Chapter forty-seven: James Weasley
Per questo capitolo, se si va, mettete in sottofondo ''Another Love'' di Tom Odell
Credo di non poter mai più dimenticare il rumore sordo del mio cuore che si spezzava, l'attimo preciso in cui tutte le mie certezze crollarono come pezzi di un diamante infranto, spaccandosi in milione di schegge che non sarei mai più stata in grado di ricomporre.
Era James quello tra le braccia di Thomas, gli occhi chiusi e il volto così pallido, come mai lo era stato. Lui che era sempre così pieno di vita, così allegro, risplendeva di luce propria.
La morte non gli donava, non poteva essere vero, doveva trattarsi di un incubo. Mi sarei risvegliata nel mio caldo letto, e le immagini che scorrevano davanti ai miei occhi si sarebbero ridotte solo un ricordo lontano, un'immagine sbiadita.
Ma non fu così.
Era tutto fottutamente reale.
Mi lanciai sul corpo senza vita di mio cugino, e il tocco con la sua pelle così fredda e inerme mi devastò, gettando nell'oblio ciò che rimaneva della mia anima.
Gridai il suo nome, così forte che riecheggiò in ogni parete del castello, così disperatamente che mi parve di scorgere le pareti tremare.
Non mi curavo neanche del sangue che mi imbrattava le mani, Thomas ne era ricoperto. E Clarissa, lei era pietrificata, incenerita.
Non si muoveva, tremava come una foglia, piangendo in una maniera così silenziosa, con Morgana che per quanto potesse, cercasse di rimetterla in piedi.
Non capivo più nulla, mi sembrava tutto così immateriale, così crudele e spietato. Ma ancora una volta, mi dovetti rendere conto che le fiabe erano una grande stronzata, e che la vita vera e propria faceva schifo.
I sentimenti erano i nostri peggiori nemici, i nostri demoni peggiori, e proprio in quell'esatto momento, io avrei preferito esser fatta di pietra, in modo che nulla avesse potuto scalfirmi, che niente al mondo avrebbe potuto distruggermi.
Forse era meglio non sentire niente, che avvertire tutto così profondamente, come uno squarcio in pieno petto.
E adesso eravamo tutti riuniti in quella stanza così fredda e tetra, senza l'ombra di una decorazione, senza la bellezza di un quadro o di qualcosa che avrebbe potuto rendere giustizia a James. Le mura di quella sala erano grigie, asettiche, vomitevoli. Era un semplice quadrato con dei pilastri in legno a ogni angolo, e un piccolo altarino rialzato sul fondo, posto giusto al centro. Proprio lì giaceva il corpo inerme di James.
Guardarlo era una tortura, l'amara consapevolezza che niente sarebbe stato più come prima.
Nessuno di noi lo sarebbe stato, avevamo tutti perso qualcosa. Chi un amore, chi un amico, chi un angelo custode.
Chiunque fosse presente in quella piccola e gelida stanza, era qualcuno che gli voleva bene, che lo aveva conosciuto, apprezzato o rispettato. E nel profondo, mi riempii il cuore vedere quante persone lo compativano con tristezza, tutti sconvolti e scossi da ciò che gli era accaduto, giungendo alla dolce consapevolezza che James Weasley aveva saputo farsi amare da tutti, nessuno escluso.
E io che ancora ingenuamente pensavo che mi sarei risvegliata, e James sarebbe stato proprio lì accanto a me, che vana fantasia.
Ma in un lampo, l'improvvisa e scioccante rivelazione di Clarissa spiazzò ogni volto, scatenando il panico dentro quella sala. Si levò un coro chiassoso di brusii e lamentele, ma nonostante ciò non abbasso lo sguardo neanche per un istante, porgendo su di un piatto d'argento il suo stesso padre, senza alcun rimorso nella sua voce. Era tremendamente forte, e mi chiedevo se anche io fossi apparsa così, vista dall'esterno.
Thomas le si fece più vicino, sfiorandola con una tale delicatezza, quella di chi aveva paura che un movimento più affrettato avrebbe potuto ridurla in pezzi, più di quanto già non lo fosse.
