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Capitolo 10

Chiaramente, dopo esser stati così ubriachi da cantare canzoni d'amore dedicate ai draghi e dopo aver cercato di strozzare un pollo in realtà inesistente, i ragazzi avevano patito i dolori alla testa più atroci. Una specie di punizione.
— Così imparate. — disse Lily, quasi con una vena di sadismo, con gli occhi puntati su un libro dalla copertina verdognola, mentre era seduta su una delle poltroncine della Sala Comune. I Malandrini e le sue amiche, attorno a lei, gemevano agonizzanti. Beh, tranne Alice, che si limava le unghie indisturbata.
— Ho preso ogni antidolorifico esistente su questo mondo... — disse Mary,seduta sul divano a testa in giù. — ...ma continuo a soffrire.
Peter disse qualcosa senza senso, sbattendo la testa contro il muro.
Uccidetemi. — mormorò James, gemendo, steso a terra. Lily si trattenne dall'accontentarlo, pensando al fatto che aveva una reputazione da mantenere e l'omicidio non gliel'avrebbe di certo migliorata.
Remus sembrava l'unico tra gli agonizzanti a stare bene, nonostante avesse bevuto alla pari di tutti. Mangiava un pezzo di cioccolata fondente. Sirius gli piantò gli occhi addosso, catturato da quel pezzo di cibo miracoloso, e così fecero gli altri. Sembravano dei gatti pronti ad attaccare, il ché era controverso nel caso di Sirius.
— Remus. — disse Sirius, minaccioso. —Dammi quella cioccolata.
Il biondo sobbalzò, facendo scudo con il suo corpo in modo da non far arrivare l'altro al suo tesoro.
— Mai! — esclamò, impavido, pronto anche a combattere. E da lì iniziò il putiferio.
— Perché non ve la dividete? — domandò Lily, sempre leggendo, con voce neutra, dopo un po'. I ragazzi si bloccarono. Remus teneva in alto la cioccolata, in modo da non farvi arrivare quelli più bassini come Mary o Peter, mentre James si allungava per raggiungerla. Sirius gli mordeva il braccio.
— Oh, giusto. — disse James, con le guance leggermente arrossate per il fatto che rincorreva Remus da circa mezz'ora. — O forse no.
Quindi il caos si scatenò di nuovo, forse perché il pezzo di cioccolata era fin troppo piccolo per essere diviso.
La rossa scosse la testa, sconsolata, dopo aver rivolto un'occhiata ai suoi amici. Eppure sembravano normali quando li aveva conosciuti.
— Esco un attimo. — disse, alzandosi e abbandonando il suo libro a se stesso. — Vado da Madame Pomfrey a chiedere un rimedio per il vostro caro mal di testa.
Dopodiché usci in corridoio, e il quadro si chiuse alle sue spalle. Si chiese chi rappresentasse la Signora Grassa e chi l'avesse dipinta, quando una scenetta piuttosto insensata prese forma nella sua mente mentre si incamminava verso l'infermeria.

Ehi, Godric. stava dicendo Salazar Serpeverde, con un quadro tra le mani, avvicinandosi a Godric Grifondoro mentre serrava le labbra tentando di non ridere. Aveva qualcosa di strano in mente.
Godric si girò, seccato.
Che c'é? chiese, sbuffando e sottolineando ogni parola, come se Salazar gli avesse dato fastidio da molto tempo prima.
Forse da tutta la vita.
Sai, visto che non sapevi come decorare l'ingresso alla tua Sala Comune, ho deciso di aiutarti. disse il fondatore di Serpeverde, sempre con quell'espressione di chi cerca di non scoppiare a ridere.
Non ho molto tempo. disse Godric, impaziente. Quindi...?
Beh, non credi che un ritratto di tua madre ci starebbe bene? Per commemorarla, poverina. disse Salazar, sempre più ansioso.
Giusto, giusto. disse Godric, annuendo soddisfatto. Per una volta hai fatto qualcosa di buono e utile, non come quando hai dipinto con la panna sopra ogni ingresso delle Sale Comuni i nostri simboli.
Almeno era stato facile da ripulire. disse Salazar, asciugandosi una finta lacrima. Che ricordi quando la usavo per riempirvici le pantofole...
Salazar. disse Godric, lievemente irritato. Il tuo dannato quadro. Fammelo vedere, ho fretta.
Hai ragione, scusa. L'ho chiamato... disse Salazar, girando il quadro e rivelando ciò che tutt'oggi fa la guardia all'ingresso della Sala Comune di Grifondoro. — ... la Signora Grassa.

