Chapter thirty-two: Demons from the past
Per entrare ancora di più nel capitolo, mettete in sottofondo ''Demons'' Degli Imagine Dragons
Tutti i giorni che seguirono dal giorno in cui decisi di andare a cercare Megan, furono l'inferno vero e proprio. Non riuscii a dormire per più di due ore a notte, balzando da una parte all'altra di Portnhaven, un piccolo paesino della Scozia, il luogo in cui secondo la fonte, avrei trovato Megan. In realtà mi pareva assurdo, era a miglia lontano dal castello, dalla foresta che l'aveva ingoiata. A chiunque incrociassi per le vie, chiedevo informazioni su di una ragazza dai capelli biondi, corti fin sopra le spalle, gli occhi verdastri che a tratti si perdevano nel blu a seconda della luce. Ma niente, il nulla assoluto. Tutti i passanti ben presto iniziarono a prendermi per pazzo, mentre io scovavo ogni vicolo di quel paese, percorrendo le strade sterrate più impensabili, saltando i piccoli ruscelli che si aprivano tra le vie, e stando attento alle strade dissestate che mi capitava di incontrare. E dopo una settimana, di Megan non c'era neanche l'ombra, neanche una singola traccia.
Stavo soltanto inseguendo il fantasma del mio passato, senza che ci fosse neanche un misero straccio di prova che mi potesse garantire che fosse viva. Pensavo di averlo superato, di aver sconfitto il senso di colpa che mi perseguitava senza lasciarmi tregua, senza darmi la possibilità di guardare avanti e poter trovare finalmente pace, per potermi godere a pieno una ragazza straordinaria che avevo dovuto lasciare di corsa, pregando ogni giorno che non mi odiasse troppo. Mi era mancata fin dal primo secondo, senza che non ci fosse neanche un attimo in cui non la pensassi, a lei e quei suoi meravigliosi occhi nocciolati, la sua pelle così candida e perfetta, il sapore delle sue labbra sulle mie, e l'ebbrezza che avevo provato entrando dentro di lei. Mai nulla era stato più bello, più giusto.
E quando ero tornato per lei, sentendola irrimediabilmente in pericolo, la realtà mi riservò un bel pugno dritto in faccia. Non mi sarei aspettato nulla di diverso da lei, perché lo sapevo che ero l'unico da poter biasimare, l'unico responsabile di ciò che era successo. Allo stesso tempo, sentire la sua voce così carica di rancore e di sofferenza, contribuì a spezzarmi definitivamente.
Avrei dovuto raccontarle tutto, ogni cosa, tutto quello ciò era successo quella maledetta notte. Ma la realtà è che ero spaventato, letteralmente terrorizzato dal suo giudizio, dall'idea che avrebbe potuto farsi di me. Non volevo che lei mi odiasse, non potevo sopportare di perdere quella luce nel suo sguardo quando mi guardava, non l'avrei retto. Ma forse ciò che avevo fatto aveva portato alla medesima conclusione, rendendomi praticamente spoglio di qualsiasi forza.
Ero devastato, un ragazzo che aveva perso tutto. Ogni cosa.
Avevo perso mia madre, la luce della mia vita, l'unica che sapesse temprare i miei incubi, tutte le paure che mi assalivano da bambino e che non mi lasciavano respirare. Avevo perso Megan, l'unica vera amica che avessi mai avuto, la prima che non mi vide come una Serpe, ma come un semplice essere umano. E ho creduto per un secondo di aver perso anche Clarissa, l'amore di una vita intera passata nella convinzione che non ci fosse speranza per me. Quei suoi occhi di fuoco mi avevano lacerato l'anima, buttandomi direttamente nell'oblio. Non sapevo come ricomporre i diecimila pezzi in cui mi ero sgretolato, non sapendo neanche come far pace con un passato che bastardo e prepotente mi pugnalava continuamente alle spalle, squarciandomi ogni qual volta mi sembrava che le ferite stessero per rimarginarsi.
Prendere decisioni faceva schifo, decidere tra due cose al tempo stesso importanti: salvare il passato o lavorare per il futuro? Rincorrere fantasmi o godermi il presente?
Volevo sempre fare la cosa giusta, essere l'eroe della storia, e invece passavo sempre per il cattivo, ogni volta, ogni fottuta volta.
