Chapter ten: I promise
Nonostante quella fosse la camera di Thomas, trovarlo proprio di fronte a me, mi colse di sorpresa. Avevo la sensazione fosse lì già da un po', come se stesse osservando silenziosamente ogni mio passo, scrutando ogni centimetro della mia figura. Il solo pensiero mi imbarazzava tremendamente. Dovevo avere di certo un aspetto orribile, con quei vestiti tutti sgualciti, i capelli ridotti ad una massa deforme, ed il trucco della sera prima sbavato sul volto. E lui invece se ne stava lì, sempre tremendamente bello e impeccabile come al solito, con la sua classica camicia bianca di flanella, più sbottonata del solito, notai mio malgrado, ed un semplice pantalone color cannella che gli si posava morbido sulle caviglie. Avrei potuto stare lì a guardarlo per un'eternità:
«Non avrei mai immaginato che la tua stanza fosse così, ordinata.»
Speravo di riuscire in qualche modo ad addolcirgli quello sguardo così cupo e severo, ma fallii completamente. Avermi colto in fragrante a spulciare tra le sue cose, non migliorava la situazione. D'altronde, non potevo biasimarlo, avrebbe dato fastidio anche a me.
«Ti rendi conto, di quanto sei stata incosciente ieri sera? Che diamine, avresti potuto svegliarti nella camera di qualche altro stronzo, e puoi stare ben sicura che non avresti avuto i tuoi cazzo di vestiti addosso.»
Mentre parlava, il suo tono si faceva sempre più rude, continuava a guardarmi, mentre teneva i pugni serrati vicino le gambe. Non capivo, era arrabbiato perché l'altra sera mi ero presa una sbornia? Come se lui non lo avesse mai fatto prima. Ma chi volevo prendere in giro, in fondo mi trovavo ridicola da sola, senza bisogno che me lo facesse notare lui.
Mi mordevo il labbro nervosamente, mentre cercavo di poter ribattere in qualche modo, cercai di mettermi sulla difensiva, pur essendo indifendibile.
«Non credo che tu sia la persona giusta per poter criticare le mie scelte. Non è successo nulla di grave, a quanto vedi.»
Se possibile, l'ultima frase lo fece imbestialire ancora di più. Gli occhi si erano ormai ridotti ad una fessura fine, mentre avanzava verso di me, e quando si trovò a solo un palmo dalla mia faccia, il rumore della sua mano che batteva violenta sulla scrivania, mi risuonò dieci volte peggio nella testa, come se non mi facesse già abbastanza male.
«Non è successo nulla di grave? Forse non ricordi che, se non fosse stato per Zabini, saresti finita per essere una puttana qualunque nel letto di Berkey! Lo sai che Brandon ha dovuto scollartelo di dosso, o neanche questo ricordi? Non ricordi neanche di essergli praticamente svenuta tra le braccia scommetto.»
Non riuscivo a ricordare assolutamente niente di tutto questo, e più cercavo di spremere le meningi e tornare a ieri sera, più le immagini mi sembravano tutte nere e sfocate. Vero o falso che fosse, non aveva comunque il diritto di urlarmi così, né di insultarmi in quel modo. Ma chi si credeva di essere?
«Io non solo la puttana proprio di nessuno, Thomas! D'altronde immagino tu abbia una grande esperienza nel portare ragazze ubriache nella tua stanza.»
Ne avevo abbastanza. Il dolore alla tempia non faceva che aumentare, e se a questo si aggiungeva anche la consapevolezza di non ricordare assolutamente niente, mi sentivo fin troppo umiliata e ridicola. Non avevo bisogno di Thomas che incalzasse la dose. Con un movimento veloce della mano, lo scostai per poter passare e andarmene da lì. Lo sentì sospirare dietro di me, e prima che potessi richiudere la porta alle mie spalle, aggiunse un'ultima cosa.
«Non ho mai toccato neanche una ragazza che non fosse in sé. Mi hai fatto preoccupare da morire, Clarissa.»
Non riuscii a replicare, perché quelle parole avevano ammutolito ogni voglia che avevo di controbattere, posandosi direttamente sul cuore.
Una volta dentro la mia camera, l'odore dolce di lavanda, misto a quello di carta e magia che avvolgeva la stanza, mi fece immediatamente sentire più confortata. Trovai Morgana stesa sul mio letto, anche lei con ancora indosso i vestiti della sera precedente. Non appena mi vide rincasare, balzò da sopra al letto, e l'attimo dopo si fiondò su di me, stringendomi così forte che a tratti mi mancava il respiro.
