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Chapter thirty-six: A little break from everything

Quasi mi mancava la vecchia e monotona vita, quella caratterizzata da semplici e banali lezioni durante il giorno e allenamenti nel pomeriggio, dove il massimo della trasgressione e del pericolo era partecipare a qualche rave o qualche stupida serata nella Stanza delle Necessità.

Invece adesso ogni giornata era una nuova scoperta, una nuova tragedia, e non potevi mai sapere quello che sarebbe accaduto l'attimo dopo. Era tutto così incerto, così mutevole. E nel profondo, la cosa mi terrorizzava.

Non avevamo il controllo, non sapevamo assolutamente nulla, ma ci limitavano a brancolare nel buio, totalmente alla deriva, raccogliendo briciole di indizi come se avessero potuto portare realmente a qualcosa. Ma fino a quel momento, ciò che avevamo era un vero e proprio niente. Sapere che ci fossero un uomo e una donna dietro gli ambigui avvenimenti di quei mesi non cambiava nulla, eravamo ancora la punto di partenza, e nessuno di noi aveva una chiara idea o una buona soluzione.

Dopo la rivelazione di Aurora, e il piccolo teatrino di Morgana e Lorelaine, ci rimase ben poco da dirci, e ognuno di noi si avviò verso le rispettive strade. Ma ormai avevo capito che finché la giornata non si fosse conclusa, non avrei potuto giurare che le sorprese fossero finite.

Io e Aurora camminavamo fianco a fianco in uno strano e imbarazzante silenzio. Riuscivo ancora a sentire il sapore dolce delle sue labbra sulle mie, e pregavo che lo potessi assaporare ancora per quanto più tempo possibile.

Il solo pensiero mi portò ancora una volta lo stomaco in subbuglio, mentre le mani iniziavano a bagnarsi di sudore. Mi faceva scalpitare il cuore, e anche lì, soltanto a pochi passi da me, era capace di farmi attraversare il corpo da almeno un milione di scosse, tutte che mi urlavano di avvicinarmi ancora a lei, di annullare la distanza maledetta che ci separava, tornando a sfiorarci come la sera prima.

Come se avesse potuto leggermi nel pensiero, si voltò verso di me, sorridendo timidamente, come solo lei era in grado di fare, e come ogni volta quei grandi e dolci occhi azzurri erano la mia più grande debolezza, la mia peggior tentazione.

«Cosa ti inquieta, James? Non è da te essere così silenzioso.»

La sua voce mi sembrò quasi un sussurro, e mi chiedevo come facesse a rendere tutto sempre così semplice e magico, come se fosse la cosa più banale del mondo.

«Ma nulla, forse sono io che penso troppo.»

«Dipendi a cosa permetti di occupare i tuoi pensieri. Se è qualcosa di bello, di positivo, allora lasciali pure liberi di vagare per quanto vogliono.» Mi rispose sorridendo, muovendosi di qualche passò più vicino a me, facendo perdere qualche battito al mio povero cuore.

Aveva sempre la parola giusta, sapeva sempre cosa dire e come. Mentre io con lei, rimanevo sempre a corto di parole, e rimanevo a fissarla come uno stupido ebete.

«Penso proprio che siano bei pensieri. I migliori che abbia mai avuto.»

Ci fermammo poco più avanti della porta della Sala Grande, poggiandoci delicatamente contro i mattoni freddi del muro proprio alle sue spalle, mentre dolcemente le sfioravo il volto con due dita della mano. Quasi come se fosse una bambola di vetro, e io un povero stolto che aveva paura di romperla.

«Amo il modo in cui mi guardi, James. Tu sei l'unico che fino a questo momento, mi ha visto veramente. È così bello essere guardati da te così.»

Parlò così dolcemente, che mi mancò il fiato. Ancora una volta, l'emozione mi tradiva e le parole mi morivano in gola, ancor prima che potessero anche solo tramutarsi in pensiero.

«Meriteresti di essere guardata così ogni minuto. Sei luce pura, Aurora.»

Mi sporsi di poco verso di lei, quel tanto che bastò per sentirla trattenere il fiato, mentre gli occhi smaniosi si posavano sul mio labbro, e io avido, bramavo le sue allo stesso modo. Eppure l'insicurezza mi dominava. Voleva che ci baciassimo ancora, o era soltanto un episodio isolato che non si sarebbe ripetuto più?