La sua stessa famiglia era nient'altro che una setta di spietati assassini, e il padre ne era al comando. Cosa poteva esserci di peggio? E in fondo, nessuna poteva capire meglio di me, quanto doloroso fosse sapere di non avere una famiglia da cui fare ritorno.
I miei zii, assieme alla piccola Rose, erano stretti attorno al cadavere di James; la mia cuginetta stringeva forte la sua mano, incapace di reprimere l'orrore e il dolore di chi si trovava a piangere un fratello, un figlio, un eroe.
La rivelazione di Clarissa cambiò tutto, rivoluzionò l'intera sala.
Adesso avevamo qualcuno da incolpare, qualcuno da fermare, da odiare.
Eppure neanche questo parve allievare il nostro dolore. Non ci sarebbe stato nulla in grado di farlo, neanche la stessa giustizia. Ma afflitta da quel supplizio che mi lacerava l'anima, lo giurai a me stessa, lo giurai a James: io avrei fermato quel bastardo, e avrei ottenuto giustizia per tutto ciò che gli aveva tolto, per ogni cosa che avesse levato noi.
In quel corpo morto posato lì sopra, io non potevo far altro che scorgerci il bambino con cui giocavo spensierata nel prato, l'unico a cui permettessi di chiamarmi Loly, il solo con cui mi concedessi di mostrarmi debole. James mi vedeva davvero, credeva in me, mi voleva bene.
Ed è per lui che avrei cercato di essere per come mi reputava. Più coraggiosa, più forte.
Era solo aggrappandomi a quei ricordi, alle sue parole, ai nostri discorsi, che concedevo a me stessa di non mollare, ma di usare quelle memorie come la roccia su cui premere, come l'ancora che mi salvasse dal baratro.
Avevo perso la parte migliore di me, quella che mi riteneva una persona più buona di quella che mostravo essere.
Clarissa avanzò di qualche passo, cercando in sé il coraggio per poter essere abbastanza vicina da sfiorare il corpo che giaceva inerme, ma non ce la fece, non subito.
«È inutile che iniziate a scalfirvi. Ho solo il sangue in comune con quell'essere. Ha ucciso a sangue freddo il mio migliore amico, per me conta meno di niente.»
Parlò con una voce così fredda e tagliente, che rabbrividii al solo sentirla. Non era mai stato da Clarissa parlare così, senza calore nel suo tono, con un odio che potevo capire bene quanto la stesse consumando.
Nessuno ebbe il coraggio di trascinare oltre la conversazione, non ci fu anima che ne ebbe la forza.
Dal fondo della sala, fu stesso Clarissa a notare un volto che nel panico del momento, a me era sfuggito: quello di Aurora.
Perfino in quella situazione, lei si nascondeva in un piccolo angolo, senza dare troppo nell'occhio.
Era rannicchiata contro un angolo di quella stanza, le gambe strette al petto, lo sguardo di chi aveva appena perso l'amore della propria vita. Quei brillanti occhi azzurri, adesso erano ricolmi di lacrime, gonfi e rossi rispetto al suo volto così pallido e scavato; i capelli parevano essere così sciatti e disordinati, e quelle filigrane dorate che erano sempre così brillanti e ordinate, adesso sembravano più che altro una matassa disordinata, raccolta distrattamente dietro la testa, da cui qualche ciuffetto ribelle sfuggiva ancora.
Singhiozzava in silenzio, non smuovendo neanche per un istante lo sguardo da James, neanche per un battito di ciglia.
Clarissa si chinò a terra assieme a lei, arrivando ad essere alla stessa altezza. Per alcuni minuti, nessuna delle due disse nulla, entrambe non sapevano cosa potersi dire, e se poco conoscevo quella cocciuta Corvonero, sapevo che stava trovando le parole giuste per affrontare il discorso.
Non ero troppo lontana, proprio per questo, riuscii a capire ogni singola parola.
