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8.

Potevo tirarmi indietro. Potevo rifiutare. Potevo andarmene e tornare in stanza. Potevo addirittura correre via, senza ragione.
Avevo così tante alternative a mia disposizione.

Invece, avevo ceduto.

Avevo buttato giù tutto d'un fiato il contenuto del bicchiere datomi da Jenna, sotto il suo costante sguardo divertito e quello impaurito, quasi preoccupato di Ashton.

Era ovvio che nel bicchiere ci fosse qualcosa, era palese che non fosse un semplice bicchierino ripieno di semplice alcol.

Andreja aveva cercato di convincermi, di indurmi a credere che Jenna non fosse più arrabbiata. Quest'ultima aveva cercato di mostrarsi gentile, e nonostante avesse pienamente fallito nell'intento, io avevo ceduto lo stesso.

La prima cosa a cui avevo pensato era: lassativo.

Quell'arpia avrebbe potuto mettere dentro al bicchiere un lassativo, in modo da vendicarsi.
Ma ahimè, quello era tutt'altro che un semplice lassativo.

La testa mi pesava e girava confusa, dolorosamente e velocemente. Sembrava essere impazzita, mentre una forte nausea si espandeva dentro di me, ma non una nausea normale. Non mi veniva da vomitare, era una quasi piacevole sensazione.

Non capivo niente, le immagini attorno a me stavano perdendo lucidità. Non riuscivo a vedere più niente nitidamente, era tutto sfuocato, mosso e confuso.

Le mie gambe sembravano non riuscire più a reggermi in piedi, mentre lentamente cadevo a terra sotto la risata stridula di Jenna, che mi guardava compiaciuta.

Nessuno pareva essersene accorto. Ma Ashton sì. Lui lo sapeva. Lui mi vedeva.

Sapeva che Jenna mi aveva appena drogata.

Eppure stava lì, fermo immobile a guardarmi, quasi con le lacrime agli occhi.
Non capivo nulla ormai, quello era certo, ma la cosa principale che non capivo era la tanta preoccupazione di Ashton nei miei confronti. Era ovvio che avesse aiutato le gemelle a pianificare tutto quanto, eppure perché non rideva? Perché non era felice di vedermi in difficoltà? Perché sembrava così preoccupato per me? Mi guardava così dispiaciuto.

«Che c'è Anderson? Ti senti male?» chiese falsamente preoccupata Jenna, afferrandomi la faccia con una mano e scuotendola tramite le guance.
Cosa avevo fatto per meritarmelo?

Cercai di dimenarmi, cercavo di parlare e di rispondere ma non usciva niente, o forse sì. Non riuscivo a capire se stessi davvero parlando o se fosse solo nella mia immaginazione.
Quanto era forte la roba che mi aveva dato?

«Summer!» sentii una voce, lontana ed ovattata urlare il mio nome nello stesso istante in cui le mie ginocchia cedettero e caddi a terra.

«Brutta troia, che le hai fatto?» era Denise, che si era appena accovacciata vicino a me.

«Come mi hai chiamata?» sbraitò Jenna, facendo ondeggiare delicatamente i suoi boccoli biondi avanti e indietro. Oh che belli. Volevo toccarli tutti quanti ed accarezzarli.

«Summer ci sei?» mi chiese Denise allarmata, o forse non lo era, magari era felice e voleva dirmi qualcosa.
Oh, e se volesse dirmi qualcosa? Povera, non riuscivo a risponderle.
Magari voleva dirmi che Luke non era riuscito a rimorchiare nessuno, ecco perché era qui.

Scoppiai a ridere ed iniziai a contorcermi, sentendo un dolore allucinante espandersi per tutta la pancia.

Guardai attorno a me tutta la gente che si era fermata ed aveva formato un cerchio intorno a noi, anche se Denise non era sdraiata a terra come me.
Il pavimento era così freddo, volevo abbracciarmi per riscaldarmi, ma non riuscivo. Non capivo niente, c'era troppo caos nella mia testa.
Girava tutto, vedevo le persone sfuocate. Cercavo di mettere a fuoco, cercavo di guardare le persone, di sentire qualcosa, ma era tutto ovattato, distante e sconnesso.

«Denise!» bisbigliai ridendo.

«Dimmi Summer, che c'è? Ti senti male?» mi chiese preoccupata.
Oh, ma perché era preoccupata? Che era successo? Qualcuno le aveva fatto qualcosa?

«Giuro che te la farò pagare cara Jenna, fosse l'ultima cosa che faccio.» gridò Denise, scatenando un putiferio di voci, completamente ovattate e fastidiose alle mie orecchie.

