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Chapter forty eight: You are my safety

Annegare i dispiaceri in quella bottiglia di Firewhisky ormai mezza vuota non era la soluzione migliore, lo sapevo bene. O almeno, il lato di me razionale e calcolatore ne era consapevole.

Ma era da una settimana a questa parte che quella parte di me non osava più proferire parola, non si esprimeva più. Il dolore per la perdita di James non mi abbandonava, non si affievoliva, continuava a soffocarmi senza sosta. Non riuscivo più a spegnere la testa, non dormivo, non senza ritrovarmi circondata da demoni e incubi, e ogni risveglio era sempre peggio del precedente. Ero stanca, affranta, distrutta, e almeno per una sera volevo essere una maledettissima ragazza che butta giù un litro d'alcool, con la speranza di poter annebbiare i pensieri e i dolori, credendo che almeno per un paio d'ore avessero smesso di fare così male.

Il risultato però non era stato granché, e adesso mi ritrovavo a barcollare fino alla mia stanza, perdendo l'equilibrio a ogni tre passi che facevo, non mancando neanche di inciampare ogni venti metri. Mi sarei risvegliata con dei bei lividi sulle gambe, accidenti a me!

Il lungo corridoio in pietra e mattoni grigi davanti a me mi sembrava così confuso, a stento lo riconoscevo, ai miei occhi pareva tutto così sfocato, così impercettibile.

Non me ne importava, non in quel momento, e l'unica cosa che riuscivo a mettere a fuoco era la mia bocca umida che si attaccava ancora al collo della bottiglia, beandomi nella sensazione amarognola del liquore che scendeva liscio lungo tutta la mia gola, avvertendone a stento il pizzicore.

«Diamine Clary, ti sto cercando da tre ore... Ma che cosa stai combinando?»

Ed eccolo, l'eroe aitante che mi avrebbe salvato dalle tenebre era arrivato, anche se dovetti affidarmi soltanto alla mia innata abilità di riconoscerlo ovunque, e in qualsiasi situazione.

La figura distolta di Thomas credo fosse proprio davanti a me, corrucciata e a braccia conserte, mentre mi strappava la bottiglia dalle mani, lanciandola chissà da quale parte del castello.

«Ma non era ancora finita...» biascicai, scontenta di non averne bevuto fino all'ultima goccia. «Non te l'hanno detto che è peccato sprecare così dell'ottimo Firewhisky!» mi lamentai.

Lo sentii sospirare sonoramente, mentre allungava le sue braccia lungo le mie gambe e le spalle, in modo da potermi alzare e portare più facilmente in camera.

A pensarci, non era così male l'idea di andare in stanza con lui, mi venivano in mente un paio di cose che avremmo potuto fare, e nessuna di queste era pura e casta.

«Sei ubriaca fradicia, non ti posso lasciare sola per un attimo! Anche il tuo alito è davvero pessimo» borbottò infastidito.

«Ma non lo sai, sono ubriaca di te! Adesso che ci penso, andare in camera da letto è un'ottima idea, ci sono tante cose che potremmo fare, non sei d'accordo?» lo provocai maliziosa, allungandomi verso l'incavo del suo collo, passandoci la lingua fino al punto in cui cominciava il lobo del suo orecchio.

Per quanto tentasse di apparire serio e arrabbiato, avvertii comunque il gemito strozzato che cercò di nascondere.

«Quando sarai di nuovo in te, faremo tutto ciò che vuoi. Per il momento, la prossima destinazione è la doccia» rispose severo.

Lo guardai maliziosa, alzando un sopracciglio. La doccia mi riportava alla mente non pochi ricordi, sempre poco decorosi.

«Beh, anche quello potrebbe rivelarsi molto interessante, ho dei bei ricordi. Sai... te senza maglietta, io tutta bagnata...» non riuscii neanche a finire la frase, ridendo sonoramente del mio stesso doppio senso, mentre Thomas tentava in ogni modo di nascondere un sorrisetto che gli contornava il volto.

«Domani, sicuramente non mancherò di ricordarti tutte queste tue esilaranti frasi!» rispose divertito, mentre con un veloce incantesimo Alohomora apriva la porta della sua stanza, poggiandomi a terra soltanto quando varcammo la soglia del bagno, gettandomi direttamente sotto la doccia.

«Ma come, non ti va di spogliarmi? Cosa c'è, non mi trovi più bellissima?» mormorai ancora, trattenendo qualche singhiozzo.

«Sei sempre bellissima, anche se in questo momento mi sembri più un'ubriacona di strada» rispose divertito.