Non riuscivo neanche a immaginare il dolore che mi avrebbe causato non poter più avere accesso a quelle meravigliose labbra, che parevano create apposta per potersi incrociare con le mie.

«Tu pensi troppo, James Weasley.» mi sussurrò piano, mentre l'attimo dopo si sporse ancora lasciandomi un veloce bacio sulle labbra, trascinandomi dentro la Sala Grande, senza che abbi neanche il tempo di focalizzare se ciò era stato reale, o soltanto il frutto della mia fervida immaginazione.

Il pranzo in sala fu alquanto ordinario, senza nessuna strana sorpresa, il che mi sembrava un traguardo più che sufficiente. Notai però, che nessuno dei miei amici era presente, mancavano Morgana, Clarissa e perfino Lorelaine. Tutti magicamente scomparsi, e non potetti non pensare che non fosse una coincidenza. Eppure, stanco di correre dietro all'ennesimo mistero, almeno per il momento costrinsi me stesso a credere che fosse tutto normale, e che potessi godermi il pranzo senza far vagare la mente verso mille supposizioni.

Aurora fu di grande aiuto, e grazie a lei ebbi la vera possibilità di prendermi una pausa da tutto quel baccano che ci circondava. Era strabiliante l'effetto che aveva su di me, come la cura a ogni male, da qualsiasi preoccupazione, e da tutta la negatività che mi circondava.

Non mi resi neanche conto che più velocemente del previsto, il pranzo finì ben presto, mentre tutti attorno a noi lentamente si alzavano da quelle panche di legno marroncino, e si avviavano silenziosi aldilà di quel grande portone.

«Forse dovremmo alzarci anche noi, non trovi? A meno che tu non abbia deciso di rimanere per aiutare con le pulizie.» mi disse ironicamente Aurora.

Fu impossibile non scoppiare in una sincera risata, mentre lentamente mi alzavo dalla panca su cui ero seduto, notando che oltre noi due, soltanto un altro paio di teste erano ancora sedute tra quei tavoli, e anche loro cominciavano a dirigersi verso l'uscita.

Una volta fuori, non riuscii neanche a muovere un passo in più, quando una figura mi trascinò verso un angolo più scuro, dove il candelabro spento dava la possibilità di rimanere più in penombra. I lunghi capelli rossi la tradirono subito, così come le sue unghie lunghe smaltate in un verde lucido: poteva trattarsi soltanto di mia cugina.

Eppure quando scorsi il suo volto, mi resi conto di non averla mai vista in questo stato: il suo volto era più pallido del solito, con lo sguardo impaurito, quasi terrificato e le pupille dilatate. Batteva nervosamente il piede per terra, proprio lo stesso tic che ero solito fare quando qualcosa mi innervosiva più del dovuto.

«Devo parlarti Jam, assolutamente.» mi disse velocemente con un tono che mai fu più cupo.

La sua voce sembrava quasi un sussurro, seppure fosse stretta in un tono davvero severo e preoccupato.

Iniziai davvero a temere quello che mi avrebbe detto, e in tutta onestà non sapevo neanche più cosa aspettarmi.

«Cosa è successo Loly?» mi affrettai a chiederle.

Lei si morse piano le labbra, ancora palesemente combattuta su cosa rispondere.

«Promettimi almeno che non ti arrabbierai.» mi disse, prima di continuare il suo discorso. «Dopo la discussione con Morgana, sono andata a prendere una boccata d'aria sulla Torre di Astronomia. Te la faccio breve: era uno di quei tizi incappucciati, ha iniziato a blaterale qualcosa sull'unirmi a loro e stronzate varie. Non so cosa mi sia preso, comunque ho accettato, pensavo di poter ottenere un vantaggio, qualcuno dall'interno. E cazzo James, era Louis Berkey. Quel deficiente collabora con questi stronzi. Non è il capo ovviamente, ma uno dei bracci.»

Impallidii di colpo, ecco l'altra batosta che sicuramente non ci voleva.

Se avessi seguito l'istinto, lo avrei raggiunto ovunque si trovasse, e lo avrei preso a sberle fino a quando non gli avessi gonfiato la faccia di botte. Ma ovviamente questa era un'opzione da escludere immediatamente, perché avrebbe svelato la copertura di mia cugina ancora prima che cominciasse.

