomi un po' più vicino a sé.
«Puoi rimanere così per tutto il tempo che ti serve, non vado da nessuna parte.»
E per un po', questo mi bastò. Come se non avessi avuto bisogno d'altro che un po' di sostegno, qualcuno che ti stringesse senza fare domande, senza accusarti e giudicarti complicata, ma semplicemente apprezzandoti per quello che eri.
Dopo un po' mi scostai, asciugando piano quelle piccole gocce che erano rimaste umide sul mio volto. James mi scrutò a fondo, poggiandomi delicato una mano sulla spalla.
«Ti va di raccontarmi quello che ti passa per la testa? Non mi va di vedere la mia migliore amica così. Tanto già lo so di chi è la colpa, mi sono rassegnato ormai!»
Nonostante tutto, non potetti evitare di sorridere. Era inevitabile, lui mi faceva ridere, anche nei giorni più bui, e nelle situazioni più impensabili. Semplicemente a differenza di tutti, lui c'era. Non so come avrei fatto a vivere in un mondo senza James Weasley e le sue battute inopportune sui Serpeverde.
Gli raccontai più o meno velocemente quello che era successo al ballo, deviando ovviamente sui dettagli piccanti, che non mi pareva il caso di raccontare, passando poi a spiegargli ciò che era successo dopo, il comportamento di Thomas e tutto ciò che ne era seguito.
In tutto ciò James ascoltava in silenzio, stranamente perplesso e dubbioso, mentre scuoteva nervosamente i capelli.
«Non mi odiare per quello che sto per dire, e mi stupisco perfino io, ma non lo posso biasimare. Certo, ha sbagliato a non avvisarti, a darsi semplicemente per scomparso, ma neanche io ti avrei mai portata assieme a me. Non ti avrei mai fatto rischiare così. Cerca di capirlo, alla fine che ti ama è chiaro anche ai fantasmi del castello, e detto da me, fidati è la verità.»
Mi morsi nervosamente le labbra, mentre cercavo una valida risposta da potergli dare. Lui però continuò, facendomi guadagnare qualche altro secondo.
«Io lo so come ti senti Cla, vorresti sentirti parte del suo mondo, scoprire tutti i suoi eterni misteri, essere coinvolta in ogni suo pensiero, ma non puoi pretendere tutto subito. Una relazione si basa sulla fiducia prima di tutto, e tu devi dargliene almeno un po'. Che lo ami ne sono certo, ma quello che mi chiedo è, ti fidi? Perché se la risposta è sì, allora ogni problema si può superare. Dagli il modo e il tempo, e vedrai che ti confiderà ogni cosa. Ma smettila di avere paura del futuro, e piuttosto viviti il presente.»
Mi sciolsi in un sorriso sincero, e ringraziai qualsiasi divinità lo avesse mandato nella mia vita. Aveva sempre la giusta risposta a tutto, mi conosceva forse meglio perfino di me stessa, facendo centro sul cuore pulsante delle mie incertezze.
Io mi fidavo di Thomas, era così davvero. Ero solo tremendamente spaventata dal futuro, aveva ragione. Avevo paura di ritrovarmi da sola, ferita e abbandonata, se avesse deciso di escludermi improvvisamente dal suo mondo. Ero solo una ragazzina che insicura, che non aveva idea di come gestire un amore così grande.
Ma vivere nell'incertezza era inutile, era arrivato anche il momento di accantonare le paure, e vivermi il presente, accettando sia i dolori che ne sarebbero venuti, che le gioie.
«Da quando sei diventato così saggio, Jam?»
Cercai di cambiare discorso, ma in fondo sapeva anche lui che era il mio modo di ringraziarlo, e benedirlo di esserci sempre, raccogliendomi ogni volta dal baratro.
«Lo sono sempre stato, sciocchina! Ti ricordo che sono sempre stato la voce della tua coscienza. Dai su, andiamo alla partita. Non vorrai perderti il capitano del tuo cuore in campo.»