La Clarissa sobria e razionale, nonostante l'intimità che avevamo, non sarebbe mai stata sfrontata con lui, non avrebbe mai fatto strane allusioni. Ma in quel momento, sulle azioni non ci ragionavo, e mentre l'acqua gelida mi faceva accapponare la pelle, iniziai a sfliarmi il maglione ormai fradicio che mi dava soltanto fastidio. Probabilmente in quel momento di sensuale non avevo proprio nulla, eppure Thomas rimase incantato a guardarmi, facendo scorrere i suoi occhi lungo ogni centimetro della mia pelle scoperta.

«Che fai? I pantaloni me li levi tu, o preferisci restare solo a guardare?»

Continuavo a provocarlo maliziosa, mentre mi sbottonavo il primo bottone dei jeans, godendomi a pieno lo sguardo che gli si parava sul volto, e con uno strattone veloce lo ripagai con la stessa moneta, trascinandolo sotto il getto gelido della doccia assieme a me.

Lui fece scorrere le dita lungo tutti i miei fianchi, combattendo contro il suo stesso istinto di divorarmi. Si morse forte il labbro, non opponendo nessuna resistenza quando passai a sfilargli la maglia ormai zuppa, lanciandola distrattamente al terreno.

«Merlino, tu neanche lo sai quello che vorrei farti in questo momento. Ma non così, te l'ho detto, non mi approfitto delle ragazze ubriache» sussurrò, in un'eterna lotta contro se stesso.

«Ma io non sono una qualunque, sono la tua ragazza. E voglio solo sentire le mie labbra sulle tue. Sono l'unica cosa che mi impediscono di crollare, lo sai questo, non è vero?»

Non gli lasciai diritto di replica, mi fiondai sulla sua bocca bagnata, assaporandone a fondo il sapore. Le nostre lingue entrarono in contatto immediatamente, e niente più aveva importanza. Tutta la sofferenza che mi portavo lentamente scompariva, si dissipava nella magia del nostro amore, del nostro continuo volerci e desiderarci, salvandoci ogni volta dal baratro quando credevamo di essere perduti.

Sentivo il pressante bisogno delle sue mani su di me, delle sue labbra contro le mie, del suo profumo impregnato sulla mia pelle. Non ne avrei mai avuto mai abbastanza di Thomas Malfoy, e non me ne sarei separata per nulla al mondo.

«Ti amo Thomas. Non so cosa farei senza di te, mi salvi perfino da me stessa» gli dissi tra un bacio e l'altro, mentre ogni nostro vestito cadeva bagnato fradicio sulle piastrelle della doccia, e non rimaneva altro se non il nostro contatto pelle contro pelle, anima dentro anima.

«Te l'ho detto occhioni, sei parte di me. Ti amo come non ho mai amato niente, neanche me stesso.»

Non ci furono bisogno di altre parole, di altre dichiarazioni.

Contornati dalle gocce d'acqua che scivolavano sopra i nostri corpi nudi, sentirlo entrare ancora dentro di me, scemò ogni mia paura come nulla avrebbe saputo fare.

Avvertivo tutto con una tale intensità, con un piacere che diventava sempre più forte a ogni spinta, a ogni bacio, a ogni unghia che gli affondavo nella pelle.

Abbassò di poco il capo, lasciando una scia di baci umidi e veloci lungo tutto il mio petto, stringendo forte i seni tra le sue mani.

Era più di una semplice passione, era più di un'attrazione fisica.

Lui come ogni volta, mi riportava a galla, strappandomi dai miei stessi demoni, e io non potevo far altro che donargli tutta me stessa, affondando il volto nella sua spalla al culmine del piacere, sussurrando il suo nome così tante volte, fino a che fosse l'ultima cosa che ricordassi.

Come poi fossimo finiti dall'acqua tiepida della doccia, alle calde lenzuola del suo letto non mi era molto chiaro. Le luci del primo mattino cominciavano già a farsi notare, lasciando in una lieve penombra la stanza, mentre io mi stropicciavo fastidiosamente gli occhi, come se contro le mie palpebre ci fossero puntati dei fari accecanti più che flebili raggi di sole.