Dopo settimane di sconforto, di incubi, di notte passanti insonne, distruggendo ogni cosa mi capitasse a tiro, adesso il mio respiro era quasi tornato normale, e i mille squarci piano piano cominciavano a chiudersi di nuovo. Mi era bastato averla di nuovo vicina, sentire ancora quel sapore dolce e frizzante delle sue labbra, le uniche che potevano essere l'ancora a cui appigliarsi nel bel mezzo di una tempesta. Ora che lei dormiva serena contro il mio petto, mi sembrava che tutto assumesse finalmente senso, che tutto avesse finalmente ripreso colore.
Le carezzavo piano i capelli, come se volessi disperatamente assicurarmi che fosse lì e fosse reale, e non una futile immaginazione. Lei riaprì piano gli occhi, alzando di poco il volto e soffermandosi ancora a guardarmi, sorridendo appena.
«Sono davvero terribile. Invece che farti compagnia, mi sono addormentata come una stupida.»
Risi piano, crogiolandomi della sensazione di averla di nuovo accanto.
«Mi piace guardarti dormire, sei certamente più docile di quando sei sveglia.»
Lei mi diede una piccola spinta scherzosa, impuntando una piccola smorfia falsamente infastidita.
«Iniziavo quasi a temere che ti fossi dileguato di nuovo.»
La attirai ancora a me, annullando qualsiasi distante che ci fosse tra di noi, sfiorando piano le sue labbra, mentre una scossa di elettricità mi trapassava tutto il corpo, facendomi sentire finalmente vivo.
«Te l'ho detto, non vado più da nessuna parte. Non senza di te.»
Mi sorrise proprio contro le mie labbra, prima di porre fine anche al millimetro che separava le nostre bocche, lasciandomi un casto e puro bacio. Non ne avrei avuto mai abbastanza, neanche dopo mille vite differenti.
«Sarà meglio per te. Dovresti riposare un po' però adesso, hai l'aria di chi non dorme da settimane.»
Come al solito non sbagliava, non aveva mai avuto torto su di me, mai neanche una volta. Mi costrinsi a fingere di stare bene, di avere totalmente la situazione sotto controllo, ma lo sapevo bene che non avrei potuto continuare a mentirle. Avevo solo paura di vederla scottata da tutta quell'oscurità che mi tormentava, non mi sembrava giusto caricarla di questo peso.
«Dormi con me stanotte?»
Appuntai un sorrisetto volutamente malizioso sul viso, sapendo che molto probabilmente dormire sarebbe stata l'ultima delle cose che avrei voluto fare con lei. Immediatamente arrossì, come se la stessa malizia fosse balenata anche nei suoi occhi limpidi, schiudendo poi le labbra in un sorrisetto soddisfatto.
«Dipende, mi pianterai di nuovo in asso?»
Sapevo che avrebbe cercato di inveire in qualche modo, non sarebbe stato da Clarissa Brave non farlo, eppure amavo quel modo che aveva di porsi sulla difensiva, di rispondere a una domanda con una domanda, prendendosi il tempo necessario per poterci girare attorto. Era incredibile, e io incredibilmente innamorato.
«Suppongo che non ti resta che scoprirlo.»
Interruppi qualsiasi sua risposta saccente, per portare ancora una volta le sue labbra sulle mie, e baciarla fino ad aver gonfie le labbra, non lo avrei mai ritenuto abbastanza, e la sensazione che mi donava non si sarebbe mai placata.
Quando le ante dell'infermeria scricchiolarono, aprendosi di botto, ci separammo lentamente, continuando a scambiarci sguardi rubati. Dovevo ammettere che ero stanco di tutta quella gente che ci interrompeva, che poi alla fine era sempre lo stesso: Brandon.
Prima o poi avremmo dovuto fare un bel discorso sulle sue irruzioni sempre nei momenti meno opportuni.
«Thomas! Beh a quanto vedo io sono un po' di troppo ovunque vada...»
Notai un po' di rammarico nella sua frase, lo stesso che colse al volo anche Clarissa, piegando leggermente la testa di lato, chiaramente confusa dalle parole del nostro amico. Lei si alzò di scatto dal lettino, facendo rimbalzare di poco le molle, continuando a scrutare il mio amico con quell'aria curiosa.
«Beh, sento odore di chiacchiere tra uomini, sarà meglio che vada. Ci vediamo dopo Thom.»
Le feci un occhiolino veloce, ricambiando il sorriso che le fioriva sulle labbra.
«Ci conto.»
Detto ciò, si dileguò in fretta dietro le porte dell'infermeria, mentre io mi rialzavo lentamente, già stufo di quelle quattro mura anemiche.