«Denise!» mormorai sempre ridendo.

«Cosa c'è? Merda, perché i ragazzi non rispondono?» si lamentò ormai in panico.
Mi faceva tenerezza, era così buffa, era tutta rossa.
Oh no! Era tutta rossa, forse aveva caldo?

«Vedo una cosa.» sussurrai con un largo sorriso sulle mie labbra.

«Cosa vedi?» disse Denise sconsolata, continuando disperatamente a maneggiare il cellulare e tenendomi la mano.
Perché mi teneva la mano?

«Io vedo... una zoccola!» dissi scoppiando a ridere mentre con le forze rimaste puntavo un dito contro Jenna.

Ciò che seguì non riuscii a percepirlo alla perfezione, una grande risata si era espansa anche fra le altre persone che guardavano la scena incuriositi, mentre Denise e Jenna litigavano urlando cose incomprensibili.

Quante brutte parole che sentivo.

«Non si dicono le parolacce!» urlai scoppiando a ridere, questa volta molto più fragorosamente. Molto probabilmente nessuno mi aveva sentita, però io mi stavo divertendo. Mi sentivo così bene e male allo stesso tempo.
Ma perché ridevo?!

Era così bello ridere.

Tutto quanto iniziava a farsi sempre più sfuocato, chiusi gli occhi cercando di sopprimere il dolore alla testa. La sentivo sempre più pesante. Le grida, i rumori ovattati intorno a me colpivano la mia testa come lame affilate, mentre continuavo a ridere senza riuscire a fermarmi.

Iniziavo a sentirmi sempre peggio, mentre stringevo gli occhi sempre più forte cercando inutilmente di alleviare il dolore.

Mi alzai di scatto, ignorando i richiami di Denise e il vociare fastidioso intorno a me.

«Cosa fai Summer?» si allarmò Denise venendomi incontro.

«Voglio volare!» urlai più contenta che mai.

Iniziai a correre, sentendo di nuovo forza nelle mie gambe.
Wow, adrenalina!

Il vento scompigliava i miei capelli, mentre attraversavo il tetto correndo con una sola intenzione, arrivare al bordo di esso e volare.

Sarebbe stato bellissimo, avrei aperto le mie ali in volo e sarei andata a casa, avrei salutato i miei genitori e gli avrei detto che andava tutto bene. Mi mancavano tanto.

Correvo più veloce che potevo, la forza dentro di me aumentava sempre di più, ma le grida intorno non cessavano.

Sentivo urla da tutte le parti, ma non mi voltavo. Il mio sguardo era fermo, puntato sulla strada davanti a me, ormai quasi finita.

Le mie gambe non si fermavano, il petto minacciava di esplodermi ma non mi importava, volevo lasciarmi andare ed ero vicinissima al farlo.

Finalmente ero arrivata, avevo raggiunto la sbarra e stavo per saltare, niente poteva impedirmelo, tutto quanto attorno a me sembrava come essere sparito, il silenzio più totale mi circondava ora.

Saltai.
Mi lanciai nel vuoto, lasciandomi completamente andare alla sensazione della caduta libera, eppure non sentivo niente, nessuna sensazione.

I palazzi attorno a me scorrevano veloci, le luci andavano a sbiadirsi sempre di più mentre la testa mi girava sempre più forte.

Stavo per raggiungere l'asfalto, ero vicinissima a toccarlo e sembrava che nulla potesse evitarlo.

Stava per accadere.

«Summer smettila di dimenarti!»

Aprii gli occhi, non vedendo niente di nitido e non capendo cosa ci fosse attorno a me.

«Dove sono?!» chiesi impanicata vedendo tutto sfuocato e sentendo voci sbiadite.

«Sei qui con me, siamo sul tetto, ora ti riporto in camera.» disse afferrandomi la mano e cercando di tirarmi su, fallendo e facendomi tornare con il culo per terra.

L'avevo sognato.
Non mi ero davvero buttata.
Le mie gambe erano ancora deboli, non avrebbero potuto essere d'aiuto per una corsa.

«Ashton smettila di stare lì impalato ed aiutami!» strepitò Denise quasi senza voce, doveva aver urlato tanto questa sera.

«No! Lui non si muove da qui!» disse Jenna di rimando, portando una mano verso il petto di Ashton per bloccarlo.

Denise si alzò in piedi, e nonostante non capissi molto, potevo quasi sentire la sua ira da qui. Vedevo chiaramente i suoi pugni serrati, quasi ad un palmo dalla mia faccia.