Giocare con questo gelo, mi sembrava incredibile. Nonostante il mio maglione bianco di lana cotta, il mantello e la sciarpa, non riuscivo in alcun modo a prendere calore. Il vento ti tagliava la faccia, battendo gelido e violento proprio verso di noi. Sull'erba del campo si stendeva un sottile strato di neve, posata anche su vari anelli dell'arena. Il cielo era un grigio davvero cupo, come se la peggiore delle tempeste avesse potuto scatenarsi da un momento all'altro, facendo sì che tutto intorno a noi fosse messo in penombra, assieme ad una leggera nebbia, rendendo tutto a stento percepibile. Mi ero seduta con James nella tribuna dei Grifondoro, oggi la partita era contro i Tassorosso, e quindi James sarebbe potuto rimanere accanto a me, considerando che Morgana si trovava nella tribuna opposta, che mi faceva un veloce saluto con la mano.
Presi posto proprio avanti a James, considerando che essendo arrivati in ritardo, dovevamo accontentarci dei posti che ci erano rimasti. Alla fine non importava in che colonna io fossi seduta, avrei sempre spudoratamente tifato per il mio Thom.
Avrei dovuto parlargli prima possibile, lo sapevo.
La partita cominciò quasi subito, e già le cose parevano farsi complicate. Thomas era completamente fuori fase, non si concentrava su nessun attacco, e in difesa era ancora peggio. Gli avversari gli facevano punti come fosse una barzelletta, e neanche si contavano quante volte la pluffa gli era sfuggita tra le mani. Iniziavo seriamente a preoccuparmi, e continuai a maledirmi per essere stata la causa di tutta quella distrazione.
«Il tuo compagno non mi sembra molto in sé oggi. Cosa c'è? Bisticci da fidanzatini?»
Non sapevo neanche chi avesse parlato, non conoscevo il ragazzo che stava seduto proprio affianco a me. Aveva i capelli di un nero corvino, e due grandi occhi verde smeraldo. Gli zigomi del volto erano piuttosto alti e squadrati, con una mascella leggermente quadrata. Ma nonostante ciò, io neanche mi soffermavo a guardarlo oltre, troppo impegnata a pensare alla partita davanti ai miei occhi.
«Magari se chiudessi la bocca, andrebbe anche meglio.»
Lui rise piano, scuotendo il capo divertito, pensando bene a cosa rispondere.
«Quanto siamo permalose qui, non ho detto nulla di male. Costatavo soltanto la verità dei fatti. Non ti scaldare, Brave.»
Non ebbi neanche il tempo di replicare, che rimasi sconvolta dalle parole che tuonarono un secondo dopo, proprio contro le mie orecchie, rendendomi inerme di fronte a qualsiasi reazione.
Balzai in piedi in un attimo, impallidendo di colpo, talmente tanto che rischiavo di venir meno nelle gambe.
''Thomas Malfoy è caduto dalla scopa. La partita è sospesa per ferito sul campo.''
Non lo avevo neanche visto, mi ero distratta per un secondo, e mi era crollato il mondo addosso. Adesso capivo come si era dovuto sentire. Il mio collo si allungava smaniosamente verso il fondo del campo, tentando di scorgere la sua figura, ma non vedevo nulla, se non la sua squadra china su di lui, mentre due infermieri lo stavano già issando sulla barella.
Guardai velocemente James, che mi fece segno di andare, e in un secondo, io correvo già più veloce della luce.
Ogni mia cellula del corpo bruciava, mi mancava il respiro, e mi sentivo terribilmente responsabile. Era colpa mia, della mia testa cocciuta, del mio modo scontroso di essere, del mio orgoglio maledetto.
Ogni metro che mi separava da lui era una coltellata dritta al cuore, specialmente se pensavo che tutto ciò si sarebbe potuto evitare, se solo non fossi stata una maledettissima stronza, e avessi avuto il coraggio necessario per vivere quell'amore senza riserva, affrontando i problemi invece che respingerli.
Adesso basta, ero arrivata al limite, al punto in cui non potevo più sopportare tutto questo. Perché preferivo soffrire avendolo vicino, che penare per averlo tenuto lontano.
Ancora una volta mi trovai davanti quelle due ante dell'infermeria, sempre così bianche e asettiche. Non ci pensai neanche una volta, e come mio solito agii d'istinto, spalancando le porte ed entrando violentemente, spinta dall'irrefrenabile bisogno di assicurarmi che stesse bene.
Quando entrai, mi sembrò di aver corso la peggiore delle maratone, e soltanto vedere quei suoi dannati occhi azzurri che incontravano i miei, mi bastò per sentirmi in paradiso. Era cosciente, sveglio. E per il momento mi bastava.