L'infermiera aveva detto che non avendo traumi gravi, a parte il braccio un po' contuso, sarei potuto tornare tranquillamente nei miei dormitori per la notte, ed era proprio quello che avevo intenzione di fare.
Guardai in direzione di Brandon, che scrutava leggermente i vari angoli della stanza, mentre batteva nervoso il piede per terra, meditando se aprir bocca o meno.
«Se devi continuare a interrompere i miei momenti con Clarissa, almeno questa volta fa che sia per una buona ragione, e dimmi cosa ti tormenta.»
Lui alzò di scatto gli occhi verso di me, sbuffando leggermente.
«Ma non lo so neanche io, Thomas! Non sono mai stata una persona gelosa, poi all'improvviso vedo Morgana abbracciare James, e mi sale l'istinto di spaccargli la faccia, lui e quelle manacce sopra di lei.» Sbottò all'improvviso, come se si fosse trattenuto fin troppo.
Ricambiai il suo sguardo, mentre finivo di raccogliere le mie cose, anche se qualche piccola fitta di dolore mi accompagnava ancora.
«Bran, non mandare tutto all'aria con Morgana perché hai visto un mezzo abbraccio. Ma ti pare che lei non ti ami? Diamine si è fatta torturare non una, ma ben due volte da quella psicopatica di tua madre, e non ha lasciato comunque perdere. Magari avresti potuto chiederle, da persona civile, di cosa stessero parlando, piuttosto che inveire.»
Lui alzò un sopracciglio, quasi sorpreso.
«Chi ti dice che abbia inveito?»
Scoppiai in una piccola risata, mentre una volta finito di recuperare le mie cose, gli diedi una piccola pacca sulla spalla.
«Perché sei come un fratello Bran, ti conosco meglio di me stesso. Non sono bravo ad applicare i miei consigli, ma sono bravo a dispensarli!»
Non mi diede una vera e propria risposta, ma si limitò ad annuire piano, mentre probabilmente rimuginava sulla discussione avvenuta poco prima.
Di colpo cambiò discorso, ponendomi la domanda che sapevo di star rimandando da un po' troppo, mentre ci incamminavamo verso i dormitori.
«Nessuna traccia di Megan?»
«Nessuna.» Ammisi rammaricato.
Quel fantasma non avrebbe mai smesso di tormentarmi, e io non avrei mai smesso di ritenermi responsabile. Avevo promesso di proteggerla, e invece avevo mandato tutto a puttane.
Come se Brandon potesse leggermi nel pensiero, poggiò pacato una pacca sulla mia spalla, mentre ci separavamo per entrare nelle nostre rispettive camere.
«Smettila di sentirti in colpa Thom. Non ne hai nessuna, è stato solo un incidente.»
Chinai di poco il capo, non riuscendo comunque a replicare. Preferii cambiare discorso, augurandogli velocemente la buonanotte, chiudendo velocemente la porta contro le mie spalle.
La camera era un disastro, tutte le foto erano ormai sparse sul pavimento, i cocci di vetro delle varie cornici rischiavano di pungerti se non stavi attento, assieme ai libri e il resto delle mie cose che erano messe ormai a soqquadro.
Iniziavo ad avvertire la stanchezza accumulata in quei giorni, tutto lo stress messo a tacere, le preoccupazioni e il senso di colpa incombente alla fine avevano avuto la meglio, ritrovandomi praticamente senza forze.
Poggiai la testa sul cuscino, sperando che Clarissa fosse arrivata presto, e soprattutto, che almeno per una notte, i miei demoni del passato mi avrebbero dato tregua.
Distrutto e assonnato, crollai dopo settimane in un sonno profondo, senza riuscire a reggere più.
*
Faceva freddo quella notte, nonostante la primavera fosse alle porte, venivamo scossi dal vento gelido che ci tagliava la faccia, mentre ci stringevamo nelle nostre sciarpe di lana.
«Forse dovremmo rientrare, Thommy. Ho una brutta sensazione.»
Megan era proprio al mio fianco, viva, come se non se ne fosse mai andata.
Io invece sorridevo malizioso, noncurante del vento che soffiava forte, che perfino il piccolo fuoco che avevamo acceso faticava a non spegnersi. Spavaldo e arrogante, il pericolo non mi scalfiva neanche.
«Dai Meg, dove è finito il tuo coraggio da Grifondoro? Mettiamola così, se sarai in pericolo, ci sarò io a proteggerti. Va meglio?»