«Cla! Sono davvero mortificata, sono un'amica orribile! Io ieri ti ho persa di vista, non riuscivo più a trovarti, io e James abbiamo bevuto qualche drink di troppo, ti abbiamo cercata ovunque! Solo stamattina Thomas è passato a dirmi che Zabini ti aveva portato in camera sua! Mi dispiace da morire!»
Conoscevo Morgana, e non avevo dubbi che in quel momento, dovesse sentirsi tremendamente in colpa. Ma non riuscivo a giustificarli in alcun modo. Mi avevano abbandonata quando più mi sarebbe servito il loro aiuto. Che beffa doveva essere la mia vita, tra tutte le persone, le uniche che erano venute in mio soccorso, erano proprio quelle che loro tanto criticavano. Per quanto mi pesasse ammetterlo, senza Brandon non so dove mi sarei svegliata il mattino seguente, e in che condizioni.
«Lo sai vero, che se non fosse stato per lui e Thomas, non so neanche dove cazzo mi sarei svegliata! Sappi che non accetterò più neanche una parola contro di loro.»
Per quanto i postumi di ieri sera si facessero ancora sentire, mai in vita mia ero stata più seria di così. Ero stanca di fingere non m'importasse, che non provassi niente. Avevo già così tante bugie sulle spalle, almeno questa me la sarei risparmiata. Morgana si scostò piano da me, teneva le spalle ricurve e lo sguardo basso, mentre passava e ripassava smaniosa le mani tra i capelli, non riusciva neanche a guardarmi.
Sospirai, forse ero stata un po' troppo severa con lei.
«Ho già ringraziato Thomas e Brandon in tutte le lingue che conosco. E giusto perché tu lo sappia, io non ho mai avuto niente contro di loro. Ti ricordo che con uno di loro ho avuto anche una relazione.»
Non ero una dura, discussioni e litigi non erano mai stati il mio forte. Per questo sorrisi lievemente a Morgana, cercando di smorzare la tensione.
«Poi un giorno mi racconterai anche questa. Adesso ho bisogno di un qualcosa che fermi questi martelli che ho in testa.»
Alzò in fretta lo sguardo, farfugliando qualcosa di incomprensibile, ma quasi sicuramente, era andata a prendere qualcosa potesse fare al caso mio. Tornò poco dopo, con un liquido verdastro, dall'odore decisamente nauseabondo. Non sapevo cosa fosse peggio, se l'orchestra che suonava proprio contro la mia tempia, o l'odore di quell'intruglio. Optai per la prima, e ingurgitai in fretta quello che c'era nella boccetta, il sapore era ancora peggio dell'odore.
«Puoi stare ben certa che è l'ultima festa a cui vengo.»
Morgana annuì, si era resa conto anche lei che avevamo decisamente passato il limite. Per quanto fosse dispiaciuta, pochi minuti dopo, sembrava già tutto passato. Continuava a guardarmi scalpitante, e sapevo bene cosa voleva sentirsi raccontare, e quel qualcosa, non era altro che il mio risveglio in camera Malfoy. La sua curiosità avrebbe atteso almeno un altro po', in fondo si meritava di rimanere sulle spine. Avevo bisogno di fare una doccia, i miei vestiti puzzavano terribilmente da lontano un miglio, e di certo io non versavo in condizioni migliori. Dovevo tornare in me, questa parentesi era durata fin troppo. Mi avvicinai all'armadio, prendendo distrattamente dei vestiti nuovi, e scappai sotto la doccia.
Una volta che l'acqua cominciò a scorrere su ogni centimetro del mio corpo, mi lasciai cullare da quella dolce sensazione, mentre ancora cercavo di ricordare cosa avessi combinato la notte precedente. Erano tutte luci e immagini sfocate, cercavo di spingere via qualcuno, mi sentivo stordita.
L'attimo dopo, una frase, che forse avrei fatto meglio a dimenticare, tornò alla mia memoria.
'Io non vado a letto con nessuno. Forse solo con Thomas, ma lui non c'è'
Cosa diamine mi aveva combinato l'alcool. Portai d'istinto le mani alla faccia, ero praticamente fottuta. L'unica mia speranza era che Zabini avesse avuto la decenza di non spiattellare tutto a Thomas, ci mancava solo questo.
