Chapter eleven: Run
Era almeno la quarta volta che continuavo a ripetere l'accaduto ai miei due amici, ero diventata ridondante, mi ero stancata perfino io di sentire la stessa tiritera. Quale elemento gli pareva così incomprensibile, alle loro orecchie? E non avrei saputo dire se fossero più scossi per la proposta di Albus, o la reazione sconsiderata di Thomas.
Mi infastidiva dover raccontare per l'ennesima volta i fatti, considerando che eravamo pur sempre nella sala da pranzo, e non mi andava l'idea che presto o tardi, qualcuno avesse potuto appizzare l'orecchio.
Loro sembravano essere due statue di gesso, continuavano a fissarmi con un'espressione imbambolata, gli occhi sgranati e decisamente confusi. Poco più di una decina di minuti, e non avevano ancora proferito una singola parola.
Tutto questo non mi faceva certo stare meglio. Già così, mi sentivo lo stomaco in subbuglio, e talmente tanti di quei pensieri in testa, che faticavo a mettere ordine, oltre che l'anima praticamente spaccata in due. Una parte sarebbe voluta correre incontro Thomas, ovunque fosse andato, e obbligarlo a sputare il rospo sulla sua reazione. Poi c'era l'altra, quella più razionale, che voleva lasciarsi tutto questo alle spalle, e cercare di passare una serata tranquilla.
«Ragazzi vi prego, datemi un segno di vita!» Sibilai a bassa voce.
Finalmente, Morgana si smosse, decidendosi finalmente a parlare.
«La questione mi sembra abbastanza semplice. Thomas è geloso marcio, e tu dovresti decisamente uscire con Albus. Se non altro, per mandare ancora più in bestia il povero Malfoy. Almeno così si decide a portarti fuori lui stesso.»
James sembrava invece contrariato da quelle parole. Ma d'altronde, a lui mancava un bel pezzo di storia. Non avrei potuto nasconderlo oltre, specialmente dopo lo spettacolo della settimana scorsa, che mi era costato non poche domande da parte di James, sul mio rapporto con Thomas, a cui avevo cercato di sviare, dandogli risposte vaghe e poco chiare. Non era di certo uno stupido, e sfortunatamente, mi conosceva fin troppo bene, per questo neanche una delle cose che gli avevo rifilato, gli sembrava vera. Mi struggeva essere talmente codarda, da non essere riuscita a confessare i miei sentimenti a una delle persone a me più care.
«Non vedo perché Malfoy dovrebbe essere geloso. Non è tutto di sua proprietà. Comunque sia, sei sicura che Albus ti abbia detto che ho parlato di te? A me non sembra di averti mai nominato con lui.»
Da un po' di tempo a questa parte, James sembrava non far altro che trovare solo difetti nelle persone che frequentavo, quasi come se nessuno ne fosse all'altezza. Proprio per questo, per quanto volessi, non riuscivo a credere fino in fondo alle sue parole.
Mi mancava il mio migliore amico, quello che sosteneva ogni mia idea, che mi abbracciava ogni qual volta fossi triste, che ascoltava e non criticava. In quel momento, in mezzo a tutta quella gente, in quella sala così grande, seppur lui fosse di fronte a me, pareva ci fosse un solco immenso a dividerci. Avevamo perso la sintonia, la sincerità, che ci aveva sempre unito. E adesso, la persona che avevo davanti ai miei occhi, mi sembrava uno sconosciuto.
«Jam, ma ci sarà mai qualcuno che riterrai all'altezza di uscire con me? È soltanto un appuntamento, non ha mica chiesto la mia mano.»
Ero stufa del suo comportamento così scostante. Avrei voluto essere da sola con lui, guardarlo in quegli occhi nocciolati, e chiedergli per davvero cosa gli stesse parlando per la mente.
