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Capitolo 18

Lily correva disperatamente per la strada, scansando cose e persone, mentre il peso del baule si faceva sentire attraverso il suo braccio e le lacrime scendevano a fiumi.
C'era una cosa che non capiva.
Sua sorella l'aveva insultata tante volte, in vari modi egualmente offensivi, eppure lei non si era mai lasciata trasportare dalle emozioni. Certo, c'era sempre un po' di tristezza in fondo al suo cuore che le faceva tenere il muso lungo per un quarto di giornata, ma finiva lì. Niente piagnistei, o corse contro il vento.
Perché quella volta era diverso?
Forse era per quella parola sputata con tanto odio da Petunia, "aborto". Forse era perché la tristezza sopracitata si era accumulata, pian piano, facendo alla fine scoppiare la rossa. A piangere.
Non lo sapeva, sul serio.
Beh, e se non lo sapeva lei, allora chi?
Lily continuò a correre, fino a quando non rischiò di essere investita da una macchina di passaggio. In compenso, quella stessa macchina l'aveva inzuppata dell'acqua fangosa di una pozzanghera che si trovava sul ciglio della strada. Di conseguenza, la ragazza iniziò a sentire tanto freddo quanto ne avrebbe sentito una persona in bikini al Polo Nord. La temperatura stava scendendo sempre di più, tanto che ormai al posto della pioggia era cominciata a cadere la neve e lei, da gran testa bacata quale era, si era dimenticata il suo cappotto a Hogwarts, facendo sì che in quel momento avesse indosso solo un maglioncino e un paio di jeans. Un applauso al genio dell'anno, gente.
Lily alzò gli occhi verso il cielo grigio e nuvoloso, osservando i piccoli fiocchi di neve che cadevano lenti verso il suolo.

— Lily, guarda, la neve! — urlò la piccola Petunia di sette anni, emozionata. Fuori dalla finestra che lei stava indicando, sul prato erboso - che si identificava come tale solo grazie alle macchie di verde che spiccavano tra il bianco - si accumulavano pian piano i fiocchi di neve, formando cumuli sempre più grandi.
— Neve! Neve! — esclamò la rossina, correndo goffamente verso la finestra. Con l'aiuto della sorella, si arrampicò sulla panca posizionata proprio accanto al muro, e mise le sue due mani paffute sul vetro precedentemente pulito dalla madre. E sì, le sue mani erano sporche di cioccolata. Povera signora Evans.
— Che spettacolo... — mormorò Petunia, incantata, come se fosse la prima volta che vedeva la neve cadere. Poi, con un sorriso, si girò verso Lily.
— Sai che io ho sentito cantare i fiocchi di neve, una volta? — chiese, con un tono basso, quasi come se stesse dicendo un segreto.
Lily ci mise alcuni secondi per elaborare quella frase, con le sopracciglia aggrottate e una buffa espressione in viso che fece ridacchiare la sorella maggiore.
— 'Tunia, ma i fiocchi di neve non cantano! — esclamò la bimba, turbata. Da quando aveva scoperto che il suo peluche a forma di maialino Dondolo non poteva parlare, stentava a credere a tutto ciò che lei reputava una fantasia. Beh,tranne a Babbo Natale. A lui avrebbe creduto per sempre. O almeno fino ai successivi tre anni.
— Sh, ascolta bene. — disse Petunia, incoraggiante, poggiando l'indice sulle labbra di Lily. — Invece cantano.
Ci fu un attimo di silenzio, nel quale si sentirono solo i rumori dell'esterno, solo il vento e il fruscio degli alberi. Poi la bionda indicò la finestra di legno bianco, e sorrise ancora.
— Li senti, Lils? — chiese Petunia.
— Li senti cantare?

— No, ancora non li sento. — disse Lily, con un sorriso amaro dipinto in viso. Fece alcuni passi indietro e, appoggiandosi contro il muro di mattoni che si trovava alle sue spalle, scivolò in basso,abbandonandosi alla forza di gravità.Era passato così tanto tempo, ed era accaduto così tanto in quegli anni. Eppure alcune cose non erano cambiate affatto. Anche dopo che Lily aveva iniziato a frequentare Hogwarts, e quindi dopo che il rapporto tra lei e Petunia si era spezzato irreparabilmente, le due ragazze si sedevano sempre lì, su quella panca, a osservare la prima caduta della neve attraverso la finestra di legno bianco. In silenzio.
I passanti le lanciarono varie occhiate di dispiacere, camminandole accanto. Sapevano che non era una vagabonda, e probabilmente pensavano che fosse una ragazza che non riusciva a tornare a casa a causa del maltempo.
Lily starnutì, sentendosi sempre più debole e stanca. Si stava prendendo un bel raffreddore, quello era certo. E aveva un sonno incredibile. Ma non poteva addormentarsi, non in quel momento. Non durante quella sottospecie di fuga. Poteva succedere di tutto: poteva essere rapita, poteva morire in qualche modo contorto.
Ma... se avesse riposato gli occhi per qualche secondo non sarebbe successo nulla, no? Così si sarebbe ripresa. E poi, la prospettiva di fare un pisolino era piuttosto allettante.
Lily socchiuse gli occhi, con la stretta immagine di una Londra innevata e grigia come ultima visione. Poi tutto si fece nero, e Morfeo la trascinò nel suo mondo.

