Chapter forty: On each other team
Avere Albus Severus Potter come braccio destro era peggio che avere una spina ficcata nel fianco, almeno quella c'era possibilità di levarla, invece questo deficiente doveva rimanermi incollato al fianco per tutta la settimana. Sapere per giunta che facesse parte della feccia che infestava questa scuola, e non poter far nulla per dimostrarlo, non aiutava di certo. Avevo le mani legate, e questo non faceva che aumentare la mia frustrazione e il risentimento. Per tutto ciò che aveva fatto, il minimo sarebbe stato spaccargli la faccia, e invece veniva giudicato anche come uno degli studenti migliori. Ma per favore!
Non esisteva coalizione, e il risultato si vedeva palesemente dalla riuscita a stento sufficiente delle due Pozioni.
Dalla fila degli spalti, l'unica mia consolazione era Aurora, con quei suoi occhi azzurri brillanti che guardavano fisso verso di me, mentre con un semplice sorriso mi faceva tornare sereno e tranquillo.
Alla fine della prova il risultato non m'interessava neanche più di tanto, in quanto la mia attenzione era totalmente rivolta verso Clarissa, notando immediatamente il suo volto ricolmo di lacrime, mentre si faceva spazio tra la folla e si allontanava per prendere un po' d'aria.
Non ci pensai su due volte, e l'attimo prima che tutta l'orda di studenti rendesse il passaggio impossibile, mi precipitai verso di lei.
Raggiungerla fu alquanto difficile, era minuta, ma diamine se avesse un passo veloce!
Una volta fuori dalla sala, mi resi conto che la scuola era letteralmente vuota, senza neanche un'anima viva che camminava tra quei corridoi, così freddi e asettici; questo fu un vantaggio, perché così era semplice capire che l'unico rimbombo dei passi che si udiva, era quello dei piedi di Clarissa, mi bastò seguirne il suono per trovarla.
Si fermò qualche metro più avanti, poggiata con la schiena e il capo contro le fredde pareti in mattone del castello, tentando invano di calmare il suo respiro, con il petto che andava su e giù in maniera irregolare, e le lacrime che ancora non smettevano di scendere copiose. Strinse gli occhi con violenza, lanciando un urlo che mancava poco che crepasse qualche mattonella. Era un grido di frustrazione, di rabbia fin troppo repressa, una richiesta di aiuto disperata, come se stesse lentamente affogando, e cercasse un'ancora in mezzo all'oceano aperto.
Mi avvicinai velocemente, senza che avesse neanche il tempo di controbattere e la strinsi forte a me. Sussultò quasi spaventata, probabilmente non mi aveva sentito arrivare. Portando il suo volto stretto sul mio petto, le accarezzavo piano i capelli, lasciando lentamente i singhiozzi cessassero, e il suo battito cardiaco tornasse al suo ritmo regolare. Rimanemmo così per un po', mentre sfogava tutta la sua preoccupazione, i suoi drammi e tutto il mondo che le scoppiava dentro. Sarei potuto rimanere così anche tutta la vita. Dopo un po' si sciolse dalla mia presa, asciugandosi velocemente le lacrime umide che ancora le bagnavano il volto, rivolgendomi un sorriso quasi commosso.
«Sei il mio angelo custode, Jam.» disse con un filo di voce.
Le carezzai dolcemente il viso, rivolgendole a mia volta un caldo sorriso.
Proprio in quel freddo corridoio, mi rendevo conto di quanto fosse fragile, con quante cose ogni giorno dovesse combattere, e del mondo che si portava dentro giorno dopo giorno. Glielo si leggeva in quegli occhi color nocciola ancora lucidi, un po' arrossati per il pianto. Era in momenti come questi che la sua vera anima veniva fuori, senza nessun artificio a nasconderla, nessun sorriso forzato, nessuna barriera.
Per quanto fragile potesse apparire, ciò che la feriva e la indeboliva, al tempo stesso era quello che la rendeva dannatamente forte agli occhi di tutti. Era una guerriera, una di quelle che si rialzava anche dopo aver ricevuto la peggiore delle ferite, tornando a combattere con ancor più audacia.
«Per così poco. Cosa è successo?»
Lei scosse di poco il capo, distogliendo lo sguardo per un secondo.