L'unica reazione che ebbe, fu quella di fare spallucce, distogliendo velocemente lo sguardo da me, per spostarlo sul piatto sotto di lui, ingurgitando distrattamente la pasta che era rimasta.
«Non ho mica detto di non uscirci. Solo che l'ho sempre trovato un tipo un po' ambiguo. Non m'ispira fiducia, tutto qui.»
Sbuffai, e probabilmente ero così sopraffatta dalle emozioni, che non pensai a fondo a quello che stavo per dire.
«A te nessuno ispira fiducia, James. Fosse per te, morirei sola e zitella. Neanche a me piacevano tutte le ragazze con cui uscivi, non ti ho certo fatto una paternale ogni volta, e che diamine!»
Se avessi continuato a uscire furibonda dalla sala, mi sarei ritrovata pelle e ossa prima del tempo. Ma ero fatta così, riuscivo a sopportare fino a un certo punto, poi esplodevo. Ignorando i danni che mi lasciavo lungo la strada.
Tornai al mio dormitorio, camminando velocemente tra i corridoi. L'autunno si era ormai inoltrato, e tutto nel castello si era fatto più gelido e cupo del solito. Ringraziai il soffice maglioncino di lana che indossavo, che quanto meno mi proteggeva dal freddo di quelle pareti. Se a ciò si aggiungeva anche l'ambiente costantemente in penombra, pareva quasi di trovarsi nel set di un film dell'orrore.
Ancora una volta, mi incuriosiva sentire le voci dei quadri, e cosa avessero da riportare questa volta:
''Sono sicura di aver sentito qualcuno vagare tra i corridoi questa notte. E non era uno studente. Me lo sento mia cara Bolena, qualcosa di oscuro sta per succedere.'
Ma cosa si erano inventate questa volta? Più continuavo ad aguzzare l'udito, e più le loro conversazioni sfioravano il gotico e l'assurdo. Per quanto stentassi a crederci, quelle storie mi avevano fatto accapponare la pelle.
Lungo la strada per il dormitorio, trovai poco più avanti la figura di Zabini, mi veniva incontro a passo spedito, ed un'aria abbastanza perplessa. Qualcosa mi diceva che la giornata non era ancora finita.
«Voi due fidanzatini dovreste davvero smetterla di bisticciare! Lo hai fatto diventare un cazzo di psicopatico.»
Non avevo idea di cosa Thomas avesse riferito lui, ma se aveva qualsiasi tipo di problema con me, sarebbe dovuto venire di persona, e non mandare la cavalleria in soccorso. Guardai sgomentata il ragazzo di fronte a me, adesso sì che mi sentiva.
«Sentimi bene, e puoi andare a ripetere queste parole anche al tuo amico, ovunque lui sia. Io e lui non siamo niente, oltre che compagni di corso. Se voglio uscire con mezzo castello, non è di certo un problema suo. Se non ti dispiace, avrei un appuntamento per cui prepararmi. Arrivederci.»
Non riuscivo più a controllare la rabbia e il risentimento che avevo dentro. Mi sentivo come un vulcano che era stato spento per decenni, e adesso stava per esplodere. Per tutta la vita avevo cercato di essere la figlia perfetta, la studentessa perfetta, l'amica perfetta. Così impegnata a soddisfare le aspettative di tutti, che avevo finito col dimenticare quali fossero le mie di aspettative per la vita. E fino a che quell'uragano di Thomas non era piombato nella mia vita, non mi ero neanche resa conto di volere di più dalla mia esistenza. Ma perché tutto riconduceva sempre a lui, in un modo o nell'altro. Avevo decisamente bisogno di una buona distrazione.