«Spero che tu possa perdonarmi in qualche modo. Non avrei mai voluto portarti via James...» disse, soffocando un singhiozzo, con la voce tremante «Sei stato l'ultimo suo pensiero. Ti amava, voleva che lo sapessi...» ammetterlo ad alta voce le spezzò il cuore ancora una volta.
Il volto di Aurora si fece ricolmo di lacrime, scendevano veloci e prepotenti, non si fermavano. Tutto il suo corpo era scosso da fremiti, dovendosi perfino ricordare di respirare.
«Non ho mai avuto l'occasione di dirglielo. Pensavo che avremmo avuto tempo, che avrei avuto più tempo... L'ultima cosa che mi ha detto è che sarebbe tornato da me, mi avrebbe portata di nuovo in spiaggia. Lo aspettavo con così tanta ansia, e adesso mi pento di tutto ciò che non gli ho detto. Avevamo ancora così tante avventure da vivere, che adesso non riesco neanche ad avvicinarmi, perché la morte non gli dona, non quando lui era vita allo stato puro.»
Ogni parola fu una coltellata dritta al cuore, e io maledissi ogni essere vivente per aver strappato a James un amore così puro.
Aurora scoppiò in un pianto disperato, crollando sopra la spalla di Clarissa, come se non riuscisse più a contenere tutta quella sofferenza, tutto quel risentimento. I suoi singhiozzi affranti riecheggiavano per tutta la sala, ammutolendo ogni presente.
Per la prima volta dopo tutte quelle ore, forse si stava davvero sfogando, stava cacciando tutto fuori.
A tutti i presenti scese una lacrima, perfino ai più insensibili.
Era così straziante, e io non sapevo come convivere con tutto quel dolore, con tutto ciò che James Weasley si era lasciato alle spalle.
Clarissa stringeva Aurora a sé più forte che poteva, mentre tutti non potevano far altro che guardare inermi. Le porse un piccolo foglietto bianco ripiegato, un po' imbrattato e sgualcito, che ripose nella tasca della giacca della dolce Tassorosso.
«Questo appartiene a te, leggilo solo quando ti sentirai pronta. Non devi farlo per forza adesso.»
La sua voce mi parve quasi un sussurro, e io fui tra i pochi a scorgere quelle flebili parole.
«È normale che io ne senta già così tanto la mancanza? O sto soltanto impazzendo?» chiese in un sussurro.
«Probabilmente siamo tutti impazziti» sentenziò Clarissa, stringendola in un ultimo abbraccio.
Io avevo visto fin troppo, e non riuscivo a sopportare oltre.
Avevo bisogno d'aria, un posto dove poter trovare la pace, e far scomparire tutto quel chiasso, tutto quel supplizio.
Uscii di soppiatto dalla sala, sperando che James, ovunque lui fosse, sarebbe riuscito a capire il motivo del mio gesto. Probabilmente anche lui avrebbe fatto lo stesso.
I corridoi del castello non erano mai stati così silenziosi, così tanto che neanche si udivano i fantasmi borbottare tra di loro, e ogni dama e principe che viveva dentro gli affreschi non osava pronunciare una singola parola.
Svoltai l'angolo verso una serie di piccole scale che sorgevano nascoste dietro un muro di cemento, certa che nessuno avrebbe fatto caso a una piccola anima persa come me.
Mi portai le mani tra i capelli, tentando in ogni modo di regolarizzare il mio respiro. L'aria non entrava nei miei polmoni in alcun modo, mi concentravo su un punto fisso, su un'idea, cercavo in ogni modo di riprendere il controllo, ma il peso sopra il mio petto diventava sempre più pressante.
Neanche riuscivo a urlare, ero completamente immobile. Una ragazzina spaesata che non sapeva come gestire un attacco di panico.
«Non dovresti rimanere sola, non in un giorno come questo.»
Alzai immediatamente lo sguardo, riconoscendo all'istante la provenienza di quella voce, era Theo.
I suoi occhi scuri e castani mi scrutavano con una certa tenerezza, e non mi resi neanche conto di quanto sentire la sua voce e concentrarmi sulla sua figura, aiutò il mio respiro a tornare quasi normale.