La testa mi batteva come un trapano, avvertendo un dolore fitto e acuto proprio contro le tempie, e ancora una volta maledissi me stessa per aver perso il controllo così sconsideratamente. Mi bastarono pochi minuti per capire di avere indosso nient'altro che una flebile e alquanto trasparente camicia di lino bianca, sicuramente di gentile concessione di Thomas, che adesso dormiva a petto nudo, con un braccio sotto al cuscino e l'altro che bramava di stringere la mia figura. Aveva un'aria così beata che m'incantavo a guardarlo ogni volta come se fosse la prima, crogiolandomi nella sensazione di calma che mi trasmetteva, con quelle sue ciocche bionde sempre spettinate che adesso ricadevano morbide sulla fronte; il respiro così sommesso e sereno, di chi era perso nel più bello dei sogni. Se non fosse stato tremendamente inquietante, sarei rimasta lì per sempre, incastrata nella visione di quell'uomo che aveva conquistato ogni parte di me.

Ricordavo tratti della conversazione e degli avvenimenti di ieri, ma ciò che avevo provato in quelle ore, contornati soltanto dal battere dell'acqua sui nostri corpi non poteva abbandonarmi, era impresso nel cuore, e soltanto riportare alla mente quel dolce quanto sbiadito ricordo, era sufficiente a farmi tornare il sorriso.

La sensazione delle sue dita affusolate scorrere lungo la mia pelle bagnata, il modo suadente che aveva di toccarmi, di rendermi sua, di amarmi con tutto se stesso, mi mandava su un'altra galassia. Non avrei mai potuto chiedere di meglio se non lui, e giurai con ogni forza che l'avrei protetto, rischiando ogni cosa.

Speravo solo di non aver detto qualcosa di troppo imbarazzante, come mi era solito fare!

Eppure neanche tutta quell'emozione era riuscito a placare la mia rabbia, il mio innato senso di vendetta, di vuoto opprimente che mi stringeva la bocca dello stomaco.

Avevo ancora un conto aperto da regolare e un mostro da affrontare. Non mi sarei più nascosta dietro nessun mantello, dietro nessuna persona. Avrei affrontato mio padre faccia a faccia, e la collera non mi avrebbe di certo abbandonato.

Sapevo anche che ciò che stavo per fare era tremendamente ingiusto nei confronti di Thomas, solo i maghi che vegliavano su di noi sapevano quanto risvegliarsi e non trovare più la persona che si ama al proprio fianco fosse terribile, ma come lui all'epoca, non avevo altra scelta.

Thomas non mi avrebbe mai permesso di andare lì da sola, e io non potevo mettere a rischio la vita di nessun altro. Spettava a me affrontare Benjamin Brave, e l'avrei accettato senza tirarmi indietro.

Mi scostai lentamente dalla sua presa, e il gesto mi provocò una leggera fitta allo sterno, come se il cuore risentisse già del colpo. Gli carezzai ancora una volta il volto, quel filo di barba che gli cresceva proprio all'altezza del mento lo rendeva così ruvido al tatto, ma ancor più bello.

Presi dall'armadio un maglione giallognolo che avevo lasciato qui qualche giorno prima, assieme a un paio di jeans neri, utilizzando un incantesimo che cancellasse ogni rumore, facendo in modo che Thomas non si svegliasse. Utilizzai la magia anche per pettinare alla svelta i miei capelli, ancora un po' crespi e mossi, dato che li avevo praticamente lasciai bagnati ad asciugare; mi avvicinai poi alla scrivania, strappando un piccolo foglietto bianco, chinandomi per lasciargli almeno un piccolo messaggio. La penna indugiava sulla carta bianca, e una parte di me sapeva quanto ciò che programmavo di fare era meschino, pericoloso, da codardi. Ma non mi era stata data altra scelta. Non avrei retto il peso di un'altra perdita, non avrei pianto per la morte di nessun altro.

Le parole vennero fuori da sole, dovendo trattenere il magone che mi si era formato in gola, ricacciando indietro le lacrime salate che già si erano andate a posare sui miei occhi:

''Mi starai odiando in questo momento Thom, e ne hai tutto il diritto.

So fin troppo bene cosa significa aprire gli occhi e non trovarsi più l'uno stretto all'altro, e voglio che tu sappia che neanche l'alcool più infido del mondo ha potuto cancellare i ricordi della nostra serata. Ho ancora il tuo profumo addosso, ed è la sensazione migliore con cui risvegliarsi. Proprio stringendo a me quei ricordi come se fossero il mio tesoro più prezioso, ho dovuto prendere la decisione di andarmene.

Ho un demone da affrontare, un amico da vendicare, e so fin troppo bene che non mi avresti  mai e poi mai permesso di muovere neanche un passo senza di te.

Ma la morte di James grava ancora sulle mie spalle, l'orrore di quel momento non mi da tregua, e io non posso perdere nessun altro, non voglio piangere la morte di nessun altro. Non ne ho la forza, crollerei.

