Chapter fifty-two: Five Things
~Per questo capitolo, se si va, ascoltate ''Hold On- di Chord Overstreet.~
«Voi siete pazzi, questo piano non funzionerà mai.»
Era almeno la decima volta in quattro interminabili giorni, che Thomas continuava a rifiutarsi di prendere parte a qualsiasi piano prevedesse la mia vita in pericolo, e tutti iniziavamo ad essere alquanto frustati e scocciati dall'intera situazione.
A nulla servivano le rassicurazioni del padre, le ragionevoli spiegazioni del signor Potter.
Non avevamo modo di prevedere le loro prossime mosse, e nessuno credeva che la loro fosse una pura e semplice minaccia senza fondamento. Avevamo visto tutti cosa erano in grado di fare, chi avevano sacrificato senza stare a pensarci su neanche due volte. Non potevamo permetterci il lusso di sottovalutarli, lo avevamo fatto fin troppo a lungo.
Il loro era un avvertimento più che reale, e una sola vita non ne valeva cinque altrettanto degne di importanza.
Non era giusto, e io non sarei rimasta inerme a guardare, senza quantomeno tentare di reagire.
«E invece funzionerà Thomas, ascoltami» disse cauto il signor Malfoy, mentre srotolava dinanzi a sé la cartina del perimetro della scuola, una pergamena alquanto vecchia e stropicciata, dove tutte le vie da e per il castello erano segnate con dell'antico inchiostro magico, capace di mostrarsi soltanto all'occhio di un vero mago.
«L'incontro avverrà qui, sulle rive del Lago Nero» mosse lentamente il dito verso un punto preciso della mappa, assicurandosi che fosse visibile all'occhio di tutti i presenti, poi continuò. «È un posto che loro conoscono bene, hanno sempre attaccato lì, ma non si aspettano un nostro contrattacco proprio lì, saranno portati a pensare che Clarissa sia scappata.»
Ogni sguardo di quella sala era fisso su di lui, e potevo solo immaginare quanta tensione gli procurasse, glielo si leggeva chiaramente in volto, dal modo in cui la sua mascella era rigidamente serrata, e le spalle come un busto di gesso, mentre tentava di evitare qualsiasi espressione attorno a lui. Passò a spiegare poi l'altra parte del piano, e nessuno osava proferir parola.
«Ci nasconderemo qui» indicò tre alberi appena visibili sulla pergamena, che lui doveva conoscere alquanto bene. «Ci divideremo in due squadre, la prima rimarrà a proteggere Clarissa, la seconda, non appena saprà la posizione degli ostaggi, andrà a recuperarli.»
Thomas ringhiò, tutta quella situazione non gli piaceva, lo sapevo bene. Ma era anche cosciente che non ci fosse altra scelta. Con le braccia contorte e strette al petto, squadrava ogni centimetro della cartina dispiegata sul tavolo, studiandone ogni possibile variante.
«Chi ci dice che non sia proprio quello che si aspettano? Sono sempre dieci passi davanti a noi, lo sanno che non lascerei mai Clarissa nelle loro mani, si aspetteranno la mia presenza, e così come quella di qualsiasi altro.» lamentò furioso, talmente tanto che non riusciva neanche a guardarmi, e a me spezzava il cuore dovergli procurare così tanto dolore, così come l'idea di dovermi separare da lui.
«Nessuno ti dice che tu abbia torto, Thomas. Ma c'è troppo in gioco.»
«Anche per me.»
Mi voltai verso di lui, gli occhi luccicanti, un groppo gigante in gola e la voce che a tutti gli altri presenti parve solo un sussurro.
«Thom, hanno la sorella di Morgana, io devo tentare. Non me lo perdonerei mai.»
La mia fu quasi una supplica, e ferma immobile davanti a lui cercavo il contatto con le sue mani, e quando le trovai, le strinsi a me con una foga che mai avevo avuto prima, tentando di nasconderne il tremore.
Lui abbassò lo sguardo per un secondo, sospirando a fondo, per poi tornare a guardarmi ancor più intensamente, incastrando i suoi occhi iridescenti nei miei nocciolati.