«Ho imparato anni fa a convivere con la solitudine, non ho mai avuto nessuno. C'era solo James, in quei giorni in cui non mi odiava per il colore della mia divisa» sentenziai severa, ma credendo in ogni parola.
Probabilmente così sarebbe corso via, avrebbe capito che non ne valeva la pena perdere tempo con una come me. Così facevano tutti.
«Adesso ci sono io, e non ho alcuna intenzione né di odiarti per il colore della tua divisa, né di lasciarti qui a piangere da sola.»
Senza lasciarmi neanche il tempo di replicare, prese posto accanto a me, continuando a voler disperatamente nei miei occhi, e magari ripescare la mia anima dal baratro.
E diamine, ci riusciva così dannatamente bene.
«Chi mi dice che non te ne andrai anche tu?»
«Ho forse l'aria di qualcuno che ha intenzione di lasciarti andare?»
Nonostante tutto, sbucò un flebile sorriso tra le lacrime e il dolore.
Non avevo mai avuto nessuno come lui, e non sapevo neanche come gestire tutta quella marea di sentimenti strani e mai provati finora. Il mio cuore non aveva mai accelerato la sua corsa per nessuno, mai la vista di un ragazzo mi aveva fatto sentire così stralunata, catapultata direttamente in un'altra galassia, di cui eravamo gli unici abitanti.
Senza aggiungere nulla, continuavo a perdermi dentro di lui, e nel mentre, prese la mia mano tra la sua, intrecciandole insieme.
«Spero proprio di no» gli risposi in un sussurro.
E fu solo grazie a lui, che dopo quella che mi parve un'eternità di solitudine, trovai la tanto agognata pace. Non avrei mai creduto che potesse esistere anche per me.
-
All'alba del giorno che seguì, si sarebbe celebrato il suo funerale, e nessuno era davvero pronto. Guardavo ancora allo specchio il mio tubino nero, perfettamente lucidato e stirato, che aderiva stretto lungo tutta la mia figura slanciata, e mai avrei pensato che avrebbe potuto darmi la nausea.
Oggi avrei dovuto dire addio a James Weasley, e io stupida e superficiale non riuscivo a ricordare neanche quale fosse l'ultima cosa che gli avessi detto.
La cerimonia si sarebbe tenuta sulle sponde del Lago Nero, a cielo aperto, su della fine erba appena tagliata.
Perfino il tempo pareva aver intuito il nostro umore, con le nuvole chiuse e grigie che minacciavano pioggia, e un vento leggero ma pungente, che faceva rabbrividire ciascuno dei presenti.
L'intera scuola era presente, non mancava nessuno, se non quei bastardi che sapevamo essere parte di quella congrega di maniaci, e che opportunamente se l'erano data a gambe.
Codardi.
Clarissa, così come tutti gli altri, erano già lì in prima fila, il volto ancora rosso per il pianto, e gli occhi così gonfi che sembravano due palle da biliardo, con due occhiaie nere e profonde sotto gli occhi. Ma in fondo, chi è che non stava così?
Un insolito pianoforte nero e raffinato sorgeva proprio al fianco della sua bara, decorata con le sciarpe di tutta la squadra di Quidditch, assieme a una fila di rose rosse e bianche, che correvano lungo tutto il perimetro. Mi chiedevo a cosa sarebbe mai potuto servire.
Presi un profondo respiro, costringendo l'aria ad uscir fuori dai miei polmoni. Non potevo crollare, dovevo tirare avanti un altro giorno ancora. E poi un altro ancora.
La preside avanzò verso il centro di quel piccolo spazio, prendendosi un attimo per ponderare con la massima cautela le sue parole.
«Fin troppo presto, ci ritroviamo a piangere un compagno, un amico, un cugino. Non ci sono parole per esprimere quanto sia grande il dolore di ciascuno di voi. Ho perso io per prima, ho perso come preside nel momento in cui ho permesso che una cosa simile accadesse. James Weasley era più di uno studente, più di un amico, più di un ragazzo. Era un eroe, e come tale verrà sempre ricordato.»
Dovetti strizzare gli occhi più e più volte, evitando di piangere ancora davanti a tutti.