Non sapevo cosa sarebbe stato peggio, se continuare a brancolare nel buio, senza avere nessuno su cui puntare il dito, nessuno a cui addossare la colpa, oppure avere un nome e una faccia, ma essere comunque impossibilitato a poter agire in qualsiasi modo. Avevo le mani dannatamente legate, e non potevo far nulla per cambiare la situazione.

Temevo per l'incolumità di mia cugina, ma al contempo ero tremendamente fiero di lei.

«Ma sei forse impazzita? Stai cercando di farti ammazzare?» tentai di reprimere un urlo, ma il mio tono di voce irrimediabilmente si fece più alto del dovuto.

Prontamente Lorelaine mi tappò la bocca, stringendo gli occhi in uno sguardo ancora più severo e ammonitore.

«Se continui ad alzare la voce, sarà sicuramente così. Non solo voi Grifondoro siete coraggiosi. Ho preso la mia decisione, e non tornerò indietro. Volevo solo fartelo sapere, perché è giusto così. È la mia scelta, convivici e rispettala.»

Fu quella l'ultima cosa che mi disse, dopodiché scomparì veloce tra le mura scure di quel castello maledetto, accompagnata dal suono delle sue scarpe che ticchettavano sul pavimento. Avrei voluto avere qualche minuto in più per potermi comportare come un cugino, come un amico; dirle che ero fiero di lei, e che doveva stare attenta.

Ma non sempre le cose giravano nel verso giusto, e la mia reazione era solo l'ennesimo errore che dovevo aggiungere alla lista, e di cui mi sarei pentito più tardi.

Il dolce profumo di miele e vaniglia di colse alle spalle, facendomi irrimediabilmente spuntare un dolce sorriso sulle labbra. Non avevo bisogno di voltarmi per sapere chi fosse, avrei riconosciuto quella fragranza anche immerso in una calca di persone: Aurora.

«Sei un buon cugino James, e lei lo sa. Certe cose non sempre si devono dire, basta dimostrarle.»

Mi poggiò delicata una mano sulla spalla e quando mi voltai, i nostri occhi tornarono a incastrarsi di nuovo l'uno all'altra, e non avrei potuto trovare luogo migliore in cui perdermi ancora una volta, come sempre.

«Credi davvero che glielo abbia dimostrato? Mi sembra di essere un totale fallimento, sotto ogni punto di vista.»

Aurora scosse velocemente il capo in senso di negazione, mentre mi accennava un timido sorriso.

«Hai decisamente bisogno di spegnere un po' la testa, James. Questi pensieri negativi finiranno per affogarti, non dargliene il potere.»

Ancora una volta aveva ragione, e io mi sciolsi contro il suo sorriso, rilassando di poco la postura delle spalle.

Allungò una mano verso di me, e una volta che i nostri palmi s'intrecciarono ancora, cominciò a trascinarmi verso una destinazione a me ancora ignota. Ma a me sarebbe andato bene qualsiasi posto, purché ci fosse lei.

«Ti porto in un posto. Per oggi basta pensieri, e basta preoccupazioni.» mi disse sorridendo.

Quella ragazza riusciva ad alleggerirmi l'anima, e neanche se ne rendeva conto. Le bastavano poche parole, pochi gesti sempre così cautamente moderati, e riusciva a rendermi felice come nessun'altro.

E stare assieme a lei era tutto ciò di cui il quel momento sentivo il bisogno, il resto passava in secondo piano.

«Dovremo smaterializzarci, quindi reggiti forte.» mi disse velocemente.

Gli sorrisi ancora, annuendo divertito, mentre poggiavo una mano sulla sua spalla, pronto a catapultarmi in un posto del tutto nuovo.

Ed ecco che in un secondo, le grigie pareti di Hogwarts scomparvero, e quando riaprii gli occhi, la natura era protagonista.

Ci trovavamo sulle rive di una spiaggia. Il forte odore di mare e salsedine si percepiva immediatamente, e fu la prima cosa in assoluto che notai, ancor prima di mettere a fuoco l'ambiente circostante; lo spettacolo che mi si parava davanti agli occhi era meraviglioso. Il tempo era sereno, con qualche piccola e innocente nube che si posava nel cielo azzurro, mentre il sole si accingeva a tramontare. Il vento che soffiava era dolce, per nulla prepotente, e seppur freddo, accarezzava le nostre figure in maniera pacata, senza che la sua forza bruta ci tagliasse la faccia. Le onde del mare si scagliavano verso la riva leggermente mosse, ma nulla che non ci si potesse aspettare in quel periodo dell'anno, infrangendosi con un rumore tonfo e rilassante allo stesso tempo. Due file di scogli si aprivano ai lati della costiera, su cui le onde si abbattevano quasi feroci, esplodendo in una voluminosa schiuma bianca che rimaneva per qualche istante anche sulla superficie delle rocce, prima di scomparire.