«Non voglio perderti, non è un rischio che sono disposto a correre.»
«Non succederà.»
Portai la mia fronte a toccare la sua, chiudendo gli occhi e inebriandomi ogni secondo che passava nel suo profumo, imprimendo nella mente come un chiodo fisso tutti i momenti trascorsi insieme, dove trovavo la forza necessaria per affrontare tutto questo inferno. Ogni volta.
Quando costrinsi me stessa a trovare il coraggio di staccarmi da lui, e tornare a volgere lo sguardo verso il resto della sala, scorsi Draco Malfoy a guardarci con un'espressione che non avrei saputo decifrare: ammirazione, orgoglio, non avrei saputo concepirlo.
Riconoscevo in lui la stessa maschera che vedevo in Thomas i primi mesi che lo conobbi, quel muro indistruttibile d'indifferenza e freddezza, ma sotto il quale si nascondevano ferite e dolori più profondi di quanto si potesse immaginare.
«Allora è deciso, si farà così. Non appena usciremo da qui, manderò un gufo a Benjamin, gli dirò di voler procedere allo scambio il prima possibile, senza che nessun altro venga coinvolto.»
Annuirono tutti, eccetto Thomas, ma non mi sarei aspettata niente di diverso.
Dal momento in cui avevamo appreso la notizia di chi fossero gli ostaggi, Morgana si era rintanata in un silenzio che non le apparteneva, senza l'ardore di biascicare anche una singola parola. Non versò neanche una lacrima, nemmeno un singhiozzo, ma la verità era che era troppo sfranchita perfino per piangere.
Avevamo consumato le energie e le lacrime, tutti noi.
Dopo almeno quattro giorni rintanati nel silenzio e nell'autocommiserazione, si diresse verso di me, sprofondando il volto nella mia spalla, e soltanto in quel momento, solo lì, si concesse il diritto di piangere, abbassando ogni sua difesa, lasciandosi cullare dalle mie braccia che cercavano di sostenerla.
Era stata forte per così tanto a lungo, combattuto con ogni energia che aveva, con tutta la veemenza, ma il limite arrivava per tutti, e lei aveva raggiunto il suo.
Lasciai che si sfogasse, che buttasse tutto fuori, perché fin troppo a lungo aveva tentato inutilmente di reprimere tutte le emozioni che adesso le esplodevano nel petto.
«Ti prego Clary, riporta mia sorella a casa. Ti scongiuro.»
E di fronte a quelle parole, fui ancor più convinta che quello che stavo per fare era più che giusto, e non me ne sarei pentita.
Rimanemmo così per non so neanche quanto tempo, e a me andava bene. Lei c'era sempre stata per tutti, trasformandosi nella roccia di cui ciascuno di noi aveva bisogno, sempre sorridente, allegra, spensierata. E invece questa guerra ci stava levando tutto, al punto tale da non ricordarsi neanche come ci si sentisse prima.
Ma ciò che scaldò il mio cuore, fu notare come tutti fossero rimasti attorno a lei, attendendo in silenzio un suo segno, supportandola senza dire neanche una parola, ma rimanendo al suo fianco anche se lei non lo aveva chiesto. Brandon le stringeva la mano, intrecciandola forte alla sua, mentre Lorelaine e Theo le si erano sdraiati affianco, poggiandosi al suolo senza curarsi né della gente, né di tutto il contesto attorno.
La mia famiglia.
Dopo un'altra manciata di minuti alzò il capo, voltando lo sguardo nella direzione di ciascuno di noi, sorridendo flebilmente con il viso ancora rosso e gonfio per il pianto, gli occhi macchiati di vene rossastre, e qualche piccola goccia umida che ancora le sfuggiva dalle pupille, intanto che con il manico del maglione passava a darsi una sistemata, tentando di assumere un aspetto più composto.
«Grazie ragazzi, non so come farei senza voi.»
«Per tua fortuna, non dovrai mai scoprirlo» mormorò Lorelaine, carezzandole dolcemente la schiena, lasciando di stucco ciascuno di noi.