«Tutto e niente. Mi sono innervosita lì dentro, e non solo per quell'arpia di Alissa. Sentivo tutta l'ansia che mi circondava, le aspettative che la gente si era fatta. Sentivo tutti i mormorii della gente che mi guardava delusa e adirata, come se fosse già scontato che avessi dovuto eccellere. Senza contare che vivo ogni secondo della mia giornata temendo per la vita di te e gli altri, non riesco a fidarmi più neanche della mia ombra. Tutto questo mi sta facendo impazzire, Jam!»
La sua voce era esasperata e stanca, arrivata ormai al limite della sopportazione. Nessuno poteva biasimarla. Era come se fossimo tutti in attesa dell'inevitabile, appesi a un filo e consapevoli di poter cascare da un momento all'altro. Se possibile, quel tremendo stato di pausa era la sensazione peggiore che ci potesse essere, costretti a essere sempre guardinghi, pronti a guardarci le spalle e contrattaccare in qualsiasi momento.
«Ehi Cla, ascoltami. Che si fottano le aspettative, i giochi e tutto questo teatrino! Tu sei oro puro, e non per quello che puoi dimostrare preparando qualche Pozione, o vincendo uno stupido torneo, ma per quello che sai dare, per ciò che sei!»
Lei sospirò a fondo, tornando a guardarmi mentre apriva le labbra in un sorriso accennato, ma sincero. Gettò velocemente le braccia attorno al mio collo, stringendomi in un altro veloce abbraccio, mentre io le spettinavo scherzosamente i capelli.
«Sarei persa senza te nella mia vita, Jam! Grazie davvero, di tutto.» mi disse piegando leggermente la testa di lato, tornando a sorridere un po' più serenamente.
Pochi attimi dopo, sentii dei passi affrettati correre verso di noi, e se le mie ipotesi non andavano errate, doveva decisamente trattarsi di Thomas. Infatti se al rumore delle scarpe che battevano contro il suolo, ci aggiungevi anche un leggero respiro affannato, non fui molto sorpreso di trovare i capelli biondo scuro e gli occhi azzurri di Thomas, alle spalle di Clarissa.
«A furia di rincorrerti per il castello, perderò una decina di chili.» tuonò alle sue spalle, mentre allungava le braccia per cingerle la vita, stringendola a lui mentre le posava un dolce bacio all'incavo del collo.
Era arrivato il momento di sloggiare.
«Beh, suppongo che adesso tu sia in ottime mani, ci vediamo stasera Cla.» le dissi velocemente, dopodiché lasciai i due piccioncini intenti a battibeccare tra di loro.
Lentamente le persone che prima erano tutte ammassate dentro la sala dei giochi, adesso cominciavano a riversare i corridoi precedentemente vuoti, facendo volteggiare i loro scuri mantelli lungo tutto il castello, che pian piano si animava nuovamente grazie ai mormorii della gente e i loro commenti sugli esiti della prima prova. Le strade erano tutte un via vai sempre più fitto di gente, che dall'aula principale si diramava in tutte le direzioni. Mi guardai più volte intorno, rendendomi presto conto che in realtà cercavo una persona in particolare, anzi due occhi ben precisi. Continuavo a camminare per quei corridoi senza una meta certa, scrutando ogni volto e ogni persona.
E come accadeva sempre, fu ancora una volta lei a trovare me, sentendo la sua presenza proprio alle mie spalle; mi voltai immediatamente, nella certezza di trovare le sue iridi azzurre brillanti davanti a me, e il sorriso che immancabilmente le incorniciava il volto, e non sbagliai.
«Sei stato bravo prima.» disse timidamente, mentre le sue guance timidamente si coloravano di rosso.
«In realtà è stato un fiasco, ma sono contento che tu abbia apprezzato il tentativo.» risposi, accennando una risata.
«Ti è solo capitato un compagno orribile. Ma ciò non cambia il fatto che tu sia stato impeccabile! Io ti avrei fatto vincere.»
«Mi basta avere te, e sento di aver vinto comunque.»
In un attimo, portai le sue labbra sulle sue, temendo che se ci avessi pensato ancora troppo, avrei perso l'ennesima occasione. E io non avevo intenzione di perdermi neanche un altro secondo assieme a lei. Dopo un secondo di esitazione, si sciolse contro le mie labbra, e questo mi bastò per farmi sentire in paradiso.