Te l'ho promesso Jamy, sarò forte.
Sperai che in qualche modo, avesse potuto sentirmi. La preside si allontanò, lasciando a ciascuno di noi il modo di prendere parola, ma era dannatamente difficile, perché neanche tutti i discorsi del mondo avrebbero potuto rendergli giustizia.
Ma come è giusto che sia, Clarissa avanzò verso il centro, asciugando velocemente le lacrime dal suo volto, trovando dentro se stessa la forza necessaria per potergli dare un ultimo saluto.
«Parlare oggi di James Weasley, sarebbe come parlarvi di una parte di me, una delle più belle. Lui è stato il primo vero amico che io abbia mai avuto, c'intendevamo alla perfezione, non avevamo neanche bisogno di parlare. Bastava uno sguardo, e tutto era spiegato, tutto era chiaro. Era il mio angelo custode, glielo dicevo sempre, ed è stato così fino all'ultimo secondo. Per me James Weasley non sarà mai morto, non finché nella mia testa risuonerà ancora la sua risata, il suo borbottio lamentoso, non finché sentirò le note di un piano. Non saprò mai esprimere a parole cosa fosse lui per me, posso dire solo che non sarò più la stessa, e che assieme a lui, ho perduto una parte di me. Era la mia famiglia, la mia casa. Ne sento già la mancanza, e probabilmente mi direbbe che sono troppo sentimentale, ma è la dannata verità. Io vorrei solo che tornasse da me... Lo vorrei più di ogni altra cosa.»
Non riuscì a proseguire oltre, spezzata dalle lacrime incombenti che le sgorgavano fuori come un fiume in piena. Rimase per un attimo immobile, e nulla se non le gocce salate che toccavano il terreno l'accompagnavano. Si voltò verso la bara alle sue spalle, chinandosi per far aderire le labbra a quel legno lucido. Tornò poi silenziosamente al suo posto, stretta tra le braccia di Thomas che l'avvolsero completamente, quasi volessero risucchiare via da lei tutto il dolore che stava provando in qual momento.
Nessun altro avanzò oltre, rimanendo per qualche minuto a udire il fruscio del vento che scostava i nostri mantelli e i nostri capelli.
Non potevo permettere che se ne andasse così, non senza che potessi parlare di lui un'ultima volta.
Mossi un passo in avanti, e sentii immediatamente il peso delle responsabilità che gravava proprio sulle mie spalle. Non sapevo se ne sarei stata all'altezza, ma per lui ci avrei davvero provato.
Una volta che mi trovai lì davanti, trovare tutti quegli sguardi puntati contro non era confortante. Però poi provai a chiudere per un attimo gli occhi, fingendo solo per un secondo che lì davanti ci fosse soltanto una persona, l'unica che avrebbe sentito ogni mio discorso con interesse, senza giudicarmi oltre, senza aspettarsi nulla da me. Uno dei pochi a cui avrei raccontato tutto di me.
E fu quando riaprii le palpebre, che trovai il coraggio di proferire parola.
«Se penso a James, ritorno immediatamente all'infanzia, a quando eravamo più piccoli e spensierati, e correvamo lungo i prati verdi non curanti di nulla, ai giochi stupidi che eravamo soliti fare, la spensieratezza che era in grado di trasmettermi. James Weasley è stato il primo a vedermi per davvero, a riuscire a guardare oltre la nostra casa, oltre al rosso e al verde, e credendo fermamente che potessi essere una persona migliore. Ha lasciato il vuoto dietro di sé, la devastazione più totale, lo vedo negli occhi di Clarissa, di Aurora, di Morgana, di chiunque abbia avuto modo di conoscere il vero lui. Quello spavaldo giovanotto che non si è mai tirato indietro, che non si è mai nascosto, che ha vissuto tutto così intensamente. Io non so più che dirvi di lui, perché ho troppi ricordi che mi premono le meningi, e che bruciano come fuoco ardente. Vi prego solo di non dimenticarlo, di non rendere vano il suo sacrificio. Perché se avessi saputo quello che so adesso, io probabilmente l'avrei stretto un po' più forte, e gli avrei detto che lo volevo bene, più di quanto immaginasse.»