Furono poi gli adulti a tentare in qualche modo la tensione, invitandoci a raggiungere ciascuno le proprie stanze, in modo da potersi preparare con più forza e grinta al giorno successivo che ci avrebbe atteso.
Non sapevo cosa la prossima alba ci avrebbe riservato, e l'inquietudine era così alta e soffocante, che nessuno di noi riuscì a chiudere occhio. Era impossibile.
Mi giravo e rigiravo più volte in quel grande materasso che ormai io consideravo nostro, trovandomi a incrociare lo sguardo di Thomas, che mi osservava come fossi la cosa più belle che avesse mai visto nella vita.
E specchiandomi nelle sue iridi azzurre così maledettamente belle, ci trovavo la pace che cercavo in ogni parte, ma ero capace di trovare solo guardando dentro lui.
«Non riesco a dormire, non ce la faccio» mormorai.
«Neanche io» si prese un momento di pausa, mentre prese dolcemente la mia mano tra la sua, portandola alle labbra con una lentezza disarmante, e baciandone il palmo con una tale intensità, che ne sentii il brivido fin dentro le ossa.
«Pensa a cinque cose. Cinque cose che vorrai fare domani con me, quando tutto questo sarà finito» gli sussurrai sorridente, poggiando la mia fronte sulla sua, a un respiro dalle sue labbra.
Lui ricambiò il sorriso, cambiando velocemente posizione, mentre si portava a cavalcioni sopra di me, e i suoi capelli mossi mi ricadevano sul viso.
«Prima di tutto, vorrò fare l'amore con te» e mi baciò, con un tale trasporto che mi fece sentire di nuovo viva, svegliando ogni cellula del mio organismo, mentre le nostre lingue ballavano una danza che conoscevano fin troppo bene. «Poi vorrei portarti al mare, e fare il bagno a mezzanotte sotto le stelle incantate» un altro bacio ancora, e io mi sentivo la ragazza più fortunata sulla faccia della terra.
«Come terza e quarta cosa, vorrei ballare di nuovo con te nella serra, e mangiare un bel gelato al pistacchio per le vie di Hogsmade.»
I miei occhi brillavano, e giurai a me stessa che avremmo fatto tutto questo e anche di più.
«Manca la quinta cosa» gli sussurrai all'orecchio, strusciando la gamba contro di lui, avvicinando il suo bacino a me, sentendo già la sua presenza al centro del ventre.
Lui mi scrutò per un attimo, spostando una ciocca di capelli dal mio viso, mentre si chinava a lasciare una scia di baci lungo tutto il mio collo, a finire al centro del petto.
«Godermi ogni giorno al tuo fianco, scrivendo ogni giorno un'avventura diversa. Non chiedo altro, e non mi serve di più.»
Questa volta fui io a baciarlo, attorcigliando le mani intorno al suo collo e tirandolo forte contro il mio petto, azzerando qualsiasi distanza che ci dividesse, e diventando ancora una volta una cosa sola con i nostri corpi, e le nostre anime.
Passammo così tutto il resto della notte, fino a quando le prime luci dell'alba non carezzarono i nostri corpi scoperti, e capimmo che l'ora dei sogni era finita, e bisognava prepararsi al peggio.
L'idea di affrontare di nuovo faccia a faccia mio padre, il sangue del mio sangue, mi metteva un'angoscia che non mi spiegavo. Le sorti di quello scontro mi sembravano così incerte, e impazzivo pensando a tutte le cose che sarebbero potute andare male.
La pressione era alle stelle, e in tutto il castello si respirava un'aria davvero tetra, che poche volte avevo avvertito.
Era una vera e propria guerra aperta, ma il problema era che a me pareva di non conoscere neanche chi fosse realmente il nemico.
E quindi com'era possibile affrontare qualcuno di cui ti era sconosciuto anche il volto?