Una volta seminato Zabini, proseguii dritta verso la mia stanza. Fui contenta di notare che ero sola, esattamente quello di cui avevo bisogno. La camera versava nello stesso stato in cui l'avevo rimasta l'ultima volta, tutto maniacalmente in ordine. Sulla scrivania non c'erano più libri e appunti, ma soltanto un paio di astucci, ripieni di penne e matite, e qualche foto incorniciata che avevamo pensato di aggiungere, per rendere quel pezzo di legno più accogliente. Volevo trovare un po' di pace, per questo decisi di prendere un bel libro, e nel contempo andare a fare un caldo bagno rilassante. Non era stato facile in realtà riuscire a farci spostare in una camera che avesse anche la vasca da bagno, ma dopo numerose richieste, ce l'avevamo fatta. Presi velocemente qualche candela, che accesi lungo tutto il perimetro del bagno, poi riempii la vasca d'acqua e ci versai all'interno il mio bagnoschiuma preferito, lasciando che a mano a mano, questa si riempisse di bolle colorate. Era tutto pronto.
Quando mi immersi in quella vasca così calda e accogliente, mi sembrò di star già meglio, ed i nervi erano già più sciolti. Chiusi gli occhi per qualche minuto, godendomi il caldo, il silenzio e la penombra che avvolgevano la stanza. Visti da qui, i problemi mi parevano essere meno rilevanti, ma probabilmente ciò era dovuto anche all'essenza di camomilla presente nel bagnoschiuma, che mi aveva donato una sensazione di quiete. Dopo poco riaprii gli occhi, e con un semplice incantesimo 'Leviosa', elevai il libro di poco sopra la mia faccia, facendo si che potessi leggerlo, senza bagnarlo.
Come ogni volta, mi persi tra le parole di quei libri, portando la testa verso altri mondi, pieni di colore, ben lontano da dove mi trovavo io.
Ma quando sentii delle mani, battere delicatamente contro la porta, mi resi conto che il sogno era finito, e che molto probabilmente, ero rimasta in quella vasca più tempo di quanto avessi immaginato.
«Cla, sei viva? Sei lì dentro da almeno due ore.»
Due ore? Ma se a me erano sembrati appena una manciata di minuti. Era decisamente arrivato il momento di uscire.
Feci scivolare l'acqua dallo scarico, mentre uscivo dalla vasca. Ero rimasta così tanto lì dentro, che il contatto con l'aria gelida della stanza, mi procurò dei brividi per tutto il corpo. Mi strinsi infreddolita nell'asciugamano, prima di uscire dal bagno. Morgana era rimasta in piedi lungo la porta, probabilmente in attesa che uscissi.
Accennò un lieve sorriso, posando delicatamente una mano sulla spalla.
«Non ti dare pena per James, tu e lui risolverete i vostri problemi. E non pensare neanche a Thomas, che cacci le palle quello stronzo. Adesso, ti farai bellissima per questo appuntamento.»
Ricambiai il sorriso, ringraziando silenziosamente Merlino, di avere Morgana nella mia vita. Lei era il faro di cui non sapevo aver bisogno, continuava a salvarmi ogni volta, come una barca alla deriva, che vede nella luce giallina all'orizzonte una speranza.
«Si, ma questa volta decido io cosa mettere.»
Fece una finta faccia corrucciata, ma che durò molto poco, e si sciolse in un grande sorriso.
«Andata.»
Il resto della giornata, fino a che non si fece ora di uscire, fu il tipico pomeriggio da ragazze, caratterizzato da risate e gossip, decine di prove per i vestiti, smalto, trucco e capelli. Avevo bisogno di questa normalità nella mia vita. E alle sette in punto, ero pronta per andare.
Avevo deciso di non indossare nulla di troppo appariscente, optando per un semplice vestito di lana nero a collo alto, e un giaccone grigio abbinato sopra. I capelli sciolti liberamente sulle spalle, e un trucco non troppo marcato, sui toni neutri.
«Allora, come sto?»
Dissi a Morgana, facendo una piccola piroetta su me stessa.
«Divinamente. Il povero Malfoy non sa che si perde.»
«Avevamo detto che la parola Malfoy, era vietata per stasera.»