Era un panorama mozzafiato, e non servivano altre parole. La natura stava già dicendo tutto. Dovevamo trovarci ben lontano dal castello, in quanto le zone marittime non erano di certo nelle vicinanze.

«Dove ci troviamo?» chiesi incuriosito.

Aurora si girò verso di me, sorridendo ancora mentre stringeva più forte la mia mano. Il solo contatto con la sua pelle era paradiso per me, era casa.

«Ti piace?»

«Da togliere il fiato.»

Lei si affrettò a togliersi le scarpe, affondando i piedi nella sabbia, e così feci anche io, godendomi il contatto con quei freddi granelli.

Il vento scompigliava leggermente i suoi capelli, con qualche piccola ciocca che le ricadeva sul volto. Avrei potuto passare intere ore a guardarla, e avrei scovato sempre nuovi particolari, come ad esempio il piccolo neo che si scorgeva proprio sul lato destro della fronte, che solo adesso riuscivo a notare, o il colorito delle sue guance che a contatto con il freddo si faceva più rosaceo.

Per la prima volta in tutta la mia vita, io mi sentivo completamente e profondamente legato a qualcuno, in una maniera così contorta e misteriosa, che però si spiegava perfettamente nell'esatto momento in cui la sfioravo.

«Da piccola venivo sempre qui quando volevo spegnere i pensieri, specialmente dopo la morte di mio padre.»

Parlò così di getto, e l'ultima parte andò sfociandosi in un sussurro, che rimasi pietrificato da ciò che avevo appena sentito, inerme di riuscire a dire qualsiasi cosa. Non lo avrei potuto mai immaginare, e continuando a tenere fissi gli occhi su di lei, l'unica reazione che ebbi fu quella di stringerla forte a me. Se avessi potuto prendermi soltanto un po' della sua malinconia e della sua tristezza, l'avrei fatto senza ripensamenti. Nonostante ciò che aveva perso, era sempre così allegra, innamorata della vita e di tutto ciò che la circondava.

«Sei davvero la persona più forte che conosca. Sono sicuro che sarebbe fiero di te.»

«L'ho accettato sai, lui vive e vivrà sempre in me. In ogni creatura magica, in ogni incantesimo che scagliò, ogni cosa che imparo. Era innamorato della vita, e posso ricordarlo e ripagarlo soltanto portando avanti i suoi valori, e rendendoli parte di me.»

Ancora una volta, dimostrava di essere molto più saggia della sua età, e da lei avevo tutto da imparare. Mi sentivo migliore accanto a lei, e tutti i problemi, tutte le cubi nubi all'orizzonte magicamente sparivano.

Lei si staccò piano da me, chinandosi per toccare l'acqua salata, facendo ondeggiare dolcemente la sua mano dentro quel mare cristallino.

«È strana la natura. Di questi tempi l'acqua è così calda, che quasi mi ci tufferei.»

Conoscendola, l'avrebbe di certo fatto.

Prima che potessi controbattere con i rischi che avrebbe comportato tuffarsi in pieno in inverno nell'acqua, lei estrasse velocemente la mano dall'acqua, schizzandomi scherzosamente.

Sobbalzai per la sorpresa, scoppiando in una fragorosa risata. Qualcuna qui voleva una guerra, bene.

Mi feci più vicino alla riva, facendo infrangere i miei piedi e parte del jeans nell'acqua tiepida, ricambiando lo scherzo.

Continuammo a scherzare per un po' non rendendoci neanche conto di essere praticamente fradici. I suoi capelli biondo cenere erano ormai umidi e bagnati, con qualche goccia che ancora le scendeva sul volto, con qualche chiazza di bagnato che compariva anche sul suo maglione.

Con qualche altro grande passo la raggiunsi, prendendola di scatto alle spalle e facendola volteggiare sulle sponde di quella magica spiaggia.