Non mi sarebbe mai bastato il sapore di miele delle sue labbra, il modo in cui queste combaciavano perfettamente con le mie, annullando ed esaltando allo stesso tempo ogni mio senso, come se non fossi stato in grado di concepire nient'altro oltre lei.
Ogni volta staccarsi era come procurarsi una ferita autoinflitta, mentre un leggero fremito mi pervadeva tutto il corpo.
Le sue labbra si erano leggermente arrossate, e le sue guance si erano fatte ancor più colorite, mentre imbarazzata faceva specchiare quelle sue pozze azzurre dentro le mie.
«Sei troppo speciale James, occupi uno spazio del mio cuore sempre più grande.»
E invece a quelle parole, era il mio di cuore che stava letteralmente per scoppiare.
«Oh 'Rora, tu lo hai tutto il mio cuore, ogni singolo centimetro... Io ti...»
Non mi diede neanche il tempo di finire la frase, poggiando velocemente il dito sulle mie labbra, mentre i suoi occhi diventavano ancor più lucidi.
Sapeva bene cosa stavo per dirle, ed io ero cosciente di ciò che stavo per dire, pronto a gridarlo anche al mondo intero se ce ne fosse stato bisogno. Per lei avrei fatto tutto, questo e anche di più.
«Non dirmi qualcosa che già so, James. Dimmi tutto quello che invece non so.»
Fu lei questa volta a baciarmi, alzandosi timidamente sulle punte fino a toccare ancora le mie labbra, come due magneti che non riescono più a trattenersi, e irrimediabilmente finiscono per attrarsi l'uno all'altra.
Lei era la mia calamita, e in questo momento, il resto del mondo neanche esisteva più. Solo io e lei, per ogni secondo che la vita ci avesse offerto di vivere.
**
Non sapevo cosa avessi fatto per meritare persone del genere nella mia vita, ma ne ero dannatamente grata. Fu grazie a James, Thomas e tutti gli altri, che lentamente il mio rammarico e tutta la preoccupazione pian piano si dissipava, e tornava il sereno. Sapevano esattamente come far breccia nel mio cuore, e ogni volta gli dovevo più di un semplice grazie.
Adesso eravamo tutti riuniti, come se l'ansia e la tensione della prova di quella mattina non fosse mai esistita, mentre chiacchieravamo allegramente tra di noi, con Thomas che dolcemente allungava il braccio a cingere la mia vita, mentre di tanto in tanto mi lasciava qualche piccolo bacio all'incavo del collo, arrivando fino alla clavicola leggermente scoperta. Ogni volta una serie di piccoli brividi mi percorreva tutta la schiena, dovendo trattenere più volte dei piccoli gemiti, che a Thomas comunque non sfuggivano, e ridacchiava ogni volta malizioso.
Tutti lì riuniti in quell'ormai nostro tavolo verde e argentato, mentre fremevano dalla voglia di conoscere l'obiettivo della seconda prova, pronti in ogni caso già al peggio.
«Non saprei proprio cosa aspettarmi, ormai ho capito che Hogwarts riserva sempre nuove e terrificanti sorprese.» disse Morgana, mentre come suo solito spazzolava tutto ciò che pareva essere commestibile.
«Almeno che sia qualcosa in cui sono bravo.» sentenziò Brandon facendo spallucce, e mentre Morgana era distratta, le rubò scherzosamente l'ultima una patatina fritta dal piatto, mangiandola con un'aria alquanto soddisfatta. Il suo voltò si rabbuiò di colpo, fulminandolo letteralmente con lo sguardo, dandogli una pacca indignata sulla spalla.
«Ringrazia che ti amo, altrimenti non saresti ancora in grado di respirare. Non si ruba l'ultima patatina.» sentenziò fintamente offesa, scoppiando entrambi a ridere l'attimo dopo.
Amavo vederli così felici e complici, e mi si scaldava il cuore sapendo che finalmente avevano trovato la loro serenità, legati indissolubilmente l'uno all'altra.
Le nostre supposizioni vennero interrotte bruscamente ancora una volta dalla McGranitt, che dopo aver concluso la cena, prese ancora una volta parola, levandosi in piedi davanti a tutta la Sala Grande.