Le rimproverai, prima di aprirmi in un dolce sorriso, che lei ricambiò volentieri.
Una volta detto questo, mi avviai verso la Grande Sala, dove ci eravamo dati appuntamento io e Albus, per poi smaterializzarci dal castello. Quando arrivai lì, era piuttosto presto per la cena, e mi diede l'occasione per non dare troppo nell'occhio.
Poi una voce, o meglio un sussurro, risuonò nella mia testa.
'Sei davvero bellissima. Di certo lui non ti merita. Divertiti.'
Guardai in ogni direzione possibile, in ogni angolo, ma era come se quella frase avesse risuonato solo nella mia testa, e nessuno oltre a me pareva averla sentita. Perfetto, adesso avevo anche le allucinazioni. Ero sulla buona strada per impazzire. Da lì a poco, per fortuna, Albus si presentò al punto da noi concordato, e fui lieta di vedere che questa volta, non era un'allucinazione. Aveva un aspetto semplice, con un maglione bianco, su cui erano ricamate le sue iniziali 'A.S.P', e un classico pantalone a sigaretta nero. Alquanto affascinante. Nonostante ciò, mi sembrava totalmente sbagliato quello che stavo facendo.
«Wow, sei fantastica. Questa è per te.»
Mi porse una piccola rosa bianca, e quel piccolo gesto, così mielosamente romantico, mi fece arrossire. Credo che mai nessuno mi avesse regalato dei fiori, fino a quel momento.
«Non dovevi! Ma grazie.»
Ero davvero impacciata in questo tipo di conservazioni, non sapevo neanche da dove si cominciasse. Eppure, baciare Thomas in quell'armadio, non era stato difficile, mi ricordò una piccola voce dentro me, mentre un'altra parte, si malediceva per avere sempre il suo nome sulla punta della lingua.
Una volta arrivati ai Tre Manici di Scopa, mi resi conto che era passato un bel po' di tempo da quando ci ero stata l'ultima volta. L'aspetto era decisamente migliorato, sicuramente più accogliente. All'interno, la struttura e le pareti erano comunque rimaste di rocce grigi e mattoni, ma i tavoli sembravano esser stati sostituiti da poco tempo. Il legno, perfettamente liscio, emanava ancora odore di natura. Sul fondo della sala, invece, si trovava un grande camino, che scaldava quella sala gelida. Ovviamente, scelsi di prender posto quanto più vicino possibile al camino. Ero un'inguaribile freddolosa.
«Allora, cosa mi racconti di te, incantevole Clarissa?»
Dovevo ammetterlo, tutte quelle smancerie mi avevano già stancato, non poteva semplicemente chiamarmi con il mio nome e basta?
Prima di rispondere, promisi a me stessa di non sembrare nervosa e scostante, e non mandare all'aria tutto prima del tempo.
«Non sono per niente una persona interessante, e neanche incantevole. Spero non ne rimarrai troppo deluso.»
Okay, probabilmente un po' fredda e scostante, lo ero stata comunque. Ma Albus sembrò non farci neanche caso, stringendo piano la mia mano, e il gesto così improvviso, mi fece sussultare.
«Questo fallo giudicare a me, non trovi?»
Dopo un inizio un po' burrascoso, dovevo ammettere che parlare con lui non era affatto male. Riuscivo ad aprirmi con lui su ogni cosa, senza sentirmi oppressa o giudicata. Sapeva come metterti a tuo agio, senza farti sentire fuori posto. Parlammo di tutto e di niente, e mi sembrava che il tempo passato in quel pub fosse volato. Ma in fondo, io ero la regina delle incoerenti, e per quanto la serata fosse stata quella che ogni ragazza sogna, più e più volte gli occhi feriti di Thomas mi balenavano in mente, insieme a quei due baci, così pieni di passione, che non avevo potuto, seppure avessi provato in ogni modo, a cancellare dal mio cuore. Ero una tremenda masochista, e in quel gelo d'ottobre, avrei voluto solo le sue grandi braccia a riscaldarmi.