Lei mi guardava dubbiosa, non potendo evitare però di sorridere, seppur qualche ruga corrucciata ancora le incorniciava il volto.
«Va bene, mi fido di te Thommy.»
Quella è l'ultima cosa che mi dice. Le parole che tengo scalfite nel cuore da quasi un anno. Mi fido di te.
Immediatamente lo scenario cambia, non sono più nella Foresta Proibita, ma un vento ancor più forte soffia tra le strade di Portnhaven, così forte che pareva che un uragano si sarebbe scatenato di lì a poco.
La polvere e le foglie s'innalzavano violente, coprendomi la vista. Non riuscivo a vedere nulla, immerso in questa coltre di nebbia e fumo che mi avvolgeva, pareva affogarmi, e io neanche mi opponevo, neanche tentavo di salvarmi. Volevo soffocare.
Due occhi azzurri brillano sul fondo, sono quelle iridi azzurre che ancora mi costringono a camminare.
«Io mi fidavo, Thommy. Mi hai lasciato morire, non ci sei stato. Tu mi hai abbandonato.»
Quella non era più Megan. Al contrario, era una voce così cupa, quasi meccanica, lontana dal suono dolce e stridulo che era solita avere. Era il demone della sua figura che mi perseguitava, lo stesso che mi soffocava.
Scorgo appena i suoi capelli mossi biondi, ormai ridotti quasi in cenere.
Non sono stato abbastanza, non ho fatto abbastanza.
Troppo lento, troppo stupido.
«Megan! Ti prego perdonami. Non mi lasciare ancora.»
Il suono della sua voce si fa più acuto, così tanto che rischia di traforarmi i timpani.
«Sei stato tu a lasciarmi! Neanche sei stato in grado di trovarmi. Hai fallito ancora.»
Ero disperato, mentre soffocavo nelle mie stesse paure, nei miei stessi incubi, mentre lasciavo che le tenebre mi avvolgessero. Forse è tra le ombre che l'avrei ritrovata. Urlavo ancora il suo nome, continuavo a urlarlo come se fosse l'unica parola che riuscissi a proferire.
*
Due mani mi scotono il corpo violentemente, mentre continuava a ripetere il mio nome quasi allo stremo delle forze. Continua a percuotermi forte, urlando di svegliarmi, di combattere. Ed è lei che riesce a portarmi via dalle tenebre, costringendomi ad aprire gli occhi.
E se ne sta proprio lì di fronte a me, seduta a cavalcioni su di me, con quei bellissimi occhi adesso ricolmi di lacrime, che le scendevano copiose sul volto. Il respiro corto, mentre continuava a guardami sconvolta.
Poi capisco perché, avevo un coccio di vetro stretto tra le mani, e solo adesso avvertivo l'odore acre del sangue che scorreva sul pavimento. Eravamo per terra, vicino alla finestra, che tra l'altro io avevo spaccato in mille pezzi.
«Thom...Se io non ti avessi trovato...»
Non riesce neanche a finire la frase, mentre getta mi strappa dalle mani quel pezzo di vetro ormai ricolmo di sangue, stringendomi così forte come non aveva mai fatto, come se la paura di ciò che sarebbe potuto succedere l'avesse terrorizzata a morte. Come se voleva assicurarsi che fossi vivo e stessi bene.
Sospirai a fondo, mentre continuai a stringerla a me, fregandocene del sangue che adesso le macchiava anche il suo maglione bianco. Eravamo noi due, cuore contro cuore, con la sua testa affondata nel mio collo, e le braccia strette quanto più forte poteva attorno a me.
Restammo così in silenzio, soltanto stringendoci forte, e lasciando che la paura ci scivolasse via di dosso, e nostri battiti cardiaci tornassero al loro normale ritmo.
Si staccò piano da me, continuando a tenere le mani bloccate sul mio volto, costringendomi a guardarla dritto verso di lei, anche se non c'erano altri occhi in cui avrei desiderato perdermi.
«Ti prego Thom, non chiuderti con me. Raccontami tutto quello che ti passa per la testa, puoi parlarmene, ti puoi fidare. Non c'è niente che tu possa non possa dirmi, ti amerei sempre alla stessa maniera. Parlami di lei, di quello che ti tormenta, qualsiasi cosa ma ti prego parlami.»
E se non fosse stato così?
Se avesse invece visto il mostro che ero, il codardo che ero stato?