Sentii le mani calde e affusolate di Thomas che mi cingevano il collo, sfiorandolo dolcemente, e l'attimo dopo mi portò più vicino a lui, avvertendo immediatamente il contatto con la sua pelle calda, mentre ancora eravamo aggrovigliati tra le lenzuola fresche, che ormai avevano un odore misto di lavanda e muschio.
«Lo sai che non ti lascerei accadere nulla, ti ricordi? Cinque cose da fare assieme.»
Gli sorrisi, voltandomi ancora verso di lui, lasciandogli un bacio a fior di labbra mentre gli affondavo lungo tutta la schiena nuda.
«Cinque cose, solo io e te.»
A malincuore dovemmo tornare fin troppo in fretta ad affrontare la realtà al di fuori di quel caldo piumone, e scendendo velocemente dal letto, ci lavammo e rivestimmo in fretta, senza il coraggio di parlare oltre di ciò che ci avrebbe atteso quella giornata.
L'ambiente fuori dalla finestra si affacciava alla primavera, con i piccoli boccioli di fiori rosa che appena fiorivano sui rami secchi, mentre l'erba pian piano ricresceva verde e fresca al suolo, con stormi di rondini e nargilli che volavano liberi nel cielo limpido, abbracciati dai raggi del sole appena sorto.
Una volta pronti e sistemati, uscimmo in fretta dalla camera, appena prima che un gufo mi riportasse la tanto attesa risposta di Benjamin, che mi confermava di vederci alle sponde del lago da sola.
Non sapevo se avesse abboccato o meno, mesi prima avrei giurato di conoscerlo, di poter prevedere le sue mosse e leggere nei suoi pensieri, ma dopo tutto ciò che era successo non sapevo più cosa aspettarmi. Non riconoscevo più il padre che per anni mi aveva cresciuto, o forse, era adesso che cominciavo a capire chi fosse per davvero.
Perché non importa quanto tempo possa passare, alla fine la vera natura delle persone viene sempre fuori, e i mostri si rivelano anche alla luce del giorno, senza più aggirarsi nell'ombra e dietro false maschere.
Camminando ancora per quei familiari corridoi in pietra, notavo di come lo sguardo di tutti gli studenti fosse letteralmente cambiato. Nessuno ci guardava più con invidia, bensì con ammirazione. Eravamo la coppia dell'anno, secondo le voci di che giravano, l'amore più puro che avessero visto, e io ero ormai vista come una sorta di eroina.
Ma in realtà, io non riuscivo a capire neanche quando mi fossi aggiudicata un tale peso sulle mie spalle, e a tratti era davvero pesante da gestire.
Tutte quelle aspettative che la gente aveva su di me, mi facevano costantemente sentire in dovere di dare il massimo e di non cedere a nessun errore, nessuna scelta sbagliata.
Ma come si faceva ad adempiere a un tale impegno, se le mie scelte sembravano ai miei occhi sempre costantemente errate?
In preda all'angoscia di questi pensieri, arrivammo nella Sala Grande, che adesso era stata adibita totalmente di cartine, mappe e passaggi da poter sfruttare per avere la meglio. Sul tavolo centrale erano posate almeno quattro tazze differenti, segno che gli adulti in questione avevano passato buona parte della nottata a cercare di perfezionare il piano, e tutto ciò mi rincuorava non poco.
Morgana e Brandon erano già lì, con tutta l'aria di chi come noi, non aveva chiuso occhio; al loro fianco, c'era Aurora che gli porse alla mia amica una tazza fumante di thè, probabilmente preparato con un infuso di zafferano, ne sentivo l'odore fin dall'altra parte della sala.
«Bevine quanto più puoi, ti darà un po' di sostegno, ne hai decisamente bisogno» le disse gentilmente, mentre le posava cautamente una mano sulla spalla, facendole intuire con pochi e pacati gesti che lei c'era, nonostante il dolore della perdita, malgrado tutto.
Avrei voluto poter fare di più per allievare il suo dolore, e io non osavo neanche immaginare cosa potesse significare perdere in modo così tragico la persona che si amava. Perché io tremavo al solo pensiero che qualcosa del genere potesse mai accadere a Thomas.