Mi sembrava ancora una volta di tornare bambino, e il resto non m'importava più. Neanche di prendermi una bronchite o non so che altro.

Mi inebriavo nella melodia soave della sua risata, e avrei dato anche l'anima per sentirla ridere così più spesso.

Un piccolo sasso che si trovava sul fondo però, mi fece perdere l'equilibrio. Invece che rotolare per aria, mi ritrovai con la schiena immersa tra l'acqua della riva e la sabbia, finendo di inzupparmi completamente.

Aurora finì proprio sopra il mio petto, e la sensazione dello scontrarsi dei nostri corpi così vicino, e il suo viso a un palmo dal mio, mi fece letteralmente impazzire.

«Allora James, ti ho distratto abbastanza?»

Aprii la bocca per rispondere, ma le parole mi morirono in bocca, perché non sapevo come rispondere, non sapevo neanche cosa dirle.

«Tu cosa pensi?»

Lei fece una smorfia divertita. Non si smosse neanche di un centimetro, mentre ancora le onde che si scagliavano contro la riva ci cullavano.

«Che si può fare sempre di meglio.»

In un attimo il dolce sapore delle sue labbra era incollato alle mie, cogliendomi ancora una volta impreparato. Schiusi immediatamente la bocca, in modo di dare libero accesso alle nostre lingue di intrecciarsi, gustandomi ogni istante, perfino quel sapore salato dato dall'acqua di mare.

Stesi sopra quella distesa di sabbia continuavamo a baciarci, non curanti del freddo, del sole che calava, e dell'aria che man mano cominciava a diventare più fresca.

Le cinsi piano i fianchi, trovandomi imbarazzato perfino nel toccarla più del dovuto, come se avessi avuto timore di fare un passo troppo affrettato, che avesse potuto allontanarla. Volevo rispettarla, amarla, essere degno di lei.

Lei colse la mia incertezza al volo, staccandosi per un attimo da me, continuando a sorridere proprio contro la mia bocca.

«Giuro che puoi toccarmi, non sono di porcellana. Smettila di avere paura e vivimi.» mi sussurrò proprio contro l'orecchio. E io persi totalmente la ragione.

Tornai a cercare le sue labbra, posando smanioso le mani sulle sue cosce, risalendo piano verso i glutei, con il cuore che mi risaliva in gola, battendo così forte che mi sembrava fosse completamente fuori controllo.

E mentre lei impacciatamente faceva scivolare le mani sotto l'orlo del mio maglione, il solo contatto mi fece sfuggire un gemito incontrollabile, mentre la passione mi bruciava dentro.

Ma non era giusto, lei si meritava di meglio, che fosse speciale e perfetto, come lo era lei.

A malincuore mi staccai, guardando ancora le sue labbra gonfie e leggermente arrossate, a furia di tutti quei baci.

«Credimi se ti dico che non avrei voluto smettere per niente al mondo, ma meriti più di così. Posso darti molto più di questo, e lo farò.»

Le carezzai dolcemente il volto, mentre la aiutavo a rialzarci e pulirci da tutta quella salsedine. Questa era una di quelle tipiche situazioni in cui ringraziavo alla magia di esistere. Un veloce incantesimo, un fascio di luce ed ecco che eravamo di nuovo asciutti e puliti.

«Forse dovremmo davvero rientrare, sta iniziando a fare buio.»

La voce un po' titubante con cui parlò mi mando in completa paranoia. Cosa avevo sbagliato? Cosa avevo detto di sbagliato? L'avevo delusa? Forse avevo corso troppo?

Mille problemi e mille preoccupazioni mi tempestavano la testa, e mi morsi il labbro così forte che avrebbe potuto sanguinare.

Non volevo ferirla, in alcun modo, e il pensiero che si fosse sentita urtata in qualche modo mi mandava in crisi.

Ma non lo capiva che la ritenevo più preziosa di qualsiasi altra cosa avessi mai avuto?

Senza aggiungere neanche un'altra parola, in un secondo ci smaterializzammo di nuovo tra le mura del castello. Devo ammettere che rispetto allo spettacolo naturale di poco fa, quelle pareti tetre e incolore non mi erano per niente mancate.