Cosa avrei fatto se alla fine avessi perso anche lei? Cosa ne sarebbe stato di me?
«Mi odieresti.»
«Non potrei farlo neanche se mi piantassi un pugnale dritto nel cuore.»
Dovevo fidarmi, potevo farlo. Dovevo credere nel nostro amore, e che fossimo in grado di abbattere ogni demone, impugnando la stessa spada.
«Sognavo di quella notte, la notte in cui Megan scomparve.»
Lei non lasciava il mio sguardo neanche per un secondo, stringendomi forte le mani mentre ancora eravamo stesi per terra, incitandomi ad andare avanti.
Presi un respiro profondo, e iniziai a raccontare, lasciandomi finalmente andare ai ricordi che mi bruciavano contro le tempie.
*
Era una notte di Maggio, per essere più precisi, la notte del quindici Maggio. Nonostante la primavera fosse alle porte, fuori era il gelo vero e proprio, ma noi eravamo giovani, ribelli e sconsiderati. Del freddo e delle regole non ce n'è mai importato nulla. E allora sì, organizziamo un rave proprio nel bel mezzo della Foresta Proibita, che ce ne frega. Cosa poteva mai succederci?
Eravamo io, Brandon, Lorelaine, Louis. Megan e un altro paio di persone.
Tutti scalpitavamo all'idea di infrangere le regole, tutte tranne la mia Megan, sempre così attenta, seppur smaniosa anche lei di partecipare. Era un combattere costante tra rispettare le regole e volerle comunque violare.
«Forse dovremmo rientrare, Thommy. Ho una brutta sensazione.» Mi disse.
Di rimando io risi, mentre le scuotevo scherzosamente i capelli, e alimentavo il fuoco che avevamo appena acceso. C'era un vento davvero bastardo, che si faceva fatica a tenerlo acceso, nonostante i quintali di legna, ma neanche di quello ci importava. La notte era giovane e selvaggia, e noi volevamo cavalcarla fino all'alba.
«Dai Meg, dove è finito il tuo coraggio da Grifondoro? Mettiamola così, se sarai in pericolo, ci sarò io a proteggerti. Va meglio?» Le risposi.
«Va bene, mi fido di te Thommy.» Non ne era convinta davvero, però. Ma davvero si fidava, vorrei che non lo avesse mai fatto.
Tutti ci credevano fidanzati, ma in realtà io e lei eravamo solo molto legati, mai neanche un bacio, mai neanche una volta che l'avessi guardata con intenti maliziosi. Era la mia sorella più piccola, quella che avrei voluto saper proteggere.
Bando alle ciance, il gioco cominciò, non tanto diverso da quello che hai visto nella Camera delle Necessità. Arrivò il turno delle confessioni, e per rendere il tutto più intrigante, decidemmo di usare il Veritaserum, giusto per divertirti. Non credevo che invece sarebbero stati i segreti a dividerci.
Toccò a Megan, che ancora dubbiosa, decise comunque di accettare la sfida. Non si era mai tirata indietro davanti a nulla. Purtroppo il turno di fare domande toccò a Lorelaine, e si sa quanto poco sia delicata, in quel caso non lo fu affatto, e toccò subito il tasto dolente.
«Dimmi Megan, cosa provi per Thomas?»
E io stupidamente ero tranquillo, perché credevo davvero che non ci fosse nulla tra di noi, se non un'amicizia sincera e profonda.
Lei tentennò, tentando di reprimere la verità. Purtroppo le fu impossibile, e la bomba venne sganciata.
«Io... Io lo amo. Sono perdutamente innamorata di lui, anche se lui non lo è di me.»
Sgranai gli occhi, mentre i suoi occhi fissavano i miei di ghiaccio. E commisi un terribile errore. Risi. Una semplice e bastarda risata, che bastò a far terra bruciata.
Non per denigrarla, ma perché davvero lo trovavo assurdo, era il mio modo stupido e infantile di affrontare le cose. Fu in quel momento che percepii il suo cuore spezzarsi, mentre piano gli occhi le si riempivano di lacrime, e le sue iridi azzurre mi guardavano con delusione.
«Sei uno stronzo, Thomas.»
Corse via, scomparendo nell'oscurità, e l'unica cosa che ricordo di lei sono i suoi ondulati capelli biondi che mi danno le spalle, e spariscono nel buio che la ingoia. Faccio per alzarmi, volevo davvero seguirla, ma una mano mi trattiene, la stessa che aveva generato tutto quel caos.