Quindi ti prego Thom, con tutte le forze che ho, ti scongiuro di non venirmi a cercare, di non impedirmi di fronteggiare a volto aperto ciò che da fin troppo rimando.

Sappi che ti amo, sapevo che eravamo destinati l'uno all'altra fin dal momento in cui i tuoi splendenti occhi azzurri hanno incontrato i miei nocciolati, e non me ne sono mai pentita, mai neanche per un istante.

Tua sempre, Clarissa.''

Avevo promesso a me stessa di non versare neanche una lacrima, eppure quelle due piccole gocce salmastre rigavano il mio volto, e non persi tempo a strusciarle contro il mio braccio, tentando di avere un aspetto più composto.

Con passo felpato mi avvicinai di nuovo al baldacchino che avevo lasciato pochi minuti fa, posando un piccolo e lieve bacio a fior di labbra su quella bocca così magnetica di Thomas, non ne potetti fare a meno.

Se avessi continuato a rimuginare così, non sarei mai riuscita a muovere un altro passo, e l'idea di ritornare in quelle calde e bellissime braccia avrebbe avuto la meglio. Ma prima che il rimorso mi logorasse l'anima, scomparii con passi veloci e decisi oltre la sua porta, lasciando tutto il rammarico e il senso di colpa dietro di me.

Sarei tornata a casa, e non sarebbe di certo stata una visita di cortesia, per niente.

Camminavo come se fossi una ladra tra quelle stesse fredde mura che dovevano essere la mia casa, il mio porto sicuro, ma che adesso non erano nulla più che il centro di tutte le cose che mi ferivano. Proseguendo lungo quelle strade di calce e pietra, mi ritrovai contro la figura di Morgana, che probabilmente adesso usciva dall'infermeria.

Io parlavo di me, ma lei non era tanto meno distrutta, e nel profondo, vivevo nella convinzione di essere stata terribile come amica.

«Ehi! Che ci fai a quest'ora già in giro?» domandò, accennando un flebile sorriso.

«Oh, io volevo andare a prendere una boccata d'aria» risposi velocemente, sperando che il suo sesto senso si fosse leggermente affievolito.

Se mi soffermavo a guardarla, era davvero distrutta. Le occhiaie nere e profonde le solcavano lo sguardo, avendo tutta l'aria di chi non dormiva da quando tutto quell'inferno era cominciato; i capelli erano disordinati e imbrattati, legati frettolosamente in un codino spennato, da cui fuoriusciva qualche ciocca ribelle e crespa. Perfino la sua figura era un po' più snella e dimagrita del solito, lo si evinceva dagli zigomi un po' squadrati che aveva fatto, e dal candore della sua pelle che era diventata un po' più pallida.

Avrei dovuto essere più presente per lei, l'idea mi trapanava in testa, e mi dispiaceva non essere stata l'amica che si meritava.

«Sicura che non vuoi un po' di compagnia? Dove sono finite Clarissa e Morgana che conquistano i corridoi?» ammise con un certo rammarico.

«Morg, tu hai bisogno di riposare, e dico dormire per davvero. Bran comincia a migliorare, e piano piano le cose miglioreranno.»

«Lo credi davvero?»

«Devo per forza. É l'unico modo per non impazzire del tutto» risposi con un certo magone, esprimendo più verità di quanto volessi in quelle parole.

La strinsi poi in un abbraccio, stringendola forse anche più forte del dovuto, realizzando in quell'istante che la mia migliore amica mi era mancata, e che ne avessi più bisogno di quanto volessi ammettere.

«Allora ci vediamo tra poco?» mi domandò cercando di soffocare uno sbadiglio, era davvero affranta.

«Ma certo, sarò in camera prima che tu te ne accorga» mentii spudoratamente, ma era l'unica mia possibilità di uscire da lì senza che neanche lei me lo impedisse.

Mi urtava l'animo mentirle, ma non potevo permettere all'insicurezza di impossessarsi di me, non adesso. Non quando dovevo erigere al meglio delle mie possibilità una corazza d'acciaio intorno, per evitare che qualsiasi incertezza potesse turbarmi.

«Ti voglio bene, Cla.»

«Anche io, più di quanto credi.»

Le mandai un simpatico bacio volante, cercando di apparire leggera e spoglia da ogni preoccupazione, pregando affinché la mia scenata fosse stata degnamente credibile.

La superai velocemente, dirigendomi sempre più convinta verso il portone principale della scuola, ringraziando Merlino che il custode della scuola non fosse nei paraggi.