Spostai lo sguardo verso il suo braccio, che gli infermieri stavano finendo di fasciare, interrotte dai flebili lamenti di Thomas, che gli ripeteva di stare bene.
Prima o poi quel ragazzo mi avrebbe fatto venire un infarto.
Mi avvicinai velocemente, e in quel momento, nulla esisteva a parte noi. Eravamo atterrati nel nostro mondo, quello fatto di silenzi che parlavano più di mille parole, sguardi che ti laceravano l'anima, e le nostre mani che s'intrecciavano, stringendosi più forte. E il solo contatto con la sua pelle gelida, mi bastò per mandarmi totalmente fuori fase.
«Thom, stai bene. Mi sono preoccupata per te... Tu eri caduto, non ti ho visto più e sono andata nel panico e a me dispiace, perché sono una stupida...»
Continuavo a blaterale cose senza senso, ma non ce ne fu più bisogno, perché Thomas mi trascinò con un braccio verso di sé, portando le sue labbra sulle mie, facendomi ritrovare quel paradiso perduto di sere addietro.
Mi era mancato, avevo sentito la tremenda mancanza di tutto. Del sapore dolce e salato delle sue labbra, del profumo di muschio e colonia che invadeva ogni mio senso, le nostre tempie che si toccavano e si perdevano, mentre le nostre bocche non ci lasciavano tregua. Era la nostra danza preferita, quella che continuavamo a ballare seppur ci fosse stata la peggior canzone di sempre, seppure tutto intorno a no fosse stato sbagliato, e noi fossimo stati l'unica cosa certa nel mezzo di un mare di variabili.
Lui, la mia costante, il mio punto fisso. L'unica cosa che ero certa di volere dalla vita.
Ci staccammo dopo quella che mi sembrò un'eternità, e allo stesso tempo, un attimo che mi parve troppo breve.
«Ti prego occhioni, basta parlare. Stringiamoci e basta, non ne posso più di stare in guerra con te.»
Gli sorrisi, beandomi ancora della fortuna che avevo avuto, vedendolo ancora lì, con niente più che qualche piccolo graffio sul volto, e una fascia intorno al braccio, ringraziando qualsiasi entità lo avesse protetto.
«Basta guerra. Ma ti prego Thom, non andartene più, non lo sopporterei ancora.»
Lui mi strinse forte a sé, poggiandomi il volto sul suo petto, lasciandomi cullare dal suono del suo battito che suonava proprio dentro al mio orecchio. E solo adesso, sapevo di non sentirmi più fuori posto.
«Non posso neanche immaginare di lasciarti ancora. Però ti prego, indossa ancora la collana. Non posso immaginare di vederla su nessun'altra donna al mondo. Appartiene a te, come ti appartengo io.»
Cacciò dalla tasca quella piccola collanina, e io non potetti fare altro che riporla al posto a cui apparteneva, sentendomi irrimediabilmente meglio, sentendomi di nuovo completa.
«Ti amo occhioni, meriti di sentirtelo dire ogni giorno.»
Non chiedevo nient'altro al di fuori di lui. Avrebbero potuto spogliarmi di ogni cosa, di ogni mio bene. Se avessi avuto ancora lui, non mi sarei potuta mai spezzare.
«Ti amo Thom, anche se sei un grandissimo stronzo.»
E il tutto si concluse nella magia di un bacio, che spazzò via ogni risentimento, ogni problema che avevamo dovuto affrontare. Eravamo insieme, eravamo l'uno accanto all'altro, e mi pareva essere tutto ciò di cui avevo bisogno.
Buon pomeriggio ragazze ed eccoci al nuovo capitolo! Vi ho fatto spaventare un po' con l'incidente di Thomas eh? Lo so, lo so. Però dai, mi sono fatta perdonare. Almeno per il momento, i drammi sembrano passati, e i due sembrano sulla stessa lunghezza d'onda.
Cosa ne pensate del capitolo? Mi sento brava dai, e vi preannuncio che la voce del prossimo capitolo sarà il vostro amato James. Lo so che molte di voi lo stavano aspettando eheh! Ne vedrete delle belle.
Come sempre vi ringrazio di tutto in sostegno, di ogni singolo commento e ogni stellina! Siete davvero speciali, e leggo davvero ognuno di voi!
Ci si vede al prossimo, che spero di mettere prima possibile! Un bacio!
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