Per quanto ostentassi di apparire forte e indistruttibile, non potetti evitare alle lacrime di farsi spazio lungo il mio volto, cascando dritte verso il terreno umido e fangoso.
Era arrivato il momento di dirgli addio, e da quel momento in poi avrei dovuto convivere con l'idea che non ci sarebbe più stato nelle nostre vite. Mai ci fu consapevolezza più difficile da accettare.
Posai le mani sulla bara di mogano, carezzandola piano, mentre qualche altra goccia di pianto vi si posava.
«Ti voglio bene Jamy, scusa se te l'ho detto troppo tardi» sussurrai contro quel feretro freddo, in modo che solo io e lui potessimo sentirlo.
Quando tornai lungo la schiera di ragazzi, non mi sentii meglio, per quello ci sarebbe voluto del tempo, ma sicuramente mi tranquillizzai.
Sapevo che c'era un'ultima persona che avrebbe voluto prendere parola, e non fui affatto stupita di vedere Aurora camminare tacitamente verso la cassa di fronte ai nostri occhi, ma la cosa che mi lasciò di sasso, fu vederla sedersi sulla panca del pianoforte.
«I vostri discorsi sono stati così belli, che forse non potrei equiparare. Vorrei ricordare James in un altro modo, nel modo che lui da sempre amava: attraverso la musica. Vorrei suonare per lui un'ultima volta, e credere che sia qui seduto accanto a me, in attesa di mettere le mani sul pianoforte.»
Le sue parole così dosate, resero umidi gli occhi di ciascuno di noi, e senza attendere ordine alcuno, volgemmo tutti le nostre bacchette verso l'alto, illuminando quel cielo così tetro.
Non appena le sue dita si posarono sulla tastiera, ne fummo completamente travolti. Era una melodia così dolce, così sofferta, che soltanto per un attimo mi parve davvero di vedere James seduto accanto a lei, intento a guardarla con quell'aria così sognante.
Il testo di quella canzone sembrava essere scritto appositamente per loro, ne percepii l'emozione di ogni singolo verso, la sofferenza di ogni singola lettera. Si posavano direttamente sul cuore, e lasciarsi sfuggire qualche singhiozzo era impossibile.
And I wanna kiss you, make you feel alright
I'm just so tired to share my nights
I wanna cry and I wanna love
But all my tears have been used up
Ma lei suonava immobile, senza versare neanche una goccia salata, abbandonandosi completamente ai ricordi, alle emozioni, alla musica. James riviveva attraverso quell'armonia di accordi, era proprio qui affianco a noi, ci sorrideva felice, e suonava spensierato, cantando assieme all'amore della sua vita.
And if somebody hurts you, I wanna fight
But my hand's been broken, one too many times
So I'll use my voice, I'll be so fucking rude
Words they always win, but I know I'll lose
Ognuno esprimeva il dolore a proprio modo, col proprio tempo, e incantati dal suono di quei versi, ciascuno di noi gli volgeva l'ultimo saluto.
Erano tutti coscientiche la ferita causata non si sarebbe mai più rimarginata, ma quel giorno serviva a noi per poterlo commemorare e ricordare, celebrandolo come l'eroe che era sempre stato, e come lo spavaldo Grifondoro che avrebbe per sempre albergato i nostri cuori.
Ragazzi buonasera. Scusate per la tematica forte trattata in questo capitolo, spero di non essere stata troppo pesante. James era un personaggio importante, fin troppo, e volevo rendergli il giusto onore con questi capitoli, approfondendo a dovere la reazione di ogni singola persona.
Vi giuro che, per quanto possibile col susseguirsi della trama, arriveranno capitoli più allegri. Ormai la storia sta entrando nel suo ciclo finale, mancano dieci capitoli al finale, ed è ovvio che la storia sarà un po' più tesa.
Spero di avervi emozionato almeno un po', e di non avervi appesantito. Ma volevo dare il giusto saluto al nostro piccolo James!
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