«Buonasera ragazzi, so che fremete dalla voglia di scoprire la prossima prova, ebbene sarete immediatamente accontentati: la seconda prova tratterà di una vera e propria competizione di volo. Ognuno di voi dovrà affrontare un arduo percorso sul dorso della vostra scopa. Se non ne possedete una, vi sarà data dalla scuola. Capisco che non molti siano molto pratici, quindi vi daremo l'intera giornata di domani per allenarvi, certi che darete il meglio di voi. Buona serata.»
La mia mascella rischiava davvero di toccare il pavimento, mentre Morgana si passava e ripassava nervosamente le mani nei capelli, battendo piano la testa contro il bancone un paio di volte, letteralmente esausta.
«Questa è la volta buona che mi ammazzo.» sentenziò ridendo istericamente.
Thomas e Brandon invece se la ridevano soddisfatti, mentre ci lanciavano qualche occhiata affettuosa.
«Suvvia dai, non sarà chissà quale impresa. Domani mattina fatevi trovare presto al campo, avete tre dei migliori giocatori di Quidditch al vostro completo servizio. Vi alleneremo noi.» disse prontamente Thomas, nella speranza di risollevarci l'umore, ma in realtà sapevamo bene che la situazione era davvero tragica e disperata.
Il giorno dopo come promesso, Thomas mi buttò dal letto letteralmente all'alba, costringendomi a indossare dei leggings comodi e qualcosa di adatto all'allenamento, e così fece anche Brandon con Morgana. Fuori il sole era ancora basso, e le primissime luci della giornata illuminavano fiocamente il campo, con soltanto qualche flebile raggio di sole che filtrava sull'erbetta fresca, ancora un po' umida a causa delle gocce di rugiada che la notte aveva portato con sé. Non faceva tanto freddo, il cielo era sereno, con poche nuvole bianche sparse in giro, il poco vento che c'era giocava a nostro favore, permettendoci ci stare lì fuori senza diventare dei veri e propri ghiaccioli.
«Ti giuro Bran, che se mi hai tirato fuori dal mio piumone per farmi finire col culo sul campo bagnato, ti do in pasto all'Ippogriffo.» lamentò Morgana verso Brandon, alzando le braccia verso l'alto per continuare a stiracchiarsi, ancora palesemente assonnata.
Lui rise di buon gusto, mentre allungava il collo per baciare Morgana, ma come risposta lei lo spinse via falsamente infastidita, impuntando una faccia corrucciata.
«Dai ragazze non vi abbiamo fatto gelare le chiappe qui fuori per chiacchierare scherzosamente, a lavoro!» tuonò Thomas improvvisamente, mentre passava a me e Morgana due scope praticamente nuove di zecca.
Non doveva di certo costare poco, il manico era rifinito benissimo, lucido e ben saldo, il colore nero sgargiante messo a nuovo, come se fosse appena stata comprata.
«É la mia scopa del Quidditch, usala tu per questa prova, io me la so cavare con qualsiasi altra.» mi sussurrò Thomas all'orecchio.
Lo so che era un gesto piccolo, ma per me contò come il mondo. Nonostante quella fosse la sua scopa preferita, quella che più era abituato a usare, scelse comunque di prestarla a me, seppure lui si sarebbe trovato nettamente più in difficoltà. Ancora una volta metteva me prima ancora di lui stesso, e io non potevo far altro che amarlo come non mai.
Lo baciai di scatto, mimando un flebile 'grazie' sulla punta delle sue labbra, per poi montare immediatamente in sella.
L'allenamento fu meno tragico di quanto ci fossimo immaginate, e alla fine volare su di quel manico di scopa non era poi così difficile e impensabile. Thomas e Brandon ci insegnarono come padroneggiare il volo, schivare i vari colpi che ci sarebbero potuti arrivare, virare e volteggiare senza perdere l'equilibrio, o rischiare di cascare di sotto. In realtà fu davvero divertente, e più che come un addestramento, iniziammo a prenderlo proprio come un gioco.
Tra una pausa pranzo e qualche piccola chiacchiera, la giornata passò letteralmente tra le nuvole, mentre gareggiavano scherzosamente tra di noi, imparavamo nuovi trucchi per andare più veloce e schivare gli ostacoli con più furbizia e agilità. In quel momento mi sentivo benissimo, leggera come le nuvole che arrivavo quasi a sfiorare, da non sentire più nemmeno il peso di tutte le responsabilità, dei pericoli imminenti e di tutto il male che ci circondava.