Uscii in fretta dalla doccia, soltanto pensare a ieri, mi faceva sentire sempre più tramortita. Rimuginarci ancora era inutile, mi avrebbe fatto stare solo peggio. Avevo soltanto bisogno di voltare pagina. Mi rivestii in fretta, e il mio stomaco cominciò a brontolare più del dovuto, ricordandomi che oltretutto, avrei dovuto mettere qualcosa sotto i denti prima possibile.
Io e Morgana ci dirigemmo a passo svelto verso la Sala Grande, augurandomi che i guai mi avrebbero dato tregua almeno per il resto della giornata. Ancora una volta, mi ero sbagliata.
Delle urla provenivano dal corridoio, e più vicine eravamo, più queste diventavano sempre più forti. Continuavo a guardarmi attorno, ma non capivo da chi e da dove provenissero. Non passò molto tempo, prima che ne scovassi l'origine, data la calca di gente che si era riversata nel corridoio, bastava seguirla, seppure farsi spazio era impossibile.
«Prova soltanto a sfiorarla di nuovo, e io ti mando in infermeria per un mese, pezzo di merda!» strillò.
L'animo di quella voce non si placò, sembrava infuriato, completamente fuori di sé.
«Io ti ammazzo! Maiale!» gridò ancora.
Cominciai a sudare freddo, sapevo fin troppo bene di chi fosse quella voce, la fonte di tutte quelle parole cariche d'odio. Dovevo avvicinarmi, a ogni cazzo di costo. Tentavo di farmi spazio tra la gente, buttando per aria almeno una decina di ragazzi curiosi, che non facevano che stringersi intorno alla scena. Una volta lì davanti, non potevo credere alla scena dinanzi ai miei occhi, era assurdo, sbagliato. La sola cosa che vedevo era la figura di Thomas, sopra quello che doveva essere il capitano dei Corvonero, ormai irriconoscibile. Continuava a tempestare di pugni il volto del poverino, che come unico atto di difesa, aveva portato le braccia a coprirsi il volto, mentre blaterava giustificazioni e scuse senza alcun senso. Non potevo sopportare oltre.
«Thomas, basta!»
La mia voce sembrò tramortirlo, come se lo avesse fatto svegliare da un incubo, e mi lasciò il tempo necessario per lanciarmi contro di lui, spingendolo via da quel corpo. Non sapevo neanche io cosa avessi in mente di fare, stringevo con forza sue mani tra le mie, costringendolo a guardarmi. Eravamo entrambi in ginocchio contro il pavimento, il suo volto ad un palmo dal mio, tanto che riuscivo a sentire il suo respiro affannato sopra il mio collo, le nostre fronti poggiate l'una contro l'altra. Il resto della scuola mi sembrava scomparso. C'eravamo solo io e lui. Con le sue mani vicino al mio petto, la mia voce mi sembrò quasi un sussurro.
«Thomas, calmati. Va tutto bene»
Soltanto allora, Thomas sembrò tornare di nuovo in sé. Chiuse gli occhi per un attimo, non proferì neanche una parola. Quando mai io e lui ne avevamo avuto bisogno.
Tutto ciò sotto gli occhi di tutta la scuola. Sapevo bene di aver mandato in frantumi ogni possibilità di nascondermi dai pettegolezzi, ma in quel momento, lui era l'unica cosa che vedevo, e del resto, neanche mi importava. Ci avrei pensato dopo.
Si alzò di scatto, ma non lasciò comunque la mia mano, che continuava a stringere di fianco a sé.
«Andiamo a mangiare, non c'è nulla da vedere qui.» mormorò ancora arrabbiato.
Fu l'unica cosa che disse.
Non fui neanche in grado neanche di replicare, dato che mi stava trascinando con sé. Avrei dovuto essere in imbarazzo, arrabbiata, o qualsiasi altra cosa. Ma la realtà, era che non volevo lasciare la sua mano, quasi quanto lui non aveva intenzione di lasciar andare la mia. Era tutto tremendamente sbagliato, contro ogni morale, ma accanto a lui mi sentivo al sicuro, come se niente avesse potuto toccarmi.
Una volta al tavolo, Zabini ci salutò con un veloce cenno della mano. Gli sorrisi, ricambiando il saluto. Avrei dovuto ringraziarlo, prima che passasse troppo tempo:
«A proposito, grazie per ieri.»
Non era il mio forte, ringraziare le persone, fingevo fin troppo spesso di non aver bisogno di aiuto, da essermi convinta, con il passare degli anni, di non meritarlo. Non sapevo neanche che avessi fatto di preciso, per meritare tutto questo. In tutta risposta, Zabini fece spallucce, posando una mano sulle spalle del suo amico.