Lily ridacchiò. Si spiegherebbe la rivalità tra le due case, se fosse accaduto ciò. Stava ancora pensando a quella scenetta immaginaria, quando qualcuno la afferrò per il polso. Il sorriso della rossa si congelò, mentre si tastava le tasche in cerca della bacchetta. L'aveva dimenticata sulla sua poltrona preferita, nella Sala Comune. Porco l'unicorno.
Avvertì la stretta della mano dello sconosciuto, e riuscì a riconoscere chi fosse.
Una persona che tante volte aveva cercato di trattenerla, aggrappandosi disperatamente al passato allo stesso modo in cui ci si poteva arrampicare su uno specchio.
Lasciami. — sibilò Lily, socchiudendo gli occhi.
— Mi dispiace. — mormorò Severus, angosciato.
— Non mi interessa.
Mi dispiace!
— Risparmia il fiato.
Lily non si girò nemmeno.
— Lily, io non volevo chiamarti Sanguemarcio. — disse Severus, rabbrividendo. — Mi é...
— ...scappato? — disse Lily, voltandosi verso di lui. Non c'era pietà nel suo tono. — Troppo tardi. Ti ho giustificato per anni. Nessuno dei miei amici riesce a capire come mai ti rivolgo la parola. Tu e i tuoi cari Mangiamorte... — si bloccò, aspettando una protesta che non arrivò. — ...vedi? Non lo neghi nemmeno! Non neghi nemmeno quello che volete diventare! Non vedi l'ora di unirti a Tu-Sai-Chi, vero?
Lui aprì la bocca, ma la richiuse senza aver parlato.
— Non c'é nulla di cui discutere su questo fatto. Tu hai scelto la tua strada, io la mia, e io ho scelto di "scappare" da questa amicizia, sempre se lo era, così come tu ti sei "lasciato scappare" quel Sanguemarcio. — disse lei, e nessuno sentì mai tanto gelo nella sua voce.
— Senti Lily, scusa, io non volevo...
— ...chiamarmi Sanguemarcio? Ancora ti giustifichi? — chiese Lily, sprezzante. — Chiami così tutti quelli come me. Perché io dovrei essere diversa? Ora lasciami, devo andare in infermeria.
— Stai male? — chiese Severus, animandosi improvvisamente e corrugando la fronte.
— No, é per i miei amici. — rispose Lily. — Ma tanto che ti importa, hm? Tu non hai bisogno di una piccola, lurida Sanguemarcio.
— É per Potter, quindi! — disse Severus, investito da una rabbia non sua. — Stai frequentando troppo quel maiale, stai diventando come lui.
— Non sto diventando come Potter, e cosa c'entra lui poi? — chiese Lily, quasi urlando. — Ho detto "per i miei amici", non "per Potter". Pensi che io sia isolata dal mondo, che non abbia amici? Che, in preda alla solitudine e alla disperazione, mi sia rifugiata tra le sue braccia? Nonostante il fatto che non é mio amico né nulla, comunque, non ti permetto di dargli del maiale.
— Ma lo chiamavi così anche tu! — esclamò Severus, con fare accusatorio.
— Ho capito che non era giusto. — sibilò la rossa, infuriata. —E poi, anche se lo stessi frequentando, anche se fosse mio amico, tu non hai il diritto di rimproverarmi. Non hai il diritto nemmeno di rivolgermi la parola, se é per questo. Cos'é poi? Sei geloso di Potter?
Severus boccheggiò, come un pesce fuori dalla sua boccia. Lily strattonò violentemente la mano, e la presa del ragazzo cedette. La rossa si voltò, con l'intento di scappare, ma dopo aver mosso il piede sinistro si bloccò, girandosi di scatto nuovamente e dando un pugno sul naso -sproporzionato- di Severus.
Crack.
E fu allora che si decise a fuggire.