«Ti vedo pensierosa, chi sta occupando la tua mente in questo momento?»
Poco prima di rientrare al castello, mi ero ritirata in un religioso silenzio, che a quanto pare, non era passato inosservato.
«Niente di importante.»
E mentii. Ormai ero diventata brava a farlo.
I corridoi del castello, a quell'ora di notte, erano immersi in un silenzio di tomba, rigorosamente vuoti, fatta eccezione per i tanti quadri appesi lungo le scale. Ma anche loro, riposavano già. Non c'era anima viva lì attorno, ed io e Albus, eravamo gli unici ragazzi ancora in giro per quelle mura.
Fino a che non arrivammo al punto in cui, ci eravamo incontrati poche ore prima, nessuno dei due proferì parola.
«Faremo meglio ad andare. Buonanotte Clarissa.»
Si avvicinò a me, lasciandomi un delicato bacio proprio all'angolo della bocca, che mi rimase completamente pietrificata. E prima che potessi dire altro, la stessa voce di poche ore prima, tornò ancora più forte, a risuonare dentro la mia testa.
'Ammettilo, io bacio molto meglio.'
Cazzo, esci dalla mia testa! Ma sicuramente, avevo parlato solamente a me stessa.
«Buonanotte, Al.»
Mi avviai verso i miei dormitori, ben attenta a non fare troppo rumore. Improvvisamente, un'orribile sensazione mi pervase. Mi sentivo angosciata, e mai come quella volta, quel buio pesto davanti a me, mi faceva paura. Tremavo come una foglia, senza alcuna ragione apparente. Sarà il freddo, continuavo a ripetere a me stessa, sempre più forte.
Più andavo avanti, più non riuscivo a scrollarmi di dosso l'idea che non fossi sola, e qualcosa di oscuro mi stesse seguendo. Forse tutte quelle storie, mi avevano spaventata.
Mancava poco per poter arrivare di fronte al quadro che mi avrebbe condotto nella mia ala, finalmente al sicuro. Ma era proprio di fronte a quella porta, nel buio della notte, che lo vidi.
Era una figura alta, coperta da un lungo mantello nero, sul capo un cappuccio, a nascondere il volto. Era più nero perfino del buio che mi circondava. Doveva essere un uomo, a giudicare dalla larghezza delle spalle. E quel senso di angoscia, misto a puro terrore, non fece che aumentare. Si voltò verso di me, e anche da metri di distanza, scorsi un ghigno di puro male che gli accarezzava il volto. Non fece in tempo neanche a muovere un passo verso di me, che io già correvo nella direzione opposta.
Tutta quell'oscurità non mi aiutava, non riuscivo neanche a distinguere la strada davanti a me. Tremavo, continuavo a tremare così tanto, che mi chiedevo fino a quando le mie gambe avrebbero retto ancora.
«Credi davvero di potermi scappare, piccola Corvonero.»
Accelerai ancora di più, mentre le mie mani cercavano nervosamente la mia bacchetta nel cappotto. Porca troia, non c'era. Era in camera. Ero completamente sola, indifesa, con un maniaco alle calcagna. Ma cosa voleva da me? Chi era?
Quasi non mi sentivo più l'aria nei polmoni, neanche sapevo dove fossero dirette le mie gambe, e dentro di me, cresceva la paura di non riuscire più a rivedere la luce del giorno. Correvo veloce, come non avevo mai fatto in diciassette anni della mia vita, sperando di non incappare in qualche cosa che mi facesse perdere l'equilibrio. Fu solo quando vidi il quadro di fronte a me, che capii dove il cuore mi avesse condotto. Era l'entrata della sala Serpeverde. Non sapevo la parola d'ordine. Ero fottuta.
Con tutto il fiato che mi era rimasto nei polmoni, sapevo che la mia unica possibilità di sopravvivere, era quella di urlare.