«Figurati. Thom mi avrebbe fatto fare la stessa fine del povero Berkey, se non ti avessi aiutato. A tal proposito, lo sai che da ubriaca sei più divertente? Sapessi tutte le cose che hai detto.»
Rise alla sua stessa battuta, ma si rese conto ben presto, che né io né Thomas, eravamo dell'umore adatto. Forse col passare del tempo, c'avrei riso anche io su.
Continuavo a tenere lo sguardo fisso su Thomas, aveva lo sguardo basso, quasi impenetrabile. Ma gli occhi, quelli erano diversi. Non erano più quelli di un ragazzo sfacciato e superficiale. Erano così profondi, cupi, quasi spenti. Mi domandai, nel profondo del cuore, se potessi davvero essere io la causa di tutto questo. Ricambiò il mio sguardo, rivolgendomi un'ultima frase.
«Per favore, occhioni. Non cacciarti più in queste situazioni.»
La sua, più che una richiesta, mi sembrava una supplica. Il modo dolce, quasi disperato, con cui lo disse, mi commosse. Non sapevo cosa dire, o come rispondergli. Gli sorrisi, realmente scossa da quelle parole.
«Te lo prometto» gli sussurrai
Un giorno, avrei capito quale tra le sue mille personalità, fosse quella vera.
Dopo poco uscii dalla sala, salutando imbarazzata Thomas, mentre andavo con Morgana incontro a James.
Fortunatamente, il resto della giornata passò senza altre sorprese, anche se, passeggiando per i corridoi, non potevo più evitare i sussurri che si scambiavano le persone ogni qual volta mi incrociavano, borbottando qualche diavoleria tra di loro. Ce n'erano di tutti i tipi, e Morgana per tutta la settimana, non fece altro che elencarmi tutte le voci che giravano su me e Thomas.
C'era chi pensava facessimo coppia fissa, e che il povero Louis ci avesse provato con me, finendo dritto in infermeria. Altri, supponevano che Thomas mi avesse trovato a letto con Berkey, e lo aveva steso in un raptus di gelosia. Dopo la terza o quarta storia, in realtà ne avevo perso il conto.
La settimana, nonostante questo, passò abbastanza velocemente. Per quanto io e Thomas fossimo tremendamente complicati, il tempo speso con lui era per me un toccasana. Mi faceva innervosire come ben poche persone, ciò nonostante, era il veleno e la cura al momento stesso. Avrei dovuto impedire tempo fa, che quella massa scompigliata di capelli biondi si catapultasse nella mia vita, ma ormai era tardi. Alcuni giorni più di altri, mi sembrava di sentire ancora le sue labbra sulle mie, e il solo pensiero ogni volta, mi procurava un brivido lungo tutta la schiena.
Eravamo diventati un binomio fantastico, scolasticamente parlando.
Avrei desiderato conoscerlo meglio, sapere della sua vita, della sua famiglia. Volevo conoscere Thomas. Malfoy credevo di conoscerlo già abbastanza bene, il ragazzo maschilista e strafottente, che fingeva che niente potesse scalfirlo. Ma io vedevo ben oltre, o almeno, mi piaceva pensare fosse così.
La lezione di quel giorno, non sembrava interessarmi più di tanto. Per quanto apprezzassi le lezioni di Trasfigurazione, oggi non ero decisamente in vena di trasformare tazze e penne. Sbadigliai distratta, aspettando che quella tortura finisse prima del previsto.
«Se annoia te, pensa a chi la sta sentendo per la seconda volta.»
Mi voltai verso Thomas, cercando di strozzare una risata. Sempre irriverente.
Fortunatamente, la lezione finì qualche minuto prima, probabilmente la professoressa neanche riusciva a sopportare tutti quegli sguardi persi e intontiti.
Prima che potessi essere fuori dall' aula però, qualcosa mi bloccò il passaggio, o meglio qualcuno. Non sapevo bene neanche chi fosse il ragazzo di fronte a me, ma lo avevo spesso al tavolo con James. A parte questo, non avevo la più pallida idea di chi fosse, o almeno non mi sembrava di ricordarlo, e soprattutto cosa potesse volere da me. Era un ragazzo alto, con delle spalle belle larghe. Portava i capelli corti, leggermente brizzolati e perfettamente ordinati, la mascella squadrata, e un paio d'occhi blu, cristallini come l'acqua.
«Ehi! Ti è caduto un libro, non te ne sarai accorta.»
Mentre mi porgeva gentilmente il libro, mi trovai a sorridergli. Era stranamente gentile.