Continuammo a rintanarci nel nostro silenzio, svoltando con un passo ben deciso tra i corridoi, fino a quando la vista di una persona non proprio gradita proprio a qualche metro da noi, ci fece arrestare di botto. Trascinai in fretta Aurora dietro il primo angolo che riuscii a scorgere, portandola ancora una volta così vicina a me da sentire il suo battito cardiaco.

«Stupido, invece che nasconderci, dovremmo seguirlo.»

Si scostò in fretta da me, e il gesto un po' mi ferii, facendomi velocemente segno di affrettarmi.

Fortunatamente non ci aveva sentito, e così mantenendo sempre la giusta distanza, percorremmo i suoi stessi passi, con le bacchette già strette tra le mani, pronti a intervenire al minimo segno di pericolo.

Un veloce incantesimo rese i nostri passi più felpati e difficili da sentire, dandoci la possibilità di pedinarlo senza essere scovati.

Continuava a dirigervi verso la parte alta del castello, e con molte probabilità, era diretto proprio verso la Torre di Astronomia, non ne avevo dubbi.

La notte che incombeva ci era amica, e camuffava bene le nostre figure. Non indossava alcun mantello, né alcuna maschera. Avremmo potuto smascherarlo in qualsiasi momento.

Come avevo predetto, la destinazione era la cupa e ormai vuota Torre di Astronomia. Mentre lui saliva la scala a chiocciola che portava verso la parte superiore della Torre, noi rimanemmo nella penombra della parte inferiore, avendo però la vista molto ridotta.

Ciò che scorgevamo però, era il grande globo al centro che man mano si spostava, rivelando sul fondo un'ambigua apertura, che mostrava una misteriosa entrata. Dall'ombra di quel buco vi uscii una figura coperta da un mantello nero, con dei motivi broccati in oro.

Rimasi completamente senza fiato, e se possibile, lo stupore aumentò ancor di più quando una volta che il cappuccio si abbassò, rivelò niente di meno che la identica figura di Berkey.

«Queste pozioni sono veramente fantastiche, incredibile quante cose puoi creare, e quanti volti puoi assumere.»

La voce però non era quella di Berkey, o almeno non sembrava. Era più cupa e tenebrosa, incuteva quasi terrore.

Sentii l'altro Berkey, presumibilmente quello vero, avvicinarsi verso la scala che si era lasciato alle spalle, e noi di rimando ci spingemmo lentamente verso l'ombra, per evitare di essere avvistati.

«Sarà più semplice così infiltrarsi, hai rischiato prima a farti vedere da quella stupida Corvonero.» disse in tono severo.

L'altro ragazzo scoppiò in una sonora risata, che comunque nascondeva in sé qualcosa di veramente losco e malvagio.

«Suvvia Louis, mi credi davvero uno stupido? Ti sembro per caso incosciente? Ho nascosto il mio vero volto anche a quella dolce ragazza corvina. Hanno il nemico in casa, e neanche se ne rendono conto. Sono così banalmente stupidi, e cadranno più presto di quello che pensi.»

Cercai di non sembrare sconvolto dalle parole così rancorose di quel ragazzo, tentando di ipotizzare una teoria valida, ma non ne riuscii a formulare neanche mezza. Ancora una volta, mi resi conto che non sapevamo praticamente nulla, mentre altri dubbi affollavano prepotenti le nostre menti.

Chi era quel ragazzo, e cosa voleva da noi?

Buonasera ragazzi, e perdonate l'orario in cui pubblico. Trovare tempo per scrivere e gestire le mille altre cose sta iniziando a diventare assurdo, ma comunque ci proviamo!

Qualcuno di voi aveva già indovinato che sarebbero stati i Jamora i protagonisti di questo capitolo, bravi voi!

Cosa ne pensate di loro e del loro bacio? Ha sbagliato James a non sfruttare a fondo quell'opportunità? Scatenatevi nei commenti! ahahahah

Anche loro alla fine hanno scovato un piccolo tassello del puzzle.

Vi annuncio anche un piccolo spoiler: nel prossimo capitolo ci sarà un evento a cui ho lavorato per UNA SETTIMANA e sono davvero troppo troppo smaniosa di condividerlo con voi! Ci saranno ritorni inattesi, rivelazioni e gelosie! Ma non vi dico nient'altro!

Cosa pensate succederà? Scatenate le supposizioni!

Come sempre adoro leggervi e davvero ringrazio tutti voi per l'affetto che dimostrate a questa storia! Vi voglio bene

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