Serviva a tutti una giornata così, caratterizzata dalla spensieratezza che dovremmo avere alla nostra età, tra risate e romanticismo e perché no, anche un po' di sana e buona competizione, mentre continuavamo a scherzare su chi avrebbe trionfato alla fine della prova.
«Vedrete ragazzi, vi pentirete di tutto ciò che ci avete insegnato! Come si suol dire ''gli allievi supereranno i maestri''.» scherzai facendo una smorfia, mentre eravamo tutti seduti assieme al nostro tavolo.
Ormai eravamo tutti così inseparabili, che amavano definire quel tavolo come nostro, scoprendo che anche Theo era una persona assolutamente simpatica e disponibile, che si seppe integrare tra di noi senza che neppure ce n'accorgemmo. Di sottecchi ogni tanto notavo le veloci occhiate che Lorelaine gli lanciava, non sbilanciandosi mai comunque a qualche parola che superasse il cordiale standard, ma tornando più e più volte a cercare il suo volto ogni volta che arrivavamo al tavolo.
«Adesso non esageriamo. Un vero maestro non svela mai tutti i suoi trucchi.» rispose Thomas, alzando un sopracciglio affettuosamente infastidito.
Il resto della serata fu altrettanto tranquillo, così tanto che ci parve per un attimo di vivere un normalissimo anno scolastico in una scuola di magia perfettamente ordinaria, senza alcuna incombente minaccia pronta a divorarci. Ma in cuor mio, nel profondo, sapevo che erano solo gli ultimi istanti di tranquillità che precedevano una catastrofe inevitabile, ed egoisticamente pregavo che quel giorno fosse il più lontano possibile.
Ed ecco che se il giorno precedente l'aria che si respirava sapeva di tranquillità e giocosità, quella che s'inspirava oggi era totalmente l'opposto: così come quando si era tenuta la prima prova, la tensione era perfettamente percepibile, forse ancor di più della sfida precedente. Non appena tutti noi mettemmo gli occhi su quello che sarebbe stato il percorso che ci attendeva, qualsiasi senso di serenità scomparve immediatamente, sentendo subito un irrefrenabile senso di pericolo che non mi faceva stare per nulla tranquilla e rilassata.
Il campo di Quidditch era stato totalmente stravolto, e preparato a dovere per ciò che dovevamo affrontare; l'area era stata allungata, resa almeno il doppio più larga e grande di quanto era in precedenza, con le colonne di tribune poste a ogni lato del campo che già gremivano di gente che scazzottava tra di loro per ottenere i posti e la visuale migliore, aizzando cori e fischi per ciascuno di noi. Ma era il percorso in sé per sé a mozzare il fiato: la prima parte avrebbe previsto un fittissimo slalom, con i pali posti a una distanza davvero minima l'uno dall'altro, in modo che non fosse per nulla semplice e banale; a seguire c'erano dei veri e propri cerchi di fuoco tra cui saremmo dovuti passare, che terrorizzavano soltanto a guardarli, cinque per l'esattezza, posti tutti in maniera irregolare l'uno dall'altro, in modo che per passarli c'era bisogno di fare varie manovre, e non percorrere la strada semplicemente andando dritto. Come se non fosse la cosa peggiore, a seguire seguiva una sorta di piattaforma spinata, con lame fittamente appuntite che sorgevano al lato, lasciando solo un piccolo spazio centrale per poter passare. La fine di quell'infernale percorso della morte era dato da una serie di colpi da schivare e un altro paio di intoppi da cui dover passare, e aggiungerei finalmente, potevi dirti giunto al traguardo.
«Se potessi scegliere, non ti farei fare neanche cento metri di quel percorso. Ti prego occhioni, stai attenta. Fanculo la vittoria, non fare nulla di rischioso.» la voce preoccupata di Thomas mi colse alle spalle, guardando con occhi ansiosi ogni centimetro di campo che avremmo dovuto affrontare.
«Ci sei tu in campo, non ho paura di niente.» gli risposi, alzandomi leggermente sulle punte per posargli un dolce bacio sulle labbra, nel tentativo di placare un po' il suo animo.
Non ci fu abbastanza tempo per le carinerie e gli avvertimenti, sentendo la voce della McGranitt che tuonava dagli amplificatori che erano posti lungo tutto il perimetro.