«Grazie Aurora, davvero.»
«Lui avrebbe fatto lo stesso, e anche di più» ammise un po' malinconica, asciugandosi in fretta la lacrima fugace che le era sfuggita dagli occhi.
E quasi come se fosse una reazione a catena, per lei c'era Lorelaine, che fino a quel momento aveva assistito silenziosamente a tutta la scena, trascinando dolcemente Aurora tra le sue braccia, stringendola in un abbraccio silenzioso e al tempo stesso straziante.
«Lui c'è sempre, in qualsiasi cosa facciamo» le sussurrò contro l'orecchio, mentre faceva oscillare la mano su e giù lungo tutta la schiena.
Draco tossì leggermente, mentre i signori Weasley si stringevano la mano con uno sguardo commosso e rattristito alla vista di quella toccante scena.
«Ci rimane poco tempo, dobbiamo valutare tutte le possibili varianti. Non possiamo permetterci di perdere altre vite, non oggi» dichiarò sempre austero e severo Draco Malfoy, ma in fondo lo sapevo che era solo tremendamente preoccupato.
Thomas annuì appresso a lui, continuando a stringere gelosamente la mia mano, muovendo il pollice in modo circolare attorno al mio indice, rafforzando ancora di più quel contatto.
«Abbiamo pensato che non potremo presentarci tutti all'incontro, daremmo troppo nell'occhio. Io e Potter siamo riusciti a creare soltanto quattro elisir d'invisibilità, e assieme al mantello ci garantisce che solo cinque persone oltre Clarissa possano presentarsi» passò in rassegna lo sguardo di ciascuno di noi, assicurandosi di avere la competa attenzione di ciascuno dei presenti, poi continuò. «Per questo ci divideremo in due squadre: io, Potter, mio figlio, la signorina Weasley e il signorino Rethal andremo assieme a Clarissa, pronti a intervenire per difenderla, il signorino Zabini, le signorine Goodheart e Fell, assieme ai Weasley andranno alla ricerca dei ragazzi, individuandoli con un incantesimo di rintracciamento. Tutto chiaro?»
Alzai il capo, guardando dritto verso di lui, senza paura nel mio sguardo
«Cristallino. Cominciamo.»
E fu così che passammo tutta la giornata, cercando di migliorare il nostro attacco e i nostri incantesimi, perfezionando al meglio che potevamo ogni stratagemma, ogni modo che avevamo di parare e contrattaccare con gli incantesimi; in questo, notai che il signor Potter meritava assolutamente la fama che si era procurato: era un ottimo allenatore, e probabilmente il migliore contro la difesa dalle arti oscure. Peccato non insegnasse lì.
Assieme a loro, i colossi della storia della magia, mi sentivo più confidente di me stessa, e per la prima volta, pensai che potevamo davvero farcela, avevamo una possibilità.
Eppure, la giornata mi sembrò passata in un lampo, e il crepuscolo arrivò prima di quanto ciascuno di noi si aspettasse, e col cuore in gola e la pressione alle stelle, dovemmo tutti accettare di andar incontro al nostro destino.
Poco prima che le nostre strade si dividessero, mi avvicinai a Morgana, che nel frattempo stava ripetendo mentalmente tutte le nozioni che aveva appreso.
«Mi raccomando, stai attenta. Ci vediamo tra pochissimo» le mormorai, sentendo l'irrefrenabile impulso di stringerla forte a me.
«Mi raccomando io a te, vedi di tornare tutta intera.»
«Puoi contarci.»
Purtroppo il tempo per salutarci era ciò che più mi mancava, e se avessi atteso oltre, avremmo destato i sospetti della congrega, perdendo così il nostro unico vantaggio.
Sarò con te per tutto il tempo, anche quando non mi vedrai.
Era Thomas, che come sempre amava far breccia nella mia testa, ma sentire il rimbombo della sua voce mi faceva sentire più tranquilla.
Non ho alcun dubbio, gli risposi.
E prima che le pulsazioni del mio cuore potessero accelerare ancora, con un gesto veloce e deciso della mano mi smaterializzai, trovandomi a poggiare il secondo dopo i miei piedi sul suolo fangoso e umido del Lago Nero.