Mi guardai ancora una volta attorno, assicurandomi di non essere seguita e vista di nessuno. L'orario giocava a mio favore, e a quell'ora del mattino, non era molto usuale trovare studenti già in giro per il castello.

Tirai nel modo più silenzioso possibile l'anta imponente e maestosa del portone verso di me, sgusciando fuori più veloce di una biscia.

L'aria al di fuori di quelle mura, era più fresca e frizzantina, non fredda come il primo mese dell'anno, ma decisamente ancora pungente. Alzai il cappuccio del mio mantello a coprire il volto, tentando di celare la mia identità al meglio delle mie possibilità.

Clarissa, dove diamine sei. Non è uno scherzo divertente.

Diamine, era già sveglio. Speravo di poter aver avuto più tempo.

Thom, ti prego, non rendiamolo ancora più difficile.

Dovevo costringere me stessa a non rispondere, a ignorarlo, seppure ogni volta che la sua voce tuonava feroce e angosciata nelle mie tempie, un pezzo della mia anima si polverizzava, e perdevo pezzi di me a ogni passo che muovevo.

Presi un profondo sospiro, capendo che dovevo agire in fretta, prima che tutto ciò mi sopraffacesse. Alzai la bacchetta con un gesto rapido e preciso, smaterializzandomi in un istante nel luogo dove tutto ciò era cominciato.

Quando riaprii gli occhi, e il senso di nausea cominciò a scemare, avvertii immediatamente l'ambiente familiare del posto che una volta ero solita chiamare casa.

Il vialetto che portava alla piccola villetta era rimasto sempre invariato, identico a come l'avevo lasciato l'ultima volta che c'ero stata: la ghiaia grigiastra ricopriva ancora la strada, segnando un piccolo percorso che portava fino all'uscio dell'entrata, delimitata da un piccolo recinto bianco. Nel piccolo giardino che si apriva in quella casa infernale, c'era piantato qualche piccolo crisantemo, assieme a delle piccole e decorative piante di lavanda che si posavano lungo i bordi delle due grandi finestre che affacciavano sulla strada.

Forse non mi aspettavano, e magari per la prima volta da quando tutto quell'inferno era cominciato, potevo davvero prenderli di sorpresa.

Covavo una tale rabbia, un odio così profondo che cresceva a ogni passo che muovevo verso quel piccolo porticciolo rossiccio, costringendo le mie mani a smettere di tremare come foglie al vento. Sentivo il cuore battermi pulsante proprio contro la gabbia toracica, e tutta quella furia che per fin troppi anni avevo serbato dentro, adesso traeva forza da qualsiasi cosa avessi dovuto subire tutti quegli anni. Avrei voluto urlargli in faccia tutto, gridare fino a spaccargli i timpani, schernirlo e ferirlo fino a che non avessi costatato che avesse patito anche solo la metà di quanto avessi fatto io.

Volevo portargli via tutto, distruggere ogni mattone di questa immensa bugia, di questa casa che era costruita sulle basi di un inganno. Il peggiore della mia vita, quello a cui avevo creduto per fin troppo tempo.

Quasi come se avesse potuto avvertire la mia presenza, il portone di casa si aprii, rivelando la figura di mio padre alta e robusta, tentando perfino di portare avanti quel teatrino patetico.

Avrei voluto fulminarlo all'istante.

«Tesoro, che ci fai qui? Hai una cera orribile!»

Eri un bravo attore, te lo dovevo riconoscere, ma il momento delle menzogne era finito. Era giunta l'ora di calare la maschera.

Il mio sguardo covava un tale disprezzo, che doveva essere percepibile un miglio lontano.

«Puoi anche calare la maschera, sei soltanto un lurido e patetico mostro. E come padre sei stato anche peggio. Penso che sia arrivato il momento di affrontarci Benjamin. Facciamola finita una volta per tutte.»

Buonasera ragazze! E scusate se non sto aggiornando più con tanta frequenza, ma l'università mi sta levando anche il respiro!

Vi era mancata la versione di Clarissa ubriaca? Spero di avervi fatto sorridere ed emozionare almeno un po' con i nostri Thomissa.

Lo so, lo so, mi starete insultando Clarissa nel peggiore dei modi per la scelta che ha dovuto fare, ma semplicemente non voleva perdere nessun'altro. Magari so che state odiando anche me per come il capitolo è finito AHAHAHAH.

Spero di poter aggiornare il prima possibile e nel frattempo, attendo le vostre reazioni e le vostre stelline!

Un bacio

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