«Streghe e maghi di questa prova, benvenuti alla seconda prova dei MaghiGiochi. Vi prego di prender subito posizione sopra le vostre scope e posizionarvi sulla linea di partenza. Come vedete, il percorso da affrontare è proprio sotto i vostri occhi, e non serve che io ve lo spieghi oltre. I giri da effettuare saranno tre, al termine del terzo, il primo che taglierà il traguardo sarà decretato vincitore della prova. Ovviamente dato che si tratta di un gioco di coppie, i punti di ciascuna persona verranno sommati insieme. Detto ciò, buona sorte a tutti voi!»
Ottimo, non solo avrei dovuto capire come sopravvivere a un singolo giro, ma addirittura dovevo tentare la sorte per ben tre volte.
La tensione era alle stelle, e il respiro di ciascun partecipante si era fatto pesante, senza che nessuno osasse distogliere lo sguardo dal proprio obiettivo. Il mio fondamentalmente, era sopravvivere a tutto ciò.
La campanella tuonò veloce sopra le nostre teste, senza che potessimo avere neanche il tempo di familiarizzare un altro po', e la corsa partì immediatamente.
Lo slalom iniziale non era assolutamente semplice, e dovetti ringraziare i consigli di Thomas su come sterzare con facilità, senza perdere il controllo della scopa. Al mio fianco avevo attaccata Alissa, che continuava a fulminarmi con lo sguardo, tentando più e più volte di destabilizzarmi, ma per mia fortuna riuscii a essere più furba anche di lei. Il mio cuore fremeva per lanciare lo sguardo alla ricerca di Thomas e il resto dei miei amici, ma sapevo che non potevo permettermi distrazioni, non questa volta.
Passando lungo i cerchi infuocati, sentivo sulla pelle il calore che emanavano, temendo per più di qualche secondo che avessero potuto ustionarmi pezzi di carne, sentendo specialmente le gambe riscaldarsi pericolosamente. Anche qui dovetti far conto sulla mia massima concentrazione, non perdendo la calma neanche quando sia Louis che Albus tentarono di spingermi fuori rotta.
Con la coda dell'occhio mentre passavo lungo l'ultimo cerchio, notavo che ci aveva pensato Thomas a rimetterli a posto, capendo immediatamente che mi aveva spianato la strada.
Cosa fai Thom, mi favorisci per caso?
Provai a dirgli, comunicando attraverso la collana, che brillò immediatamente al mio collo.
Te l'ho detto occhioni, e non mentivo, faccio il tifo per te.
La sua risposta non tardò ad arrivare, ma costrinsi comunque me stessa a non cedere alla distrazione.
Anche passare lungo la piattaforma spinata non fu decisamente semplice, dovendo far attenzione a non cedere terreno, e non deviare la mia posizione, mantenendola perfettamente dritta, nonostante più e più volte varie persone tentarono di intralciarmi la strada. Un altro paio di intoppi da superare, e con estrema fatica potevo dire di esser sopravvissuta al primo giro, notando che molte persone erano cadute, o si erano ferite lungo il percorso, essendo costrette a fermarsi per essere soccorse. Non era assolutamente una prova semplice, e il rischio di farsi male era alquanto elevato.
Il solo pensiero di dover ripetere ancora per altre due volte quegli ostacoli infernali mi terrificava, ma non che ormai avessi altra scelta.
Nonostante la mia scaltrezza, Thomas e Brandon mi superarono facilmente, aiutati dai tanti anni di esperienza nel campo del Quidditch. Erano loro a dominare la prova, e ne sarebbero stati sicuramente i vincitori, e nonostante la competizione, ne ero davvero contenta.
Poi qualcosa di strano accadde.
Durante lo slalom la mia scopa iniziò a impazzire, non ne avevo più il controllo, come se seguisse delle indicazioni totalmente casuali, e più e più volte mi ritrovai completamente fuori strada. Nonostante i miei contro incantesimi per tenerla ferma e reindirizzarla sulla corretta strada, era tutto vano. La preoccupazione più grande nasceva dal momento in cui c'erano i cerchi di fuoco ad attendermi. Ci passai così vicina, che sentii praticamente il mio piede sfiorare le fiamme, avvertendone immediatamente il dolore lancinante che ne seguii. La situazione non migliorò, anzi continuava a peggiorare. Iniziavo a credere che non ne sarei mai uscita viva.