Le tenebre e la nebbia prevalevano man mano al sole splendente, lasciando che nel cielo s'illuminassero tutte le stelle brillanti che ci accompagnavano nella nostra impresa folle, intanto che nell'ambiente circostante si udivano i bubbolii e i fischi dei gufi posati come guardiani sui rami che lentamente cominciavano a fiorirsi di nuovo.
Laddove neanche la fioca luce della luna riusciva ad arrivare, nascosto nella penombra di due salici piangenti ormai spogli e rinsecchiti, coperto dal suo mantello nero con il volto in piena vista, Benjamin Brave mi attendeva, e io maledicevo quel dannato ghigno che gli si dipingeva proprio sulla punta delle labbra, mentre gli occhi guizzavano furbamente da una parte all'altra del bosco.
«Devo ammetterlo, sei sempre stata brava a sfuggirmi da sotto al naso, ma pare proprio che adesso tu sia con le spalle al muro, non è così?» gongolò soddisfatto, e io avrei tanto voluto rompergli la faccia a suon di pugni.
«Finiamola con le cerimonie. I ragazzi, dove sono?»
Lui scioccò la lingua sotto il palato, continuando a ghignare soddisfatto, mentre con un gesto veloce della mano mosse la sua bacchetta, rivelando proprio sotto i miei occhi quei cinque ragazzini fino a poco prima invisibili.
Ci aveva fregati.
Il panico mi colse impreparata, mentre ogni particella del mio corpo mi gridava che fosse tutta una trappola, e che io non ne sarei mai riuscita ad andarmene da vincitrice, perché ancora una volta era stato altri dieci passi avanti a noi.
«Pensavi davvero che mi sarei separato dai marmocchi? Mi deludi Clarissa, ti facevo più furba, e questa volta neanche tutti i tuoi cinque amici nascosti nelle vicinanze potranno aiutarti.»
Sgranai gli occhi, mentre sentivo soltanto il sangue pulsarmi pressante fino al cervello, e ancor più velocemente dei miei stessi pensieri, estrassi la bacchetta dalla tasca del mio mantello, tentando inutilmente di colpirlo in pieno petto.
Se il secondo prima tutto era fermo in una calma statica e immobile, la scena che mi si parava davanti agli occhi in quel momento era totalmente opposta. Era un vero e proprio campo di battaglia in piena regola.
In poco meno di una manciata di secondi, ciascun presente si materializzò davanti agli occhi di mio padre, tentando un vano attacco coordinato. Tutto inutile, celava in sé una tale potenza e aura magica che mi spaventava, mi terrorizzava a morte.
Non avremmo potuto batterlo, ma non per questo ci saremmo arresi.
Draco e Harry, mettendo da parte tutto ciò che potevano essere stati i loro trascorsi, combattevano fieramente fianco a fianco, coordinando e organizzando ogni singolo movimento, come se l'uno conoscesse i punti forti e deboli dell'altro, mentre cercavano di farsi strada per avvicinarsi ai ragazzi.
Purtroppo, neanche mio padre era venuto da solo, e attorno a noi, senza che neanche potessimo avere il tempo di rendercene conto, si materializzò buona parte di quella setta di maniaci, Albus e Louis compresi.
Avvertii la presenza di Thomas al mio fianco quasi immediatamente, senza neanche il bisogno di voltarmi a controllare se ci fosse.
«Sono qui amore, ti guardo le spalle.»
«Non ne ho dubitato neanche per un secondo.»
Quel primo scontro era purtroppo inaspettato, e noi anche in minoranza numerica.
Per quanto i nostri attacchi fossero migliorati, non era comunque abbastanza, e chiunque si trovasse lì in quel momento se ne rendeva perfettamente conto.
Ma noi eravamo caparbi, instancabili e inarrestabili, e rispondevano alla magia con la magia, al fuoco con il fuoco. E con loro al mio fianco, io non avvertivo nessuna paura, ma solo la pura e elettrizzante adrenalina che mi pulsava forte nelle vene.