«Thomas! Thomas ti prego aiutami! Zabini! Qualcuno mi aiuti.»
Niente, il silenzio assoluto.
E nel frattempo, sentivo solo i passi del mio giustiziere, farsi sempre più vicini, lo potevo sentire, era vicinissimo. Non poteva finire così. Urlai ancora, soffocando i singhiozzi.
«Thomas! Thomas ti prego! Qualcuno mi aiuti.»
I passi non facevano che farsi più vicini, e adesso riuscivo perfino a vederlo. Era proprio a pochi metri da me, non si curava neanche di correre, anzi avanzava verso di me come un leone che assapora già da lontano la sua vittima. Da sotto al mantello, si scorgeva poco niente del suo volto, l'unica cosa che sporgeva, era quel ghigno malvagio che aveva stampato sul volto. Era finita, ma dovevo tentare ancora.
«Thomas! Zabini! Vi prego, qualcuno mi aiuti!»
E poi, quasi per miracolo, la porta si aprì. Mi fiondai dentro, chiudendola violentemente alle mie spalle. Quando alzai lo sguardo, vederlo fu quasi una visione. Thomas era lì, di fronte a me, con addosso soltanto la giacca sbottonata del pigiama, e i pantaloni. Non ci pensai neanche due volte, mi fiondai tra le sue braccia, crollando sulle ginocchia. Soltanto quando la mia pelle entrò a contatto con la sua, mi sentii davvero al sicuro, e cominciai a respirare di nuovo.
«Clarissa, che diamine è successo lì fuori?»
Non riuscivo neanche a parlare. Continuavo a tremare, e lui non poteva che stringermi a sé ancora più forte.
«Thom. Era proprio lì fuori. Mi seguiva, mi ha seguito per tutto il castello. Ma non so dirti chi fosse, non lo so.»
Tutta la tensione, la paura, l'angoscia, si erano tramutati in un pianto disperato. Con la testa premuta così forte contro il suo petto, le lacrime, miste al trucco, dovevano avergli macchiato tutto il petto. Ma non riuscivo a calmarmi, non riuscivo a smettere in alcun modo. Non mi ero neanche accorta, che in realtà Thomas mi aveva già preso tra le sue braccia, continuando a stringermi forte contro il suo petto, e solo così, a poco a poco, ritrovai la calma, e il battito, minuto dopo minuto, tornava al suo battito regolare.
«Stasera dormi da me. Domani mi spiegherai tutto, adesso sta tranquilla. Sei al sicuro, ci sono io.»
Eccomi qua ragazze!
Piccola curiosità: Ho menzionato il nome di 'Anna Bolena' nella storia, in quanto nel primo film di Harry Potter e la pietra filosofale, questa compare tra i quadri della stanza, essendo stata giudicata come 'strega' per aver fatto innamorare Henry VIII e provocato lo scisma anglicano (Insomma, se pensavano che la povera Anna avesse rifilato dell'Amortentia al povero re)
Spero di non avervi fatto attendere troppo. In realtà ho iniziato a revisionare i primi capitoli, quindi ho perso un po' più di tempo per questo, e avevo bisogno di fare un attimo chiarezza in questo capitolo. La storia man mano, sta cominciando a venir fuori, e un poco alla volta tutto inizierà a venir fuori.
Chi pensate che sia, l'uomo che inseguiva Clarissa? Eheh, non sarà così scontato, ve lo prometto.
E voi, vi fidate di Albus?
Il prossimo capitolo, sono davvero indecisa su quale pov incentrarlo, ma so bene cosa voglio raccontarvi. (Sono sicura che mi direte tutte Thomas, I already know)
Spero di riuscire a caricarvelo entro domani, massimo sabato. Alla prossima! E come sempre, mi fa piacere sentire la vostra opinione, e se vi va, lasciate pure un commento o una stellina.
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