Clarissa, quando te lo dico io, salta.
Cosa? Saltare dove?
Per quanto quell'artificio mi permettesse di guardarmi intorno, cercavo di scovare la figura di Thomas, non riuscendo comunque a scorgerla da nessuna parte. Dovevo fidarmi, se lui diceva di saltare, mi sarei buttata anche da un ponte.
Va bene, dimmi quando.
Intanto la piattaforma spinata di avvicinava, e non c'era modo per me di scansarla se qualcuno non fosse intervenuto immediatamente.
Il mio cuore iniziava a battere ancor più forte, mentre quelle spine si facevano sempre più vicine, come se potessi accusarne il dolore fin da adesso. Era la mia fine.
Ora!
La voce di Thomas tuonò nella mia testa, e anche se neanche un fiato uscì dalla sua bocca, ne percepii comunque l'urlo disperato.
Non avevo altra scelta, dovevo farlo.
Chiusi gli occhi e saltai, non sapendo neanche dove sarei finita.
Il secondo dopo sentii due forti braccia che mi stringevano la vita, poggiandomi di colpo in sella alla scopa, mentre atterravamo lentamente al terreno.
Quando riaprii gli occhi, mi resi immediatamente conto di star abbracciando la figura di Thomas. Sebbene aveva la vittoria in tasca, era tornato indietro soltanto per me.
«C'è poco tempo Clary. Non possiamo gareggiare insieme, quindi adesso prendi questa scopa e vai a vincere! Sono quelle della scuola, impossibili da stregare. Avrei dovuto pensarci. Vai!»
Le sue parole mi giunsero così veloci che non ebbi neanche il tempo di comprenderle a fondo, ma ne capii l'essenza abbastanza da agire il più velocemente possibile. Lo vidi scendere di fretta e furia dal manico della scopa, mentre io risalivo in cima più in fretta che potevo.
Ripresi esattamente dal punto in cui mi ero interrotta, recuperando velocemente terreno mentre applicavo alla lettera tutti i consigli che nella giornata di ieri mi avevano dato. Avrei vinto per lui, avrei vinto per noi.
Non m'interessava neanche più del piede probabilmente ustionato che mi causava delle piccole fitte acute di dolore. Ero concentrata su un unico obiettivo, e l'avrei portato a termine a qualunque costo.
Sfrecciavo quasi più veloce della luce, volteggiando e schivando chiunque cercasse di recuperare terreno e alla fine, tra ostacoli, cerchi infuocati e slalom assurdi, fui io la prima a tagliare il traguardo, seguita subito dopo da Brandon e James.
Scesi velocemente verso terra, dove già tutti gli studenti e gli insegnati erano raggruppati, godendomi a pieno la vittoria che avevo sudato fino all'ultimo secondo.
Tra fischi, applausi, tifoseria in subbuglio, capirci qualcosa era davvero impossibile. Mi sentivo esterrefatta, come se fossi in una bolla e sentissi tutto ovattato attorno a me.
Eppure ci fu una frase tra mille, che mi fece voltare di scatto, non aspettandomi assolutamente che una cosa del genere fosse detta proprio da lei.
«Clarissa... Ti prego perdonami, è stata colpa mia. Mi ci hanno obbligata.»
Ma di cosa diamine stava parlando?
Ebbene ragazzi, eccomi qua! Non credevo di riuscire ad aggiornare così presto, e invece eccomi qua. Come al solito essere sintetica non è il mio forte, ma giuro che io davvero ci provo, ma alcune scene davvero non possono essere tagliate, e amo cimentarmici fino in fondo, quindi mi scuso per i capitoli lunghi!
Posso dire che credo questa sia una delle mie prove preferite, l'ho decisamente amata! Spero di aver trasmesso almeno un po' anche a voi, e di aver reso bene l'idea che avevo. Cosa ne pensate di questa prova? Meglio della prima?
Quale vi aspettate sarà la prossima? E ancora più importante, chi credete che sia la ragazza che ha dovuto ''stregare'' la scopa di Clarissa? EHEH via con le supposizioni!
Adoro davvero leggere tutti i vostri commenti e le vostre teorie! Spero di poter pubblicare un altro capitolo prima della fine dell'anno! Intanto aspetto i vostri commenti per questo!
Un bacio, e spero stiate passando buone feste!
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