«Thomas le hai riso in faccia, ti pare che adesso voglia parlarti? Lasciala stare.»
Furono dei fottuti secondi, quei bastardi che persi ad ascoltarla, che mi fecero perdere il vantaggio di raggiungerla. Cominciai a correrle dietro, ma lei era come scomparsa, inghiottita dalla stessa foresta. Non rimase nulla di lei, neanche una ciocca, neanche un pezzo di stoffa, neanche una goccia di sangue. Semplicemente, scomparve.
E da allora non faccio che ripetermi di essere l'unico responsabile. Se non fossi stato così arrogante e stupido, così superficiale, così lento, avrei potuto raggiungerla, e avrei potuto salvarla.
Sai perché sono stato scagionato? Per una singola persona, una che ha fatto la differenza, commettendo l'errore di ritenermi innocente.
Adesso odiami pure, perché me lo merito, perché sono un mostro. E soprattutto, perché non avrei mai meritato il tuo amore.
*
Quando finii di parlare, mi sentii più leggero, irrimediabilmente era così. Sapevo di averle posato un macigno sulle spalle, uno terribile da sopportare, e non mi sarei sorpreso se mi avesse odiato, se fosse scappata via. Mi odiavo io, come poteva non farlo lei.
Pensavo che stesse per andarsene, ero convinto che mi avrebbe voltato le spalle senza guardarsi indietro. Invece no, lei continuò a fissarmi incessantemente, mentre ancora le lacrime le bagnano il volto.
«Thom...Non puoi sentirti in colpa, non devi. Non avresti mai potuto immaginare quello che le sarebbe successo. Siamo ragazzi, non abbiamo le risposte al mondo intero. Magari le avessimo.»
Neanche mi rendevo conto dei singhiozzi sommossi che involontariamente soffocavo, respirando a fatica, mentre le parole con difficoltà venivano fuori.
«Lei si fidava di me, mi amava. E io le ho riso in faccia. Come puoi non ritenermi colpevole.»
Lei mi sorrise commossa, mentre mi stringeva il volto tra le mani, carezzandomi dolcemente la guancia.
«Perché non l'ho mai fatto Thom, già tempo addietro. Ero io Thom, sono stata io quella che ti ha ritenuto innocente. Ho sempre creduto in te, fin dal primo momento.»
Non ci potevo credere, era lei.
Sempre stata lei.
La prima che aveva creduto in me, la prima che avesse voluto salvarmi dal baratro, sempre e solo lei.
Eravamo destinati l'uno all'altra. E pian piano, il mio macigno scompariva, si dissipava, e l'anima diventava man mano più leggera. Finalmente i demoni del passato non mi tormentavano più, non mi soffocavano più.
Ci baciammo, tra l'odore delle lacrime e del sangue secco, noi strafottenti di tutto ci baciavamo, levandoci strati di vestiti a vicenda, spogliandoci delle paure, delle sofferenze, e di qualsiasi strato di stoffa che ci separasse.
Toccare la sua pelle era il paradiso, e baciarla era la cura che mi salvava da ogni male. Il mio angelo, la mia luce, la mia redenzione.
Facemmo l'amore ancora una volta, sussurrandoci parole a vicenda, promettendo di amarci, di rispettarci, e di raccontarci sempre tutto.
Entrare dentro di lei, assaporare ogni centimetro della sua pelle, sentirla urlare il mio nome all'apice, mi fece sentire finalmente completo.
Non mi sentivo più spezzato, perché lei aveva rimesso a posto ogni centimetro di cuore.
Si stese piano affianco a me, lasciandomi un ultimo bacio all'incavo del collo.
«La troveremo Thom. Insieme. Insieme possiamo fare tutto.»
Ebbene ragazze, eccoci qua. Questo capitolo è un po' una svolta, dove si viene a sapere un po' di più del passato di Thomas, la fonte delle sue insicurezze, dei suoi incubi.
Vi sareste aspettati che Megan fosse innamorata di lui? Come siete rimaste?
Cosa ne pensate di tutto quello che successe quella notte?
Questo capitolo Thomas centrico, è dedicato a un'altra persona importantissima, follemente innamorata di Thom: Little_Dreamer05 . Te lo dedico tutto!
Sarà importantissima, ricordatevelo.
E nulla, credo che qui davvero Thomas si sia messo a nudo IN TUTTI I SENSI e nulla, aspetto i vostri commenti, come sempre!
A presto!
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