Lily non fece molti sogni, in quella che le sembrò un'eternità. E quei pochi sogni che fece erano piuttosto confusi, tra i "mostro" sussurrati, i fiorellini che chiudevano e aprivano i propri petali e i parchi giochi che vorticavano attorno a molte altre immagini. Quando si svegliò, la sua vista era piuttosto annebbiata, e le girava la testa, come se fosse stata su una di quelle giostre che si muovono ad alta velocità. E in più, si sentiva fiacca e debole, con la testa che sembrava esser stata riempita di ovatta e il naso tappato.
Lily maledì il raffreddore che le era venuto a suon di starnuti.
Dopo essersi abituata al mondo reale, comunque, notò con spavento che non era più circondata da persone che camminavano e da negozi, e non sentiva i clacson delle macchine che passavano. Era seduta su una poltrona rossa piuttosto rovinava, davanti a un camino acceso, i vestiti asciutti e una coperta a quadri che la copriva quasi interamente. Fu presa dal panico. Dov'era? Chi l'aveva portata lì? Era nei guai? Cosa stava succedendo?
Diamine, Lily lo sapeva che non doveva addormentarsi. Se non era morta, lo sarebbe stata a breve, no? E se non fosse morta tra poco, l'avrebbero usata come schiava o come cavia in un laboratorio supersegreto che testava medicine pericolosissime le quali avrebbero trasformato tutta l'umanità in zombie affamati alla ricerca di cervelli e...
— MAMMA, LILY SI É SVEGLIATA! — urlò una voce femminile piuttosto familiare alla rossa, interrompendo il corso dei suoi pensieri, con un'evidente nota gioiosa nella voce.
— Cosa...? — mormorò Lily, aggrottando le sopracciglia. L'ansia che stava crescendo nel suo petto scomparve all'improvviso, sostituita da una sensazione di sollievo. Quella voce... con la mente ancora confusa non riuscì a collegarla a un singolo individuo di sua conoscenza, ma sapeva che era una persona di cui lei si fidava.
D'un tratto, una cascata di capelli mori e ricci la inondò, invadendo le sue narici con un intenso profumo di lavanda, e tutto le fu chiaro. Quella massa urlante non poteva essere altro che Mary MacDonald.
— Mary, lasciala respirare. — disse una donna, in tono di rimprovero, tuttavia divertita allo stesso tempo. Mary si spostò, e Lily riuscì a vedere la signora MacDonald, con i capelli biondi ma ricci come quelli della figlia, legati, e gli occhi azzurri che brillavano, con in mano un vassoio su cui erano poggiate tre tazze fumanti. La signora passò una tazza a Lily, la quale ne scoprì il contenuto: té ai frutti di bosco.
— Tieni, cara. — disse la donna, in tono amorevole. — Ti abbiamo trovata svenuta, vicino al negozio di alimentari, e non sapendo cosa fare ti abbiamo portata qui. Non ti preoccupare, la tua famiglia sa che sei da noi,e hanno detto che se vuoi puoi rimanere.
— La ringrazio, signora MacDonald. — disse Lily, piena di gratitudine e con un debole sorriso. Poi si rabbuiò, e spiegò - sorseggiando quel té che, per tutte le cavallette, era eccellente - le ragioni per cui si era trovata sul ciglio della strada, appoggiata a un muro, mentre la madre di Mary tornò in cucina.
Mary imprecò contro Petunia in un modo che decisamente non é trascrivibile in un libro.
— Un giorno le lancerò una fattura di quelle pesanti, sul serio! — esclamò la mora, infuriata. — Quel brutto, schifoso scarafaggio!
Lily ridacchiò. Mary e i suoi toni soavi le sarebbero sempre mancati.
Mary continuò a fare commenti indignati su Petunia, chiedendo altri dettagli, e Lily non si sentiva a disagio ad accontentarla come si sarebbe sentita con altri. Non si sarebbe mai rinchiusa in se stessa davanti a Mary, così come non lo avrebbe fatto con Alice, visto che loro due per Lily erano come sorelle. Sorelle buone, s'intende.
— Mary, c'è qualcun altro in casa oltre a te e a tua madre? — chiese Lily curiosa, d'un tratto, con la voce piuttosto nasale a causa, appunto, del naso chiuso.
— Beh, papà e Luke sono fuori a fare la spesa, Wendy é fuori a fare un pupazzo di neve e a lanciare le palle di neve ai passanti... — disse la mora, pensierosa. — Quindi siamo solo io, tu, mamma e Alice.
— C'é anche Alice? — chiese Lily, sorpresa, mentre il gatto bianco di Mary, Pluffo (non fate domande, NON FATE DOMANDE), si accucciava sulle sue gambe. — Perché non è scesa allora?