«Tra tutti, sei tu il più vile, combatti contro la tua stessa gente!» urlai nervosa con Louis, mentre gli scagliavo una luce accecante che lo gettò per aria, sentendo la sua schiena battere violentemente contro il tronco di un albero alle sue spalle.
«Perderete comunque, e sai perché? Per il semplice fatto che c'è un elemento che non avete considerato, l'effetto sorpresa.»
Aggrottai le sopracciglia, tentando di capire di cosa stesse blaterando quel bastardo.
Ma mi resi presto conto che la risposta mi si celò davanti agli occhi l'attimo seguente, quando tutti udimmo quella voce, quella che nessuno in quel momento si aspettava, e che colse per l'ennesima volta tutti impreparati.
«Thommy, sono qui.»
L'esitazione, il millesimo di secondo in cui lui si voltò alla ricerca della sua migliore amica, della sua colpa peggiore, fu ciò che decretò la nostra fine.
L'esatto momento in cui si voltò nella sua direzione, così come feci io, una luce accecante e insopportabile ci colpì dritto agli occhi, rendendoci impossibile vedere l'ambiente attorno a noi.
Vedevo bianco, luce pura che si parava davanti ai miei occhi, e le tenebre non esistevano più. L'ombra era solo un ricordo. Ogni cosa attorno a me era impalpabile e impercepibile, e soprattutto, io non vedevo più Thomas, e lui non riusciva più a raggiungermi.
La fonte di ogni mio incubo, la mia paura peggiore.
Non ci fu il tempo neanche di reagire, di venirci in contro nonostante tutto, perché due forti e possenti braccia mi circondarono, trascinandomi sempre più lontana, mentre io tentavo invano di ribellarmi, di scalciare e sbracciare con ogni forza che mi fosse rimasta, con tutta la rabbia che provavo.
Avevamo perso, ancora.
E io venivo spinta sempre più lontano, ogni secondo di più.
E questa volta non c'era nessuno che si potesse interporre al mio destino, nessuno che mi avrebbe salvata.
«Clary! Clarissa! Non ti vedo, non ti vedo cazzo!»
Il panico nella sua voce, il terrore di chi stava per venire frantumato in diecimila parti, lo avvertivo tutto. Potevo sentirlo camminare a vuoto, allungando davanti a sé le mani alla ricerca disperata di qualcosa a cui appigliarsi, e percepivo perfino le lacrime che sapevo bene che stesse versando in quel momento.
Avrebbe recuperato la vista e io non ci sarei stata, avrebbe realizzato cosa aveva perso.
Prima che tutto potesse diventare incorporeo, che potessi sentir la terra venir meno sotto i miei piedi, l'istante in cui mi resi tristemente conto del destino che mi attendeva, usai le mie energie per urlargli un'ultima e tacita promessa.
«Cinque cose Thomas, ricordale. Perché le faremo tutte!» gridai disperata, mentre i singhiozzi mi spezzavano il fiato, e avvertivo il rumore sordo e tremendo del mio cuore che si spezzava.
Crac.
Non ero più con lui, e non avevo alcuna idea di dove e con chi avrei riaperto gli occhi.
Buonasera ragazzi, anche se so perfettamente che almeno la metà di voi, se non tutti, volete la mia testa in questo momento!
Giuro che mi sono commossa abbastanza anche io, e in particolare questo capitolo, secondo me racchiude una delle scene più belle di Thomas e Clarissa in assoluto, l'ho trovata davvero meravigliosa, e sono la prima che si è commossa scrivendola!
Aspetto tutte le reazioni a caldo di questo capitolo, e spero davvero di potervi postare il seguito prima possibile! Lo so che adesso non aspetterete altro! Giuro, tenterò di fare prima possibile.
Nonostante la parte finale, spero che il capitolo vi sia piaciuto, e che in qualche modo, io sia riuscita a far breccia nei vostri cuori! Grazie davvero per tutto il supporto che mi dimostrate costantemente!
Un bacio!
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