— Perché ci hai messo tanto? — chiese Alice, quando Lily entrò nella Sala Comune.
— Oh, Madame Pomfrey si é messa a spiegarmi tutte cose sui rimedi naturali, sulle medicine, quante volte al giorno... una seccatura, insomma. — mentì Lily, con un falso sorriso. Non voleva far preoccupare nessuno.
— Non ti credo. — disse James, dopo un momento di silenzio. — Non stai dicendo la verità.
Ma fatti gli affari tuoi, pensò Lily, imprecando.
— Cosa ne sai se é vero o no, Potter? — sbottò la rossa, rendendosi conto solo un secondo dopo del tono che aveva usato. Era in trappola, accidenti a Potter.
— Senti, sono sei anni che ti osservo, ogni giorno, e... — stava dicendo James, ma venne interrotto bruscamente da Sirius:— ...fa un po' stalker.
Stavo dicendo prima che questo ammasso di... carne mi interrompesse.  — continuò James, sottolineando le prime due parole e lanciando occhiatacce a Sirius, mentre Lily cercava di non ridere. — Sono sei anni che ti osservo, ho un vocabolario delle tue espressioni facciali stampate in testa, quindi dimmi cosa c'é che non va.
Tra loro c'era un silenzio di tomba. Lily studiò James per circa un minuto, prima di sospirare afflitta.
— Non mi va di parlarne, Potter, e comunque credo che se te lo dicessi tutta la vicenda finirebbe con tanto sangue e due arresti. — disse Lily. — Uno per aggressione e l'altro per molestia.
— É colpa di Piton? — chiese Peter, attirando tutti gli sguardi degli amici su di sé. Arrossì.
— Sì. — ammise Lily. — L'altra volta era persino venuto sotto la porta del ritratto, minacciando di dormire lì.
— Sarebbe una scena comica, se non fosse per Piton. — commentò Sirius, poi ridacchiò. — Ah, no, è ancora una scena comica.
— Però, Potter, — disse Lily, mettendo una mano sul braccio dell'interpellato, il quale aveva già stretto i pugni. — non fare nulla. Ci ho già pensato io.
James si accorse solo in quel momento che c'era del sangue sulle nocche della mano destra di Lily.
E brava la piccola Evans. — disse, ghignando malandrino. — Gli hai dato un bel gancio destro, a quanto vedo.
Lily fece scricchiolare le nocche, mentre Sirius fischiava ammirato.
— Beh, se lo meritava. — concordò Remus, annuendo. — Comunque... la mia cioccolata questi figli di mezzo Troll se la sono presa lo stesso, tanto per informarti.
— Oh, Rem, mi dispiace. — disse Lily, posandogli una mano sulla spalla e prendendo un sacchetto celeste dalla tasca. — Ma le ho portate le medicine.
All'interno c'erano delle pillole tondeggianti, piuttosto piccole, di colore bianco.
James, Sirius, Mary, Remus e Peter assunsero una pillola a testa, sospirando di sollievo. Sapevano di cioccolato bianco.
In ogni caso, Sirius si incupì all'istante.
— Cosa c'è? — chiese James, confuso.
— Domani Rüf interroga. — rispose Sirius, con le mani nelle tasche. — L'ha detto settimana scorsa.
— Ma non spiegava solamente? — si spaventò Mary, entrando in panico. Si sarebbe nascosta sotto il banco. Sarebbe svenuta per finta. Si sarebbe persino buttata dalla finestra. Ma l'interrogazione di Storia della Magia no.
— No, quel vecchio decrepito interroga anche. — borbottò Sirius, passandosi una mano sulla fronte, mentre cercava modi per evitare di farsi interrogare.
— Andrò io volontaria. — disse Lily, con un sorriso benevolo, mentre gli sguardi di tutti loro si illuminavano. — Ma ci serve comunque un piano B.
— Ehm... e se lo trattenessimo nel suo studio? — chiese Peter, speranzoso.
— Peter, nessuno in questo castello a parte lui sa dove si trova il suo ufficio, nemmeno i fantasmi. — rammentò Mary, al ché Lily assunse un'espressione piuttosto confusa.
— Come mai? — chiese, rendendosi conto di non sapere effettivamente dove si trovasse lo studio del professore.
— Perché nessuno ha mai avuto il desiderio di andarlo a trovare.  — disse James, con un ghigno, provando tuttavia un po' di pietà per Rüf. Povero spirito solitario. Beh, non spirito letteralmente, ovvio.
Oh, ho un'idea! — esclamò Alice, saltellando sulla poltrona. — Potremmo sbarrare la porta della classe, così non entrerà!
— Giusto! — esclamò Sirius, schioccando le dita. — Ci sono: MacDonald e Peter, voi farete da sentinelle; Evans e Remus, voi dovrete spiegare a tutta la classe il nostro piano e mantenerli calmi; James e io dovremo chiudere la porta con un incantesimo, mentre tu, Prewett, dirigerai i lavori.
— Bene. — accordò Lily, prendendo in mano il libro di Storia della Magia. — Ma se non funziona il piano B?
— Beh... — disse Alice, con un cipiglio preoccupato. — ...allora ci daremo alla fuga.

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