— L'ho chiamata, dovrebbe arrivare a momen... — rispose Mary, ma nemmeno il tempo di finire la frase che qualcuno bussò alla porta.
La ragazza si mise in piedi, e con un'alzata di spalle disse: — Parli del diavolo e appaiono le corna... forse.
Lily si girò in fretta di schiena, con il gatto ancora sulle gambe.
Mary si diresse verso la porta, aprendola. Sulla soglia c'era la loro amica bionda, grondante di neve e con un'espressione funerea.
— Tua sorella ha deciso di usarmi come bersaglio mobile. — disse, sbuffando, mentre si richiudeva la porta alle spalle.
— Ciao anche a te, eh. — disse Mary,alzando un sopracciglio e sorridendo in modo strano. — C'é anche Lily comunque, come ti ho detto, ed é...
— Ti stavo aspettando. — disse la rossa, girandosi nuovamente. Sia lei che il gatto, tuttavia, sobbalzarono non appena posarono gli occhi su Alice. Pluffo non fu calmo quanto Lily e, facendo un salto di due metri per lo spavento, fuggì via.
— Per l'amor del cielo, Alice, che ti é successo? — disse Lily, analizzando l'aspetto dell'amica così come Mary. I suoi capelli biondo cenere erano pieni di foglie secche e neve, così come i suoi vestiti che, ormai, disperdevano più acqua che neve a causa del calore che c'era in casa.
— Battaglia di neve e peripezie varie. — rispose Alice, sospirando e sedendosi sul divano. Poi si animò, saltellando sul posto. — Mary mi ha raccontato di come ti ha trovato e...
— Sembro un gatto randagio grazie a questa frase, sai? — chiese Lily, con un ghigno divertito. E un paio di starnuti. Mary, osservando quel ghigno, si ricordò di una cosa che doveva dire a Lily e che le avrebbe fatto venire voglia di prendere il suo baule e andare in Alaska - o, almeno, il più lontano possibile da lì -, ma decise che era meglio non rovinare la sorpresa.
— Comunque! — esclamò Alice, agitando le mani in modo strano. — Racconta il resto.
Lily si mise nuovamente a raccontare cos'era successo al binario, dopo varie suppliche di Alice la quale, alla fine del racconto, sospirò.
— Se posso dirlo, Lily, tua sorella é una grande stronza. — disse la bionda, scuotendo la testa con un'espressione turbata in viso.
Mary invece aveva, teatralmente, una mano appoggiata su una delle poltrone e una sul cuore e Lily, sapendo il perché, scoppiò a ridere. Alice era più confusa che mai.
— Cosa...? — iniziò a dire, aggrottando le sopracciglia, ma venne interrotta da Mary.
— Tu chi sei? — chiese la mora, fintamente oltraggiata. — Chi sei e cosa ne hai fatto di Alice Non-Dico-Mai-Parolacce Prewett?
Poi si avvicinò ad Alice e la prese per il cappotto, scuotendola lievemente.
— Alice, se sei dentro il corpo di questo impostore... rivelati! — disse Mary, facendosi poi indietro di colpo. — Hai bevuto la pozione Polisucco, lo so! DICCI CHI SEI!
Lily rise, e anche Mary e Alice assieme a lei. Ma Alice sembrava strana. La sua risata era piuttosto nervosa, e non contagiava gli occhi. Non aveva detto molto, ed era strano visto che Alice era da sempre una chiacchierona. Aveva detto una parolaccia e, come dimostrato da Mary, non era normale che ne dicesse. Persino la postura era differente rispetto al solito. Lily smise di ridere, pian piano, fissandola. C'era qualcosa che non andava in lei, anche se non sapeva cosa.
Tuttavia, pensò di essere confusa a causa del rafreddore, e lasciò perdere.
— Quindi resti per Natale, Alice? — chiese Lily, curiosa, dopo aver conversato di vari argomenti - vestiti, regali, ragazzi: cose tipicamente da donne - con le sue due amiche.
— Oh, sì, poi io e Frank... andremo a fare una gitarella a Liverpool e Oxford. — disse la bionda, con un sorriso.
— Ma non avevi detto che restavi anche per Capodanno? — chiese Mary, mettendo il broncio.
Alice sembrò in panico per un attimo, cosa che fece insospettire ancora di più Lily, poi fece un sorriso dispiaciuto.
— Mi dispiace, avevamo deciso così già da un po' di tempo, e me ne sono ricordata solo oggi. — disse la bionda, sospirando.
— Oh... non fa niente. — disse Mary, mentre Lily si alzava dalla poltrona. — Vuoi del té? Andiamo in cucina.
E mentre si dirigevano verso la stanza, Lily continuava a fissare Alice, con i sospetti che si facevano largo a valanghe nella sua testa.

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