«Oh, grazie. Se cerchi James, è agli allenamenti di Quidditch. Domani c'è la partita.»
Rise nervosamente, era palesemente in imbarazzo, ma alquanto adorabile.
«Io, ehm, cercavo te. Sono Albus Potter, davvero non ti ricordi di me?»
Oh, il figlio di quel Potter. La figura di suo padre e sua madre, era quasi leggenda tra queste mura. Doveva essere un tale fardello portare tutto quel peso sulle spalle, lo capivo bene. Adesso mi ricordavo di lui. Avevamo stretto amicizia durante il mio primo anno al castello, insieme a James. Ricordo che all'epoca, avevo preso una leggera cotta per quel tipo. Caspita se era cambiato.
«Grazie, per il libro. Certo che mi ricordo, eravamo insieme al primo anno.»
Se tutto ciò era uno stupido scherzo organizzato da qualche deficiente, gli avrei sicuramente rotto la faccia, senza troppi problemi.
«Sai, James mi parla spesso di te. Mi dispiace esserci allontanati. Non prendermi per pazzo, ma che ne dici, un giorno di questi, di andare a mangiare qualcosa insieme ai Tre Manici di Scopa, in memoria dei vecchi tempi?»
Sgranai gli occhi. Mi aveva appena chiesto di uscire, o avevo soltanto capito male? Mi sembrava tutto così assurdo, ma al tempo stesso, lo trovavo tremendamente dolce. Nessuno mi aveva mai chiesto di uscire, in tutti questi anni. Non credevo potessi interessare davvero a qualcuno.
«Ma certo, quando vuoi. Io adesso devo andare, ma ci vediamo presto. È stato un piacere, Al.»
Mi sorrise ancora, passando distrattamente una mano fra i capelli.
«Anche stasera?»
Per quanto la situazione fosse assurda, l'idea non mi dispiaceva affatto. Avevo bisogno di frequentare qualcuno che non fosse esclusivamente Thomas, cercando di ignorare il mio cuore scalpitante, che mi urlava che non era lui il ragazzo con cui volevo uscire.
«Anche stasera. Adesso devo proprio andare. Ci si vede stasera, suppongo.»
Non mi ero resa neanche conto di quanto le mie guance fossero arrossite, in tutto ciò.
Mi diressi verso la Sala Grande, dove immaginavo che Thomas mi stesse aspettando, con la solita aria spazientita, e le braccia conserte.
«Cosa voleva quello sfigato di Potter da te?»
Arrivederci Thomas, benvenuto Malfoy. Alzai gli occhi al cielo, e mi limitai a guardarlo con un'aria contrariata. Non era di certo il padrone della mia vita.
«Mi ha chiesto un appuntamento» ammisi.
Si bloccò improvvisamente, sbiancando di colpo. Ma cosa gli era preso? Non riuscivo a comprendere la sua reazione. Le sue labbra si erano ridotte ad una linea stretta, i pugni chiusi con una tale forza, che avevo sentito qualche osso scoccare. Anche le spalle, si erano come irrigidite, sembrava essere diventato di ghiaccio.
«E tu cosa gli hai risposto?»
Anche la sua voce era gelida, fredda.
Ma che diamine di domanda era? E soprattutto, perché gli interessava sapere con chi uscissi?
Non mi pare che io gli chiedessi con quante ragazze andasse a letto, e tutto ciò iniziava a spazientirmi.
«Beh, gli ho detto sì. Perché avrei dovuto rifiutare?»
Non disse una parola, si limitò a guardarmi, con un tale sguardo che faticavo a comprendere. Gli occhi erano chiusi a due fessure, scuri e impenetrabili. Poi se ne andò, così, all'improvviso, senza neanche una spiegazione, lasciando soltanto me in quel freddo corridoio.
Spazio autrice:
Buongiorno ragazze! Speravo di postare il continuo già ieri sera, ma continuavo a pensare che a questo capitolo mancasse qualcosa, quindi l'ho cambiato e ricontrollato almeno una decina di volte. Come vi avevo anticipato, eccovi il nuovo personaggio (già lo so che vi sta antipatico!) Ma il mio amore per Thomas non deve influenzare la storia!
Mi farebbe piacere avere la vostra opinione, spero di potervi mettere il continuo già domani. (in realtà il capitolo è anche scritto, ma come mio solito, lo devo sempre revisionare un po')
Se si va, come sempre, potete lasciare un commento o una stellina. Ci vediamo presto!
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