«Ascoltami bene bionda ossigenata, perché non lo ripeterò un'altra volta.» disse duramente, come farebbe una persona sul punto di scoppiare, facendo quasi paura anche a me che ero ancora seduta per terra.
«Sono quasi quindici minuti che sei qui in piedi a non fare un cazzo mentre la mia migliore amica, drogata per colpa tua, sta avendo chissà quali allucinazioni. Sono quasi quindici minuti che vorrei prenderti a schiaffi in faccia solo per farti avere ciò che ti meriti e farti chiudere quella bocca che da quando sono qui non ha smesso di dire idiozie, ma sto cercando di trattenermi per non abbassarmi ai tuoi livelli. Ora, visto che non riesci nemmeno a capire che quello che hai fatto è fottutamente esagerato e che ti sei spinta oltre ogni limite, non dire ad Ashton ciò che deve o non deve fare. Perché ora Ashton, che so perfettamente centri qualcosa con tutta questa roba, mi aiuterà, perché lo dico io. E dovete solo ringraziare che domani non andrò a dire al preside ciò che avete appena fatto, perché fidatevi che ci sono talmente tanti di quei testimoni a cui state sul cazzo che potrebbero tranquillamente appoggiarmi e farvi espellere senza che nemmeno abbiate il tempo di dire una parola.
Quindi, ora, fammi il santissimo favore di levare quella faccia da gallina che ti ritrovi da qui ed andartene, portando dietro la tua stupida droga e le tue stupide idee di merda.»

Silenzio.

Tutto il caos causato dal vociare delle poche persone radunate attorno a me, sembrava essere svanito.

Jenna non osò aprire bocca, sembrava pietrificata. Tutti lo erano, l'unico rumore che si sentiva era il respiro irregolare di Denise, mentre teneva ancora il dito puntato contro il petto di Jenna.

Senza che nessuno aprisse bocca, la gente iniziò ad andarsene, forse imbarazzata o forse stupita da tutta quella situazione.
I bisbiglii arrivavano chiari alle mie orecchie, mentre cercavo continuamente di mettere a fuoco qualche immagine. Jenna non si era mossa dalla sua posizione, ma non riuscivo a vedere la sua espressione, come non vedevo quella di Ashton e di Denise.

Ora intorno a noi non c'era più nessuno, tutti erano tornati alla festa come se nulla fosse mai successo. Nessuno era preoccupato davvero della situazione, la gente era venuta qui solo per curiosità, per fare gossip, niente di più.

Provai ad alzarmi in piedi, sotto lo sguardo attento di Ashton che non mi mollava un secondo, mentre Jenna e Denise erano tornate a parlare di chissà cosa.
Le mie gambe erano troppo deboli, erano stanche. Io ero stanca.
Mi lasciai cadere, troppo stanca persino per provare a rimanere in piedi.
Caddi un'altra volta, appoggiandomi completamente al pavimento del tetto e lasciandomi andare, chiudendo gli occhi. La testa pulsava, mi faceva malissimo, volevo urlare per tutto il dolore allo stomaco che stavo sentendo, ma non ci riuscivo.
Non avevo idea di quanto fosse passato da quando avevo bevuto il bicchierino, ma ora non mi veniva più da ridere, e iniziavo a sentire qualcosa, anche se le immagini rimanevano sempre sfuocate ai miei occhi.

«Vattene.» sentii dire da Denise, chiaramente incazzata.

«No! Non darmi ordini.» urlò Jenna di rimando, costringendomi a raccogliere tutte le forze rimaste e a portarmi le braccia verso il viso, tappandomi le orecchie.
Il rumore era forte, sembrava come se ogni suono venisse amplificato, per servirmelo poi ovattato ma potente.

«Jenna, ora basta, vai via.» la voce di Ashton invece arrivò chiara, facendomi battere il cuore all'impazzata.

La bionda iniziò a lamentarsi, a frignare e battere pugni sul petto di Ashton, che se ne liberò in fretta e la cacciò via, questa volta definitivamente.

«Okay, aiutami a tirarla su.» disse Denise accovacciandosi verso di me, con l'intenzione di prendere un mio braccio e metterselo intorno alle spalle, ma il biondo la fermò.

«Faccio io, tu vai a cercare gli altri. La porto io in camera.» rispose lui con tono calmo, cercando di convincere Denise.

«Non mi fido di te Ashton.» rispose lei sussurrando, guardandolo fisso negli occhi cercando forse di intimidirlo.

«Non è il momento di discutere su questo, vai a cercare gli altri.» rispose liquidandola.
Lei annuì riluttante, mi accarezzò una guancia e poi sparì, lasciandomi sola con lui.

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